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Estemporaneità Provenzale

By 8 Febbraio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Vi sono dei rari momenti dove il tempo si ferma, dove ci si accorge che qualcosa sta accadendo ma è un puro fatto estemporaneo.

Ed il passaggio dalla vita normale a quell’attimo è cosa così lieve da non accorgersene subito, come in un’afosa giornata di sole cocente ove una leggerissima brezza ci sfiora  il volto ed appena passata il caldo è come prima, nulla è cambiato, anzi è ancor più come prima, ed in quegli attimi il tempo trascorre lentissimo come non volesse proseguire, come volesse gustarsi quanto sta facendo.

Anche il rientro alla normalità è lieve da non accorgersene se non dopo un bel po’ in cui ci vien di che chiederci:

– Cosa sto facendo?

– E perché?

Ma subito l’idea si volatilizza perché il caldo tutto scioglie anche il più semplice pensiero, troppo faticoso da mettere a fuoco.

~

 

E’ in quella non troppo lontana estate fa, che senza forza di volontà sul da farsi, la mente vuota ed il cuore ancora ferito dalla perdita di un piccolo amore orientale, che accettai l’invito di una vecchia amica, conoscenza di anni prima, la quale venuta a conoscenza della mia situazione mi invitò  ad andare a passare qualche settimana nella sua casetta nella bassa Provenza.

– Ça te passera! ( ti passerà..)

M’aveva detto, con quel suo fare francese energico ed abituato a risollevarsi subito appena caduti senza curarsi minimamente dell’accaduto..

L’ammiravo Anne-Marie, una vita travagliata, con un marito troppo manesco, una figlia piccola da mantenere e lei che coraggiosamente si ribellò e lo cacciò malamente da casa. Poi abbandonando il tutto venne in Italia a cambiarsi gli orizzonti per un po’, dove l’incontrai sperduta una sera a Verona chiedendomi con quel suo meraviglioso francese informazioni sul come e dove poter alloggiare.

 

La vidi disperata con la bambina per mano, i capelli spettinati chiedermi disperatamente informazioni. Era molto che non parlavo francese e quello scambio di poche parole risvegliò in me i dolci ricordi della mia infanzia. Fu con grande impegno e gioia che mi prodigai nel trovarle quella sistemazione che generò poi la nostra successiva amicizia.

 

– Lunedì –

Fu così che presi il treno per la costa azzurra, cambiando successivamente altre due volte sino ad arrivare sul tardi pomeriggio a Vidauban nell’entroterra della mitica Saint Tropez,  in un’assolata giornata senza nuvole e con quel profumo tipico che aleggia ovunque in Provenza. Scesi dal treno con altri pochi passeggeri, eravamo gli unici in quel momento ad animare la silenziosa e piccola stazione, mi aspettavo di vederla lì con i suoi rossi capelli, ma non vi rimase nessuno dopo che gli altri passeggeri pian piano si furono dileguati. Attraversato la piccolissima hall, cercai riparo in un angolo in ombra attendendo paziente che spuntasse finalmente Anne-Marie.

Non passò molto che con un rumoroso rombo di motore fuori giri spuntò la piccola Peugeot decapottabile, con la fulva capigliatura al vento, arrivando con velocità elevata sulla piccola piazza della “gare”.

– Uuuh Uhuuh Gabriel !!!

E la sua manina a richiamarmi nel tipico saluto suo.

Ci abbracciammo dopo tanti anni di lontananza e con la sua montagna di domande, di spiegazioni, di agitamento. Sì era proprio lei Anne-Marie, un piccolo tornado, e la ritrovavo com’era tale quale ad allora.

 

Caricato il bagaglio e saliti, spronò tutti i cavalli sgommando verso la periferia della città, ove aveva trovato questa tipica casettina provenzale, con la piscina privata, e non so che facesse di lavoro lei che si arrangiava di qua e di là nel campo della moda, sempre in movimento sempre attiva.

– Ti ricordi di Anaïs?

Subito mi tornò alla mente quella piccola bimba di otto anni, che poco le assomigliava.

– Si, certo come sta? Risposi.

– Un bel po’ più grande, cher Gabriel, mi rispose.

– Quanti anni ha oramai? Le chiesi.

– Beh quando ci siamo conosciuti ne aveva sei ed era il 2003 no! Il 2002, ti ricordi? Verona! Mantova!. Andai con la mente a quel tempo ed ai bei momenti trascorsi insieme.

– Per cui. Le dissi.

-Oramai una signorina!.

– Ah oui!

– Altroché signorina!

– Ne dimostra di più, ma testa poca, come tutte a quest’età.

Nel mentre sfrecciava fra le strette stradine del paesino con tutte case basse seminascoste da alte siepi che creavano privacy ed ombra in quella regione cosi soleggiata. Dopo pochi minuti ma molte più curve, imboccò una stradina sterrata che si perdeva nella folta macchia mediterranea verso un posto isolatissimo. Con l’azionamento da telecomando varcammo il grande portone per giungere sul retro della piccola casetta dal tetto basso e dal tipico stile provenzale.

La voce stridula di Anne-Marie squarciò quel silenzio spettrale condito solo dall’incessante frinire delle cicale, chiamando ripetutamente sua figlia.  Entrammo in casa ma di Anaïs nemmeno l’ombra. Lasciato il trolley nel soggiorno seguii Anne-Marie all’esterno sul praticello ben tenuto che accerchiava una piccola piscina sul cui bordo stava mollemente allungata su una sdraio Anaïs, cuffie in testa ed occhi semichiusi. Un microscopico costumino due pezzi serviva più a giustificare il capo che non al coprire due seni acerbi ma già prorompenti, e l’albicocca modellata perfettamente dal tessuto quasi trasparente.

Anne-Marie toccò la spalla della figlia per destarla dal suo mondo. Questa, girando la testa verso noi non si scompose nemmeno più di tanto se non nel togliersi la cuffia ed allargare le gambe per meglio sistemarsi sulla sdraio. Il mio sguardo, fortunatamente coperto dagli occhiali era subito corso nel suo intercosce messo bene in mostra dalla grande difficoltà del tessuto dello slippino al nascondere quel piccolo paradiso.

Un semplice ciao seguì la lunga spiegazione di Anne-Marie che tentava di rammentare alla figlia chi fossi. Le risposi allo stesso modo, mentre Anne-Marie rimproverava la figlia della sua apatia. Mi accompagnò poi al primo piano nella piccola cameretta destinatami, e mentre provvedevo al mio bagaglio nonché ad una doccia rinfrescante, Anne-Marie scese ad occuparsi della preparazione della cena. Nel disfare il bagaglio, avevo anche aperto la piccola finestra che dava sul lato della piscina ed avevo la visuale di Anaïs di fronte sdraiata verso la casa.

Rimasi ad osservarla per qualche minuto liberando la briglia ad innumerevoli turpi pensieri sulle grazie di Anaïs non accorgendomi che lei aveva abbassato gli occhiali da sole e mi fissava pur rimanendo nella sua sconcia ed erotica posizione. Girai la testa troppo tardi, oramai colto sul fare il guardone, “pardon! il voyeur!”, già, siamo in Francia.

 

Uscito dalla doccia e nel mentre mi asciugavo buttai ancora un occhio alla piscina ma la piccola lolita era sparita. Un ritmo di accordéon francese giunse dal basso trasmesso dalla radio e diffondendo la sua ballata triste nel silenzio allegro della casa. Scesi dalla mia ospite in cucina.

Incrociai Anaïs che mangiucchiava le verdure crude tagliate per la cena.

– Ciao Anaïs. La salutai.

E finalmente il sorriso comparve sul suo dolce visino e fu un piacere baciare quella piccola meraviglia al modo francese, tre baci in successione alternati sulle guance.

– Salut mon cher Gabriel!

Non capìi tutta questa enfasi quando prima non mi aveva neanche considerato, ma era una sensazione sublime stringere quel corpicino che si abbandonava tra le mie braccia, arrendevole, nel mentre la baciavo sotto l’occhio amorevole di Anne-Marie. La mezz’ora successiva fu tutta domande e risposte sia da parte di Anne-Marie, Anaïs e me.

Poi venne il momento del gelo! Non so chi fece accenno a Lucy, probabilmente Anaïs, bloccata troppo tardi dallo sguardo fulmineo di sua madre. Non risposi loro, me ne uscii vicino alla piscina. Già Lucy, la mia amica cinese con la quale eravamo stati insieme negli ultimi 4 anni, e che poi aveva pensato bene di trovarsi un altro. Non ho mai capito perché, non era per il sesso perché con Lucy ne avevamo fatte di tutti i colori, poi lei aveva trovato casa altrove, io abitavo a Milano e da lì in poi si è sempre più allontanata da me. Non ho mai capito il reale motivo, ma è che vi era un altro che le aveva offerto aiuto ed a lui si era affidata. Ancora adesso se ci penso sto male.

 

Dopo un po’ il tono gentile della voce di Anne-Marie mi avvisava che era pronto, ed entrando in cucina la sua mano accarezzando la mia nuca mi tolse un po’ di ombre anche se non del tutto.

Pian piano l’atmosfera si rallegrò complice anche il delizioso vinello rosato tipico della regione, che le ragazze trangugiavano come fosse acqua. Sul finire della cena l’allegria era completa, condita dal sobbalzare dei capezzoli di Anaïs sotto il micro reggiseno mentre rideva a crepapelle con la madre.

 

La serata finì con tutti e tre stravaccati sul divano all’esterno a sorseggiare ancora vino dopo il caffè, gustandoci una meravigliosa stellata, ricordando il tempo trascorso insieme qualche anno prima. Ma già i primi segni che la gradazione faceva effetto li vedevo in Anaïs accoccolata stretta a me con la testa sulle mie ginocchia, mentre ad Anne-Marie gli occhi iniziavano a farsi stanchi dal sonno.

E non era neanche molto tardi quando salimmo a dormire con Anaïs aggrappata al mio collo mentre la sorreggevo salendo la stretta scala. Nell’adagiarla sul letto un seno fece capolino dal costume  e me ne rimasi lì alcuni minuti a gustarmi quella prelibata bellezza, mentre Anne-Marie era già andata in camera sua. Sfiorai la fronte di Anaïs con un bacio e penso questo la svegliò perché aprì gli occhi e si aggrappò al mio collo fissandomi mentre osservavo il piccolo capezzolo turgido, ma non disse né fece niente per coprirsi. Si capiva che le mancava una figura paterna.

 

La notte fu una tortura per me non abituato a quelle temperature, complice il vinello che mi aveva riscaldato non poco, e fu solo al mattino che trovai refrigerio piombando finalmente nel sonno del giusto.

 

– Martedì –

 

Il risveglio fu sul tardi sentendomi chiamare da una fievole voce, era Anaïs che vicina al letto mi chiamava a bassa voce con gli occhi fissi sulla mia erezione mattutina a malapena nascosta dallo slip e di cui non mi accorsi subito. Fu solo nel sedermi sul letto che nascosi finalmente il mio stato allo sguardo indagatore di Anaïs che poco dopo mi disse di scendere per il “petit déjeuner”.

 

Le trovai sedute in cucine con la tavola imbandita di frutta, croissants, pane tostato e marmellate varie, mentre un delizioso aroma di caffè aleggiava nell’aria. Il terzo sorso della scura bevanda mi svegliò del tutto ed accompagnò l’inizio di una piccola abbuffata mattiniera. Anne-Marie mi chiese aiuto in piccole riparazioni rimandate da tempo che accettai volentieri lieto d’aver qualcosa da fare almeno per sdebitarmi un po’. Il resto della mattinata mi estraniai per l’adempimento dei lavori mentre Anaïs tornava alla sua postazione sul bordo piscina in un topless mozzafiato, da cui distoglievo gli occhi a fatica ogni qualvolta il mio sguardo veniva calamitato dalle sue curve.

 

Verso la una Anne-Marie mi chiese se andavo a prendere il vino in cantina e nel mentre mi avviavo mi urlò:

– Chiama Anaïs dille ch’è pronto. Mentre finiva di preparare la tavola per il pranzo.

Fu un delizioso attimo, l’avvicinarmi ad Anaïs ed alla sua semi nudità, da cui non staccavo gli occhi. Giunto che fui vicino alla sdraio, stetti ad osservare per un po’ quelle tettine acerbe il cui capezzolo creava un ulteriore meraviglioso rigonfiamento che sognavo di poter succhiare, leccare, carezzare, ben sapendo in cuor mio che era senso vietato per me.

In quel mentre Anaïs alzò gli occhiali e li bloccò sulla fronte, guardando sfrontatamente con quei suoi meravigliosi occhi verdi il mio sguardo fisso sui suoi seni, coprendoseli poi con le mani ed iniziando ad accarezzarseli fissandomi provocatoriamente. Dopo un po’ a bassa voce mi chiese se mi piacessero. Non ricordo cosa bofonchiai in risposta rosso in viso, aggiungendo balbettando di venire a tavola.

Il pranzo si svolse in un silenzio inframmezzato solo dai discorsi di Anne-Marie, mentre Anaïs di tanto in tanto lanciava occhiate furtive nella mia direzione che indovinavo con la coda dell’occhio. A fine pranzo lamentando mal di testa per il caldo il sole e la stanchezza accumulata, andai a rifugiarmi in camera dove cercai di appisolarmi, ma il caldo era opprimente, così tolti gli abiti dopo un po’ e riuscii ad addormentarmi per non so quanto.

Quando riemersi alla realtà, una leggerissima brezza girava per la casa ed era piacevole il sentirsi accarezzati da quella lieve frescura. Richiusi gli occhi e mi gustai quel momento di torpore da cui a fatica riuscii ad uscirne grazie ad Anaïs  comparsa sull’uscio e che mi chiedeva se mi andava di accompagnarle a Saint Tropez.

Durante il tragitto Anne-Marie accennò alla sua attività di intermediatrice nel campo della moda, tra i produttori ed i grossisti della costa, e dovendo giustappunto incontrare un fornitore a Saint Tropez, univa quindi l’utile ed il dilettevole.

Ero salito dietro sulla piccola Peugeot da dove potevo osservare meglio sia Anne-Marie ma soprattutto Anaïs, che con una canotta tutta storta lasciava ampio spazio alla spalla di fuoriuscire nonché permetteva a seconda dello sguardo, la visione del suo acerbo seno nudo. Un paio di micro pants faticavano a nascondere tutta la meraviglia del suo sotto cintura sia del davanti che del culettino bello sodo.

Parcheggiato nella grande piazza fronte mare vicino al porto Anne-Marie ci dette appuntamento da lì ad un’ora dopo dovendo incontrare il suo fornitore. Con Anaïs ci incamminammo lungo la banchina e dopo un po’ il sole e la sete ci consigliarono di fermarci in un bar sul porto da cui si aveva visione del parco barche più esclusive attraccate lì.

La posa di Anaïs seduta semi stravaccata lasciava intravvedere sotto i micro pants il piccolo tanga che avviluppava quel lembo di carne da sogno. Mentre attraverso la canotta spuntavano le due prominenze dei suoi acerbi capezzoli. Era decisamente un gran bel bocconcino, la osservavo di sottecchi cercando di fissarmi nella mente il più possibile di quel poco che riuscivo ad intravvedere di quel meraviglioso corpicino. Uno squillo sul suo smartphone l’avvisò che Anne-Marie aveva terminato il suo incontro di lavoro e chiedeva dove fossimo.

Dopo pochi minuti sopraggiungeva sedendosi tutta eccitata al nostro tavolo, dove subito esordì con :

– Ragazzi dobbiamo festeggiare ! Ho appena chiuso un affare importante e voglio offrirvi la cena fuori!.

Subito dopo, gasatissima, ci raccontò della trattativa andata in porto per il lancio di una collezione estiva che però l’avrebbe costretta ad assentarsi per due giorni. Mi complimentai con lei per finalmente vederla contenta dell’andamento della sua vita, mentre Anaïs voleva saperne di più sulla sua assenza.

– Così aggiunse guardandomi:

– Cher Gabriel, ti occuperai tu della tutela di Anaïs durante questo tempo, così non la devo lasciare da sola.

E dicendo ciò si mise a ridere osservando la faccia di Anaïs che gli rispose facendogli scherzosamente la linguaccia. Ci mettemmo a ridere all’unisono, lieti della buona notizia.

Non realizzai subito quali prospettive mi si aprivano, ma accettai di buon grado e parlammo ancora a lungo del suo lavoro e dei suoi sviluppi.

Finito l’ottimo “pastis” che non gustavo da tempo, decidemmo di fare due passi per il porto nella serata appena iniziata, approdando poco più tardi in uno dei ristoranti più esclusivi di “Saint-Trop” così come veniva definita dai francesi.

Anne-Marie aveva deciso di fare le cose in grande, e la cena a base di pesce fu superlativa. Purtroppo la tranquillità della serata fu movimentata dall’arrivo di alcuni personaggi del mondo dello spettacolo francese approdati improvvisamente in questa meta da VIP, così verso fine cena di comune accordo accelerammo la nostra dipartita in quanto il locale si stava affollando di gente e curiosi in cerca d’autografo, l’ambiente stava ahimè perdendo tutta la sua privacy e proverbiale tranquillità.

Scappammo in tempo, perdendoci poi nelle anguste vie che conducevano al porto, passeggiammo per un bel po’ lungo la banchina ammirando lussuosi yachts, panfili e velieri  ancorati lungo la banchina e sognando della vita da nababbi dei relativi proprietari.

Più tardi il breve ritorno in macchina ci riportò nella tranquilla e calda sera provenzale tutta da gustarsi sdraiati sul divano all’esterno, appena fuori dal soggiorno ad osservare le stelle.

Fu il :

– A quoi tu penses? (a che stai pensando?)

Detto da Anne-Marie a destarmi dal mio torpore nonché silenzio.

– A niente Anne-Marie. Risposi senza convincimento.

Ed il suo lungo osservarmi la disse lunga sul fatto che avesse capito il perché.

 

Mi dette le direttive per le eventualità durante la sua assenza, scusandosi tanto per lasciarmi già un giorno dopo il mio arrivo. Capii che le piaceva il suo lavoro ed ero ben contento della sua meritata sistemazione dopo così tanti anni di sacrifici e congratulandomi con lei, la rincuorai, se lo meritava davvero.

– Anne Marie, ma non hai mai pensato a trovarti qualcuno? Le chiesi dopo un po’.

– Ma se ho tutto quel che mi serve! Fu la sua allegra risposta.

– Ma non senti la mancanza di un uomo? Le chiesi.

– A differenza di voi uomini, noi donne riusciamo più facilmente a rimanere sole. Mi rispose.

– E l’amore? Le chiesi.

– Ah l’amour… tu sais, l’amour…. Fu la sua risposta cantilenante, e dall’espressione del viso non sembrava preoccuparsene per niente.

Eppure era una bella donna sulla quarantina che non mostrava minimamente, complice i capelli rossicci naturali a caschetto che le davano quell’aria sbarazzina tipicamente francese.

Tacitamente più tardi salimmo a dormire.

 

– Mercoledì –

Quel mattino raggiunsi le mie ospiti per colazione in una raggiante giornata ventilata.

Parlammo delle ultime cose ed Anne-Marie, che vedevo tutta eccitata, non la finiva di raccomandarsi con sua figlia, salii a prendere il bagaglio per la sua imminente partenza.

Poco dopo eravamo tutti e tre a sbaciucchiarci vicino alla decapottabile e darci appuntamento a fra tre giorni. Ci lasciò una sgommata come ultimo segno di saluto prima di scomparire dal grande cancello che si richiuse sul grande silenzio che lentamente invase la casa, riportando pace e tranquillità nell’aria.

Anaïs tornò a rinchiudersi nel suo mondo sulla sdraio della piscina con la sua musica ed il suo libro. Mi ritrovai al non saper che fare, girovagai come uno zombie prima di sdraiarmi su di un’amaca all’ombra dei pini.

Mi destai di soprassalto, ero in un bagno di sudore, un’immane pigrizia mi aveva avvolto, l’aria era soffocante, c’era qualcosa di strano, sembrava che il tempo si fosse fermato. Infatti notai vi era un silenzio innaturale, non si sentivano neanche le cicale.

Mi alzai per andare a chiamare Anaïs e decidere che fare per il pranzo.

La vidi nuda supina, sul materassino immobile nel mezzo della piscina, le gambe aperte a penzoloni nell’acqua, come a voler farsi notare proprio lì. Si notava chiaramente il taglio netto della sua fessurina. Aveva gli occhi nascosti da occhiali da sole, mi avvicinai al bordo e la chiamai, lei girò la testa alzando pigramente gli occhiali con la mano, mi chiese se la tiravo vicino al bordo. Presi una  cordicella appesa vicino alle persiane della cucina, gliela tirai, la prese con entrambe le mani. Mi appariva in tutto il asuo splendore completamente aperta e non vergognandosene minimamente mentre l’avvicinavo al bordo. Non potevo non osservare la sua fighettina aperta che mi si avvicinava sempre più, ed Anaïs sdraiata come in un’offerta che continuava a fissarmi dritto negli occhi.

Il tempo in quell’istante si fermò.

In quell’angolo di Provenza, con un sole cocente, una luminosità innaturale nell’aria, le ombre troppo marcate come in una fotografia contrastata, un silenzio tombale incombeva su noi due immobili a fissarci. Non si odevano nemmeno le cicale che normalmente facevano da musica di sottofondo alla giornata.

Sembrava di vivere in una gelatina che aveva inglobato tutto, fermato il tempo. Non riuscivo a formulare un pensiero un’idea, ero come immobilizzato davanti alla sua nudità, e pure lei era immobile, fissa, con lo sguardo quasi spiritato.

Con una lentezza che parve durasse ore, il mio sguardo si spostò faticosamente sui suoi capezzoli, li vidi eretti, svettanti quasi ad indicarmi, a chiamarmi. Ci guardammo ancora, le osservai a lungo gli acerbi seni, la sua fighettina, fissandola successivamente negli occhi per farle capire quanto me la stessi degustando.

Lei non fece niente, non disse niente, dopo tempo interminabile, con la gola secca riuscii a malapena a dire :

– Dai vieni  a mangiare.

Andai in cucina, iniziando a preparare un’insalatona mista alla mia maniera, mischiando gli ingredienti scelti dall’enorme frigo ben rifornito.

Stavo in piedi davanti al lavello intento a lavare le verdure quando con la coda dell’occhio la vidi entrare nuda. Feci finta di niente, di non vederla o di non volere vederla. Sentii che passava dietro me sfiorandomi apposta come a cercare di farsi notare, ancora la ignorai e mi sedetti a tavola. Lei, nuda si avvicinò a me senza dire niente e mi guardò.

Fu un lungo sguardo il nostro, si capiva che era di preparazione a ben altro. Le cinsi la vita con la sinistra e l’attirai a sedersi sulla mia gamba. La baciai oscenamente mentre le infilavo un dito dentro la sua fighetta stretta, dopo molto la sentii finalmente bagnarsi, allora la sditalinai violentemente.

Mentre la mia bocca scendeva a divorare le sue tettine, non dimostrò molta espressione sul viso tranne per gli occhi semichiusi, segno evidente che gradiva, quando sentii la sua fighettina bella bagnata estrassi il dito e lo porsi alla sua bocca, passivamente lo leccò guardandomi.

Presi un gamberone sgusciato ed iniziai a masticarlo tornando a baciarla e mangiandolo insieme a lei ed alla sua venuta. La mia mano continuava a frugarle il sesso bagnato continuando a portare il nettare attaccatovisi alle nostre bocche che avide succhiavano.

Mangiammo qualche gamberone a quel modo, lei apatica si lasciava fare, quando la sollevai e la portai in braccio in camera, rapidamente mi spogliai ed affondai la mia testa fra le sue cosce, ma per poco, avevo troppa voglia di possederla e probabilmente, anche lei.

Entrai dentro di colpo nella sua piccola fica bagnatissima e violentemente la stantuffai come mai mi era successo. Lei stava adagiata mollemente, solo il suo fiato accelerato, i suoi occhi chiusi e la bocca semiaperta tradivano il suo piacere. Sentivo il suo piccolo utero nei miei affondi, senza badarci continuai, e non so perché al termine non resistendo più, in un ultima serie di colpi le venni dentro inondandola della mia venuta. Rimasi un po’ sollevato sopra di lei per non schiacciarla con il mio peso poi andai a lavarmi e recuperato i vestiti scesi in cucina lasciandola volutamente sola ed ancora tutta aperta ed usata.

Passò molto tempo prima di vederla spuntare, un po’ rossa in volto, si sedette a tavola ad occhi bassi ed iniziò a sbocconcellare in silenzio, poi improvvisamente la vidi alzare la testa fissandomi per un lunghissimo istante, osservandomi nel profondo degli occhi senza nulla dire. Mi fu difficile sostenere quello sguardo indagatore ma non so perché mi sentii un po’ in colpa. Al termine sparecchiai e nel mentre ero intento a lavare i pochi piatti mi sentii stringere in vita dalle sue magre braccia.

Girandomi la vidi davanti a me nuda ed indifesa, l’attirai a me stringendola e baciandola lungamente, sentivo che era ancora disponibile, così estratto il membro già duro per quella meraviglia appiccicata a me, la infilai dolcemente tenendole una coscia alzata, quando le fui dentro, passai le mani sotto le ginocchia incrociandole dietro la sua schiena e dicendole di aggrapparsi al mio collo. Appena fui tutto dentro lei, ripresi a stantuffarla lì, in piedi in cucina, poi senza smettere uscii in giardino, la camminata favoriva i miei ripetuti colpi senza sosta sentendo finalmente il suo respiro farsi sempre più rapido ed ansimante.

L’adagiai nell’erba penetrandola con foga sino a quando sentendo prossima la sua venuta ritmai meglio i colpi in modo da farla venire il più a lungo possibile. Rimanemmo poi per parecchio tempo stesi fianco a fianco sino a quando la sentii accoccolarsi vicino a me, adagiando la testa sul mio petto senza dire niente.

La spinsi a prendere il mio sesso in mano ed a muoverla. Era inesperta, non riusciva a destarmi sensazioni più di tanto, così sempre allungato nell’erba la feci sdraiare su di me portando la sua fighettina vicino alla mia bocca e costringendola a trovarsi faccia a faccia con il mio fratellino.

Persi la cognizione del tempo e della lucidità, so solo che leccavo il suo succo delizioso affondandogli la lingua sino a sentire male alla mascella ma continuavo a leccarla, tanta era la voglia e l’eccitazione di farle provare ancora piacere. Sentivo di tanto in tanto la sua bocca che mi inghiottiva dentro sé più che poteva, ero sempre più eccitato e sentii che presto sarei venuto. Affondai la mia lingua tutta dentro lei leccandola con lunghe passate lente sino ad arrivare al suo piccolo bottoncino.

Percepii che stava tremando tutta per la tensione e l’eccitazione e quando la sentii abbandonarsi su di me perdendo le forze ed iniziando a gemere bevvi il succo dalla sua piccola vulva mentre a mio turno le riempivo la bocca con la mia venuta. La leccai ancora un po’ notando che non voleva lasciare il mio sesso trattenendolo nella sua bocca.

Girandola, l’attirai a me, la vedevo che mi fissava stranamente, gliene chiesi il perché. Lei aprì la bocca per un po’ per farmi notare la mia venuta ancora lì, poi lentamente inghiottì in due volte. Lo vidi quando staccatomi la osservai mentre lei deglutiva ricambiandomi lo sguardo e sorridendomi come a dire:

– Sono stata brava?

Rimanemmo un bel po’ fianco a fianco, io su un gomito mentre le accarezzavo a turno le due prominenze delle sue piccole mammelle guardandoci negli occhi senza parlare. Di tanto in tanto scendendo con la mano, di colpo le infilavo il dito sino in fondo, mentre lei chiudendo gli occhi inarcava la testa all’indietro per il piacere repentino sentito. Poco prima di alzarci glielo infilai in bocca mentre lei continuò a guardarmi succhiandolo languidamente.

 Più tardi dopo una gradita rinfrescata decidemmo di fare un giro a bicicletta per il paese. In pochi minuti giungemmo sul viale centrale, cuore della cittadina. Poco prima di arrivare sulla piazza principale, in una viuzza secondaria passammo davanti ad un colorito negozietto, un sexy-shop!

Fui subito folgorato da una pazza idea. Le proposi di andare a curiosare ed Anaïs accettò di buon grado. Benché un po’ titubanti fummo cordialmente accolti e serviti da una commessa simpatica e cortese a cui chiesi di mostrarci qualche vibratore “da passeggio”.

Condito dalle risatine della commessa e di Anaïs, scegliemmo tra i tanti, un modello “deluxe” con telecomando.

Fu un attimo sublime quando passati alla cassa e dopo l’aver inserito le pile, chiedere alla commessa se Anaïs poteva infilarselo immediatamente. La commessa benché sorpresa, ci indicò un camerino dove Anaïs “inglobò” facilmente e malgrado la sua piccola vulva, il piccolo ovulo che provai immediatamente. Le ginocchia le si piegarono e fu prontamente sorretta dalla gentile commessa che le scostò i capelli dal volto in un gesto alquanto sensuale, nel mentre osservavo la sua bocca stranamente troppo vicino a quella di Anaïs, al punto mi venne quasi di pensare fosse lesbica.

La situazione finì lì e salutata la commessa, riprendemmo il nostro giro in bici, mi gustava pensare in quel momento al piccolo ovulo che accarezzava internamente le dolci pareti della vulva di Anaïs nel mentre pedalava tranquillamente. Parcheggiammo le bici poco distante dalla grande piazza, proseguendo poi lentamente a piedi tra le strette e vuote vie della zona vecchia. Quale piacere fu vedere Anaïs estasiarsi improvvisamente, al mio azionare a distanza con il telecomando, l’ovulo inserito dentro lei.

La sentivo aggrapparsi al mio braccio mentre con difficoltà e con le ginocchia che le cedevano, continuava a camminare con maggiore lentezza e difficoltà. Dopo un po’ riuscì a rimanere un po’ più eretta ma sempre aggrappandosi al mio braccio con maggior forza a causa della sua maggior sensazione di godimento. Le feci fare vari giri cercando di passare vicino ad altra gente preferibilmente ragazze.

Fu poco dopo che capitò una situazione di un erotismo estremo, nel mentre imboccavamo una viuzza, sopraggiunsero dall’altro canto tre ragazze che parlottavano tra loro. Procedevano lentamente e quando giunsero ad una decina di metri da noi accesi la vibrazione al massimo. Anaïs si bloccò improvvisamente con le ginocchia che le si piegavano dal piacere. Nel mentre osservavo le ragazze fattesi mute ad osservare incuriosite la scena, cinsi la vita ad Anaïs a sostenerla, interrompendo più volte e riattivando la vibrazione subito dopo.

Dei gemiti uscirono dalla bocca semiaperta di Anaïs mentre mi aveva poggiato la testa sulla spalla, stava oramai godendo quando le ragazze furono alla nostra altezza ed una di esse ci chiese se si sentisse male. Risposi loro di no mostrando il telecomando, dicendo loro che Anaïs non stava male ma stava gioiendo. Fu divertente vedere i loro occhi spalancarsi per la sorpresa e con un leggero sorriso sui volti, quando qualcuna commentò a bassa voce:

– Oh ce que c’est beau là! (Oh come è bello!) Si allontanarono continuando a girarsi di tanto in tanto gustandosi la scena. Nel mentre baciai a lungo la bocca di Anaïs, che vedevo ad occhi chiusi gemere ed ansimare dal piacere, era in piena estasi ed era meraviglioso vederla in quella sua sensazione.

Più tardi quando fummo vicini alla piazza centrale incrociammo nuovamente le tre ragazze che ridendo lanciarono ad Anaïs :

– Ça va mieux là? (Va meglio ora?)

E ridendo assieme a loro ci salutammo amicalmente. Pensai troppo tardi e quando oramai furono lontane che avremmo potuto invitarle a bere qualcosa tutti assieme, mi sarebbe piaciuto conoscere il loro parere. E riaccendendo il vibratore mentre sorreggevo Anaïs ci avviammo verso il bar della piazza a mangiarci un gelato.

Fu gustoso, dopo che la cameriera ebbe preso l’ordine e stava per allontanarsi, vederla girarsi per il rumore generato sulla sedia in ferro, dal vibratore probabilmente quasi fuoriuscito, suggerii sottovoce ad Anaïs di respingerlo dentro. Fu quando la cameriera tornò a servirci due ricche coppe di gelato che riattivai in quel mentre la vibrazione, Anaïs colta di sorpresa si lasciò sfuggire un gridolino. Si sentiva distintamente il rumore della vibrazione dell’ovulo e fu divertente vedere l’espressione della cameriera che non capiva cosa succedeva.

Quando pagato ci alzammo per andarcene, notai la piccola chiazza della venuta di Anaïs sulla sedia, glielo feci notare e lei ridendo mi rispose che si sentiva un lago tra le cosce. Le dissi che avrei preferito quello al gelato che avevo mangiato, di slancio lei mi mise le braccia al collo baciandomi. Era incredibile quella ragazzina così spontanea e così misteriosa.

Sulla strada del ritorno quando sul vialetto che portava alla casa azionai al massimo il vibratore, fu sublime vedere Anaïs che lentamente e con grande difficoltà, pedalando godeva senza più trattenersi oramai. Quando giungemmo al cancello della villa, vidi che aveva delle lacrime che le gocciolavano sulle gote, preoccupato la presi tra le braccia e le chiesi :

– Che cosa c’è?

Lei mi rispose solamente :

– Ç’est Merveilleux! (E’ Meraviglioso!)

Aperto il cancello la sdraiai immediatamente a terra scostandole il suo micro tanga, ed azionato il vibratore al massimo la penetrai spingendogli l’ovulo sino in fondo mentre diffondeva le sue eccitanti vibrazioni sia alla sua vulva sia al mio membro. La scopai lì in mezzo al cancello aperto mentre qualche macchina passava a pochi metri, fortunatamente senza accorgersi di noi e delle grida di piacere di Anaïs che oramai si era lasciata completamente andare.

Quando fui sul punto di venire, dissi che lo desideravo nella sua bocca, così fu. Glielo porsi appena in tempo riempiendole la bocca mentre lei gemendo per il vibratore rimasto dentro lei ancora in funzione. Accolse tutto il mio nettare dentro di sé. Estrassi lentamente l’ovulo fradicio dei suoi umori mentre lei ancora in preda agli spasmi inghiottiva la mia venuta, quindi l’aiutai ad alzarsi e sorreggendola ci avviammo verso casa.

Più tardi dopo una rinfrescante doccia, nel mentre ero sulla sdraio Anaïs si avvicinò in accappatoio e mi si sedette in grembo aggrappandosi al mio collo. Infilai la mano sotto l’accappatoio accarezzando il suo giovane e fresco corpo chiedendogli:

– Sei stata felice?

Lei stringendosi ancor più, mi sussurrò all’orecchio:

– Non ho mai goduto così tanto, è stato meraviglioso.

Il campanello del portone interruppe la nostra intimità ed Anaïs in accappatoio andò a vedere chi fosse senza farsi tanti problemi per la sua tenuta. Rimase per un pò a parlare con una coppia, girandosi mi indicò loro, vidi che fecero cenni affermativi e poco dopo si salutarono. Mi piaceva vederla lì in strada davanti alla gente e saperla nuda sotto l’accappatoio. In quel mentre arrivò un’amica di Anaïs, si baciarono, e vennero verso me.

– Lei è la mia amica Juliette. Mi disse presentandola.

– Ciao. La salutai. Era una ragazza carina l’esatto opposto di Anaïs, i corti capelli scuri arruffati le davano un’aria passionale. Aveva lo sguardo intenso, profondo di quelli che ti rivoltano dentro. Insieme si allontanarono un pò in disparte chiacchierando e ridendo, girandosi di tanto in tanto guardando dalla mia parte.

Quando Juliette se ne andò dissi ad Anaïs :

– Perché non la inviti a cena?

– Sarebbe carino avere qualcun’altro con cui fare gruppo.

Rispose dicendomi che Juliette aveva già un impegno.

Aggiunse inoltre che la coppia di prima, loro conoscenti, avrebbero dato una festa quella sera alle otto, e ci avevano invitati lo stesso anche se mancava Anne-Marie.

Fu poco prima delle otto che sentimmo della musica provenire da una casa poco distante, Anaïs disse che la festa era iniziata, così ci preparammo andandoci a piedi, passando dal retro ed attraverso le siepi e la macchia mediterranea che divideva le singole proprietà. In quel posto senza tempo, esposti ad eventuali inopportuni sguardi che tra un pino ed un eucalipto palpeggiai Anaïs sfilandole il leggero vestitino.

La piccola mi apparve senza veli sotto, spingendola a proseguire verso la nostra meta, nuda. Volevo gustarmela in tutto il suo splendore nella natura. Giungemmo alla siepe che circondava la casa della festa, vi si vedeva gente che conversava chi sul bordo piscina, chi sul prato seduti sulle sdraio, a sorseggiare bevande o mangiare al grande buffet. Passai attraverso la siepe trascinando Anaïs per una mano, timorosa d’essere vista nella sua nudità. Giunti in una zona leggermente in ombra ma alla vista della festa la palpeggiai lungamente da dietro, infilandole un dito nella sua vulva che già sentivo bagnata dall’eccitazione, e la baciai sentendo che si abbandonava a questa nuova sensazione.

L’aiutai a rivestirsi e ci avvicinammo alla festa ed ai padroni di casa attraverso il prato su un lato della piscina. Anaïs  mi presentò come un suo lontano zio, ci stringemmo la mano per i dovuti convenevoli dispiacendoci della mancanza di Anne Marie. Facemmo conoscenza con i padroni di casa e vari invitati, sbocconcellando e degustando vini Provenzali, ed in quell’atmosfera sempre più allegra ci amalgamammo con un po’ di gente del posto.

Dopo giochi, scherzi d’acqua e balli vari, oramai sul molto tardi, salutammo gli ospiti e tornammo a casa ripercorrendo la stessa strada, ma appena nascosti dalla siepe, attirai verso me Anaïs. Avevo decisamente troppo voglia della piccola e con la scusa del bacio le tolsi il vestitino subito steso a terra dove la sdraiai. La presi lì  ancora in vista dalla casa e dai festaioli, quando finalmente sentii Anaïs gemere forte per il piacere dato dall’eccitazione del momento, la stantuffai a lungo prolungando il più possibile il suo ed il mio piacere.

Poco dopo, nudi tutti e due, tornammo a casa mano nella mano fermandoci di tanto in tanto per baciarci e poterla toccare ancora con lei in piedi appoggiata ad un albero. Era bello camminare insieme nudi nella vegetazione silenziosa ed in quella nottata tiepida provenzale. Quando fummo arrivati a casa ci gettammo subito in piscina alla luce della luna, ripenetrando dentro lei solo dopo che l’ebbi fatta sdraiare sul bordo con le gambe penzoloni,  leccandola a lungo sino a sentirla venire.

 

Al termine esausti salimmo a coricarci rimanendo abbracciati a lungo.

– Giovedì – 

Quella mattina venni svegliato da risatine.

Erano Anaïs e Juliette, ferme sull’uscio della camera che mi osservavano ridacchiando.

Ne capii troppo tardi il motivo, la mia nudità complice la mia erezione mattutina era l’oggetto del loro ridacchiare, e solo quando ebbi spostato il lenzuolo per coprirmi, si allontanarono sempre ridacchiando e chiamandomi per il petit-déjeuner.

Decisamente la sera prima alla festa avevo alzato troppo il gomito, mi sentivo la testa alquanto pesante dal miscuglio di vini deliziosi. Ma dopo il caffè ed un’abbondante colazione, lentamente quella brutta sensazione svanì. Per tutta la durata della colazione le ragazze non smisero di lanciare frecciatine, sogghignando e guardandomi di sottecchi, al punto che meditai loro vendetta.

Dopo il riordino generale, le ragazze se ne andarono in piscina mentre il sottoscritto se ne andava ad appisolarsi su una sdraio all’ombra della casa. Verso l’una la dolce voce di Juliette mi risvegliò. Aprii gli occhi vedendola stranamente troppo vicina al mio viso, guardandomi e chiamandomi sottovoce per il pranzo, e dicendomi che Anaïs  stava finendo di preparare.

Benché ancora intontito, il mio sguardo  già sveglio al punto giusto, osservava spudoratamente il corpicino di Juliette, le sue belle tette piene ed il rigonfiamento dei peli del pube sotto il micro costumino. Sorridendole, faticosamente mi alzai seguendola docilmente verso la cucina.

Lei scherzosamente cercò di aiutarmi tenendomi abbracciato in vita pensando di sorreggermi, ma forse era solo una finta per stringersi a me. Subdolamente ne approfittai per accarezzare la sua pelle ancora calda dal troppo sole preso. Accorgendosi delle mie mosse e sorridendo, mi lasciò fare stringendomisi ancor più. Lentamente ci avviammo alla cucina assaporando il contatto dei nostri corpi.

Gustoso fu il pranzo per il quale ci complimentammo tutti e due con Anaïs per l’ottima Salade Niçoise preparata con deliziosa cura per il miscuglio di sapori ed ingredienti. Era graziosa nella sua fierezza Anaïs per la preparazione che ammise era una delle prime volte che faceva.

Al termine e dopo il café, riassettammo la cucina e nel mentre Juliette lavava i piatti, mi avvicinai di soppiatto ad Anaïs infilandole di colpo tutta la lingua in bocca e baciandola oscenamente. La vidi  contraccambiare ma tutta tesa e ad occhi aperti per paura che Juliette ci potesse vedere. Da dietro infilai la mano nel suo costume e subito con il dito fui dentro la sua vulva che sentii umida. La sditalinai per un po’, ma probabilmente il troppo silenzio che regnava in cucina fece girare Juliette.

Subito ci lasciammo, Anaïs rossa in volto e lo sguardo basso sembrava quasi impaurita, standosene ferma incapace di fingere naturalezza. Juliette si accorse che era successo qualcosa e dal suo sguardo ed anche del rossore di Anaïs.

– Che cos’hai? Chiese ad Anaïs.

Questa balbettò qualcosa che non si capì, ma lo sguardo che ci lanciammo con Juliette mi fece intendere che subodorasse qualcosa.

Mi allontanai con una scusa banale, ma fu più per lasciarle sole, volutamente, mentre uscendo in giardino vidi Juliette dire qualcosa ad Anaïs sorridendole e guardando nella mia direzione.

Più tardi le ragazze decisero di andare in bici in paese a prendere un gelato, gentilmente declinai il loro invito, preferendo rimanere a casa a leggere. Ci accordammo però per andare tutti insieme sul tardi pomeriggio ad acquistare ingredienti tipicamente italiani, quella sera avrei cucinato io per cena.

Trascorsi il pomeriggio vicino alla piscina sotto l’ombrellone,  rileggendo un libro in francese dopo tanto tempo. Avevo preso il libro che stava leggendo Anaïs, sfogliai alcune pagine e subito capii, era un libro erotico di una famosa scrittrice sua omonima. Curioso ne lessi la premessa che riportò alla mia mente tristi ricordi:

 

                                   – Il fascino che una persona esercita su un’altra
                                     non sta in ciò che mostra della sua personalità
                                     nell’istante preciso dell’incontro
                                     … ma…
                                    nella sintesi del suo intero essere,
                                    che rilascia questa droga potente che
                                    cattura l’immaginazione e genera il legame.

                                    Anaïs Nin 

Passarono un paio d’ore prima di veder tornare le ragazze che riportarono allegria attorno alla piscina rimasta sin lì troppo silenziosa. Tra le loro risate e la loro allegria mi raccontarono per filo e per segno la loro pedalata e la degustazione del loro gelato sin nei più minimi dettagli. Non volli contraddirle, erano troppo carine e così felici che era uno spasso ascoltarle osservandole. Sprizzavano gioventù da tutti i pori, e per un po’ invidiai quella loro amicizia.

Più tardi e così come precedentemente pattuito ci preparammo, ed assieme, in bici, andammo alla piazza del municipio, da lì preso il bus per Nizza, ne scendemmo un’ora dopo nella vicina cittadina Les Arcs, alla fermata poco distante dall’Iper locale. Girammo a lungo nel centro commerciale, le ragazze volevano curiosare dappertutto, ed al termine ci sedemmo a prendere un veloce aperitivo. Facemmo gli acquisti, riuscendo anche a trovare alcune chicche di specialità italiane.

Erano le sette quando tornammo a casa, ed io, preso possesso della cucina e di tutto l’occorrente iniziai la preparazione della cena mentre le ragazze riordinavano un po’ l’ambiente preparando la tavola per la nostra serata.

Mezz’ora più tardi stappando un’ottima bottiglia di fresco Bianco Provenzale demmo l’inizio alle danze. Le ragazze impazienti e curiose mi gironzolavano continuamente attorno osservando la preparazione e porgendo mille domande. Le misi subito ad aiutare affidando loro alcune preparazioni per accelerare l’inizio della cena. Così distribuendo ordini e consigli, supervisionavo il loro operato mentre oramai avevo affibiato loro il completamento della preparazione.

Nel Mentre Juliette era impegnata ad affettare le verdure da far saltare poi nel wok, cinsi con il braccio Anaïs e da sotto la maglietta le palpeggiai il turgido seno, lei si abbandonò inclinando la testa sulla mia spalla, stranamente per nulla impensierita dall’essere vista dalla sua amica. Spinsi oltre il mio osare e la baciai a bocca piena, oscenamente, mischiando la mia lingua alla sua in un balletto, in un groviglio ove nulla si fermava per un solo istante, ove era tutto un guizzare dardeggiare e ritirarsi per poi affondare di nuovo nella sua dolce boccuccia. Ero decisamente troppo preso dalla sua sensualità che le sprizzava da tutti i pori.

Fu così che ci colse Juliette con una lunga occhiata direi quasi di invidia, ma sorridendo direi quasi tristemente. Sì perché nel mentre baciavo Anaïs, osservavo Juliette, volevo quasi ci vedesse. L’occhiata però si prolungò, diventò pensierosa, mi prese in contropiede facendomi sentire in colpa. Chissà quali pensieri passavano nella sua testolina, pensavo tra me e me, mentre era lì immobile fissa sul nostro bacio osceno ad osservarci a labbra disgiunte quasi assaporasse anch’essa in un virtuale scambio di lingue.

Staccandomi da Anaïs, mi scusai con Juliette dandole le indicazioni sul prosieguo del suo lavoro. La vidi però disattenta, le scappavano improvvisamente le cose di mano, sembrava assente. La osservai meglio e la vidi nervosa, quasi le mani le tremassero. Lanciai un’occhiata ad Anaïs e con un segno della testa cercai di farle capire indicandole Juliette, di lasciarci soli. Subito non capì ma poi finalmente mi assecondò e con una blanda scusa si allontanò.

Vedevo Juliette che svogliatamente cercava di occuparsi di terminare lo sminuzzamento delle verdure. Andai dietro di lei e le appoggiai le mani sulle spalle, la sentii irrigidirsi improvvisamente. Cercai di tranquillizzarla parlandole in francese per farla sentire a suo agio nel mentre iniziavo un leggero massaggio alla nuca:

– Che c’è Juliette? Ti ha dato fastidio che ci baciassimo davanti a te?

Lei accennò ad un diniego con un vago cenno della testa, ma intuivo che dentro, era in tumulto. Delicatamente la feci girare e la abbracciai poggiandole la mia guancia sulla testa, subito la sentii irrigidirsi, poi però lentamente si sciolse e si abbandonò completamente tra le mie braccia, mi sembrò quasi che vi cercasse conforto. Con la mano prendendole il mento, la forzai a guardarmi,  vidi i suoi occhi luccicanti, intuii le lacrime imminenti e non volendo farla soffrire la baciai castamente sulla bocca.

Questo ebbe un effetto di blocco sulle sue lacrime e finalmente le vidi rasserenarsi il viso. Capii che aveva un disperato bisogno di un amico di un compagno, di amicizia, di amore. Così stringendola un po’ più a me, lentamente la baciai in modo delicato. Lei abbandonandosi, contraccambiò con una dolcezza infinita.

Al termine le sussurrai che se avessimo continuato a baciarci avremmo mangiato ben poco, strappandole così forzatamente un piccolo riso. La vidi tornare serena ed un po’ meno triste.

Riordinati gli ingredienti passammo dunque alla cottura dopo il ritorno a fagiolo di Anaïs. Al termine impiattai il tutto e fatte accomodare le ragazze, portai trionfalmente in tavola i tanto sospirati spaghetti alla Gabriel, sottolineandolo con un pizzico di esibizionismo come fosse chissà che. Le grida e gli applausi di apprezzamento delle ragazze mi fecero capire che erano ben accolti.

Lo capii poco dopo vedendo Juliette e Anaïs gustarsi gli spaghetti che devo dire erano riusciti discretamente bene date le mie modeste capacità culinarie.

Sfruttando la situazione, e lanciando spesso il grido-motto di : Cul-Sec ! costrinsi le due pulzelle a svuotare di colpo il bicchiere riempito loro furbescamente poco prima.

Spiegai loro che era un motto imparato durante il  mio lungo soggiornare in Svizzera, ove il fantastico bianco delle Côtes du Lavaux, sul lago Lemano, veniva trangugiato di colpo dai commensali durante pranzi a base di raclette o della vera fondue di formaggio, e la cui funzione era di accelerare il benessere e la convivialità della tavolata.

Cul-Sec! Altro non è che l’invito di svuotare il bicchiere lanciato da chiunque durante il pranzo o la cena sino a lasciarlo con il “culo secco”, ovvero il fondo del bicchiere ben asciutto.

Lo sbevacchiamento selvaggio sembrò portare i suoi frutti e con il trascorrere della serata l’atmosfera si riscaldò e diventò molto più allegra, ci gustammo sia le verdure saltate che gli scampi e gamberoni imboccandoci l’un l’altro in un gioco quasi al limite della perversione. I brindisi alla moda Svizzera, ove ci si guarda negli occhi come sinonimo di sincerità, aggiungeva quel po’ di sensualità alla cena tutta. Al termine spostandoci sul divano all’esterno sorseggiammo le ultime stille del paradisiaco bianco dai cui effetti speravo tanto ricavarne presto benefichi risultati per una nottata da gran finale.

Mi sentivo come un emiro nel suo harem, ritrovandomi con le ragazze una per parte, cui paternamente cingevo le spalle accarezzandole delicatamente senza troppo forzare il percorso. Pian piano le sentii appoggiarsi sempre più a me sino a quando finalmente abbandonatesi, capii che potevo osare il di più. Così le mie carezze si fecero più sensuali più osé, scendendo dalle spalle ai fianchi dove sostato un po’ proseguii poi sotto le magliette ad accarezzar loro il pancino.

Notai e mi compiacqui che gradivano alquanto, Juliette perché aveva spostato la sua testa nell’incavo del mio collo quasi a nasconderci il viso, ed Anaïs che aveva appoggiato la sua sul mio petto cingendomi in vita con il braccio. Non potei fare altro che procedere nella mia perlustrazione e finalmente le mie mani arrivarono a lambire le pieghe dei loro seni quando le sentii che si stringevano ancor più a me quasi ad invitarmi a proseguir nelle loro coccole.

Delicatamente formando a coppa le mie mani giunsi alla tanto agognata meta così tanto sognata e mai realizzata dal riuscire ad accarezzare contemporaneamente due meraviglie così disponibili ed offertemi a quel modo.

Fortunate le mie mani che si beavano nell’accarezzare quei boccioli così turgidi, girando e rigirando prima una e poi l’altra ripetendolo all’infinito nell’eccitazione crescente, che persi la coscienza del trascorrere del tempo.

Baciavo a più non posso le loro bocche offerte come alla loro divinità che aveva solo da prendere, dando loro quel passeggero attimo di sensualità.

Era una sensazione paradisiaca il passare da una bocca quasi appagata all’altra avida della sua razione di intrecci delle nostre lingue, e non smettevo per non offendere la penultima come non avesse avuto la giusta sazietà di suddetti leccamenti ed assaporamenti.

Le mie mani irrequiete cercarono altri pertugi da accarezzare, penetrare ed a cui portare giovamento, e passando finalmente sotto le loro mini giunsi nel paradiso dei sensi ove mi inoltrai nella perlustrazione di quelle terre che si prospettavano così selvagge, calde ma così appaganti.

Proseguii alquanto lentamente per aumentar loro la tensione e l’eccitazione, scostato che ebbi contemporaneamente i loro piccoli tanga, solcai con rapide e lievi passate i dolci incavi di quei due mari che già sentivo tumultuosi. Poco più tardi quasi nel medesimo istante i miei due medi scivolavano facilmente nelle strette vulve appena bagnatesi poco prima.

E vi confiderò che mai sentii in vita mia musica più celestiale come quella prima volta e così intensamente, il loro contemporaneo gridolino di sorpresa e di eccitazione quando le mie dita penetrarono lentamente dentro il loro più intimo segreto sprofondandovi poi inesorabilmente. 

Il seguito ve lo lascio immaginare, le ragazze oramai alla mia mercé con le gambe allargate quasi in segno di supplica, di incitamento al continuare, al terminare, si erano abbandonate ai miei voleri ed erano tutte protese al gustarsi e cogliere l’ultimo paradisiaco momento in cui l’orgasmo le avrebbe completamente travolte.

I loro gridolini gemiti e sospiri ne erano i segnali per meglio guidarle sulla strada della loro estasi, così senza mai interrompere, per continuare a mantenere il loro stato di eccitazione sempre all’erta, continuai a muovere dentro il loro più intimo le mie dita intrise del più soave succo, cercando di toccarle nei punti di maggior eccitazione.

Poco più tardi ringraziando l’aiuto datomi dal vinello celestiale, le sentii venire con forti gemiti ed ansiti, loro segno di ripagamento ai miei sforzi di riuscire a dar loro il bisognoso piacere. Rimanemmo per un bel po’ stretti tra noi, non volevo distaccarmi subito da quel momento celestiale per non spezzare quel loro senso di estasi, di abbandono.  

Fu con molta riluttanza che lunghi minuti dopo, al suono del loro respiro oramai regolare, dolcemente le risvegliai per andarcene di sopra, a dormire, dissi loro ingannevolmente.

Le piccole con molta riottosità iniziale al sottrarsi da quella dolce posizione, accettarono dopo mie insistenze, allo spostarci in camera, per rimanere poi stretti stretti tutta la notte, come dissi loro subdolamente. Tenendole una per parte, lentamente e faticosamente salimmo nella camera grande, quella della madre per sfruttare appieno il grande letto matrimoniale per il prosieguo diabolico che già avevo in mente. 

Giunti in camera le feci sdraiare nella loro sonnolenza una per lato del grande letto, lentamente sfilai loro i vestiti sorreggendole per riuscire nell’intento. Dovevo sfruttare il momento del dormiveglia e prima che si addormentassero, così spogliatomi mi inserii tra loro due ed iniziai ad accarezzare Anaïs, che subito rispose inconsciamente con il respiro affannoso ed inarcando la testa all’indietro.

La sentii subito bagnarsi e ringraziando il bianco provenzale entrai in lei rimanendovi immobile per un pò, stantuffandola poi di colpo come una furia.

La sentii improvvisamente inalare a bocca aperta mentre risvegliata mi guardava sorpresa, questo ebbe l’effetto di eccitarmi ancor più e dandole gli ultimi vigorosi affondi la sentii che gemendo mi chiamava :

– Amore mio….. amore mio… vengooo…. Vengooo.

Con l’ultima parola che le si smorzò in gola mentre mi immobilizzavo dentro di lei.

La baciai a lungo per farle sentire quanto mi piacesse stare immobile dentro la sua calda vulva, e lei aggrappata a me con tutte le sue forze con gambe e braccia, sussultava negli ultimi spasmi del suo orgasmo.

Poco dopo scivolai lentamente e delicatamente fuori dalla sua calda vulva. Mi girai subito verso Juliette di cui sentivo il respiro regolare segno che stava entrando nel sonno profondo, la girai delicatamente supina allargando le sue gambe. Passando poi sotto un suo ginocchio mi accomodai con il volto davanti alla sua fessurina.

Respirai avidamente i dolci effluvi della sua precedente goduta che avevano lasciato quel divino profumo, e delicatamente iniziai ad inumidirle tutto il solco soffermandomi sempre più sul piccolo promontorio del clitoride.

Non mi ci volle molto prima di vedere i risultati del mio leccaggio, dapprima dal muoversi leggero delle sue gambe, poi dallo spostarsi del bacino, che cercava di favorire ed anticipare le mie passate come fosse una tortura la lentezza che mettevo nel compiere quel mio dolce arare. Ad ogni passata la mia lingua si insinuava sempre più a fondo aprendo la sua fessurina e raccogliendo il succo che iniziai a sentire più copioso, segno del suo inumidirsi.

Di colpo le affondai la lingua nel suo più profondo. Lei si inarcò come ad offrire tutta se stessa al mio ararla con la lingua, le detti alcune lunghe leccate, poi risalendo le cercai la bocca dove condividere con lei il suo sapore dolce che apprezzò leccando la mia in un gioco frenetico di lingue.

Le chiesi di aiutarmi ad entrare dentro di lei, così timidamente mi prese il sesso nella mano e lo condusse al portone spalancato della sua grotta segreta che non aspettava altro se non di essere chiusa completamente dal mio sesso che lentamente si insinuava sin nel suo più profondo anfratto.

Poi con estrema lentezza iniziai il dolce movimento di va e vieni cercando di accarezzarla dentro tutta, sin nei più reconditi pertugi, con il mio sesso che sentivo sempre più infuocato.

Juliette rispondeva al mio scavarla con colpi di reni che la ponevano ad accogliermi dentro ancor di più, e presto sentendo inizialmente il suo respiro farsi affannoso, giunse ad emettere gemiti sempre più forti che andavano di pari passo con la sua imminente venuta. Fu per me una sorpresa il vederla scatenarsi mentre gemeva, e sentirla dare affondi per ricevermi, con colpi sempre più forsennati.

Ero arrivato al dunque pure io così sentendo la mia venuta imminente chiamai il suo nome come un invito. Subito lungo gridò per la sua venuta aggrappandosi violentemente tutta a me, nei suoi ultimi tremiti che accompagnavano il suo violento orgasmo, concludendosi in un lungo sospiro come all’aver oramai completato il suo momento d’estasi.

Poco dopo uscivo dalla calda sua grotta sdraiandomi infine al suo fianco e rimanendo appiccicato al suo corpo.

 

Il pensiero successivo lo ebbi solo al mio risveglio. 

 

– segue –

– Venerdì – 

Sentivo una mano aggrappata al mio sesso, questo mi destò. Vidi che Juliette era rannicchiata a pancia in giù contro di me stringendo con la sua mano il mio sesso. Stava ancora dormendo così come Anaïs. Le accarezzai delicatamente la testa.Lei svegliandosi mi guardò con occhi semichiusi dal sonno.

– Bonjour chérie (ciao cara). Le dissi.

– Bonjour Gabriel. Mi rispose, poi accorgendosi di cosa teneva in mano, vi si avvicinò è lo baciò. Questo ebbe la facoltà di farmelo diventare ancora più duro. Lei accorgendosene prese a baciarlo ripetutamente infilandoselo infine lentamente in bocca. La mia eccitazione aumentò, Juliette se ne accorse e lo inghiottì completamente tenendovelo dentro per lungo tempo. Lo sentivo pulsare nella sua gola, poi non resistendo più l’attirai verso me girandola di schiena.

Allungati tutti e due sul fianco, da dietro le cercai la sua fighettina, sentendola umida porsi all’entrata del suo scrigno la mia verga. Poco dopo vi scivolavo lentamente dentro iniziando a penetrarla con dolci colpi. Presto i suoi gemiti si fecero più intensi. Aveva unito le sue gambe tra le mie per favorire la sua maggior sensazione ed una penetrazione più profonda.

In pochi colpi la sentii gemere dicendomi di essere oramai prossima alla sua venuta, ma io la volevo ancor più sottomessa, ancor più in estasi. Così tenendola stretta, mi girai supino con lei sopra di me, e tenendomela addosso tutta allargata continuavo a penetrarla mentre lei si era completamente abbandonata su me. Nel mentre attirai verso me anche Anaïs, la quale girandosi rimase meravigliata della scena che si presentò al suo risveglio.

Baciandola le presi la mano portandola sui seni di Juliette. Accondiscendente si lasciò guidare. Vedendo questa sua passività, spostai la sua mano sulla vulva bagnata di Juliette premendogliela contro, indicandole con pressioni varie di massaggiare, di toccarla. Juliette stava gemendo, prossima alla venuta, sentendo i suoi gemiti Anaïs si staccò dalla mia bocca ed osservò da vicino il volto di Juliette per cogliere appieno il momento della sua estasi.

Giunse poco dopo, osservato con minuziosa attenzione da parte di Anaïs che poco dopo la baciò in una sensualità estrema. Lunghissimo fu quel loro bacio, e quando finì feci scivolare Juliette vicino ad Anaïs, lasciandole strette abbracciate mentre mi alzavo per andare a preparare loro il petit déjeuner. 

La colazione fu diversa, più intima, parlammo poco ma i nostri sguardi l’un l’altro dicevano molto di più, vi era quasi una comunione di pensiero. Era quasi palpabile nell’aria. Chiesi loro se avvertivano anch’esse questa sensazione, e ad un loro cenno affermativo, mi alzai e le baciai a turno. Ci sentivamo diversi, più intimi senz’altro, era come se avessimo messo a nudo le nostre anime, e ci accettassimo come eravamo veramente.

In quel momento mi ricordai una massima della scrittrice Anaïs Nin : 

I sogni sono necessari alla vita.

 

Lo citai alle ragazze, aggiungendo che loro sarebbero rimaste senz’altro il mio sogno per sempre. Si alzarono contemporaneamente ed insieme sedendosi sulle mie ginocchia mi schioccarono sulle guance un bacio rumoroso.

– Stereo! Sbottai con espressione stupita. E scoppiando assieme a ridere decidemmo sul da farsi nella giornata. Juliette accennò al suo dover fare un salto a casa e sarebbe tornata per l’ora di pranzo.

Ci lasciò dunque e così con Anaïs decidemmo di andare in piscina. L’acqua era un brodo, stavamo immersi immobili da un bel po’ quando l’attirai a me e le sfilai il costume. Le chiesi poi di sfilare il mio e mentre era sott’acqua la spinsi ad accogliermi nella sua bocca.

Dovette riemergere alcune volte a prendere fiato prima di riuscire a stare in apnea il tempo di farmi venire nella sua bocca. A quel punto tenendole la testa sott’acqua la forzai ad ingoiare tutta la mia venuta che risultò alquanto copiosa per l’eccitazione accumulata. Quando emerse l’attirai a me chiedendole se le fosse piaciuta la “colazione”, lei mi rispose di si con la testa guardandomi fiera negli occhi.

Facendole i miei complimenti per quanto migliorava nel suo “apprendimento” le chiesi se voleva imparare altro ancora. Lei aggrappandosi al collo mi sussurrò all’orecchio di si che lo voleva “terriblement” (tremendamente).

Rimanemmo in piscina parecchio tempo coccolandoci a vicenda sin quando verso l’ora di pranzo tornati in cucina ancora nudi, iniziammo la preparazione di una pasta fresca. Prima di preparare la tavola feci sedere Anaïs sul piano della cucina e leccandola a lungo sino a quando sentendola gemere l’attirai a me facendola sedere su di me ed iniziando a penetrarla.

La sua giovane vulva bella bagnata mi inglobò di colpo ed iniziai un lungo e lento movimento di va e vieni, quand’ecco comparire Juliette sulla porta della cucina mentre Anaïs iniziò a gemere. Fece per entrare ma la bloccai con un gesto della mano, facendole segno di non fare rumore e di rimanere lì a guardare.

Dopo un po’ sentendo Anaïs gemere segno di essere prossima alla sua venuta feci cenno a Juliette di avvicinarsi. Avvicinandosi alla schiena di Anaïs le prese i seni a piene mani, sentii il sobbalzo di stupore di Anaïs e vidi la sua faccia tra il sorpreso e lo spaventato. Sentii anche la sua vulva stringersi più volte per l’emozione mentre cercava di girarsi per capire chi fosse. In quel mentre aumentai il ritmo e Anaïs rovesciò la testa all’indietro abbandonandosi alla sensazione che la invadeva.

Juliette la baciò all’inverso stando in piedi dietro lei, vedevo le loro lingue contorcersi e penetrarsi a vicenda, allora bagnai un dito nella figa di Anaïs e lo porsi tra le loro labbra, le sentivo leccarlo avide. Ripetei varie volte questo rituale vedendo le loro bocche desiderose ed in attesa del mio apporto di quel delizioso nettare che inghiottivano immediatamente.

Anaïs, poco dopo venne, gemendo nella bocca di Juliette mentre questa gli accarezzava i seni e continuava a baciarla. Al termine la piccola esausta, rimase seduta impalata su di me fino a che non mi afflosciai dentro il suo umido tepore, a quel punto ci staccammo ed andai a vestirmi.

Dopo una veloce rinfrescatina tornai in cucina e vidi Anaïs ancora nuda seduta intenta a tagliare le verdure, la baciai e la sditalinai ancora un po’.

– Questo per ringraziarti per come sei. Le dissi.

Lei chiuse gli occhi lasciandosi fare. Vidi sul tavolo una carota appena pulita, svelto la afferrai e la infilai nella sua fighettina ancora bagnata, sentii il suo “ah” di sorpresa della penetrazione mentre abbandonava la testa sulla mia spalla, la masturbai dolcemente con la carota.

– Ho letto che i medici consigliano tante carote, dicono che fanno bene all’organismo. Però non specificano se si devono mangiare.

Le dissi, mentre la masturbavo con quella carota quasi sparita del tutto dentro la sua vulva.

Scoppiammo a ridere tutti e tre. Al che Juliette mi disse:

– E a te piacciono le carote?

– No. Risposi

– Ho scoperto che mi sono indigeste.

Nuovamente scoppiammo a ridere tutti insieme.

Dopo una lunga masturbazione osservata anche da Juliette sedutasi al nostro fianco, estrassi la carota e gliela feci leccare baciandola, alternando carota e lingua. Al termine dopo un’ultima infilata la porsi anche a Juliette che non si ritrasse minimamente, anzi leccò con molto piacere e ci baciammo infine tutti tre per suggellare il tutto. Poco dopo dissi loro che oramai essendo pronta e forse anche cotta, avremmo potuto anche mangiarcela. Altra risata fragorosa di tutti e tre.

Ci gustammo l’insalata inframmezzando battute sul delizioso nettare di condimento in un allegria generale di festa.

Più tardi dopo il caffè la realtà invase nuovamente l’ambiente ricordandoci che verso fine pomeriggio sarebbe tornata Anne Marie e quindi avremmo dovuto  riordinare un po’, almeno per dare giusto una parvenza di ordine.

Durante il riordino non perdevo occasione di toccacciare le ragazze dedite alle varie faccende. E fu quando raggiunsi Juliette china a pulire in camera di Anaïs che arrivandole alle spalle, velocemente le alzai la mini facendola cadere poi sul letto. Alzandole poi le gambe la feci girare mentre sentivo i suoi gridolini nonché le sue risate di compiacimento.

Sfilatole subito il tanga, affondai la testa fra le sue cosce. Sopraggiunse Anaïs per vedere cos’era il casino sentito e vedendomi dedito a quell’attività si inginocchiò a lato del letto vicino a Juliette. Attirai la sua testolina sulla pancia di Juliette e mi alternai tra una lunga leccata alla passerina di Juliette ed un lungo bacio ad Anaïs. Volevo sentisse nella sua bocca la venuta della sua amica, che non aveva ancora gustato.

Dopo varie passate mentre Juliette oramai gemendo e respirando affannosamente finalmente venne, bevvi dalla sua umida fighettina la sua dolce venuta per poi portarla tutta alla bocca di Anaïs condividendo assieme quel piacere. 

Più tardi a sensi oramai calmati completammo il riordino.

Verso le 17.00 arrivò Anne Marie, e tra baci ed abbracci generali conditi da innumerevoli domande e rapide risposte, osservando bene le ragazze vide che erano diverse. Penso intuì qualcosa perché chiedendo cos’era successo mi osservò stranamente troppo a lungo.

Le risposi ironizzando scherzosamente che erano capitati fatti turpi che se voleva le avrei fatto vedere lì subito su due piedi. Lei ridendo rispose :

– Non mi fai venire per niente voglia.

Ma notai che continuò ad osservarci stranamente come avesse subodorato qualcosa.

Continuammo a fingere indifferenza.

Più tardi mentre le ragazze erano in piscina, Anne Marie disse di vedere le ragazze stranamente diverse e mi chiese se fosse successo qualcosa. La tranquillizzai dicendogli solo che avevamo fatto sesso sfrenato ed orge varie.

Mi guardò tra il divertito ed il dubbioso dicendomi di essere serio. Le risposi che era un peccato non ci fosse stata pure lei, mi sarebbe piaciuto fare cose zozze tutti e quattro.

Si mise a ridere dicendomi :

– Potrei essere tua sorella maggiore.

Gli risposi che anche se di pochissimo, mi sarebbe piaciuto un incesto con lei ed Anaïs in mezzo a noi.

Lei rise e disse :

– Ma dai! Però mi guardò incuriosita.

Mi raccontò poi del suo viaggio e dei suoi affari. Ero contento di vederla finalmente felice e vivere senza più problemi. Colsi l’occasione per proporre una cena fuori, volevo offrirla io, sia per non farla lavorare sia per la sua stanchezza data per il caldo ed il viaggio, e d’accordo con Anaïs chiedemmo a Juliette di aggregarsi, con gioia generale per il suo ok.

Preparati, ci avviammo verso la poco distante Les Arcs dove vi era un tipico ristorante nelle cantine di un castello medievale dove avremmo anche potuto visitare l’antico borgo.

Il viaggio non durò molto, per l’occasione feci fare la passeggera ad Anne Marie.

Arrivati nella piazza parcheggiammo, ed a piedi salimmo a visitare il caratteristico borgo con le case in pietra tipica della zona. Vi era una gradevole frescura tra le viuzze probabilmente data la posizione del paese a metà collina. Questo facilitò il nostro pigro girovagare per strette e caratteristiche vie dell’antico borgo. Verso le venti ci presentammo al ristorante preventivamente prenotato.

La cena squisita si svolse tranquillamente nell’allegria generale condita da un celestiale rosé provenzale, fresco al punto giusto. Il tavolo, isolato dagli altri, nelle antiche segrete del castello, creava quell’intimità che predisponeva tutti ad una più cordiale convivialità.

Fu a malincuore sul tardi che ci staccammo da quella piccola oasi, ritornando in reverenziale silenzio alla macchina per non rompere l’incanto creatosi nell’arco della serata. Stavamo gustandoci  l’inizio nottata, stretti gli uni agli altri e camminando lentamente ancora sognanti.

Tornammo verso casa battendo stradine secondarie per evitare i severi controlli, quando attraversando la statale ad un grande incrocio, le ragazze adocchiarono una discoteca famosa della zona. Subito iniziò il martellamento per andarvi a fare quattro salti. Vi era una folla incredibile, non  si riusciva ad entrare per il pieno che vi era.  Anaïs e Juliette sentirono parlare della spiaggia sul fiume poco distante così provammo questa nuova meta.

Vi era un enorme parcheggio antistante una microscopica spiaggetta dove alcuni coraggiosi nuotavano nudi in un acqua non proprio tiepida, mentre sulla spiaggia al suono di impianti audio notevoli la musica trascinava in balli alquanto spinti ragazzi e ragazze del circondario. Vi erano addirittura coppiette intente a fare l’amore senza preoccuparsi minimamente della vicinanza di gente che addirittura incitava loro a darci dentro.

L’atmosfera era carica di eccitazione che invadeva tutti i presenti. Parecchie ragazze danzavano nude accarezzate da chiunque fosse loro vicino. Mani che sparivano in ogni piega di quei corpi liberamente offerti al piacere proprio e degli altri. Anaïs e Juliette mezze nude danzavano anch’esse in mezzo ad una moltitudine di gente eccitata, euforica, in continuo movimento come onde umane che si arrotolavano su se stesse per poi dispiegarsi e mischiarsi nuovamente.

Quando le ragazze allegre ed ancora eccitate dalla musica e dall’ambiente tornarono ci avviammo in macchina alla ricerca di stradine secondarie verso il nostro ritorno. Anche Anne-Marie ed io ci sentivamo su di giri  con l’aria fresca della notte che ti faceva sentire libero di poter fare qualsiasi cosa. 

Tardi nella notte tornammo mezzi sbronzi impiegando il doppio del tempo per il ritorno. Lasciammo Juliette a casa, scesi per permettere a Juliette di uscire dalla piccola Peugeot e me la ritrovai vicino, mezza nuda. Ci abbracciammo e baciammo con le altre due che ci sfottevano per tutte quelle moine, le baciai i capezzoli dicendogli che mi dispiaceva di non averla vicina quella notte. Poco dopo il portone di casa sua l’inghiottì, strappandola alla vista.

Arrivati a casa ci sedemmo un po’ sul divano esterno ascoltando una leggera musica di sottofondo.  Anaïs in quel mentre si addormentò e mi ritrovai mezzo sdraiato con Anne-Marie abbracciata a me, fu una cosa non voluta ma naturale, ci baciammo. Il bacio durò a lungo e dopo le prime effusioni, l’aiutai a spogliarsi, lei mi assecondò.

Oramai si era lasciata andare, continuai a baciarla scendendo sino all’incavo del suo inguine ed iniziai a leccarla. Si tratteneva, lo sentivo dalla sua vulva contratta, ma non resistette a lungo, e poco dopo perdendo le inibizioni si lasciò improvvisamente andare per poi esplodere in un frenetico tremore mentre mi premeva la testa con le mani spingendomi dentro la sua vulva infuocata e vogliosa.

 

Dopo un po’ i suoi gemiti esplosero con una copiosa venuta, doveva essere molto tempo che non faceva l’amore, era completamente spossata e senza forze, ma le vidi sul viso il senso di appagamento misto ad un dolce sorriso.

Svegliai Anaïs, ed aiutandola con Anne-Marie ce ne andammo a dormire.

Portai Anaïs nella sua camera aiutandola a spogliarsi nel mentre la baciavo. Cercai di accarezzarle la vulva ma lei non si svegliava, la leccai un po’ sentendo si che si bagnava ma era sprofondata in un sonno profondo, così lasciandola me ne andai in camera di Anne-Marie.

Era buttata sul letto vestita. La spogliai e lei si svegliò. Accompagnò la sua svestizione aiutandosi come poteva, poi la baciai e lentamente scesi alla sua grotta magica. Sentii il suo respiro farsi affannoso, aprì le gambe e si allargò la vulva, ma io rimasi sul suo bottoncino. Infatti poco dopo degli spasmi la scossero, sentivo che si stava scaldando. Così oltre al gonfio clitoride detti alcune passate di lingua entrando nella sua vulva. Lei si dimenava muovendo il bacino come  una forsennata, sentii che iniziò a gemere, subito risalii entrando dentro lei al primo colpo.

Sentii gustandomelo tutto il suo “AH!” di sorpresa e compiacimento quando di colpo le fui dentro tutto, iniziando poi il va e vieni. Sentii che mi assecondava nei movimenti sbattendomi forte con il bacino, presi dunque a stantuffarla ancor più. Poco dopo la sentivo godere con grida che si diffondevano lungamente per tutta la casa. Si era tutta aggrappata a me, le sue braccia stringevano forte la mia schiena mentre le sue gambe avvinghiavano i miei fianchi.

Quando con un ultimo grido di godimento ricadde sul letto completamente svuotata di tutte le sue energie e finalmente appagata nei sensi.

Uscii da lei quando la sentii respirare regolarmente, stava oramai dormendo.

 

Quella notte mi era venuta parecchia sete colpa delle salse all’aglio della cucina tipica ed il troppo bere. Scesi in cucina a dissetarmi ed osservai una stellata magnifica, l’aria era fresca, avevo poco sonno.

Ero lì indeciso, quando sentii un fievole rumore alle mie spalle. Girandomi vidi Anaïs nuda dietro me. Sembrava smarrita. Mi avvicinai e la strinsi a me, lei si rifugiò tra le mie braccia senza nulla dire, capivo che aveva qualcosa ma non me lo voleva dire. Allora accarezzandole la testa le chiesi sussurrandogli:

– Che c’è che non va?

Lei fece spallucce, allora la forzai a guardarmi e vidi il viso teso. Stringendola a me andammo di sopra in camera sua, dove la adagiai sul letto stendendomi al suo fianco ed iniziando ad accarezzarla.

Sentii poco dopo che si stava sciogliendo, iniziai a baciarla scendo sempre più soffermandomi per un po’ sui suoi seni e sul suo pancino. Quando poi arrivai alla sua vulva vi entrai di colpo con tutta la lingua sempre leccando a lunghe passate. Poco dopo la sentii venire da come mi riempì la bocca della sua venuta. Allora tornando alla sua bocca la baciai a lungo e quando sentii che mi prendeva il sesso perché aveva voglia di me, la assecondai entrando lentamente dentro lei.

Sentii che mi si stringeva addosso con tutte le sue forze, era il segno che stava per venire. Ai suoi primi gemiti aumentai il ritmo chiedendogli di dirmi quando sarebbe venuta e da lì a poco dopo, da un suo cenno aumentai ancor più il ritmo venendo anch’io insieme a lei mentre sentivo che mi stringeva forte, più che poteva come per trattenermi dentro sé.

Mi accasciai al suo fianco spossato.

 

Solo qualche ora più tardi, al momento del risveglio, me la ritrovai vestita sdraiata sul letto al mio fianco sorridente e più bella che mai. Mi guardava e baciava, la sua mano sfiorando leggermente il mio sesso. 

 

 

 

– Sabato – 

Mezzo rincoglionito e l’altro mezzo, sveglio, ancora sotto gli effluvi della sera precedente, riuscii a dirle:

– Cos’è hai ancora voglia?

Lei non disse niente e sorridendo continuò a guardarmi ed accarezzarmi.

– Andiamo a fare colazione?

Le chiesi, tanto per sbloccare la situazione, ed al suo cenno d’assenso mi alzai e scendemmo in cucina.

Durante la colazione arrivò Juliette, pimpante e sorridente nello splendore della sua capigliatura che le esaltava il delicato viso. Aveva con sé un libro di Simenon, scrittore che tra l’altro mi è sempre piaciuto per il suo modo di scrivere e per la tipologia dei suoi racconti.

Curiosai sul titolo che mi giungeva nuovo, non ancora letto. Lei accennando al racconto ci disse che era ambientato poco distante da dove ci trovavamo, e più precisamente nell’isola di Porquerolles oltre Saint Tropez.

Anne-Marie aggiunse che era un posto molto bello, vi era stata mesi prima in quel piccolo paradiso terrestre, accennò alla bellezza del mare, di piccole “calanques” ovvero spiaggette nascoste finendo poi con un inaspettato:

– Ma perché non ci andiamo!?

– E’ solo ad un’ora di macchina! Aggiunse tutta gasata.

– E poi a Porquerolles. Aggiunse

– Non ci sono automobili!, si gira in bici e il noleggio costa poco.

La discussione s’infervorò, pochi minuti per accordarci tutti quanti, e subito ci organizzammo preparandoci velocemente.

Partimmo che erano circa le dieci.

Un’ora dopo circa, parcheggiata la macchina nella grande piazza del porto, salimmo sul piccolo traghetto. La veloce traversata ci lasciò venti minuti dopo nel piccolo porto di Porquerolles dove subito noleggiammo le bici. Comperato sandwiches e bevande, caricammo i bagagli avviandoci verso una spiaggetta indicataci da Anne-Marie.

Conosceva un posticino nascosto in mezzo a rocce e vegetazione che si trovava a sud ovest dell’isola. Vi arrivammo che non vi era nessuno così decidemmo di liberarci degli indumenti gustandoci appieno la filosofia del naturismo. Poco dopo andammo a fare il bagno e poi a prendere il sole.

Non riuscii a resisterci molto al sole anche se il sonno conciliava a gran voce. Accompagnai Juliette a fare una camminata metà nell’acqua metà sulle rocce ma durò poco e quando tornati sempre per il troppo sole trovammo un posto all’ombra di cespugli.

Mi risvegliai dopo parecchio tempo, sentivo d’aver recuperato le energie. Juliette era stesa vicino a me bella nella sua nudità. La osservai a lungo, il trovarmi lì con lei mi risvegliò un forte un desiderio della sua intimità. Iniziai ad accarezzarla, non ebbi bisogno di sditalinarla molto per sentirla bagnata mentre socchiudeva la bocca nel suo primo momento di estasi.

Non riuscii a resistere per molto, le entrai dentro subito stantuffandola rapidamente, la sentivo gemere senza trattenersi, quasi gridando avvinghiata tutta a me. La stavo penetrando a colpi forsennati, quando sentimmo rumori di passi. Incuranti e prossimi al venire non rallentammo per niente, anzi dopo avere visto che erano delle ragazze straniere che arrivavano sulla spiaggetta continuai di più bella.

Il nostro troppo rumore fece sì che ci videro subito. Assolutamente indifferenti si posizionarono poco distanti spogliandosi del tutto pure loro.

Vedere quelle ragazze così vicine mi eccitò considerevolmente e ripresi ancor più rapidamente a penetrare Juliette che oramai gridava per l’orgasmo oramai prossimo. Di tanto in tanto le guardavo notando che ci osservavano di sottecchi, sorridendo e parlottando fra loro.

Ero oramai giunto al capolinea del mio piacere e sentendo Juliette gemere nella sua venuta non resistetti più di tanto venendole dentro ed accasciandomi su di lei ansimante e spossata per la lunga goduta. Le nuove vicine continuavano a guardare, dimostrando quasi interesse.

Bagnato per la sudata dovuta alla scopata con Juliette andai a rinfrescarmi in acqua. Poco dopo giunsero Anaïs e Juliette. Giocammo a lungo come bambini a schizzarci e rincorrerci tra spiaggia e rocce, quando mi ritrovai con Anaïs aggrappata a me.

Provai ad alzarle una gamba portandola sul mio fianco mentre le aprivo la piccola vulva cercando di dirigervi il mio sesso, ma era difficoltoso il rimanere in piedi per il moto ondoso.

Lei cercò di assecondarmi come poteva, le dissi allora di aggrapparsi al mio collo dopodiché sollevata tenendola per le cosce, entrai in lei e presi a stantuffarla in acqua. Lei appoggiando la testa sulla mia spalla iniziò a gemere.

Vidi che le ragazze si erano alzate per fare pure loro il bagno entrando in acqua poco distante da noi e continuando ad osservare sorridendoci. Poco dopo Anaïs iniziò a gemere forte dicendomi che stava per venire. Le ragazze non si persero un attimo di ciò che stava succedendo, questo fece si che venni anch’io abbandonandomi dentro lei mentre ci baciavamo nel nostro abbandono.

Rimanemmo uno nell’altra a lungo, andando poi a distenderci poi sulla bianca sabbia ghiaiosa. Avevo ancora il sesso in erezione e le ragazze uscite dall’acqua vicine a noi osservavano ridendo e parlando in una lingua strana che assomigliava parecchio al tedesco. Juliette parlò con loro dicendoci poco dopo che erano olandesi e che tutte e tre erano lesbiche.

Parlammo con loro per un po’ tornando poi da Anne-Marie a gustarci insieme qualche sandwich. 

Passammo il pomeriggio a fare il bagno tutti insieme quando ad un certo punto mi trovai vicino ad un tipino olandese che continuava a lanciare lunghi sguardi al mio sesso.

Ridendo per la situazione divertente gli feci segno come per invitarla a toccare, lei rise facendo spallucce e si con la testa. Mi avvicinai a lei, la vedevo titubante così le presi la mano portandola sul mio sesso, lei mi lasciò fare mentre si sentì un’ovazione da parte delle ragazze che prendevano in giro la loro amica.

Sentii che lo stringeva forte, gli mostrai come per fare andare su e giù la pelle mimando un suono d’apprezzamento. Lei era attentissima, le altre ragazze guardano e ridevano lanciandole qualche battuta nella loro lingua. Non  resistetti molto a questa situazione schizzando improvvisamente la mia venuta per aria, tra i gridolini della ragazza che mi aveva propinato probabilmente il suo primo lavoro manuale e le risate delle ragazze che osservavano da vicino.

Erano le quattro quando decidemmo di andarcene da quel piccolo angolo di paradiso. Salutammo le olandesine tra baci ed abbracci.

Poco dopo pedalavamo verso Porquerolles. Riconsegnate le bici girovagammo per un po’ nel piccolo porto andando infine a gustarci un gelato in un piccolo bar poco distante.

Erano oramai le cinque quando salimmo sul traghetto del ritorno.

Prima di riprendere la strada di casa facemmo un veloce giro per la strada del sale della piccola penisola così caratteristica in quel periodo dell’anno.

Arrivammo a casa che erano le sette, spossati dal caldo e dal sole. Anne-Marie suggerì un rinfresco in piscina subito condiviso da tutti. Ci spogliammo dei vestiti e ci tuffammo in piscina a goderci il fresco dell’acqua.

A sera, convinta Juliette a rimanere, assieme a lei andammo a prendere delle pizze per cena.

La serata trascorse allegra finendo poi sul divano all’esterno ad ammirare la splendida stellata godendoci la frescura della notte in arrivo mentre ci scambiavamo le impressioni della giornata.

Non avendo sonno decisi di riaccompagnare Juliette a casa.

Ci incamminammo a piedi nel silenzio della notte interrotto da lontani abbaiare di cani. La stradina isolata era illuminata solo dalla luce della luna. Fermandomi spesso per baciarla, ne approfittavo per toccarla nel suo più intimo. Arrivati vicino a casa di Juliette, l’attirai dietro dei cespugli e lì appoggiatala contro una pianta la presi in piedi dopo averla spogliata completamente. Eravamo vicini alla stradina che portava in paese. Passò qualche macchina a pochi metri da noi uniti uno nell’altra nel nostro piacere. Rimasi a lungo fermo dentro lei, gli unici movimenti erano dati dalle pulsazioni della mia verga impaziente.

La sentivo fremere per quelle pulsazioni subito contraccambiate da piccole contrazioni della sua vulva. E’ a quel punto che accenno a parlargli, dicendole che l’indomani me ne sarei andato, le ferie erano finite e dovevo tornare a casa. Vidi calare un velo di tristezza sul suo volto e mentre iniziavo a penetrarla per toglierci da quel brutto momento, lei mi abbracciò forte a sé lasciandosi subito andare al suo godimento. Più tardi dopo un leggero bacio ci demmo la buonanotte.

Tornato a casa trovai le ragazze ancora sul divano, rimanemmo per un po’ lì senza parlare poi ce ne  andammo a letto.

 

Fui svegliato all’improvviso da una meravigliosa sensazione. Mi sentivo inghiottito completamente da una calda bocca. Era Juliette con il mio sesso inghiottito sino fino in fondo in gola che approfittando della mia erezione mattutina aveva deciso di svegliarmi a quel modo. Vidi anche Anaïs che guardava seduta sul letto vicino a noi. Non riuscii a resistere per molto e le venni dentro a lungo per l’eccitazione accumulata.

La osservai leccare tutto minuziosamente non tralasciando nemmeno una goccia poi attirando a sé Anaïs, la baciò lasciandole colare dentro parte della mia venuta. La vidi poi che ingoiava tutto facendo cenno ad Anaïs  che ingoiò a suo turno la sua parte.

Mi sorrisero felici del loro operato e Juliette mi chiese se la sorpresa fosse stata gradita. Dissi loro che avrei voluto svegliarmi tutti i giorni nella sua bocca. Al che Anaïs ribatté:

– Ma qualche volta anche nella mia! E ridendo tutti e tre come bambini scendemmo a fare colazione.

Nessuno parlava, la colazione si svolse in un lugubre silenzio, io perché tra poche ore me ne sarei dovuto andare, allontanandomi da quell’angolo di paradiso e loro tre tristi per la mia partenza.

Dico loro che comunque ho passato assieme a loro i migliori momenti mai vissuti da parte mia.

In quel clima teso, salii a preparare il bagaglio seguito da Juliette che voleva aiutarmi. Mentre Anaïs rimase singhiozzante tra le braccia di sua madre tesa anche lei.

Juliette mi porse il libro di Simenon:

– Così ti ricorderai di noi.

Quando scesi, Anaïs si avvicinò singhiozzando e mi abbracciò.

Erano oramai le 10,30 quando Anne-Marie mi accompagnò alla piccola stazione dopo aver lasciato le ragazze tristi a casa.

Abbraccia Anne-Marie ringraziandola e facendole tutti i miei auguri per il suo lavoro.

– Ci sentiamo presto e ci rivedremo.

Furono le promesse che ci facemmo.

L’ultima sua immagine fu di una piccola donnina dai capelli rossicci che mi salutava con le lacrime agli occhi, ed anch’io alquanto emozionato salii sul treno con un groppo in gola troppo difficile da mandare giù.

Dai Anne-Marie, pensai, presto ci rivedremo.

 

Ma oramai la stazioncina era già diventata un ricordo.

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