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Diana e la lezione di musica

By 30 Settembre 2021No Comments

Nota dell’autore: il racconto che segue, liberamente inspirato dal video “Tell your wife i say Hi” (dì a tua moglie che la saluto), vede protagonisti una studentessa (Aria Lee) innamorata del proprio insegnante e un insegnante (Derrick Pierce) che, dopo aver ceduto al suo fascino, si ritrova a dover gestire una situazione abbastanza…complicata. Dedico il presente a tutte gli studenti innamorati dei propri insegnanti, ma anche a tutti gli insegnanti che sono stati tentati o hanno ceduto al fascino di un loro studente.

Come sempre, mi trovate all’indirizzo mail raccontidienea (chiocciola) gmail.com per idee, critiche e quant’altro, oppure sul mio blog raccontidienea.blogspot.com con altre storie e risorse inedite.

N.B. i protagonisti del racconto si intendono maggiorenni e consenzienti

Buona lettura!

Bill stava parlando a telefono quando il campanello della sua abitazione suonò.
Era un tardo pomeriggio d’autunno e Bill era convinto che fosse sua moglie Laura che, rientrando da lavoro, avesse nuovamente smarrito le chiavi di casa.
Bill chiuse il telefono congedandosi dal suo interlocutore e andò ad aprire la porta senza nemmeno guardare prima dallo spioncino.

Rimase sorpreso nel vedere Diana.

Diana è una ragazzina peperina, alta un metro e sessanta circa, con capelli biondi lunghi lisci.
Il suo viso innocente e aggraziato, i suoi ammalianti occhi verdi, la bocca sensuale con labbra sottili, il nasino all’insù, il fisico allenato da cheerleader, i seni piccoli e sodi e il suo sedere tonico, farebbero pensare ad una sedicenne. Diana, però, ha da tempo compiuto la maggiore età e dietro a quel faccino innocente si nasconde…beh, lo scoprirete presto.

Quel pomeriggio si era presentata a casa di Bill indossando la divisa della scuola: una giacca blu sopra una camicetta bianca aderente, un gonnellino a quadri, delle scarpe blu e infine dei calzettoni bianchi. Portava i capelli sciolti dietro la schiena, una fascia rossa sulla fronte impediva alle ciocche di finirle tra gli occhi.

Un gran sorriso le si era dipinto sul volto quando Bill le aprì la porta: dallo zainetto scuro che portava sulle spalle aveva appena tirato fuori un flauto dolce che teneva tra le mani, pronta ad iniziare la sua recita.

“Diana! Che…che diavolo ci fai qui!?” – chiese Bill balbettando

“Salve, professor Smith!” – cinguettò Diana

“Che diavolo ci fai qui!?” – tornò a chiedere Bill con un filo di risentimento nel tono della voce

“Beh…sono passata perchè…avevo bisogno di lei” – disse ammiccando

Sul volto di Bill si intravedeva paura: la scomoda presenza di quella ragazzina davanti casa sua poteva costargli cara.

“Diana, per l’amor del cielo! Devi assolutamente andartene via! Ti ho già detto più di una volta di non venire a casa mia.” – disse Bill con l’espressione che da impaurita era diventata terrorizzata.

“Ma prof! …questa settimana mi sono esercitata molto sugli esercizi di…” – fece una breve pausa sorridendo – “…respirazione che mi aveva assegnato e…”

“Devi andare via!” – la interruppe Bill che, non sapendo cosa fare, decise di chiuderle la porta in faccia senza aggiungere altro.

Appena chiusa la porta Bill aveva chiuso gli occhi sperando in cuor suo che la ragazzina avesse capito e fosse andata via.
Ma il campanello era tornato a suonare.
Bill cominciava a sudare freddo, incapace di pensare a come gestire quella situazione.
Un secondo suono del campanello lo aveva fatto precipitare nuovamente nel panico.

Aperta di scatto la porta e con voce disperata le urlò – “Cosa vuoi?!?!”

L’espressione di Diana carica di malizia non era cambiata: “…mi chiedevo, prof…se adesso fossi finalmente pronta per suonare il SUO flauto…” – l’aggettivo possessivo usato prima della parola flauto non era casuale

Senza staccare lo sguardo dagli occhi di Bill aveva iniziato a carezzare con i polpastrelli il flauto che teneva tra le mani: “…mi chiedevo quale fosse la posizione corretta delle dita…come devo mettere…la bocca…la lingua…”

Con uno sguardo sempre più porco in direzione del prof, Diana aveva iniziato a sfiorare con le labbra il flauto. Poi, con la punta della lingua, aveva iniziato a bagnarne la punta con dei movimenti lenti e provocanti.

Bill stava per perdere la testa.

“CIAO BILL!” – la voce del vicino che passava dall’altro lato della strada salutando gli aveva gelato il sangue.

Riavutosi rapidamente dallo spavento, aveva ricambiato il saluto alzando la mano forzando un sorriso.

Appena lo sguardo del vicino fu fuori dalla sua portata, Bill decise di agire: afferrato con forza un braccio della ragazza, la trascinò velocemente in casa chiudendo la porta.

“Cinque minuti!” – disse Bill urlando – “…cinque minuti e te ne vai, ok?”

Diana sorrideva soddisfatta: aveva appena ottenuto quello che voleva.
Senza nemmeno rispondere a Bill si divincolò dalla presa e cominciò a camminare sicura per il corridoio.

“Dove….dove stai andando?” – chiese Bill disperato

Ma la sagoma di Diana era già sparita dal corridoio: la ragazza si era diretta in salotto con passo sicuro. Non era la prima volta che veniva a trovare Bill.
Entrata in salotto aveva posato il flauto nella tasca esterna del suo zainetto che aveva lasciato cadere a terra.

Bill nel frattempo l’aveva inseguita e raggiunta nella stanza.

“Diana, per l’amor del cielo…” – erano state le parole disperate che era riuscito a pronunciare entrando in salotto prima di bloccarsi: Diana si era messa comoda sul divano togliendosi le scarpe e la giacca e iniziando a guardare Bill con sguardo voglioso.
Lo squillo del telefono aveva impedito a Bill di porre rimedio a quello che quel terremoto di ragazza aveva intenzione di fare. A chiamarlo era sua moglie che, non essendo ancora rincasata, probabilmente lo stava chiamando per un’emergenza.

Bill chiuse gli occhi facendo un respiro profondo, poi dopo aver premuto il tasto per rispondere portò il telefono all’orecchio: “Amore! Che succede?”

Dall’altro capo del telefono la situazione doveva essere abbastanza complicata, perchè la moglie di Bill aveva iniziato a parlare velocemente senza dare possibilità a Bill di parlare.

Diana approfittò di quella situazione a suo favore: dopo aver catturato l’attenzione di Bill lanciandogli le mutandine che si era appena tolta, aveva cominciato a passarsi le dita sulle labbra in modo lascivo.

“Sì….sì…” – ripeteva Bill di tanto in tanto a telefono, cercando di far credere alla moglie di avere tutta la sua attenzione, mentre il suo sguardo era ipnotizzato dai movimenti della ragazzina.

Intanto i comportamenti di Diana, che non aveva smesso di fissare Bill nemmeno per un attimo, si erano fatti sempre più provocantori ed espliciti: dopo aver giocato a succhiarsi i polpastrelli aveva fatto scivolare le sue dita sul collo raggiungendo la camicetta e aveva preso a sbottonarla lentamente.

Bill continuava a guardare immobile la ragazzina che, bottone dopo bottone aveva iniziato a mettere in mostra il reggiseno che portava sotto. In pochi attimi volarono via camicetta, reggiseno e gonna.

Bill venne quasi un mancamento nel vedere di fronte a sè Diana, completamente nuda, che seduta sul divano e aveva aperto le gambe invitandolo ad avvicinarsi. Bill si lasciò cadere disperato sulla poltrona che aveva accanto e provò a coprirsi gli occhi con la mano che gli era rimasta libera.

Cercò di restare lucido formulando frasi di senso compiuto con la moglie: “…la cena? …sì, sì, ok…tranquilla…ci penso io! Ma…a che ora pensi di liberarti?”

Una mano impertinente nel frattempo si era posata sulla cintura dei suoi pantaloni.
Diana, non potendo più provocare con la vista aveva cambiato strategia: dopo aver slacciato la cintura
aveva iniziato a sbottonare i pantaloni di Bill.

Bill provò a tenere fermo il telefono tra l’orecchio e la spalla, usando entrambe le mani per afferrare quelle di Diana nel tentativo di fermarla.
“no….no….fermati…” – le sussurrò mentre la ragazza si divincolava agilmente.

Nel frattempo a telefono la moglie di Bill, doveva essersi stranita per quegli strani rumori provenienti dall’altro capo del telefono.

“Sì, sì….sì amore! E’ tutto sotto controllo qui…cosa stavo facendo? Beh…niente…ero andato in cucina a verificare se avevo l’occorrente per la cen…”

Si interruppe nuovamente per sussurrare “fermati!” alla ragazza che nel frattempo era riuscita ad sbottonare i pantaloni ed aveva iniziato a carezzare il bozzo sulle sue mutande.

“Sì…sì…sì amore, io ti sento beneeeh…ehh…non so…forse problemi-ih di ricezione…”
Bill, disperato, non sapeva più che fare: da un lato la moglie insospettita, dall’altro la ragazzina che, liberata la sua erezione dalle mutande lo fissava con sguardo malandrino.

Fortunatamente la moglie di Bill era tornata a spiegare il come e il quanto avrebbe fatto tardi per via dei problemi in ufficio, permettendo a Bill di concentrare l’attenzione allo sguardo perverso della ragazza.

“Oddio!” – esclamò improvvisamente Bill mentre Diana afferrava con una mano il suo pisellone e iniziava a menarlo.

“ehm…sì…sì…tutto ok amore! No, no! Stavo cercando…di prendere una cosa dal cassetto…in cucina ed improvvisamente mi s’è chiu…”

A Bill mancò il fiato: le labbra di Diana si erano posate sulla sua cappella e la ragazzina aveva iniziato una magistrale operazione di bocca.

“…chiuso…oh…ohhhh…oh…” – cercò di concludere la frase.

Bill chiuse gli occhi, incapace di resistere alle piacevoli sensazioni dche la bocca di Diana gli stava regalando.

“…no, no…nessun pro…blema am…oh….re” – l’impresa di Bill di trattenere l’eccitazione stava diventando ardua.

Riuscì a riprendere fiato quando ad un tratto Diana aveva mollato la presa e si era messa in piedi di fronte a lui dandogli le spalle.
“no, no, no, no, No, No, NO, NO!” – disse Bill alzando lentamente il tono della voce fino ad urlare, nel tentativo di fermare Diana che nel frattempo aveva afferrato il suo pisello e ci si stava lentamente impalando su.

Inutile raccontare quanto si agitava nella mente di Bill che, se da un lato avrebbe voluto porre fine a quella situazione, dall’altro moriva dalla voglia di sentire la sua cappella circondata e stimolata dalla giovane e tenera fichetta di Diana.

Con un barlume improvviso di lucidità riuscì a trovare una scusa per giustificare alla moglie quel suo improvviso e crescendo ‘no’, raccontandole di un uovo che era rapidamente rotolato via sotto i suoi occhi e che, avendo le mani impegnate non era riuscito ad afferrare in tempo.

La scusa era sembrata convincente, visto che la moglie all’altro capo del telefono tornò a parlare.

Nel frattempo Bill era completamente smarrito in un turbine di piacevoli sensazioni: la pallida schiena della ragazza, il suo sedere sodo che aveva ormai toccato il suo bacino, il suo cetriolone duro circondato dalla fica rovente e umida della ragazza.

“…sì…sì, tranquillah..ah…” – disse Bill tentando di nascondere le sensazioni terribilmente piacevoli
che il corpo di Diana gli stava provocando: la ragazza aveva iniziato un perverso su e giù sul suo pisellone dando un ritmo sempre più sostenuto a quella che stava diventando una meravigliosa cavalcata.

Poi Diana perse improvvisamente l’equilibrio e finì di peso infilzata profondamente sul birillone di Bill

“Aaaaahhhh” – fu il sonoro gemito di perverso piacere che Diana non riuscì a trattenere

“…sì, amore…di chi era quella voce? …Diana, l’alunna di cui ti ho parlato l’altra sera…ricordi?” – Bill cercò di essere credibile con la moglie – “…era di là in salo-oh-tto…era passata da qui per…per…farmi… vedere…come… fosse…diventata…brava…con gli esercizi di respirazione…il flauto…sì, le sto dando lezioni…di fla-uh-to”

“…buonasera signora Smith!” – disse Diana con voce alta e squillante

“…sentito? Ti saluta!” – aggiunse Bill con la voce tremante

Diana nel frattempo era tornata a far leva sulle sue gambe e a martellare Bill con colpi decisi e profondi.

“…Sì…cioè no…non…ti…sento bene…nemme…no io…” – la voce di Bill era spezzata dai continui affondi della ragazza che adesso sembrava inarrestabile.

“Ok am…ore, …a d-dopo!” – furono le ultime parole che pronunciò Bill prima di riattaccare e lasciar cadere il telefono a terra.

“…BRUTTA TROIETTA!!” – furono le prime parole che Bill rivolse a Diana afferrandola per i fianchi e alzandola di peso sopra di sè

“…oh prof!” – rispose Diana falsamente dispiaciuta

Bill la lasciò cadere a peso morto sul suo pisello duro facendola gemere di piacere per la violenta e profonda penetrazione.

Tornò nuovamente a sollevarla e schiacciarla profondamente su di sè.
Un secondo gemito si liberò dalla bocca di Diana.

Un terzo e poi un quarto affondo di Bill mandarono in estasi la ragazza, che gradiva molto quella perversa brutalità.

Bill le afferrò la chioma bionda con una mano, strattonandole i capelli con decisione.

“TROIA!!!” – le urlò con rabbia mentre un nuovo, lungo e perverso “ahhhh” si liberava dalla bocca di Diana che, reclinata la testa indietro, stava godendo di quel trattamento.

“…per poco mia moglie non mi scopriva!” – urlò, schiaffeggiando con violenza una natica della ragazza con la mano libera.

“Oh prof!” – esclamò Diana con la voce rotta dal piacere

“Ti presenti a casa senza avvisare!” – un secondo schiaffo violento sul sedere
“Non mi ascolti quando parlo!” – un terzo potente ceffone
“…Pensi solo e sempre al cazzo!” – urlò ancora strattonando con più forza i capelli della ragazza

“Siiiii….al tuo bel cazzone, prooooof!” – rispose con tono eccitato Diana, ormai incapace di controllare il piacere che tutta quella violenza le causava

Bill tornò ad afferrare i fianchi della ragazza, deciso a punire la ragazza con una furiosa cavalcata.

Cominciò a fotterla, accelerando il ritmo man mano che i gemiti di Diana diventavano più forti.

La voce lussuriosa della ragazza e il rumore dei colpi del suo sedere contro il pube di Bill risuonavano nella stanza.

“Vengoooooo” – annunciò la ragazza prima di essere sopraffatta dall’orgasmo

Bill rallentò il ritmo fino a fermarsi, lasciando che la ragazza si stendesse su di lui per riprendere fiato.

“Sei una lurida puttana!” – le sussurrò all’orecchio – “…una piccola, lurida puttana!”
“Sì, prof…” – rispose Diana con la voce ancora rotta dal piacere – “…sono una puttanella…la tua puttanella…”
“Alzati” – le ordinò, certo che la ragazza avesse ripreso fiato a sufficienza.
Bill si alzò con lei e con dei rapidi gesti si liberò di scarpe, pantaloni e mutande.

Poi, afferratala per i fianchi, la sollevò come un fuscello e la posizionò in ginocchio sulla poltrona.

“Troia!” – esordì, schiaffeggiandole nuovamente il sedere ormai rosso per le percosse precedenti

Diana tentò di strozzare l’urlo che aveva in gola.

Un secondo, un terzo e un quarto schiaffone colpirono le natiche bianche della ragazza che, nel frattempo, aveva afferrato con forza lo schienale della poltrona, nel vano tentativo di scaricare parte della furia di Bill sulla poltrona stessa.

Bill tornò a puntare il suo pisello sulla fichetta sbrodolante di Diana.
La infilzò nuovamente, dando inizio a quella che sarebbe stata una seconda furiosa cavalcata di quel pomeriggio.

Diana tornò a gemere assecondando i colpi che Bill continuava a darle.
Un sorriso di piacere le si era disegnato sul volto.

Bill lo notò: “Ti diverti, eh?”

Tornò ad afferrarle i capelli mentre con l’addome caricò un violento affondo tra le carni della ragazza.

Rimase immobile dentro di lei, tirando con forza la sua chioma.

Il piacere che investì Diana fu incontenibile: inarcata la schiena e reclinata la testa indietro aveva iniziato ad ansimare.
Sull’orlo di un nuovo orgasmo la ragazzina iniziò a contrarre spasmodicamente i muscoli del ventre e quelli interni della vagina.

“Cosa fai, troietta? Vuoi farmi venire…di già?” – le disse, cercando di resistere a quella piacevole mungitura

Diana cercò di controllare gli spasmi chiudendo gli occhi: fare venire il prof avrebbe comportato la fine di quel gioco perverso.

Con i capelli della ragazza ancora stretti in mano, Bill diede allora inizio ad una nuova raffica di affondi. I colpi di Bill via via più possenti avevano iniziato a scuotere non solo il corpo della ragazza ma anche la poltrona su cui era saldamente afferrata.

Un lungo e acuto gemito della ragazza annunciò a Bill un nuovo devastante e orgasmo.

Mentre Diana era ancora intenta a riprendere fiato Bill, con ancora il suo bel pisellone piantato nella sua fichetta, studiò la posizione successiva.
Poi, afferrata e sollevata la ragazzina come se fosse un bambola, la distese sul divano e ci si avventò sopra.
Le aprì le gambe e tornò a trapanarla con violenza.
Nel frattempo le sue mani si mossero per afferrare e stringere i seni della ragazza.
Iniziò a torturare e con i polpastrelli i suoi capezzoli.

Diana ormai succube di quella dolce e perversa tortura cominciò a incitare Bill
“…fammi godere prof! …fai godere la tua puttanella in calore! …oh sì…devastami la fichetta!”

Bill accelerò il ritmo, deciso a prendersi la sua porzione di piacere.

“…sborrami dentro! …mettimi incinta! …riempimi l’utero di schizzi!” – continuò Diana desiderosa di essere posseduta fino in fondo.

La mente di Bill, sempre più annebbiata dal piacere, era adesso combattuta: scaricare dentro la ragazzina la sborra che gli bolliva dentro le palle ormai doloranti e rischiare di ingravidarla, oppure uscire all’ultimo istante e schizzare ovunque, con il rischio di lasciare in giro tracce compromettenti?

Nel frattempo la ragazzina era stata sopraffatta da un nuovo orgasmo che le tolse il fiato e la voce.
Il corpo di Diana era in preda a convulsioni e i muscoli interni della sua vagina erano tornati a mungergli il cazzo: era arrivato il momento per Bill di godersi il suo orgasmo.
Decise di tirare fuori il suo pisellone dalla fighetta grondante di sbroda della ragazzina.
Gli bastarono un paio di menate per venire e scaricare su quello che rimaneva del corpo di Diana la sua sborra calda.
Due, tre, quattro, cinque potenti fiotti finirono per imbrattare il viso, il collo, il seno, la pancia e infine i peli biondi sul pube della ragazza.

Spossato, Bill si sedette sul divano accanto alla ragazza e chiuse gli occhi.
Diana, nel frattempo, appagata e soddisfatta di quell’amplesso, era tornata in sè e aveva iniziato a muovere le dita per raccogliere gli schizzi di sborra che Bill le aveva sparso su tutto il corpo.

Quando fu sicura di averne raccolta una quantità sufficiente, accertatasi che Bill fosse ancora in uno stato di semi-incoscenza, portò la mano sulla sua fichetta e spinse le dita piene di sborra dentro. Chiuse gli occhi, desiderando con tutta se stessa che quella sborra infuocata trovasse la via del suo utero e la ingravidasse.

Il desiderio di diventare per sempre l’unica e sola troiatta del professore Smith, di portare in grembo il frutto di quegli amplessi folli disegnarono un sorriso perverso sul volto della ragazza.

Bill tornò a riaprire gli occhi: “Non deve succedere più, Diana! Questa è l’ultima volta!”

Diana sorrise.

I due si rivestirono.
Bill accompagnò alla porta la ragazza ripetendole che non doveva più accadere e che non avrebbe più dovuto andare a trovarlo a casa.

Lei, prima di congedarsi, si allungò sulla punta dei piedi e gli diede un bacio sulla bocca.

“Grazie prof…” – furono le ultime parole che Diana disse prima di uscire – “…ci vediamo alla prossima lezione”.

Diana cominciò a camminare sorridendo, mentre dalla sua fichetta sentiva la sborra di Bill iniziare ad uscire e a inzupparle lentamente le mutandine.
Bill con lo sguardo la accompagnò per un po’ mentre si allontanava.
Anche lui aveva un sorriso ebete stampato in faccia: sapeva che quella non sarebbe stata l’ultima volta.

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