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Ciao, mi chiamo Paolo ed ho 19 anni, e frequento l’università da uno. A tal proposito, vorrei raccontare un fatto che mi è accaduto nelle prime settimane della mia avventura universitaria.

Dopo la maturità passata con successo e le conseguenti vacanze-sfascio (avrò modo di parlare anche di quelle), affrontai vari test d’ingresso in tre diversi atenei per accedere alla facoltà in cui avevo sempre sognato di entrare, medicina. Per fortuna, riuscii a superare tutti e tre i test, e a quel punto dovevo solo scegliere la mia università preferita. Ebbene, non fui io ad effettuare la decisione, ma i miei genitori: mi persuasero ad iscrivermi ad un’università privata (costo annuale circa 10.000 ‘) sebbene la mia famiglia non navigasse nell’oro, peraltro parecchio fuori mano. Io avrei preferito l’università pubblica a pochi minuti da casa mia: raggiungibile facilmente anche con i mezzi pubblici (a dispetto della traversata di un’ora e mezza che compio ogni mattina per il mio attuale ateneo) e soprattutto non mi sarei dovuto sentire in dovere di studiare a causa degli svariati soldi che i miei genitori si sacrificano a versare.

Per fortuna non affrontavo il lungo viaggio nel traffico da solo: anche Edoardo, grande amico del liceo e spalla nel rimorchio, era entrato nella mia stessa università (lui però se la poteva facilmente permettere, essendo ricco di famiglia); per questo ogni giorno facevamo a turno con la macchina.
Comunque, arrivando da una scuola abbastanza modesta, ci affrettammo entrambi ad iscriverci a tutti i precorsi per rimetterci in pari con gli altri studenti. Il primo giorno arrivammo e io fui stupito da due cose: la bellezza della facoltà (non ci ero mai entrato poiché per farlo c’era bisogno del badge ed il test l’avevo fatto in un’altra sede); ma soprattutto la grandissima (non esagero) abbondanza di fighe. Io ed Edoardo ne fummo talmente basiti che inventammo una teoria: o tutte le ragazze ricche sono gnocche oppure solo le ragazze fighe vanno nelle università private perché sanno di poter accalappiare i rampolli delle famiglie più altolocate…. Credetemi, il livello era troppo alto, e io ed il mio amico ne avremmo voluto approfittare a più non posso.
Quello stesso giorno assistemmo ad una lezione-ripasso di chimica, ma personalmente feci attenzione solo alle meravigliose ragazze di quell’aula, e soprattutto ad una che mi aveva particolarmente colpito: una morettina abbastanza bassa, tette sode e ben proporzionate ed un culo da favola. La feci notare ad Edoardo, ma lui l’aveva già vista e scartata, perché non era il suo tipo. Io decisi che era senza dubbio il mio, di tipo, e che me la sarei dovuta scopare ad ogni costo.

Finita la lezione, io ed il mio amico socializzammo con il gruppo che stava in aula, circa una trentina di persone. Tra queste era presente anche la ragazza misteriosa, che scoprii chiamarsi Sara ed essere molto simpatica. Purtroppo dovetti tornare a casa per un impegno imprevisto e, avendo una macchina sola, Edoardo tornò con me: non potemmo quindi assistere alla lezione di biologia di quel giorno. Inoltre, frequentammo solo le due successive lezioni su sette complessive, perché non valeva la pena di passare tre ore al giorno in macchina per seguire qualcosa che in realtà conoscevamo già.

Quindi noi arrivammo direttamente durante la giornata della matricola, evento che mi persuase che la scelta dell’università era stata azzeccata, essendo bella e moderna. Quel giorno divisero le cinquecento nuove matricole in quattro sezioni, e io ed Edoardo facemmo in modo di capitare nella stessa per poter continuare a rimanere insieme. Il giorno dopo fu il primo dei corsi, e io potei osservare gli altri centoventiquattro studenti nella mia sezione: ovviamente un occhio di riguardo lo ebbi per le ragazze, la cui maggior parte era composta di bonazze. Con mia grande gioia potei notare che anche Sara era capitata nella mia sezione: era seduta poche file dietro di me. Allora le sorrisi e la salutai con un cenno della mano, ma lei neanche mi guardò, quasi non mi avesse conosciuto. Rimasi piccato per quel fatto, e notai con fastidio che lei si rivolgeva con simpatia a chi la chiamava “Esse”, come l’iniziale del suo nome. Certo, anche con quelli che la circondavano era un po’ scorbutica, ma la cosa non mi sollevò affatto.

L’evento che mi stupì è che quello stesso giorno vidi Sara anche nell’intervallo, stavolta in compagnia del gruppo dei precorsi. In quell’occasione mi salutò sorridendomi molto affabilmente. Questo fatto si ripeté in tutti i giorni a venire , tanto che formulai un’ipotesi: era risentita con me perché avevo lasciato i precorsi senza mantenere i contatti, ma con i nostri amici in comune doveva farsi vedere simpatica e amorevole. Decisi che avrei seguito il suo gioco, lasciandola in pace a lezione e frequentandola con la comitiva negli intervalli.

Intanto passavano i giorni e io facevo amicizia velocemente, integrando nel gruppo anche altre belle ragazze, e spesso si usciva insieme, benzina permettendo. Certo, il tenore di vita era alto, ma se c’era un beneficio a frequentare un’università privata (oltre alle fighe), era che veniva organizzata una festa quasi ogni giorno. Non potendomele permettere tutte, presi parte a quella che probabilmente era la quinta festa fino ad allora.
Arrivai insieme ad Edoardo e, mentre lui aveva già puntato la sua preda, io decisi che ci avrei finalmente provato con Sara, magari aiutato dall’alcol. La vidi insieme al resto del gruppo e, avvicinandomi a lei, le chiesi di ballare con me: accettò di buon grado. Era molto spigliata e sensuale nella danza, e non nego che il cazzo mi si impennò più volte nei pantaloni.

Dopo un po’ ci andammo a sedere ad un tavolo abbastanza tranquillo, e lì potemmo parlare. Seppi così che neanche lei era fuori sede, e che era nata cinque mesi prima di me. Dopo qualche minuto di conversazione, principalmente sui gusti musicali, presi il coraggio in mano e la baciai. Evidentemente non aspettava altro, perché fu lei quella più partecipe e, dopo circa dieci minuti di pomiciamento appassionato, prese l’iniziativa e mi ficcò la mano nelle mutande. Ovviamente la lasciai fare, sperando che si spingesse anche più in là, e lei mi masturbò per una manciata di minuti , fino a che non la chiamarono sul cellulare. ‘Arrivo’ rispose, attaccando il telefono. E poi a me: ‘Scusa, ma ora devo proprio andare. Ci rivediamo domani!’ e se ne andò. Avevo fatto un passo avanti, e potevo ritenermi soddisfatto.

Andai a vedere Edoardo a che punto fosse per poter eventualmente tornare a casa, ma vidi che si stava discretamente dando da fare palpeggiando una ragazza, la preda di prima. Pensai che allora avrei potuto sfogarmi dell’orgasmo non ricevuto, e scelsi come obiettivo la bionda pettoruta cameriera che già in qualche occasione mi aveva rivolto delle occhiate vogliose. Non fu affatto difficile rimorchiarla, e lei mi portò al bancone dove le venni copiosamente sulle tette, in seguito ad una magnifica spagnola. Devo dire che la cameriera era stata davvero molto brava e arrapante, ma gran parte della mia sborata la dovevo a Sara. La cameriera doveva tornare a lavoro e io a casa; fu così che, appena finito, vidi Edoardo che aveva appena terminato con la sua preda e lo convinsi a tornare.
Dopo quella notte avevo un solo scopo: fottermi Sara. Il giorno dopo, durante la lezione di istologia, a pochi posti di distanza, le dissi: ‘Esse, vieni con me’ e mi alzai, diretto al bagno dei disabili. Ero convinto che se l’avessi chiamata “Esse” lei avrebbe reagito, in fondo era il suo soprannome da non-intervallo, e queste erano le regole del gioco.
Mi raggiunse pochi secondi dopo, guardandomi con aria interrogativa.

Senza dire una parola, le affondai la lingua in bocca, e la foga spinse i nostri corpi contro il muro. Lei ci stava. Bene. A quel punto tentai il tutto per tutto: la denudai, dapprima palpeggiandola e poi mettendole il dito medio nella figa. Apprezzai che era tutta bagnata; nel frattempo anche lei mi stava spogliando, fino a scoprire il mio uccello che ormai era di marmo.

Anche lei me lo smucinò, ma per pochi secondi: infatti decisi che era arrivato il momento di penetrarla. E così feci: le puntai il cazzo tra le grandi labbra e spinsi, non incontrando resistenze. Non solo la ragazza aveva già preso l’uccello tra le gambe, ma era anche molto brava: infatti accompagnava i miei movimenti ondeggiando con il bacino per farmi godere di più.
Capii che stavo per venire, e a quel punto la feci posizionare a pecorina e le inondai quelle magnifiche chiappe. Era stato molto soddisfacente.

Quando finimmo di rivestirci lei mi disse: ‘Paolo, giusto? Sono stata davvero molto contenta di poterti scopare, lo speravo dal primo giorno in aula. Fammi un fischio semmai vorrai rifarlo, mi troverai disponibile’ e se ne tornò in aula.

Rimasi perplesso di queste parole che facevano apparire questa scopata come il nostro primo incontro, e non la conseguenza naturale dei preliminari della notte scorsa. Dissi tra me e me che era lunatica. Pensai la stessa cosa esattamente mezz’ora dopo, quando la incontrai da sola nell’intervallo e lei non fece il minimo accenno alla trombata di poco prima.

La risposta che mi diedi a questa stranezza è che evidentemente faceva tutto parte del gioco che lei aveva messo in piedi, e voleva mantenere lo status quo delle cose. Era davvero bipolare! Qualunque fosse la ragione, ero intenzionato a continuare questa farsa, se ciò avrebbe voluto dire scoparsela ogni giorno.
Perciò persuasi Edoardo ad offrirmi l’entrata alla festa di quella sera, e in cambio l’avrei aiutato a rimorchiare un’altra ragazza per coronare il suo sogno del sesso a tre (io l’avevo già sperimentato l’estate passata).

Quando arrivammo, vidi subito Sara, e rimasi a bocca aperta. Era davvero una strafiga: aveva messo un vestitino corto aderente che le esaltava la forma del meraviglioso culo. Appena mi vide, il suo volto si illuminò e mi raggiunse, salutandomi con un caloroso bacio alla francese. Seppi così che lei era pronta a darsi da fare.

Senza neanche i preliminari del ballo (d’altronde sarebbe stato difficile per lei anche solo muoversi) ci appartammo su un tavolo deserto, che lei aveva prenotato apposta per l’occasione. Mi colpì il fatto che lei ci teneva così tanto a spassarsela con me da prenotare tutto un tavolo solo per noi due, ma evidentemente se lo poteva permettere.

Neanche stavolta parlammo, ma partimmo col baciarci e strofinarci. Sembrava avere un comportamento imbarazzato: era strano perché quella mattina non lo aveva avuto. Volevo farla sentire un po’ a suo agio invece che partire subito con il pezzo forte, quindi iniziai col baciarle il collo scendendo alle spalle, arrivando a roteare la lingua sui suoi turgidi, rotondissimi capezzoli. Stavo raggiungendo l’effetto desiderato: a poco a poco Sara si stava sciogliendo.

Prese confidenza con se stessa a tal punto che arrivò a sfiorarsi la vagina con le dita; quindi non esitai a scendere fin là sotto con la testa e le leccai la fregna con dolcezza. Gemeva, poi urlava e alla fine mi disse: ‘Lo voglio dentro’. Era la frase che volevo sentirmi dire.

Non aspettai nemmeno un secondo: presi in mano il mio cazzo e cominciai a stantuffarla. Lei gridava, sembrava di dolore, e… No, non era possibile.

Il mio pene aveva incontrato un ostacolo e l’aveva, come dire, infranto, ricoprendosi di sangue… Sara era vergine. Ma non era possibile: quella stessa mattina l’avevo penetrata, e sembrava aver preso più uccelli tra le gambe che visti in cielo… Eppure ero certo che quel sangue fosse la deflorazione e non altro, perché ormai avevo provato quella sensazione molte volte.

Inoltre c’era un altro fatto strano, io mi ero sdraiato facendo sedere lei sopra di me per diminuire il livello della penetrazione, e lei si muoveva abbastanza impacciatamente, quasi fosse davvero la sua prima volta… Arrivai a pensare che si fosse fatta operare per riavere la verginità (ho scoperto che si può fare, ma credo fosse irrealizzabile farlo in un pomeriggio solo) oppure, più probabilmente, che quella mattina non l’avevo penetrata abbastanza in fondo, e che adesso stesse recitando la parte della verginella, forse per farmi godere di più.

Squillò il suo cellulare e lei, sebbene fosse impegnata a cavalcarmi, rispose come la volta precedente: disse che sarebbe arrivata e si rivestì in fretta e furia. Prima che potesse andarsene, le chiesi, serio: ‘Un’ultima cosa… Sara, ma tu eri vergine?’ e lei: ‘Sì: aspettavo l’uomo giusto e con te è stato un colpo di fulmine. Sai, mi piaci davvero tanto’ e se ne andò, baciandomi.

Con l’occhio la seguii dirigersi verso l’uscita, ma poi la persi di vista tra la folla. Ero confuso, sembrava sincera. Mi alzai, diretto sulla pista da ballo, pensando che magari l’avrebbe finita con i suoi giochetti, quando sentii delle persone invocare ad “Esse” di non andarsene… Mi girai verso di loro. Cavolo, i giochetti non erano finiti.

E non solo, si era anche cambiata d’abito solo per questa fugace apparizione, ora sembrava una spogliarellista: vestito argentato con una scollatura vertiginosa che terminava praticamente sull’inguine; vidi che non aveva le mutande. Con uno sguardo più attento, osservai la fica: si poteva vedere benissimo, era completamente depilata. Eppure, fino a pochi minuti prima era presente una leggera peluria.
Non mi dispiaceva fissarle la figa anche perché, se davvero se l’era depilata in così poco tempo, aveva fatto davvero un bel lavoro. Lei dovette accorgersene perché, appena alzai lo sguardo, mi lanciò un’occhiata maliziosa. Uscì, ed io la seguii con lo sguardo.

Ed un tratto le vidi: Sara col vestito nero ed Esse con quello argentato, affiancate, che stavano per entrare in una limousine. I miei pensieri furono due: il primo che in quel momento si ricomposero tutti i tasselli del puzzle; il secondo che per possedere una limousine ed un autista, dovevano appartenere ad una famiglia molto ricca.

Quindi mi ero fatto due gemelle nello stesso giorno: il mio nuovo obiettivo sarebbe stato quello di farmele nello stesso momento.

Ma la serata non era ancora finita, e io dovevo ancora assolvere il mio compito con Edoardo. Mi accertai che lui stesse già flirtando con una tipa, gli feci un cenno e cercai la ragazza giusta. La trovai: una ragazza carina di viso ma piatta nel fisico, però era davvero una porca. Sicuramente non avrebbe rifiutato un menage ‘ trois.

La puntai e le ballai un po’ vicino, palpeggiandola, finché non arrivammo ad incrociare furiosamente le nostre lingue. Mano a mano la portai vicino alla postazione di Edoardo e l’altra ragazza, iniziando a spogliarla. Pochi secondi dopo essere arrivati, le dissi che sarei dovuto andarmene, lasciandola seminuda e arrapata vicino a due che già scopavano. Il mio amico avrebbe dovuto fare il resto.

Ma neanche quella sera avevo raggiunto il piacere, quindi cercai una ragazza che potesse soddisfarmi. Trovata: ballava sul cubo, abbastanza carina, ma quello che più mi colpì di lei era il suo culo prominente. Grosso, non fastidioso, come quello delle sudamericane.

Le feci compagnia sul cubo e le ballai provocatoriamente di fronte, ma lei sembrava preferire una ragazza vicina, probabilmente una sua amica. Allora presi l’iniziativa: ero così arrapato dal suo culo, e siccome indossava dei leggins così aderenti che era come se non li avesse, mi accostai a lei e le passai il cazzo tra quelle favolose chiappe. Praticamente la stavo inculando, ma con l’ostacolo dei pantaloni e senza metterglielo nell’ano.

Non sembrava essere a suo agio e si scansò, accostandosi di più alla sua amica. Non avevo intenzione di lasciar andare quella bonazza, e quindi ripetei l’operazione. A quel punto mi disse, perentoria: ‘Senti, sono lesbica. Non mi rompere più il cazzo’. Detto questo, baciò la sua amica.

Ma io, sarà perché avevo voglia di trombare, sarà per l’alcol, non smisi. La mia insistenza fu premiata, perché l’amante sussurrò qualcosa alla mia preda e insieme mi si strusciarono contro.

Capii che avevano accettato, e quindi le portai al privet affittato da Sara, che doveva rimanere libero per tutta la serata. Provavo un sentimento di gratitudine per l’amante della culona: era stata lei a convincerla ad accettare un rapporto. Non era neanche tanto male: bassina, capelli rossi ricci, belle tette e bel culo. Forse avrei dovuto soddisfare lei per prima.

Proprio mentre la studiavo, lei si rivolse a me: ‘Sai, stiamo insieme noi due’ disse indicandosi con l’altra ragazza ‘e non abbiamo mai provato il sesso con un maschio. C’è voluto un po’ per convincerla, ma ero parecchio curiosa…’

‘Non rimarrai delusa’, le risposi solo.

Arrivati al privet furono loro a spogliarsi per prime, e iniziarono con un 69. Io guardavo il culo prominente della mora, era magnifico. Glielo baciai e leccai durante il loro 69, ma poi ricordai che dovevo avere a che fare prima con la rossa.

Quindi spostai il corpo della mora in modo che la rossa continuasse a farsela leccare, ma non la leccasse più e avesse le tette libere. Poi le ficcai la lingua in gola, passandola dopo sulle poppe. Ragazzi, non era la loro grandezza a farmi eccitare, ma la loro pienezza e la forma tondeggiante.
Le stuzzicai brevemente i capezzoli, ma era arrivato anche per me il momento di godere un po’: il mio cazzo non ce la faceva davvero più.

E quindi, mantenendo la posizione delle due ragazze com’era, liberai il mio eretto amichetto e lo passai tra le tette della roscetta, facendomi fare così una spagnola, ma al mio ritmo. Sebbene le sue pere fossero un paradiso, non me la stavo godendo tanto, anche perché la riccia gemeva più per la sua amante che le leccava la fregna piuttosto che per il contatto tra la mia verga e il suo seno. E a me non stava bene: dovevo essere io a soddisfarla. Poteva benissimo farsela leccare dalla sua compagna ogni volta che voleva.

Quindi le separai di nuovo, anche se ci volle un po’ di forza: dopo aver limonato un po’ con la tipa dal culo latino (si vedeva che non era ancora a suo agio a baciare un maschio), la feci stendere vicino all’altra.
Ora avevo di fronte i corpi magnifici di due ragazze disposte a tutto. Ovviamente dovevo occuparmi prima della roscia, la mora l’avrei sfondata dopo; mi diressi quindi verso di lei e le infilai due dita in fica.

Quel tocco inaspettato le provocò uno scossone su tutto il corpo: evidentemente era abituata solo alla sensibilità delle dita femminili. Comunque quel contatto mi era servito a controllare la situazione dentro di lei: era ovviamente lubrificata dopo tutta la saliva della compagna, ma ancora troppo stretta.

Era vergine! Evidentemente nelle sue avventure lesbiche non aveva ancora provato qualcosa che potesse sostituire un fallo. Ebbene, io gliel’avrei fatto provare: puntai il cazzo e premetti. Volevo essere dolce con lei, farle capire cosa si perdeva senza uomini, e quindi andai avanti, ma lentamente.

Urlava di volerne sempre di più, e la sua ragazza si masturbava furiosamente là vicino. Ora che l’ostacolo della verginità era finalmente sparito, incitato dalle sue grida spingevo sempre di più, finché lei non fu scossa da un violentissimo orgasmo e venne copiosamente dappertutto.

Io mi affrettai ad accogliere il suo dolce nettare, ma non fui il solo: anche la sua esperta amica assorbiva sulla lingua i bianchi umori. Ero molto appagato e, a dire il vero, anche un po’ stanco.

Ma dopo questa scenetta la mora dal fantastico culo disse: ‘Adesso, stallone, è il mio turno’ e mi fece stendere, pronta a cavalcarmi. Non sono uno che dice di no a queste cose, e ubbidii silenziosamente.

Ma la sua inesperienza con gli uomini fu rivelata anche in questa circostanza: ci mise un po’ prima di riuscire ad impalarsi sul mio arnese e dopo che ce l’ebbe fatta si muoveva comunque impacciatamente.

Fu in quel momento che mi accorsi che…anche lei era vergine! Doveva essere la mia serata fortunata, tre in un colpo solo! Quella consapevolezza mi restituì vigore nuovo, e non solo accompagnai i suoi movimenti, ma fui io a dare il ritmo alla nostra scopata.

Tempo dieci minuti e già mi ero stufato di eseguire lo stesso movimento, e a dire il vero stavo perdendo il vigore da poco riacquistato. Le feci capire di spostarsi sopra la rossa e divertirsi un po’ con lei: magari mi sarei eccitato e avrei potuto continuare.
Lo fece: si inginocchiò sopra la sua amante stremata e la baciò appassionatamente. In effetti mi ero ingrifato abbastanza, sia grazie al bacio che soprattutto alla visione dello stupendo culo a pecorina. La mora voleva scendere con la lingua dalla bocca alle tette alla figa della riccia, ma fu fermata da quest’ultima: ‘No amore, io per stanotte ho finito. Sono esausta e le mie labbra sono in fiamme, continuate voi. Io mi accontenterò di guardarvi godere’.

Miss-bel-culo fu presa alla sprovvista da questa dichiarazione, ma io no: la spostai di peso sopra il grandissimo tavolo del privet e mi misi dietro di lei, decisissimo a sodomizzarla. Temendo il peggio, mi insinuai nel suo buchino tutto in un colpo, e invece era come burro.

Quindi là dietro non era vergine, la porca… Evidentemente dovetti emettere un verso di sorpresa, perché la proprietaria del sedere davanti a me disse: ‘Credevi di essere l’unico a cui piace tutto questo ben di Dio? Sai carino, le donne apprezzano le cose belle anche più degli uomini, a volte…’

Sollevato, presi un ritmo furioso, tanto che sembravo un toro da monta in calore. Nel frattempo, la rossa oziosa mi raccontava di come frequentemente adoperava lo strap-on per fare alla sua ragazza quello che in quel preciso momento le stavo facendo io. Non ci volle molto prima che le scaricassi un ettolitro di sperma nel retto.

Per chiudere in bellezza, colei che avevo appena inculato si avvicinò al mio cazzo con il chiaro intento di farmi un pompino. Non ero entusiasta all’idea perché, se aveva fatto un bocchino a tutti gli uomini con cui aveva scopato, allora non ne aveva mai fatto uno. Invece era molto esperta, e soprattutto molto brava. Anche questo mi aveva colto di sorpresa, e probabilmente ebbi un’espressione che lo faceva trapelare, perché lei (tra una leccata e l’altra) esordì così: ‘Tante sorprese per te oggi, eh ragazzo? Sono esperta nello spompinare perché di bocchini ne faccio tanti, altrimenti non vado avanti nel lavoro’. Una volta che ebbe pulito il mio pisello da ogni residuo liquido, ci rivestimmo e arrivederci.

Dando loro il mio numero dissi: ‘Chiamatemi se avete ancora voglia di uomo. Sempre disponibile per voi, belle gnocche!’ e ci salutammo. Ormai esausto, mi diressi da Edoardo, che però non aveva ancora finito con le sue due pollastrelle. Gli feci cenno che l’avrei aspettato in macchina.

Lì dentro non potei fare a meno di pensare che, se quella sera fosse stata una gara tra noi due, avrei vinto io, come spesso accadeva: lui aveva fatto sì del sesso a tre, ma anch’io l’avevo fatto; le mie due partner erano però lesbiche e pure vergini! Inoltre ero anche riuscito nell’intento di trombarmi Sara, mia preda principale e vergine pure lei. Eh già, quella sera avevo proprio centrato l’en plein!

Quando, dopo aver finito, salì in auto anche lui, gli raccontai l’accaduto e potei notare con soddisfazione una punta d’invidia nel suo tono di voce.

Ora avevo un punto fisso in testa: dovevo assolutamente scoparmi quelle due splendide gemelle contemporaneamente, ma avrei avuto bisogno di un ottimo piano.

Il piano si presentò il giorno dopo all’università quando Sara, tutta affettuosa, mi invitò a casa sua subito dopo i corsi.
Evidentemente pensava che già stessimo insieme, e a me sarebbe anche andato bene (era proprio il mio tipo di ragazza, sia fisicamente che caratterialmente): peccato che al momento avevo altre mire. Comunque, con un po’ di fortuna, quella sarebbe dovuta essere la mia occasione e l’avrei dovuta sfruttare per bene, quindi accettai.

Perciò ci vedemmo all’uscita dopo le lezioni, e con mio stupore fummo accolti dalla sua limousine. Il tragitto fino a casa sua fu lungo circa mezz’ora, durante il quale ci baciammo amorevolmente e soprattutto lei mi parlò di sé.
Disse che aveva una gemella con la quale non andava molto d’accordo perché avevano due caratteri completamente diversi; disse anche che suo padre adesso si trovava in prigione per truffa finanziaria, ma che riuscivano comunque a tenere un alto tenore di vita grazie ai moltissimi soldi che lui aveva lasciato loro per merito del suo precedente lavoro.

Mi confidava tutto questo a cuore aperto, un po’ timidamente, e io mi sentivo in colpa per quello che avevo in mente di fare. In fondo lei mi piaceva tanto, e mi sarebbe dispiaciuto doverle spezzare il cuore solo per potermela scopare insieme alla sua odiata gemella; inoltre non ero neanche sicuro di riuscire nell’intento dopo le recenti rivelazioni.

Purtroppo quella storia era per me un’ossessione ormai, e il mio cuore non avrebbe prevalso in nessun modo sul cazzo. Pensai che magari, dopo essere riuscito nella mia impresa, mi sarei messo l’anima in pace e mi sarei accasato con Sara.

Intanto eravamo arrivati a casa sua: non esagero quando dissi che rimasi a bocca spalancata. Più che una casa, era una magione: una villa circondata da un bel giardino situata poco lontano dal parco più verde della città.

Entrando, mi disse che in casa c’era solo sua madre perché sua sorella era a casa del fidanzato, quindi saremmo stati tranquilli. Invece di fare molto caso all’enormità e all’interno della casa, mi soffermai su quello che aveva appena detto: sua sorella aveva un ragazzo eppure non aveva esitato a farsi fottere da me il giorno prima. Bella troietta!

Mentre ci dirigevamo verso la sua stanza e io facevo complimenti distratti sulla casa, ci trovammo di fronte una donna strepitosa: mora, occhi chiari, fisico da urlo e con un asciugamano annodato sul seno che la copriva fino alle gambe, scultoree. Mi innamorai subito di quella donna appena uscita dalla doccia.

Lei esordì così: ‘Sara, non mi hai detto che avremmo avuto un ospite! Non me lo presenti?’

‘Mamma, lui è Paolo, il ragazzo di cui ti parlavo. Paolo, mia madre’.

Sua madre??? Ma se aveva al massimo vent’anni più di lei! Le strinsi la mano e dissi: ‘Piacere di conoscerla’, ricambiato. Lei mi ordinò simpaticamente di darle del tu. A questo punto Sara disse: ‘Devi scusare mia madre, non sa come si accolgono gli ospiti’ e, rivolta a lei: ‘Noi andiamo in camera mia’ e li andammo, dopo aver salito un piano di scale.

La stanza da letto di Sara era grande quanto il salone di casa mia, ma io ero ancora stordito dalla bellezza della madre. Non c’era da stupirsi che fossero uscite due figlie così!

Dopo una chiacchierata, io e Sara ci stendemmo sul suo letto a pomiciare: anche senza la gemella avrei potuto divertirmi lo stesso. Circa dieci minuti dopo iniziammo a spogliarci lentamente quando, improvvisamente, squillò una sveglia. Sara, come presa di sprovvista, disse: ‘Cavolo! Come ho potuto essere così sbadata? Mi sono dimenticata che adesso ho un impegno improrogabile!’ e si vestì in fretta e furia, dirigendosi concitatamente verso la porta principale al piano di sotto.

Prima di uscire di casa, mi chiese: ‘Ti dispiacerebbe aspettarmi qua? è vero, starò fuori quasi due ore, ma mi farebbe molto piacere ritrovarti al mio ritorno. Fa’ come se fossi a casa tua’ e uscì.

La madre (intanto vestitasi), che aveva assistito alla scena, mi invitò in cucina per offrirmi qualcosa e parlarmi dell’accaduto.
Mi disse che Sara era andata alla visita settimanale dallo psicologo, che le serviva a causa dei suoi problemi con la prigionia del padre e con la sorella. A proposito di questo mi disse che Serena -era questo il nome di “Esse”, quindi- era una ragazza disadattata e ribelle, e aveva assunto questo comportamento dopo la carcerazione del padre. Serena, inoltre, frequentava brutte compagnie, spariva dei periodi da casa e ci tornava ubriaca e con un tatuaggio.

Intanto ci eravamo spostati sull’enorme divano in salotto, mentre lei continuava a parlarmi della sua preoccupazione verso i problemi di Sara ed i comportamenti di Serena. Mi parlò anche del suo matrimonio: Lucrezia -si chiamava così- era rimasta incinta di suo maritò quando lei aveva diciannove anni -la mia età!- e suo marito quaranta, quindi erano stati costretti a sposarsi.

Mentre pensavo a come le fosse andata bene in realtà, e che forse si era sistemata col marito per i suoi soldi, mi soffermai di nuovo a guardarla. Il colpo di fulmine di poco prima era giustificato, perché Lucrezia era una donna bellissima e nel pieno della sua maturità.

Fu forse squadrando la sua scollatura che mostrava le tette perfette e grandi al punto giusto, o il suo culo meraviglioso che era marchio di famiglia, che mi venne una poderosa erezione. E lei, forse grazie alle mie dolci parole di sostegno, oppure pensando all’astinenza che aveva sopportato per tutto quel periodo, prese una decisione fatale.

Vide il mio uccello che voleva uscire dai jeans e mi ficcò la lingua in bocca. Dato che l’iniziativa l’aveva presa lei e dato che io ero totalmente in balìa di quella donna, non mi rifiutai; anzi strinsi la morsa sui suoi fianchi.

Il nostro era un bacio di pura foga e passione, che durò quasi un quarto d’ora. Poi passammo al sodo: la spogliai e lei fece lo stesso con me; poi, dopo aver testato la sua eccitazione mettendole due dita in vagina (che gocciolava come un rubinetto), la penetrai con la mia verga in una botta sola. Pompavo forte e, mentre lo facevo, tenevo stretta la presa sui suoi seni e continuavo a baciarla ininterrottamente.
L’atto non durò molto, e le venni dentro.

Subito ci rendemmo conto di quello che avevamo fatto, e Lucrezia disse, ad alta voce: ‘Oh no! Ho tradito la fiducia di mia figlia con l’unico ragazzo che le sia mai piaciuto! Non lo supererà mai!’. Il suo flusso di coscienza ne innescò uno mio e, pensando che veramente mi piaceva Sara e che io non la meritavo, piansi lacrime sincere.

Vedendo la mia disperazione e pensando al bene di sua figlia, Lucrezia mi rincuorò: ‘Non ti preoccupare Paolo. Da me Sara non saprà mai niente. Sei un bravo ragazzo, è stata solo colpa mia’, e nel frattempo mi accarezzava affettuosamente e mi baciava sulle guance. Mi sentii davvero consolato.

Lei si vestì e uscì di casa, io la imitai e andai in camera di Sara. Tempo venti minuti di rimuginamenti vari che entrò Sara stessa, notevolmente intenzionata a fare sesso con me.
Per la prima volta in vita mia rifiutai il sesso, devastato dai sensi di colpa, e la convinsi a stenderci sul letto per un po’ di coccole. Non mi parve delusa. Di sera rifiutai il suo invito a cena -anche perché era presente pure la madre- e me ne tornai a casa.

Passavano i giorni e il mio legame con Sara si rafforzava, e i miei sensi di colpa svanivano. Ma la cosa che mi faceva più piacere è che svaniva anche la voglia di rifottermi Serena, dato che quello che mi dava Sara era più che sufficiente (si era svegliata la ragazza!).
Ma questa situazione durò poco.

Un giorno, Sara mi portò in un’aula studio deserta, dicendomi alla sua maniera che voleva divertirsi un po’ con me. Che motivi avevo per rifiutare? Una volta sistemati per bene, si mise al livello del mio pube, pronta per una prestazione orale.

Me lo aveva tirato fuori, quando fece un’espressione maliziosa, ma che non le apparteneva… Quella non era Sara, ma Serena che con l’adeguato comportamento mi aveva attirato in trappola! Mi accertai del fatto scoprendole la spalla destra, dove Serena presentava un tatuaggio e Sara no. Ovviamente ce lo aveva.

Lei intanto aveva iniziato a spompinarmi, ma io la bloccai: ‘Dovresti saperlo che adesso sto con tua sorella… E poi non eri impegnata anche tu? Sei proprio una troietta!’

‘Senti, non farmi la paternale. Sei stato tu a volermi scopare la prima volta, e non sono sicuro che a Saretta piacerebbe saperlo… Su, rilassati e fammi fare, tanto ormai il danno è fatto!’.

Detto questo, continuò a succhiarmelo, e magistralmente anche.
Io non opposi resistenza, ma anzi dopo un po’ le scaricai in bocca un ettolitro di sperma, che lei fu costretta ad inghiottire per non strozzarsi. Poi se ne andò, soddisfatta ma senza proferire parola.

Pensava di tenermi in pugno, ma non sapeva che io sarei stato ancora più stronzo di lei. Andai a casa di Sara quel pomeriggio, e le raccontai tutto, esponendole il mio punto di vista, cioè che avevo sempre continuato a pensare che fosse lei: in effetti era vero, ma avevo omesso il fatto che dopo aver appreso che fosse Serena, avevo una voglia matta di rifarlo!

Lei mi rispose che capiva, che non ero il suo primo ragazzo con cui sua sorella usava questo trucchetto da troietta e che soprattutto apprezzava la mia sincerità. Disse anche che avrebbe dovuto parlarle, una volta per tutte.

Poi, per ricordarmi come LEI faceva i pompini, ne eseguì uno. Era senza dubbio migliorata a fare i bocchini dall’ultima volta, ma purtroppo non arrivava al livello altissimo della gemella. Questo però non mi vietò di godere lo stesso come un porco e di sborarle sulle belle tette sode.

A quello seguì più di un’ora di rapporto sessuale completo: fu fantastico. Avevamo trovato un feeling sessuale molto intenso e ormai a letto eravamo insuperabili, andavamo come un treno insieme.

Due giorni dopo Sara mi chiamò: non aveva ancora affrontato Serena e mi chiese se potevo raggiungerla a casa loro per poterla supportare. Non ero sicuro che sarebbe stata una situazione agevole per me, date le circostanze, ma accettai comunque.

Mi recai lì per le quattro e mezza, e la mia ragazza mi accolse sollevata. Subito mi trascinò dietro di lei e bussò alla porta della camera di sua sorella, che da dentro rispose, brusca: ‘Ripassa più tardi, rompipalle!’, senza davvero sapere a chi si stesse rivolgendo.
Ma Sara non aveva alcuna intenzione di ripassare e, in un impeto d’ira, spalancò la porta. Quello che vedemmo fu…Serena che si stava masturbando. Era nuda, stesa sul suo letto, e si sgrillettava guardando una mia immagine su un pc portatile.
Mentre io e la mia ragazza eravamo bloccati sulla soglia per lo stupore, Serena, cercando di mascherare l’evidente disagio, disse: ‘Non sai che vuol dire ripassare più tardi?’

Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Sara scattò, urlando: ‘Stupida troietta!’, e si lanciò contro sua sorella. Le sganciò prima un ceffone, poi un altro, e continuava così.
Pensai che dovevo intervenire per far cessare la lite, anche perché ormai anche Serena aveva reagito e ora le due ragazze se le stavano dando di santa ragione.

Era però per me una situazione paradossalmente eccitante, perché la mia ragazza supersexy si stava menando con un’altra ragazza avente il suo stesso aspetto, e perdipiù era nuda.
Ciononostante le separai, ma il loro furore non si era affatto spento. Sara continuava a inveire contro la sua gemella, insultandola e intimandole di lasciare in pace il suo ragazzo, e di farsi una vita sua. Serena le rispose che, se davvero io non avessi voluto farmi spompinare da lei, l’avrei potuta rifiutare tranquillamente.

‘Lui pensava che tu fossi me…è solo colpa tua, puttanella!’ disse Sara.

‘Non è vero, e ora te lo dimostro…’. Detto questo, Serena mi abbassò pantaloni e mutande con un gesto repentino che non mi aspettavo assolutamente.
‘Come vedi sorellina, ha il cazzo duro sin da quando mi ha vista nuda, e non può di certo scambiarmi con te…Guarda adesso’ Dopo essersi espressa così, Serena iniziò a succhiarmelo per la seconda volta in tre giorni.

Forse avrei dovuto oppormi per mantenere intatta la fiducia di Sara nei miei confronti, ma proprio non ci riuscivo: i movimenti lenti, la bocca esperta e lo sguardo provocante di Serena provocavano in me un che di magnetico che avrei voluto continuasse all’infinito.
Eppure, Sara non se n’era ancora andata e non era indignata; anzi, mi sembrava molto interessata a quello che stava succedendo.

Dopo cinque minuti buoni di estrema goduria, esordì: ‘E così lei è più brava di me, eh? Vediamo se è ancora così!’ e prese il posto della gemella che si era scansata per lanciarle una sfida.
Stavolta non avrei potuto davvero fare paragoni, perché le due sorelle erano allo stesso identico livello. Forse Sara aveva appena appreso da Serena, fatto sta che era la sua copia in tutto e per tutto.
Forse perché era il secondo pompino consecutivo che ricevevo, forse per la motivazione massima di Sara, stavo davvero per venire.

Ciò sarebbe bastato per soddisfarmi, ma in fondo sapevo che quella sarebbe stata l’unica occasione della mia vita di scoparmi le due gemelle, e l’esplosione del mio orgasmo nella bocca di Sara avrebbe potuto distruggere il mio piano; il guaio era però che sentivo l’eruzione montare dentro di me e non avevo la forza per fermarla.
Per mia fortuna fu Serena ad interrompere l’azione di sua sorella, giusto l’attimo prima dell’amplesso fatale.

Evidentemente lei, la più esperta in ambito sessuale delle due gemelle, si era accorta del mio incalzante piacere, e non voleva dare alla sorella la soddisfazione di vincere quella che ormai era diventata una gara vera e propria.
Così, per non interrompere i giochi subito, disse: ‘E brava la mia sorellina, vedo che sei diventata esperta quanto me. Però il tuo “ragazzo” -enfatizzò quest’ultima parola con una punta di scherno, come a voler continuare la polemica riguardo a chi preferissi tra loro- non ha dato segni di preferire te a me, o viceversa. Ecco perché non possiamo finirla qui.’

Sara sembrò accettare di buon grado la provocazione, e con aria di sfida lasciò campo libero alla gemella. Questa si stese sul letto a gambe aperte, mostrando una passera da urlo, e mi disse: ‘Vediamo come te la cavi con il 69’.
Diamine, non avevo mai leccato quella splendida figa, e avevo una voglia matta di farlo in quel momento.
Era anche vero che, se mi fossi fatto subito succhiare il cazzo, non avrei resistito molto e avrei eiaculato dopo pochi secondi: non volevo che ciò accadesse così presto e così mi diressi verso Sara per dare il tempo al mio amichetto di riprendersi.

Spogliai anche lei (era ormai l’unica ad essere rimasta vestita) e le scoccai un bacio focoso, che poteva sembrare una richiesta di permesso di fare ciò che mi aveva proposto sua sorella. Lei mi espresse un’occhiata accomodante, e il mio cazzo riacquistò vigore.
Subito direzionai il mio sguardo sul letto dove giaceva Serena arrapata, e la raggiunsi. Comprensibilmente eccitato, iniziai a leccarle la figa, già grondante di umori; ma era sua ferma intenzione quella di farmi un pompino contemporaneamente alla francesina, e si posizionò per quello scopo.
Non mi feci pregare, ma mi spostai in modo da mettermi sotto di lei.

Serena continuava a succhiarmelo nel modo superbo che la contraddistingueva, ma quello che più mi faceva godere era leccarle quella passera: non so cosa mi faceva impazzire, forse che era interamente depilata o forse che era larga ma molto liscia, o magari perché colava succhi di un gusto e di un odore paradisiaci… Fatto sta che leccarla a lei mi piaceva molto di più che leccarla alla sorella.

Ciononostante, dopo venti minuti né io né Serena eravamo ancora venuti, nonostante i nostri sforzi reciproci. Fu così che Sara ci interruppe: ‘Basta, ora tocca a me!’
Era visibilmente arrapata, anche perché ci vedeva durante il rapporto ma non aveva nemmeno accennato a masturbarsi, e doveva quindi sfogarsi in altro modo. Si avventò su di me (ormai libero dal corpo di Serena) come una pantera che punta la sua preda.

Anche lei era decisa a fare un 69, anche se io avrei preferito altro: ormai era in corso una vera e propria sfida su quale sorella fosse la più brava in determinati atti sessuali.
Così ci accingemmo ad un altro 69. Come già detto, nel prenderlo in bocca Sara era ormai brava come sua sorella, ma non fu questo a far esplodere il mio orgasmo dopo una decina di minuti: fu invece il suo comportamento.

Infatti veniva squirtando a ripetizione, per un totale di quattro amplessi. Non me lo aspettavo, e far godere la mia partner così tanto fece godere anche me, tanto che esplosi il mio seme nella bocca della mia ragazza, ma era così forte lo schizzo che andò a finire pure sul bel seno rotondo. -Ormai il gioco è finito, peccato ma mi sono divertito- fu quello che pensai subito dopo.

Ma le due gemelle erano troppo prese dalla sfida per poterla bloccare solo a causa di una mia eiaculazione. Infatti Sara, presa ogni tanto da grandi fremiti che le scuotevano il corpo, si poggiò su una sedia per calmarsi un po’, ma Serena, invidiosa per non avermi strappato nemmeno un coito, esordì: ‘E quindi Paolo, duri così poco? Avevo ragione a pensare che non saresti mai riuscito a soddisfarmi…’

In effetti, contando anche il primo giorno, erano state tre le volte in cui io e Serena avevamo avuto rapporti, e mi ricordai che in tutte e tre fui io l’unico a venire. Questo sortì in me l’effetto sperato da “Esse”: il mio orgoglio maschile mi ordinava di montarla finché non avesse raggiunto l’orgasmo, non importava quanto tempo ci avessi messo.

La caricai di peso in spalla e la scaraventai sul suo letto. Subito le sue gambe si aprirono per magia e io me le attorcigliai attorno al collo. Senza perdere tempo, la penetrai con una botta molto decisa, continuando così sempre più velocemente.
Serena dapprima gemeva, poi iniziò proprio ad urlare di piacere, tanto che ebbi paura di attirare l’attenzione della madre o della factotum presenti in casa. Però continuai come un automa a pompare, e pompare… Serena urlava ma non vedevo in lei né i fremiti, né tantomeno l’esplosione di liquidi umorali: godeva, ma non abbastanza.

Dopo mezz’ora mi ero già stufato di quella posizione e decisi di cambiarla: magari in un altro modo sarei riuscito a stimolare meglio il piacere di Serena e a farle raggiungere l’orgasmo.
Manifestai le mie intenzioni cercando di rivoltarla sul mio arnese eretto ma Sara, oramai ripresasi, ci interruppe: ‘Direi che avete provato questa posizione per troppo tempo, non scordatevi di me’ e si fece avanti. Serena si fece da parte, visibilmente delusa.

Non ero felice di continuare a scopare in quella maniera ma, vedendo lo sguardo innamorato di Sara pronta a ricevermi dentro di lei, mi caricai le sue gambe in spalla e la montai come avevo appena fatto con la sorella, deciso a soddisfarla al massimo.
Non mi dovetti impegnare poi molto, perché dopo nemmeno cinque minuti dalla sua passerina uscì una fontana poderosa che mi innaffiò gran parte del corpo. Diamine se era un orgasmo quello!

Fu di nuovo il turno di Serena che, dopo aver aiutato sua sorella a sedersi sulla poltrona “d’attesa” e averne leccato via i liquidi dal mio torace, -questi gesti di quasi affetto tra sorelle mi stupirono non poco- notò che ormai gli amplessi di Sara non si riuscivano più a contare, mentre lei non ne aveva ancora raggiunto uno.

Aveva ragione, ma arrivati a quel punto non avrei proprio saputo come aiutarla. Fu lei a trovare una soluzione, offrendomi quel suo meraviglioso culo che tanto avevo agognato in sua sorella ma non avevo mai trovato il coraggio di chiedere.
Quelle natiche rotonde e perfette erano proprio un marchio familiare che avevo riscontrato anche nella madre. Stetti qualche secondo in adorazione poi, incitato da colei che mi donava il proprio magnifico sedere, avvicinai la lingua all’orifizio anale, lubrificandolo. Era un fiorellino roseo di bell’aspetto, che attendeva solo il mio avvento.

Sostituii la lingua prima con un dito, poi con due: incontravo un po’ di resistenza. Questo mi spinse a chiedere a Serena se lì dietro fosse stata ancora vergine, e ricevetti risposta affermativa. Fui onorato di poter essere il primo ad oltrepassare quella porta.
Lo feci, ma molto cautamente: un pezzo alla volta, infilai tutto il mio pene nel suo stretto buchino e stantuffai lentamente, per poi velocizzare il ritmo una volta che il retto si fu abituato alla presenza del corpo estraneo. Mi ritrovai a soffrire un po’ il dolore, ma immagino fosse niente rispetto a quello che provava Serena.

Ma non era solo dolore quello percepito dalla mia partner, anzi; dopo aver esclamato ‘Dio, non ho mai provato niente del genere!’ fu scossa da un violento orgasmo e perse i sensi per pochissimi secondi.

Tempo dopo venni a scoprire che quello era il primo provocatole da un uomo e potei apprezzare meglio la frase da lei urlata, ma in quel momento fui solo discretamente appagato di me stesso. Ancora non sapevo di aver fatto godere una ragazza che prima del mio intervento era frigida.

Comunque la mia prova di resistenza per quel giorno non era finita, sebbene lo credessi: mancava ancora il turno di Sara. Turno che non mi aspettavo venisse reclamato, perché la vedevo stanca ma soprattutto perché lei era sempre stata contraria ai rapporti anali.

Fui contraddetto dalla sua condotta: si sistemò a pecorina davanti a me e vicino a sua sorella che, esausta, stava riprendendo fiato stesa nel suo letto matrimoniale. Ripetei con lei lo stesso rituale che avevo usato con la sorella ma, se possibile, il suo buchino era ancora più stretto.
Quindi, dopo averlo un po’ allargato abilmente con lingua e dita, lo lubrificai ulteriormente con gli umori che raccoglievo dalla sua vagina, ma anche da quella di Serena.

Ed infine arrivò il momento della penetrazione: non bastò una spinta decisa per ficcarlo tutto dentro. Dimenticandomi per un attimo della delicatezza da usare in questi casi, mi aiutai con qualche poderosa spinta e alla fine entrai interamente. Sara urlò, e come ulteriore conferma del suo dolore, il suo ano sanguinò leggermente.

Col senno di poi avrei dovuto sottrarre la verginità anale alla mia ragazza con molta più dolcezza, ma nessuno poteva biasimarmi se montavo come un toro in calore quel culo che ambivo a possedere sin dal primo giorno dei precorsi, che mi era stato negato sebbene mi scopassi la sua proprietaria, che era un meraviglioso marchio di famiglia, e che mi era stato concesso solo a causa di una gara fra gemelle!
Ebbene, continuai l’atto con una discreta foga, nonostante le grida di dolore della povera Sara. Non ci misi molto a venire, e questo avrebbe voluto dire che la mia ragazza aveva vinto la sfida, ma non sono sicuro che quella specie di gara avesse delle regole.

E comunque nessuna delle due gemelle avrebbe potuto reclamare la vittoria, dato che erano entrambe esauste.
Così quella giornata finì così, con noi tre che dormimmo insieme nel letto matrimoniale di Serena, nudi e accoccolati.

EPILOGO:

A distanza di mesi da quell’evento, le due gemelle non solo non litigano più, ma addirittura sono diventate grande amiche e confidenti.
Serena ha sempre un carattere forte, ma non ha più quel comportamento trasgressivo e autodistruttivo di prima.
Io e Sara stiamo ancora insieme, e ci amiamo più che mai. Tra poco festeggeremo il nostro primo anniversario insieme, e manteniamo ancora un’intensa e meravigliosa intesa sessuale.
La differenza da prima è che adesso ogni tanto ci fa compagnia anche sua sorella, all’insaputa della miriade dei suoi ragazzi.
E se qualche volta ho voglia di un rapporto anale, beh, lo chiedo a Serena. Con il placet di Sara ovviamente, che non gradisce tanto essere sodomizzata, dopo l’ultima volta. Così siamo contenti tutti….

Comunque, nonostante tutta questa intimità e confidenza sessuale che intraprendo con le due gemelle, non ho mai detto loro della scappatella con Lucrezia, la madre, perché non so come la prenderebbero e perché non voglio mettere nessuno nei guai.
E anche perché, non si sa mai, un’altra bottarella potrebbe sempre scappare…

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