Skip to main content
Racconti di DominazioneRacconti Erotici Etero

Desideri proibiti

By 23 Febbraio 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Sabato all’Ikea. Non &egrave un sogno di cattivo gusto da cui si può sperare di risvegliarsi, al contrario, &egrave una realtà solida e tangibile. Come nell’inferno dantesco mi sento un’anima solitaria, smarrita e confusa in attesa di ricevere la dovuta punizione. Troppa gente, troppa calca per la mia antropofobia autodiagnosticata. Ovunque coppiette adoranti, in dolce attesa o già munite di passeggino, marmocchi urlanti e dibattiti accesi se effetto noce mordente grigio o bianco opaco dia maggior risalto a non so cosa. Le sofferenze degli uomini desterebbero la mia totale simpatia ‘ in accezione greca ‘ se me ne avanzasse s’intende. Cerco di lasciarmi scivolare tutto addosso, mentre vago tentando di raccapezzarmi tra corridoi e scorciatoie che collegano questo labirinto dedalico di cunicoli quando d’un tratto una figura richiama la mia attenzione. &egrave di spalle ma l’andatura e la statura mi risultano molto familiari. Più la guardo e più me ne convincono le lunghe gambe ed il culo abbondante ma tonico, che quei jeans attillati rendono così invitante mmm… ‘Non può essere che Giulia’ mi dico mentre mi avvio a rendere omaggio alla proprietaria di quel fondoschiena che chissà quante e quali fantasie ha alimentato. Le appoggio una mano sulla spalla, lentamente ‘ preferendolo ai due colpetti sulla spalla a mano aperta o di indice che riservo ad amici e camerati ‘ perché tale dolcezza molto più si addice ad una fanciulla.
Lei si volta, con un mezzo sorriso sul volto che riesco ad intravedere prima che scompaia per lasciare spazio allo stupore. Mi troneggia anche senza tacchi dall’alto dei suoi 185 cm ed &egrave bella così come me la ricordavo: una ragazza acqua e sapone con i capelli corti, che appena le arrivano alla spalla, ramati; qualche piccola lentiggine sparsa sul viso e quegli occhiali rosa con una montatura gigante ed appariscente, che se li vedessi in vetrina penserei ‘orrore’ ma che a lei stanno tanto bene. La Giulia parecchi anni fa a Lignano: entrambi partecipavamo ad un camp di beach volley. Era lo spring break, ove orde alcolizzate di Carinziani e Stiriani s’accalcano invadono e affollano le altrimenti desolate riviere della sabbiadoro. Lignano per me rimane una tristezza, indipendentemente dalla stagione. Ma col beach volleyball allora era diverso: la la sveglia suonava di mattina presto per evitare la ressa e le ore più calde, dove il sole coceva e la sabbia bruciava la pelle dei piedi. In tardo pomeriggio e serata, dopo una meritata pausa, si replicava a volte fino al calare delle tenebre. In nottata si scherzava stando in compagnia e giocando. Erano in pochi ad avere le energie e la voglia di usciva a fare festa. Tra noi la connessione fu magica, indescrivibile. A volte ci si conosce e ci si sta simpatici e ci si capisce al volo senza capire bene il perché e senza bisogno di tante parole. Non c’&egrave logica dietro tutto questo, sembra quasi che… ‘Ciaoooooo ma seiiiii tornato!? E non mi dici niente?’ mi saluta, un po’ imbarazzata ma molto calorosamente con un abbraccio che sembra infinito e quel sorriso di nuovo sulle labbra che la rende tanto solare, strappandomi dal furore di tempesta dei miei ricordi, di occasioni mancate e treni persi.
E non mi dici niente? Ecche t’avrei dovuto dì? Nel senso quando si torna ci si fa sentire con ma poi che senso ha, dai &egrave solo un cazzo di modo di dire no? Dì qualcosa e amen così le rispondo che sono tornato da qualche giorno, e che sì avrei potuto farmi sentire ma in realtà si era detto ‘ se ben ricordo ‘ che lei sarebbe venuta in visita a Lund e non mi pare, da allora, di averla né vista né sentita. Lei sorride, tituba e poi accenna: ‘…sono cambiate molte cose da allora’. Sorrido a mia volta: ‘…Già… Comunque sappi che mi eri simpatica anche da prima che ti mettessi con mio fratello; e lo sei rimasta anche quando vi siete lasciati.’ Siamo in due a sorridere, eppure lo sento come un sorriso gravoso. La cosa buffa &egrave che, sì ci stavamo simpatici, ma non ci conoscemmo davvero anzi ci perdemmo di vista fino ad anni dopo quando Marco presentò ufficialmente in famiglia la ragazza di cui tanto si era parlato. Inutile dire che ci rimanemmo entrambi di sasso, al rivederci in quel modo inaspettato.
‘Se ci pensi incontrarsi qui &egrave un po’ come incontrarsi in Svezia’ dice facendomi l’occhiolino e muovendo il gomito a mo di colpetto alle costole come quando sfoggiavamo le battute più penose per vedere se facevano ridere anche l’altro. ‘Ma smettila pagliaccio!’ le rispondo mentre la spingo via ma sono felice che abbia trovato modo di lasciarci alle spalle discorsi e ricordi grigi.
La accompagno nella sua cerca di un armadio, poi nel reparto illuminazione e come per magia l’agonia di un pomeriggio Ikea si trasforma in un qualcosa di piacevole, rimembrando le nottate di Lignano a parlare sull’amaca sotto il cielo stellato, o le ripetizioni alla mattina presto su quella dannata collinetta, o il torneo a coppie miste vinto contro quelli di Klagenfurt: ehhh le soddisfazioni della vita.
In coda alla cassa la stuzzico dicendo che il servizio di montaggio &egrave la manna dal cielo degli incapaci e ‘altrimenti per te la roba rimarrebbe imballata fino all’anno prossimo’. Lei risponde con una linguaccia e un verso che il servizio di montaggio non lo richiede e poi aggiunge di aver pure comprato un set di attrezzi nuovi. Io dal canto mio tutto divertito, le chiedo se assieme agli attrezzi ci sono anche le istruzioni per l’uso(1) perché non si sa mai. Ora &egrave lei a darmi del pagliaccio ed aggiunge ‘Io un altro giorno senza luce in cucina non ci sto. Che poi se non faccio mai niente &egrave chiaro che non imparo…magari però tra un paio di giorni chiamami, tanto per essere sicuri, che non ci sia rimasta secca con la corrente o sotto un’anta’. ‘Una volta che ci hai lasciato le penne non penso che una mia chiamata potrebbe esserti molto utile.’ Ribatto e aggiungo ‘Invece ho sentito dire che prevenire sia meglio che curare’. Lei sorridendo mi dice ‘Sarei troppo sfacciata per chiedere a te di aiutarmi, dopo che mi hai accompagnato per tutti i reparti. Però se ti vuoi offrire tu, ci potrei pensare’. &egrave davvero forte Giulietta, in realtà avevo anche già intenzione di darle una mano, ma come non apprezzare quella sua sottile ironia e quel modo di chiedere senza chiedere.. del resto l’aveva pur detto qualcuno che fascino &egrave il modo di farsi dire di sì senza aver fatto nessuna domanda. E di colpo mi rendo conto che forse non &egrave ironia e non &egrave questo il modo con cui si chiedono le cose ad un amico amici del resto noi non lo siamo mai stati sconosciuti conoscenti mezzi parenti più che conoscenti tutto questo sì. &egrave un gioco questo sì un gioco che entrambi giochiamo dove parole comuni assumono un significato nuovo diverso un gioco pericoloso perché mira a creare distanza tensione e una corda tesa non può che scoccare… E tuttavia &egrave un gioco che mi va di giocare.
‘offrire?! Io ti stavo solo consigliando di staccare la corrente prima… e poi non credi abbia di meglio da fare di sabato sera?’ ‘A vedere quello che fai il sabato pomeriggio direi proprio di no’ mi risponde alzando il sopracciglio destro, con quella faccia con cui usava guardarmi quando servivo male, come a dire: sai far di meglio. Ha colto il bluff povero a dire il giusto e del resto nessuno dei due voleva crederci. Ma non forza la mano e mi lascia ritrattare gratuitamente se voglio: vuole vedere se il gioco vale il suo interesse?
Ho sempre trovato sconvolgente arrivare a tale livello nella testa di qualcuno, indipendentemente se nello sport, nei giochi di strategia o in certe sedute con dei miei pazienti. Arrivare ad assistere alla nascita di un di pensiero &egrave esaltante, ma non esiste qualcosa come uno spettatore neutrale.
‘Servizio di carico e scarico più assistenza a domicilio’ ribatto ‘e cena come contropartita’. Lei apprezza e sancisce felice che abbiamo un accordo. All’uscita le faccio notare, perché per capirsi &egrave essenziale che lei attribuisca alle mie parole il medesimo significato, che con cena intendo vino compreso. Lei ride e mi prende a braccetto mentre sospingo il caricatore verso l’ascensore ed esclama: ‘ma si può sapere per chi mi prendi?’
33 chilometri, 2 ore, 2 lampadari, mezzo armadio, 1 bottiglia di vino dopo.

Giulia scruta, da tempo a mio avviso immemore, il pavimento con sguardo indagatore fissando viti, cerniere, rivetti, inserti metallici e di legno, e sbuffa infastidita perché il conto inevitabilmente termina a sette ed una vite manca all’appello. Vedendo lei china a quel modo, ondeggiare in avanti ed indietro a destra ed a sinistra al ritmo della sua conta, ed il perizoma verde fare capolino dai jeans sulla parte inferiore della schiena ‘ anch’essa scoperta, perché ahim&egrave la maglietta si ritrae’ non riesco a pensare ad altro che a quel suo culo e a cosa non le farei. Immagini e scene si accavallano nella mia mente e che se ne rimanga pure nascosta quella vite dispettosa. Ma mi basta poco a ritrovare il buon senso e scacciare quei pensieri con qualche senso di colpa mentre afferrò il calice di vino e distolgo lo sguardo da quel trionfo di femminilità per ricondurlo a pagina 22 delle istruzioni di assemblaggio. Il pene in completa erezione pulsa contro la tela dei jeans provocando qualche fastidiosa distrazione ma non &egrave il caso di andare a metterci mano, urge invece pensare a cose non-sexy gioco della libera associazione yuhuuuu pronti via sgabello scanno sedia sedia a dondolo fermacarte fermacarte? E che cazzo c’entra? pagliaccio pagliaio ‘Questa vite rimarrà il mistero irrisolto della serata’ conclude Giulia alzandosi e sistemandosi con nonchalance i jeans. ‘Inizio anche ad avere fame. Che ne dici di due spaghetti allo scoglio?’ aggiunge ‘Ho giusto delle vongole e due cozze che mi vengono buone….metto su l’acqua intanto?’ ‘Mah… la pasta allo scoglio a me piace ma col rosso pesce e molluschi non se fa’ obbietto da accovacciato senza darle troppo bado, fingendomi in tutt’altre faccende affaccendato cercando di capire se e quanto quella nonchalance sia ostentata, magari atta a carpire una mia reazione.
Solo il silenzio come risposta così alzo gli occhi e la vedo appoggiata allo stipite della porta con le braccia conserte che scuote la testa ‘Non se fa?’ dice con un’aria di rimprovero ma divertita ‘che discorso del cazzo &egrave non se fa?’ e mi si avvicina venendo ad inginocchiarsi di fronte a me guardandomi dritto negli occhi’Se ‘na cosa te piaje te la magni. E se n’altra pure e allora te la bevi. Ho sempre pensato che fossi uno che se una cosa la vuoi, te la piji’. Questo dovrebbe bastare a fugare ogni dubbio residuo no? Ma tu ti sei poi chiesto che cosa vuoi? Ma non cosa vorresti, cosa vuoi, volere in senso pratico fine ad un’azione ora qui adesso. &egrave finito il tempo dei giochetti questa ci va pesante… certo che non ci abbiamo pensato, idiota, e non provare a tirartene fuori adesso che non siamo lucidi. Non reggiamo più tanto l’alcohol men che meno a stomaco vuoto e per quanto ne sappiamo quella vite potrebbe benissimo essere in una delle sue tasche…Certo che &egrave in una delle sue tasche o nascosta da qualche altra parte razza di idiota devo essere sempre io a spiegarti tutto? Ora per cortesia vuoi agire?”
‘Devi avermi scambiato per qualcun altro Giulia. Ci sono delle cose che non si fanno e basta. Comunque se proprio vuoi gli spaghetti allo scoglio va bene, possiamo sempre aprire del bianco’. Risposta agghiacciante. Vedo la reazione incredula materializzarsi sul suo viso, lo stupore ed il mezzo sorriso sparire totalmente quando capisce che non sto scherzando. Sono riuscito a dirlo, fatico a crederci ma ci sono riuscito. Freddo, stronzo ma non potevo altrimenti, eravamo troppo vicini. La situazione richiedeva una risposta esagerata. Ci sono cose che non si possono fare, libertà che non ci possiamo prendere, norme sociali da rispettare. Le conseguenze, indifferente se sia un sì od un no, ormai sono irreparabili. Lo vedo da come si alza, come in trance, senza dire una parole ed uscire. La sento andare in cucina e la porta sbattere forte. Rimango seduto con le mani sulla faccia e le dita sugli occhi a meditare. Il danno irrimediabile &egrave fatto, era una partita che non si poteva vincere. Succede quando ci si lascia trascinare in qualcosa senza avere in testa la fine. Il prezzo per uscire a metà corsa &egrave sempre troppo caro. Non c’&egrave più nulla da fare qui lontananza sì la lontananza &egrave la miglior medicina uccide tutto indiscriminatamente basterà rimettere quelle mille miglia tra noi e dimenticare sì dimenticare siamo tutti bravi a dimenticare quello che vogliamo troppo bravi. Raccatto le mie cose e me la filo a casa. Certo che tristezza una fine così ma del resto come detto ci dovevo pensare in partenza no no no non esiste non posso prendere le mie cose e sparire devo andare da lei.
Entro in cucina e Giulia &egrave in piedi immota accanto ai fornelli. Mi volge le spalle, era chiaro. Ha messo una pentola sul fuoco ma più per avere qualcosa da fare che per voglia di cenare immagino. Mi avvicino e le cingo la vita col braccio destro. La porto a me e la stringo anche con il sinistro. La sento dibattersi rigida, mi intima di lasciarla stare e di non toccarla. Singhiozza. La capisco. Del resto sono stato un vigliacco e l’ho ferita. L’ho ferita col rifiuto perché avevo paura di dire sì, delle conseguenze, dell’accettare il fatto di volere qualcosa che non dovrei, del giudizio di me stesso su me medesimo. Paura di stare troppo bene, paura di volere qualcosa in più di una semplice notte, paura dell’irrealizzabilità di tale desiderio e tante altre stupide paure.
La stringo, la stringo forte. Le sussurro che può dimenarsi quanto vuole ma che non ho intenzione di lasciarla andare, che non c’&egrave altro posto dove dovrebbe essere se non tra le mie braccia e cerco di spiegarle che mi dispiace. Mi dispiace di essere uno stupido, di averla ferita, di averla fatta vergognare dei suoi desideri e del coraggio di ciò che sentiva. Lentamente e finalmente si volta, a testa bassa a non voler incrociare il mio sguardo, la sento singhiozzare, mi colpisce più volte coi pugni a martello sul petto ma sono colpi che non vogliono fare male. Mi insulta ma non rifugge il mio abbraccio, anzi infine lo ricambia sprofondando la testa nella mia spalla. Non saprei dire quanto a lungo rimanemmo così, senza dire niente, coi nostri corpi fusi in quell’abbraccio a parlarsi e a dirsi quello che noi non eravamo stati capaci. Potrei restare così anche tutta la notte penso mentre le accarezzo la testa e sento il suo profumo salire ad annebbiarmi il cervello. Sento il mio pene in erezione sforzare contro la patta dei pantaloni in maniera poco confacente alla situazione, ma Giulia ci conosce noi uomini, saprà farsene una ragione. Sento che si &egrave calmata e questo &egrave tutto quello che mi importa. Le stampo dei baci sulla guancia e quando rialza la testa vedo nuovamente un mezzo sorriso farle capolino sul suo viso. Il mio mondo torna ad essere sereno. Le prendo il viso tra le mani e mi alzo sulle punte dei piedi a darle un bacio in fronte. Poi con dolcezza le passo i miei pollici sotto gli occhi, a rimuovere le ultime goccioline di lacrime. I suoi occhi sono ancora leggermente arrossati ma sorridenti. E rimaniamo così a guardarci. Giulia dice: ‘io… ‘ non la lascio continuare, la bacio. Un bacio veloce, rubato, per zittirla. Non mi serve sentire altro. Lei sorride ancora. Ora ci cerchiamo: le nostre facce indugiano come quando, incontrando ad una strettoia una persona entrambi si scostano all’unisono per passare, finendo coll’ostacolarsi. Finalmente ci troviamo. Arsi dal desiderio ci baciamo, una sensazione indescrivibile, come liberarsi di un peso opprimente portato per troppo tempo. Le nostre lingue si esplorano e le braccia si intrecciano dietro la schiena dell’altro e sul capo. Inizio a baciarle il collo, e Giulia sembra gradire molto. Sento la sua mano destra scorrere verso il basso ventre ed andare ad afferrarmi il pacco con una presa decisa. Continuo a baciarle e morderle il collo mentre lei mi sussurra ‘Non ho intenzione di lasciarti portare via uno dei miei cacciaviti nuovi impunemente’ e con una mano già mi allenta la cintura che poi sfila completamente. Quasi incurante delle mie distrazioni prosegue iniziando a sbottonarmi i pantaloni ma le blocco la mano. ‘Non così in fretta signorina!’ le dico mentre la spingo contro il primo pezzo di muro libero. Le sollevo le braccia e gliele tengo bloccate in alto per un secondo, finché capisce di non doverle muovere poi vado a toglierle la maglietta ‘tanto questa non ti serve, e onestamente non copriva un cazzo’. Inizio a baciarle e toccarle il petto e poi scendo inginocchiandomi di fronte a lei, mentre scorro il suo corpo con la lingua fino a giungere all’ombelico ma tenendole le mani sui seni. Mi rialzo e scosto il reggiseno di pizzo verde scuro, abbinato al perizoma, troppo sbattimento toglierlo. I suoi capezzoli sono ora esposti ed inizio a succhiarli avidamente. Giulia non riesce a resistere con le braccia alta, ma salta in braccio avvinghiandomi con le sue lunghe gambe e mi stringe la testa al petto. Adoro questa posizione, ma non mi faccio illusioni &egrave troppo complicato e poi &egrave ancora troppo vestita. Ruoto su me e la metto a sedere sul tavolo. Mi tolgo la maglietta nera, senza tante celebrazioni e poi passo ad occuparmi della sua cintura. La prendo dolcemente per le mani e la invito a venirmi incontro. Ci baciamo ancora con grande passione e dall’abbraccio lascio scivolare le mani sulle sue anche.La giro, o meglio le faccio capire di girarsi andando ad esercitare una pressione dolce ma convincente. Da lì risalgo, percorrendo di nuovo il suo corpo mi fermo sui seni, le stringo i capezzoli mentre le bacio il collo. La sento gemere. &egrave ora di liberarsi del reggiseno. La spingo sul tavolo, a 90. Posso nuovamente godere di quella vista giunonica, ora però il gioco &egrave guardare e toccare. Le do un colpo a mano aperta sul sedere e lei sussulta. Poi scendo su di lei, seguendo la curva del suo corpo imprimendole il mio cazzo sul culo, voglio che senta quanto la voglio, voglio che senta il mio desiderio. Le sbottono la patta in un fiato allontanando i due lembi dei jeans con uno strappo forte. Le calo i pantaloni ed il perizoma fino alle caviglie inginocchiandomi e glieli sfilo completamente. Rimango in quella posizione ed inizio a mordicchiarle il sedere avvicinandomi sempre di più alla sua fichetta. Sento il suo odore, l’odore della sua intimità. annuso e godo. Inizio a leccarle le grandi labbra, muovendo la lingua in cerchi. Giulia &egrave una fontana di umori, eccitatissima. Sporge il culo in fuori ed inizia a muoverlo sfregandomi la fica sulla faccia per darsi ulteriore piacere. Inizio a penetrarla con la lingua e a provocarle gemiti sempre più frequenti. Anche io sono molto eccitato ed il mio cazzo reclama a gran voce le attenzioni di Giulia. La faccio mettere a carponi e lei mi guarda con aria maliziosa. Inizia ad aprirsi la via ed io inspiro ad occhi chiusi gustandomi il momento. Prima che tolga completamente i pantaloni sfilo due preservativi dal portafogli. ‘Questi potrebbero essere utili in futuro’ dico facendole l’occhiolino. Giulia sorride stringendomi il cazzo in una mano. Con la lingua va gentilmente a depositare della saliva sulla punta, senza toccarlo per farmi restare ancora più a lungo sullo spine e muovendo lentamente la destra in su e giù con per andare a lubrificare. Soddisfatta del risultato inizia a leccare l’asta in tutta la sua lunghezza partendo dalla palle e arrivando alla cappella, ripetutamente. Inizia poi a girare con la lingua sempre più velocemente intorno a questa facendomi mordere le labbra e trattenere a lungo il respiro. Finalmente lo prende in bocca. &egrave bellissimo sentire il calore della sua bocca e della sua saliva sul mio cazzo eretto. Potrei venire in questo momento. Che bello sarebbe inondarle la bocca di seme, il modo più manifesto per mostrarle il mio gradimento. Accantono l’immagine mentre le passo un preservativo; pensandoci del resto ho anche una gran voglia di scoparla. Giulia lo apre coi denti fissandomi dritto negli occhi. Apprezzo molto lo sforzo scenico, anche l’occhio vuole poi la sua parte. Giulia si rialza soddisfatta del suo operato, mi bacia sul collo mentre mi accarezza il viso e bisbigliando mi chiede se mi &egrave piaciuto. ‘Non sai quanto’ le rispondo mentre la spingo nuovamente sul tavolo e una volta sdraiata le divarico le gambe. La pentola d’acqua bolle sul fuoco mentre il mio pene inizia a strofinare le sue labbra verso il basso e verso l’alto. L’ultimo supplizio prima di concedere la gioia della penetrazione ad entrambi, anche se ho come la sensazione che sia Giulia a soffrirlo maggiormente. ‘Mettilo dentro’ geme ‘e scopami, scopami cazzo. Fottimi come non ci fosse un domani’. La penetro. Sento il sollievo allo scorrere del mio pene contro la sua carne. Sono dentro di lei e me la sto sbattendo. Non mi sembra vero. Lei distesa nuda sul tavolo geme ed urla al crescere della foga con cui la scopo; urla di piacere al risuonare dei colpi che infliggo alla sua fica colante di umori. Il tavolo si sposta rumorosamente fino a cozzare col muro. I piedi di Giulia sono contratti in una smorfia di piacere e lei non fa che ripetere ‘oh sì, oh sì, oh sì, ti prego…’ e raggiungere l’apice del piacere in un grido finale liberatorio. La vedo tenersi una mano sulla fronte mentre ansima, madida di sudore. Ancora col respiro spezzato si siede e mi bacia a lungo. Ricambio con dolcezza il suo bacio.
E mentre mi lecca l’orecchio carezzandomi, sussurra con voce lasciva ‘Come vuoi che ti renda felice?’ La prendo in braccio e la trascino in camera da letto. I calici ancora colmi di Viu Manent e la bottiglia vuota, silenziosi spettatori coi pannelli, le ante ed i fogli d’istruzioni squadernati sul pavimento.La lancio sul sul letto e mi arrampico su lei baciandola e mordendola ‘Cos’&egrave vuoi farlo da missionario? Hai bisogno di vedermi negli occhietti come tuo fratello per venire?’ Rimango a bocca aperta, confuso, proprio non capisco. ‘Cos’é quella faccia? ti fa schifo pensare che vi siete divisi una donna? Non ti va di pensare che in questa fica c’&egrave stato anche il suo cazzo?’ Non ho idea del perché si stia mettendo a dire certe cose. &egrave una vendetta per prima? Vuole farmela pagare? Di lei avrei potuto pensare tante cose, ma che fosse vendicativa… no certo che no. &egrave solo un altro gioco. Sta cercando di dirmi qualcosa che non può dire e quindi deve usare parole diverse, devo essere io ad estrarre dai meandri reconditi della sua anima i desideri a cui non può dare voce. Il sesso non &egrave qualcosa che si fa &egrave un posto dove si va, dove si può essere qualcun altro, o meglio, si può essere se stessi, senza paure. Fare uscire un lato di se stessi, solitamente malcelato. Certo, &egrave questo quello di cui ha bisogno.

Le metto una mano sulla bocca onde zittirla. Le parole di Giulia risuonano ora come un mormorio soffocato ed incomprensibile ma vedo che il suo corpo si rilassa. Le do uno schiaffo. ‘senti brutta stronza smettila di dire cazzate. Anzi smettila proprio di parlare, la tua bocca viene solo buona per succhiare cazzi’. I suoi occhi ora sono sgranati, quasi increduli. La trascino giù dal letto facendola finire sul pavimento: ‘visto che vuoi fare la cagna, &egrave giusto che te ne stia per terra.’ Giulia risponde di sì. Sciaff. Un altro manrovescio al volto la colpisce lasciandola interdetta. ‘Non ti avevo detto di stare zitta prima? Rispondi solo se esplicitamente interrogata.’ Silenzio.’ Quella era una domanda, sai cagna?’ Giulia, inginocchiata a terra con le gambe giunte, le mani lunghi i fianchi e il faccino, arrossato per i due ceffoni, inizia ad annuire ma senza alzare lo sguardo, come una scolaretta che &egrave stata appena sgridata. Quanto mi eccita quella visione e allo stesso tempo sento scorrere tantissima tenerezza. Avrei voluto fare l’amore con lei, guardarla negli occhi, sentire il suo respiro, vedere il viso sformato dalle smorfie dell’orgasmo. Andrà diversamente, ma va bene così. Mi piego su di lei. Le alzo la testa e poi le passo il pollice sulle labbra, aprendole ed infilandoglielo in bocca. Giulia inizia a succhiarlo immediatamente, guardandomi con occhi docili. Lo estraggo e lo asciugo sul suo capezzolo sinistro e poi strizzandolo fino a farla gemere. Prendo il nastro isolante nero, ancora fuori posto dopo i collegamenti elettrici, e le avvolgo i polsi dietro la schiena, bloccandoglieli completamente. ‘Tanto le mani non ti serviranno adesso’. Sfilo il preservativo e le paro il mio cazzo pulsante in faccia, tirandola a me con una mano. ‘Ora fammi vedere quanto sei brava a succhiarlo, troietta’. Giulia non aspetta una secondo, lo prende in bocca senza fronzoli ed inizia a pompare con gran foga. Quanto &egrave diverso da poco fa. Prima era una toccatina qui e una leccatina lì per suscitare desiderio, ora dalla soddisfazione di tale desiderio sembra dipendere la sua vita. “Avanti che sei più brava di così. Vai fino in fondo, da brava puttanella’ la incito ed inizio a spingerle la testa forzandole il mio cazzo in gola. Giulia si ritrae tossendo, forse un conato di vomito forse un accenno di soffocamento. La sua bocca ed il mento sono ricoperti di saliva, fattasi densa per il duro lavoro e odorante maschio. Le faccio tirare fuori la lingua e le sbatto ripetutamente il membro contro, massaggiandomi il frenulo. La uso per masturbarmi e le cospargo la faccia della sua saliva, usando il cazzo come pennello. Adoro l’idea che Giulia odori di me e marchio il territorio da animale. Deve sentirsi mia. Mi sposto lentamente alle sue spalle ed impugno il taglierino metallico. Inizio a far scorrere la lama dalla riga del sedere lungo la colonna vertebrale lasciando una sottile riga bianca sulla sua pelle chiara che presto so diventerà rossa. Giulia sussulta. Vado a cingere il suo corpo col mio e non posso fare a meno di respirarla nuovamente e baciarla dove nuca e schiena s’incontrano. Le porto una mano sul collo a stringerla con la giusta decisione. L’altra mano appoggia il metallo freddo della lama sul suo capezzolo destro. Sento il suo respiro farsi più veloce. Vado a stuzzicarla con la punta del taglierino, la sento dimenarsi, non so se di piacere o fastidio, nonostante cerchi di trattenersi. ‘Ora facciamo un giochino’ le sussurro. ‘Io ti faccio delle domande e tu mi rispondi. E se racconti cazzate finisce male. Capito?’ ‘Sì Signore’ risponde annuendo. ‘Prima però devo procurarmi un paio di cose, quindi intanto rimani qui da brava’

Leave a Reply