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Eneide Postmoderno-Delle vicessitudini in mare e delle trame.

By 7 Aprile 2020No Comments

L’abbandono dei Lotofagi fu rapido ma non privo di dolore.
Nicaurus, uno dei Licanei più giovani, aveva deciso di restare su quell’isola stupenda. Con lui, anche Teana, una donna di mezz’età. Rimasero sull’isola, abbandonando Janus e gli altri esuli.
Sebbene rattristato, Janus accettò la loro decisione, comprendendo che non tutti sarebbero giunti a destinazione con lui. Altri sarebbero caduti o avrebbero abbandonato il gruppo, lo sapeva già.
Ignoto a lui, Aniseus e Tia videro tale abbandono come una sconfitta poiche Nicaurus era stato uno di coloro che avevano apertamente dubitato di Janus giorni prima.
Tia, pratica come sempre, osservò tuttavia il fatto che anche Teana se ne fosse andata e che questo fosse un bene poiché ella aveva spesso parlato a favore dell’Esule.
Uno guadagnato e uno perso. Così si poteva riassumere la cosa.

Nel secondo giorno dopo l’abbandono dell’isola dei Lotofagi, Janus si persuase a parlare con Draupadi. La giovane stava compiendo alcuni esercizi e non si fermò subito, terminando la serie che stava completando da prima che l’Esule si presentasse.
-Desideri parlarmi.-, disse. Lui annuì. Lei gli fece cenno di sedersi. La cabina riservata a Draupadi era spartana. V’era solo una stuoia che fungeva da letto, una coperta e un cuscino.
-Le tue visioni si sono ripresentate?-, chiese Janus sperando in una guida.
-Sì. Invero ho visto mostri e tribolazioni. Passare attraverso di essi sarà doloroso ma l’aggirarli ci sottrarrà tempo e giungeremo a destinazione solo tra un anno o più.-, disse lei.
Janus annuì, meditabondo. Sebbene esporre i suoi uomini a un pericolo non fosse sua intenzione, sapeva bene che un peregrinare assurdo tra le distese acquatiche di mari stranieri non era sicuramente auspicabile. Già c’era stato dissenso. Un ulteriore vagare ne avrebbe favorito altro.
-O veggente… Tu cosa suggeriresti?-, chiese lui.
-La scelta é solo tua, o condottiero.-, disse la giovane, -Ma sappi che io ti appoggerò.-.
-Ti ringrazio.-, disse lui. Lei sorrise, accogliendo il ringraziamento.
-Tuttavia v’é altro che voglio chiederti.-, disse. Draupadi annuì.
-Questi sogni… da quanto li hai?-, chiese.
-Da molto. Non riesco a ricordare un tempo in cui non vi furono.-, disse lei.
-Si avverano sempre?-, chiese Janus. Lei scrollò le spalle.
-Che io ricordi, in genere sì. Mi concedono di vedere il passato o il futuro. Ma il futuro non é immobile o immutabile. Vi sono variabili… Onestamente, io vedo su di te la mano del destino, chiara come la Stella del Mattino, ma vedo anche il peso del comando. Sei gravato da un enorme fardello. E questo é dovuto al tuo passato, che già ti dissi di lasciar andare.-, disse.
-Non é facile… Amavo Layla… E quel mio amore selvaggio e passionale ha condotto alla rovina Licanes.-, lamentò l’Esule, -E tutto per quel mio sentimento, o asceta!-.
-Il tuo sentimento non c’entra nulla. Fu destino. Com’é destino che ora tu ci guidi verso quel luogo promesso.-, ribatté la veggente. Lui la guardò. Era una bella giovane, più di molte altre.
Ma c’era qualcosa, una sorta di velo tra loro, l’impalpabile consapevolezza che gli déi o chi per loro non avrebbero permesso alcunché tra i due. O forse era solo un impressione di Janus.
-Permettimi ora una domanda, o Esule.-, disse lei. Lui annuì.
-Se ti dicessi che tutto ciò che é accaduto é un bene, mi prenderesti per pazza?-, chiese.
Lui sospirò.
-O saggia, Se me l’avessi detto durante la guerra di Licanes, sarebbe sicuramente stato così. Ma ora, dopo le confessioni e le rivelazioni di Layla… Ella ha scosso il mio mondo e la mia opinione su quella guerra.-, ammise. Draupadi annuì.
-È ciò che ho visto nelle mie meditazioni. Ma la tua incertezza ti ha permesso di vedere il marcio nella tua città, tra la tua gente. L’errore che condusse alla guerra non fu tuo, la caduta non una tua responsabilità ma bensì una punizione divina per quanto compiuto dalla tua gente nel creare i Cimanei.-, gli disse. Janus annuì. Improvvisamente si sentì sollevato come da un peso.
-Ti ringrazio, o veggente. Invero, sono lieto di averti incontrato e preso meco.-, si alzò e con un inchino si congedò.

Il giorno successivo vide Aniseus svegliarsi con Tia al suo fianco.
Dopo il loro intermezzo erotico presso i Lotofagi, la giovane si era trasferita senza indugio presso di lui, divenendo di fatto la sua compagna. C’era da dire che il giovane, pur inesperto nelle gioie del sesso, si considerava benedetto dagli déi per l’aver potuto godere di una simile compagnia.
La giovane si svegliò appena un istante dopo e lo baciò, evidentemente desiderosa.
Era nuda, come lui che la notte prima si erano addormentati dopo un ennesimo amplesso.
Era palese che non le fosse bastato. Tia era insaziabile, da quel lato.
Prese a suggere il membro del giovane che, semiaddormentato, ci mise un istante a capire la situazione. Il di lui pene pareva ancor più assopito del sistema nervoso, che l’erezione non giunse.
Tia non desistette, lavorando di lingua rapidamente e famelicamente, esultando quando il pene del giovane prese infine a ergersi. Intanto, anche Aniseus aveva iniziato a dettare il ritmo di quella pompa, spingendole la testa contro il glande. Tia sorrise, toccandosi piano.
Improvvisamente tuttavia, l’eccitazione e il risveglio decisamente infuocato del giovane ebbero la meglio e il membro di Aniseus eruttò un getto di sperma nella bocca di Tia.
La giovane rimase basita ma inghiottì il magro frutto delle sue fatiche. Guardò il giovane con disappunto: lui aveva goduto ma lei no.
-Scusa.-, sussurrò lui. Lei sorrise, indulgente.
-Non scusarti. Anzi, cerca di non farlo sembrare un incidente.-, disse.
-In che senso?-, chiese lui, confuso. Lei roteò gli occhi, esasperata.
-Nel senso che dovrai far sembrare la nostra unione meno solida di quanto non sia. Così che io possa avvicinarmi ad alcuni dei sostenitori di Janus e…-, lasciò che la frase s’interrompesse.
-Ma… dovrai farci sesso?-, chiese Aniseus, inquieto.
-È possibile.-, ammise lei, -Ma non dovrebbe preoccuparti minimamente.-.
-Non mi piace che ti scopino gli altri.-, disse lui. Lei fece un espressione di disprezzo.
-Credevo che fossi disposto a tutto per ottenere il comando. Questo é un sacrificio necessario.-, ribatté. Si alzò, il corpo nudo accarezzato dalla luce del sole che filtrava dall’oblò.
-Sembra un sacrificio molto lieve per te.-, borbottò Aniseus.
-Se la pensi così é chiaro che non mi conosci. Ma guardala in questo modo: tolto di mezzo Janus potrai scoparmi come e quanto vorrai. Hai la mia parola.-, disse Tia.

Il giorno dopo, Aniseus cacciò Tia dalla sua cabina. La notizia fu accolta con costernazione da parte dei più, che videro in questo gesto un atto ingiusto. Egli si difese sostenendo che avevano litigato e la cosa fu rapidamente dimenticata, riassorbita nella routine di bordo.
La giovane trovò asilo presso Meterus, uno degli esuli e un brav’uomo. Di mezza età ma ancora forte, Meterus accolse la giovane senza esitare.
Lei inizialmente si limitò ad evitare controproducenti intimità, sondando il terreno. Meterus aveva avuto una moglie, morta durante la caduta di Licanes. Tia non intendeva imporgli la propria presenza e cercava di unire assoluta e totale gratitudine a un certo grado di distacco, per non indispettirlo. Nel contempo indossava abiti attillati che mettevano bene in mostra le sue rotondità di giovane donna e cercava di valorizzare tali aspetti agli occhi di Meterus.
I giorni passarono lenti. Tia parlò poco con quell’uomo ma abbastanza da capire di non essergli totalmente indifferente. Poi, un giorno, mentre Meterus era intento nel riordinare la dispensa in cui lavorava, Tia si presentò, avvolta nella sua tunica migliore.
-Meterus, per caso potresti elargirmi un bicchiere d’acqua? Ho una sete terribile.-, disse.
-Certamente.-, disse il buon uomo porgendole una fiasca. Lei bevve in modo distratto, versandosi parte dell’acqua sulla tunica. -Oh, che sbadata…-, disse.
Meterus non poté evitare di guardarla che lei era decisamente bella.
-Avresti per caso uno straccio, Meterus?-, chiese. Lui si accorse di essere eccitato.
Sua moglie era morta da tempo. Erano mesi che non aveva una donna. Ma quella giovane…
Le passò lo straccio. Dannazione, continuare a guardarla era una tentazione assoluta…
Lei se lo passò piano sul viso e sul collo. Si guardò la tunica.
-Beh, dovrò metterla ad asciugare.-, disse. Meterus ormai non riusciva più a staccarle gli occhi di dosso. Si avvicinò di un passo. Lei lo guardò.
-Meterus, va tutto bene?-, chiese. Lui scosse il capo. La accarezzò appena, la mano ruvida contro la guancia della giovane.
-Sei bellissima.-, disse. Tia sorrise.
-Adulatore…-, mormorò. Gli accarezzò il petto villoso e nudo che l’uomo era nudo dalla cintola in su. Scese sino ai ben definiti muscoli dell’addome.
-Tia… cosa?-, chiese Meterus. Lei sorrise, infilando di prepotenza la mano nei calzoni che indossava. Gli strinse il membro già duro con forza.
-Scopami.-, sibilò la giovane.
-Qui? Ma rischiamo di essere beccati!-, esitò lui. Lei aveva intanto abbassato i calzoni, manipolandolo piano, toccandosi appena con l’altra mano.
-E non ti eccita?-, chiese, gli occhi che brillavano di libidine.
Meterus avrebbe voluto rispondere, ma lei lo prevenne, distendendosi prona su una catasta di vasi impilati, alzando la tunica ed esponendo il sedere. Divaricandosi le natiche, espose lo sfintere e la vulva. Meterus esitò ancora un istante, uno solo.
-Prendimi… Aniseus era un verginello incapace. Io voglio un uomo capace di soddisfarmi.-, disse Tia. L’uomo non esitò. Sondò la di lei initimità trovandola bagnata. Ma non c’era solo il magnifico succo dell’aspettativa del godimento. Avvicinando il viso e leccando, Meterus sentì un altro sapore.
-Ho pensato che servisse…-, si giustificò Tia. L’uomo sorrise lascivamente. Si era unta d’olio per lui? Mai neppure la sua amata moglie l’aveva fatto. Abbandonò le remore morali affondando nella giovane. Tia gemette, l’imponente virilità dell’uomo che la invadeva con foga. Meterus le mise le mani sulle anche, dettando il ritmo e continuando a pompare.
I gemiti di lei e di lui riempirono l’aria. Pur temendo un interruzione, l’uomo ormai aveva solo in mente di godere, di versarsi in quel corpo, di esplodere.
-Mettilo anche dietro…-, sussurrò Tia, gemendo appena. Lui eseguì. Pur oliato, lo sfintere di lei fece resistenza. Meterus vi affondò con poca delicatezza. Tia lanciò un urletto strozzato.
-Prima volta, vero?-, chiese lui. Lei mugolò in risposta. Evidentemente non era abituata.
Lui prese a stantuffare, sentendo l’ano dilatarsi, accoglierlo, accettarlo. Tia ora gemeva continuamente, travolta dal piacere. Quando si versò dentro il suo ano, Meterus sorrise.
Le gambe molli ma tremendamente conscio del rischio che correvano, si sistemò, aiutando Tia a fare lo stesso. Si ripromisero di vedersi la sera stessa, in cabina.

Tia godette grandemente con Meterus, la notte stessa i due si accoppiarono ben più liberamente.
L’uomo era ben vigoroso, l’età non ne intaccava le doti amatorie, anzi ne aveva migliorato l’inclinazione con l’esperienza. La giovane ebbe modo di toccare l’estasi come ancora non aveva potuto. Provarono più posizioni, sia lentamente che freneticamente, l’uomo la gratificò oralmente sino al godimento e lei fece lo stesso, poi, finalmente, ella poté parlare.
-Nessuna mancanza di rispetto per il vostro capo, ma Janus é forse ancora degno di guidarci? Ci fa errare per mari e mari. Io altro non ho visto che questo. Tu cosa faresti?-, chiese in tono salottiero.
Spossato dal piacere e sicuramente ben deciso a tenersi buona la giovane musa, Meterus rispose.
-Beh, non saprei. Egli é il nostro comandante ma ultimamente ha commesso errori. Fosse per me ritornerei presso i Lotofagi, la cui ospitalità é stata ben gradevole. Ammetto che Janus é un buon capo ma mi chiedo se sia ancora degno della nostra fiducia, vista la grande mole di lidi atti a sostentarci da lui così ingiustamente disdegnati.-, disse.
-Cosa diresti se ti dicessi che vi é chi la pensa come te?-, chiese Tia. Meterus sorrise.
-Mia bella giovane. Me ne sono reso conto. Aniseus, di lui parli?-, chiese. Tia annuì.
-Pur avendoti cacciata? Sicuramente meriti di meglio.-, disse l’uomo. Prese un sorso d’acqua.
-Egli ha… le qualità del comando. E con il tuo supporto e quello di altri… potrebbe comandare.-, rispose la giovane. Meterus si accigliò.
-Conosco alcuni che ci starebbero ma altri… richiederebbero convincimento.-, ammise.
-Già. Tu non temere. Sta pronto a fare la tua parte e non avrai a che pentirtene. Intanto fammi godere di nuovo, mio stallone.-, detto ciò, Tia si sedette sul viso dell’uomo, imponendogli la propria intimità vogliosa da soddisfare. Per Meterus la notte sarebbe stata lunga…

Il settimo giorno, il gruppo raggiunse un isola deserta, ingombra di rovine. La rapida perlustrazione di Janus e di un gruppo di armati rivelò che qui vivevano mutanti, esseri bipedi ma più limili a piovre che a uomini. Essi attaccarono gli esuli in gran numero e la battaglia fu vinta rapidamente, visto che i mutanti attaccarono principalmente in mischia. Vi fu tuttavia un ferito, Malenus e un morto, Temeutus. La vittoria non portò nulla di buono a Janus poiché l’isola era priva di cose di valore. Peggio: non essendovi alcunché atto a sostentare la vita, la battaglia era stata a tutti gli effetti uno spreco di uomini e munizioni. Questo ovviamente giocò a favore di Tia, che ne approfittò per selezionare cautamente le sue prossime vittime.

Ripresero il mare. Il decimo giorno dall’abbandono dei Lotofagi, la giovane circuì a parole Neala, una donna di Licanes aventi con l’età e ormai non più giovane da molte primavere.
Il dodicesimo giorno, Metreus convinse Cotrus a supportare la loro causa. Lentamente ma inesorabilmente, la tela stava venendo intessuta attorno a Janus e ai suoi.

Fu il ventesimo giorno che gruppo di apolidi si confrontò con la tempesta incombente,  
Una tempesta di ben misera forza ma duratura e apparentemente ancora destinata a flagellare i mari tuttavia costrinse Janus e i suoi uomini a deviare la nave su un’altra isola, dove approdarono, decisi ad attendere il calmarsi del mare.

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