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Due bravi samaritani

By 19 Giugno 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Purtroppo non avevo trovato parcheggio sotto casa così anche questa sera avrei dovuto attraversare il parco per tornare nella mia abitazione. Le scarpe con il tacco scricchiolavano freneticamente sull’acciottolato scandendo il ritmo dei passi. Guardavo preoccupata a destra e a sinistra stringendomi contro il petto la borsa a mo di protezione. Il parco, appena imbruniva, diventava un posto frequentato da spacciatori, tossici, barboni, extracomunitari e via dicendo. Già se fossi stata in compagnia sarei stata spaventata, ma così da sola ero letteralmente terrorizzata. Tra l’altro stamattina mi ero vestita elegante, ma seducente per fare bella impressione sul capo in visita alla nostra filiale e ora ero pentita della scelta fatta. Non tanto per la camicia bianca con ampio decoltè in vista, quanto per la vertiginosa minigonna di pelle accompagnata da calze a rete tenute su da un paio di seducenti reggicalze per evidenziare le splendide gambe.
< Ha da accendere? > domandò una voce di uomo proveniente dal bordo del sentiero facendomi sussultare dallo spavento.
< No, mi dispiace. > risposi frettolosamente aumentando il passo.
< Sicura puttana? > urlò abbrancandomi un braccio e impedendomi di andarmene < Fammi vedere cosa hai nella borsa. > intimò strappandomela di mano e gettandomi poi con forza a terra.
< Aiutooo! Aahhh! > gridai a pieni polmoni terrorizzata con le lacrime agli occhi.
< Stai zitta stronza! > disse impugnando un coltello e avvicinandomelo sotto il naso.
< Lascia stare! > intervenne una voce dall’accento straniero alle mie spalle, dopodichè vidi due negri gettarsi addosso all’aggressore.
Troppo traumatizzata per provare a scappare, rimasi lì per terra a guardare a occhi sbarrati la scena. A un certo punto uno dei miei due salvatori si accasciò per terra tenendosi una mano sul petto e gemendo per il dolore. Gli altri continuarono a picchiarsi e, rotolando per terra, finirono dentro a un fossato pieno di acqua bagnandosi e sporcandosi completamente. Il rapitore approfittò dell’accaduto per liberarsi dalla presa del negro e scappò via nel boschetto. Io, mentre l’uomo caduto nel fossato ne usciva e andava a verificare le condizioni dell’amico, mi trascinai verso la mia borsa persa dall’aggressore e verificai che ci fosse tutto. Il semplice frugare dentro la borsa mi fece in parte riacquistare la calma aiutandomi ad uscire dal torpore e dallo shock.
< Come state? > riuscii finalmente a chiedere ai miei salvatori.
< Io sporco lui piccola ferita. > disse in uno stentato italiano uno dei due negri.
< Grazie per avermi aiutato. Grazie! > dissi con voce commossa < Abito vicino. Potete venire con me così te puoi darti una lavata ed io medico il tuo amico. E' il minimo che possa fare per sdebitarmi! >
< Va bene, grazie. Io sono Emmanuel e lui essere Aruna. >
< Piacere io sono Emanuela. > mi presentai aiutando Aruna ad alzarsi.
Percorremmo in silenzio il tratto di strada che ci separava dalla mia casa, ognuno perso nelle proprie preoccupazioni. Quando entrammo nel palazzo in cui abitavo e salimmo nell’ascensore, la luce illuminò per la prima volta per bene i due samaritani e potemmo così studiarci a vicenda. Erano entrambi più alti di me ed a occhio e croce pure più giovani, diciamo sulla ventina. I fisici possenti che mettevano in mostra, nel chiuso dell’ascensore, erano vagamente minacciosi. Nonostante mi avessero salvato rimpiangevo l’invito istintivo fatto loro, ma ormai non potevo tirarmi indietro. Emmanuel era sporco di fango e aveva i capelli rasta impiastricciati, mentre Aruna aveva la maglietta sporca di sangue e rovinata dalla coltellata. Dal modo in cui mi guardavano sembrava non avessero mai visto una donna; i loro sguardi lubrichi vagabondavano inquieti lungo il corpo. Entrati nel mio appartamento feci sedere Aruna sul divano, mentre Emmanuel ed io ci dirigemmo in bagno.
< Eccoci qua. Datti pure una lavata che io medico Aruna. > gli dissi afferrando il kit del pronto soccorso.
Prima di raggiungere il ferito mi specchiai nello specchio in camera mia, scoprendo perchè i due uomini avevano passato il tempo a fissarmi. Un bottone della camicia mi era saltato nella colluttazione portando alla luce il reggiseno. Ero decisamente provocante! Ciò nonostante non mi cambiai subito, ma mi preoccupai di andare a verificare le condizioni di Aruna. In fin dei conti il ragazzo si era preso una coltellata per colpa mia, ora anche se avesse visto un pò delle mie tette almeno si sarebbe distratto.
< Ciao! > lo risalutai sorridendo inginocchiandomi ai suoi piedi.
< Ciao! > ricambiò lui con un sorriso stentato, non so se a causa del dolore o perchè troppo concentrato a sbirciare nella scollatura.
< Togliti la maglia. >
Se la sfilò a fatica rimanendo a dorso nudo. La ferita era piccola e poco profonda e non sanguinava più. Rimasi colpita, invece, dai pettorali definiti e dagli addominali scolpiti. Con la scusa di disinfettarlo ne approfittai per carezzargli il petto, saggiando soddisfatta il fisico asciutto e tonico del ragazzo.
< Come sei nero! > mormorai stupita contemplando la diversità di colore delle nostre pelli.
Messo il cerotto sul taglio mi alzai su scalciando via le scarpe con i tacchi e restando scalza.
< Vuoi bere un bicchiere di vino? > proposi diretta in cucina.
< Sì grazie! > rispose osservandomi eccitato.
Pure io, scampato il pericolo e lo shock, avevo cominciato a trovare eccitante l’intera situazione venutasi a creare. Due perfetti sconosciuti di colore stavano in casa mia, uno nudo sotto la doccia, l’altro solo con i pantaloni addosso nel salotto. Ero andata in cucina a prendere da bere non tanto perchè ne avessi bisogno, ma per provare a rompere l’atmosfera di complicità che si era creata in sala. Nonostante le buone intenzioni il piano fallì miseramente al mio ritorno. Infatti, oltre a Aruna, trovai ad attendermi pure Emmanuel appena uscito dalla doccia. Solo un piccolo asciugamano rosa, che di solito usavo per il viso, legato intorno al bacino copriva le sue pubende. Sembrava una scultura tanto erano definiti i muscoli e tanto era la perfezione del corpo. Con la bocca secca per l’emozione li fissai arrapata, mentre i capezzoli si irrigidivano e la fica cominciava ad inumidirsi. Con la bottiglia di vino rosso in mano e la mente sgombra mi avvicinai a loro con passo lento ma deciso.
< Siete stati molto coraggiosi e finora non vi ho ringraziato abbastanza. Seguitemi in camera che troverò il modo di sdebitarmi. > dichiarai con voce roca preda del desiderio.
Manco a dirlo, come due zombi, mi vennero dietro passo passo. Impaziente mi tolsi la camicia prima di arrivare in camera e una volta lì la gettai da una parte rimanendo in reggiseno in piedi di fronte a loro.
< Me lo sbottoni per favore che ho solo una mano libera? > domandai ad Aruna mettendomi di spalle rispetto a lui ed indicando il reggiseno con la bottiglia.
Anche in questo caso non se lo fece ripetere due volte e sentii le sue dita trafficare con il gancetto fino a quando non fu slacciato. Con il reggiseno ancora indosso, ma ora non più agganciato, mi rigirai verso i negri. Per il momento loro avevano deciso di lasciare l’iniziativa a me, limitandosi a seguire le mie evoluzioni. Con lentezza, beandomi degli sguardi lussuriosi dei due uomini, feci scivolare il reggiseno lungo le spalle fino a farlo poi scivolare per terra.
< Vi piacciono? > chiesi sorridendo sensualmente < Potete toccare se volete. > aggiunsi facendo sballonzolare le grosse puppe.
Le mani si posarono sulle tette prima ancora che terminassi la frase.
< Ouh! > sospirai di piacere sotto il loro tocco.
Emmanuel tastava con delicatezza pizzicandomi delicatamente il capezzolo, mentre Aruna mi palpeggiava in maniera rude, soppesando e modellando a suo piacimento la tetta su cui si era concentrato.
< Aspettate. > dissi sottraendomi per un attimo alle carezze e rovesciando sul seno un pò di vino rosso < Leccate su da bravi! > ordinai afferrando la testa di Aruna e tirandola verso il seno.
Come cani famelici si avventarono contro di me leccando e succhiando con vigore. Le loro lingue mi titillavano i capezzoli pulendo le scie provocate dal vino. Era una sensazione bellissima! Mi persi divorata dalle bocche dei negri, il corpo contorto dal piacere. A un certo punto mi riscossi solo perchè sentivo la mancanza di qualcosa….
< Fatemi vedere il cazzo! > supplicai gettandomi in ginocchio ai loro piedi.
Aruna mi sorrise contento cominciando a sbottonarsi i pantaloni. Intanto che si denudava focalizzai l’attenzione su Emmanuel e sull’evidente erezione che gli tendeva l’asciugamano.
< Cosa abbiamo qui? > domandai con voce gutturale poggiando una mano sulla protuberanza < Mmmhh....sembra qualcosa di duro e grosso! > esclamai ridacchiando accarezzandolo attraverso la tela.
Mi riempiva le dita ed era ancora nascosto alla mia vista; non potevo sopportare di non vederlo, perciò slacciai l’asciugamano facendolo cadere a terra.
< Ciaoo! > mormorai con tono riverente rivolta al cazzo una volta che si librò in aria di fronte ai miei occhi.
Lo afferrai saldamente iniziando a masturbarlo. Per la prima volta mi trovavo al cospetto di un cazzo di un negro ed ero stupita da quanto fosse scuro. La cappella era marroncina in attesa della mia bocca. Stavo per accoglierlo in bocca quando accanto a me comparve il pisello ritto di Aruna.
< Ben arrivato! > ridacchiai prendendolo in mano e sorridendo felice al ragazzo.
Ora ne avevo uno per ciascuna mano; li guardai eccitata, dopodichè li avvicinai tra di loro e presi a succhiarli. Passavo voracemente dall’uno all’altro leccando e suggendo con perizia. Sapevano proprio di cazzo e mi beavo nel loro afrore. Titillavo con la lingua i glandi e i frenuli dei piselli, mentre le dita percorrevano instancabili le aste e palpeggiavano le enormi palle. Sebbene mi stessi divertendo tantissimo a succhiarli il bisogno di essere penetrata mi indusse a fermarmi e a alzarmi in piedi.
< Dove vai? > chiese preoccupato Emmanuel con la fava grossissima eretta.
< A prendere questi. > risposi aprendo un cassetto e prendendo due preservativi < Indossateli! > dissi loro lanciandoglieli.
Nel tempo in cui loro se li infilavano io mi sfilai frettolosamente la minigonna e le mutande rimanendo con solo le calze e i reggicalze addosso.
< Chi mi scopa per primo? > domandai completamente impudica sfiorandomi con le dita la fica.
Poi, dopo aver scambiato uno sguardo di intesa con i negri, salii sul letto posizionandomi a pecora.
< Sto aspettando! > esclamai dimenando il sedere.
Alla fine non dovetti aspettare molto. Sentii una mano accarezzarmi la passera, con le dita che mi penetrarono in maniera perentoria.
< Aahhh.......dai scopami! > incitai inarcandomi accogliente.
Sentii la punta del pene solleticarmi il buco del culo e stavo per protestare, quando con un’affondata decisa me lo infilò dentro facendomi gemere dal dolore. Cominciò a muoversi lentamente per poi accelerare piano piano. Pur dolorante non accennai a fuggire, ma rimasi a subire l’inculata. Aruna si portò al mio fianco e cercò la mia bocca con la sua, baciandomi con passione e infilandomi la lingua fino in gola. Ora il dolore stava scomparendo e il piacere tornava a riempirmi.
< Piacere eh, troia italiana! > esclamò alle mie spalle Emmanuel aumentando la frequenza delle spinte e schiaffeggiandomi le chiappe.
< Sììì........sìììììì! > biascicai arrapata intenta a scambiarmi colpi di lingua con Aruna.
Avevo il culo in fiamme, ma stavo godendo come una troia!
DIN DON……..il suono del campanello di casa risuonò in lontananza, però lo ignorai.
DIN DON DIN DON DIN DON……..ora lo scampanellio si era fatto più insistente e fu impossibile non farci caso.
< Chi cazzo è? > domandai irritata smettendo di baciare Aruna.
Anche i due negri si erano momentaneamente distratti.
< Signora sono il portiere. Va tutto bene? > sentii gridare davanti alla porta di ingresso < Chiamo la polizia? > domandò con voce preoccupata.
< Oh maledizione! > esclamai arrabbiata scendendo dal letto < Voi non vi muovete che torno subito! > dissi ai due negri perplessi.
Afferrai la vestaglia e a passo veloce, per non perdere troppo tempo, andai ad aprire alla porta. L’ultima immagine che mi era rimasta in mente, i due bei ragazzi sul letto con le loro poderose erezioni, mi spingeva a sbrigarmi e a liberarmi in fretta e furia dello scocciatore.
< Che c'è! > sbottai rudemente spalancando la porta con violenza.
< Mi scusi signora, ma.....> cominciò a bofonchiare il portiere Roberto prima di distrarsi a osservarmi il seno.
Seguii il suo sguardo e mi accorsi che nella fretta non avevo legato bene la vestaglia e ora si era parzialmente riaperta facendo uscire allo scoperto una tetta. La rimisi al suo posto, dopodichè tornai a rivolgermi all’ometto:
< Sono impegnata. Cosa è successo da fare tutto questo casino? >
< La signora del primo piano mi ha detto che è rincasata sotto la minaccia di due uomini di colore. Secondo lei la stavano tenendo in ostaggio. Va tutto bene? > chiese vagando con gli occhi lungo il mio corpo.
< Certo certo sono due amici. > replicai cercando di chiudergli la porta in faccia.
< Come mai la sua vestaglia è sporca di sangue? E' ferita? > domandò preoccupato.
< No no, non è mio il sangue. Uno dei miei amici si è tagliato. >
< Mi sa che sarebbe meglio chiamare la polizia. > disse il portiere guardandomi con sospetto.
< Ma va tutto bene! > urlai spazientita.
< Non so, c'è qualcosa che non mi convince....E se ci fosse qualcuno dietro alla porta che io non vedo che la stesse minacciando per rispondermi così? Nei film polizieschi a volte succede. > affermò compiaciuto con aria di chi la sa lunga.
< Oh per Dio! > sbottai incazzata < Venga dentro, guardi non c'è nessuno. > dissi facendolo entrare nell’ingresso.
< Mmmh, sembrerebbe di no! > borbottò quasi dispiaciuto.
< Ora se ne va per favore? > lo invitai sgarbatamente.
< Non ancora! > e detto ciò cominciò a gironzolare per casa.
< Ma insomma........che sta facendo? > sbottai esasperata raggiungendolo in salotto.
< Cerco i suoi amici. Perchè non sono in salotto? Si stanno nascondendo? > domandò ottusamente.
< No, brutto stupido! Sono in camera mia! > ribattei ad alta voce.
< E per quale motivo dovrebbero stare in camera sua? > chiese partendo spedito verso la mia stanza con me al seguito.
< Ooohh! > esclamò stupito una volta che entrammo in camera.
Aruna ed Emmanuel, nonostante il fracasso, non si era mossi e mi aspettavano ancora nudi sul letto. Notai con piacere che anche le erezioni si erano mantenute bene.
< Soddisfatto? > chiesi ironicamente al portiere slacciandomi la vestaglia < Ora se ne può andare o può rimanere a guardarci, l'importante è che non rompa più i coglioni! > gli intimai denudandomi di nuovo e raggiungendo sul letto i negri.
< Dove eravamo rimasti? > domandai sorridendo mettendomi a pecora e afferrando il cazzo di Aruna in mano.
Lo misi in bocca, sospirando di piacere, e con la coda dell’occhio vidi Roberto ancora in piedi ad osservarci.
< Oh sììì! > gemetti felice quando Emmanuel mi inculò di nuovo e, agevolando con il bacino le spinte del negro e masturbando e succhiando il cazzo dell’altro, sbirciai verso il portiere lanciandogli un’occhiata di sfida.

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