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Mi chiamo Beatrice, ho sessant’anni compiuti a gennaio, sto ancora ripensando sdraiata sul tuo canapè, a quella deplorevole, incresciosa e sfortunata serata dove tutto avvenne tantissimi anni addietro, sennonché grazie al tuo benevolo, opportuno e propizio aiuto, sono uscita fuori da quel malaugurato incaglio, da quell’inatteso e sventurato intoppo, sbrigando e risolvendo ogni cosa al meglio. Adesso sono qua che vi racconto di seguito che cosa di preciso nello specifico mi capitò. Torno indietro nel tempo, esponendo la mia vicenda incresciosa e spiacevole accaduta, nel luogo in cui ho conosciuto Aristide, il mio attuale compagno di vita.

In quell’occasione, per essere sincera, non avevo proprio voglia d’uscire di casa, eppure ero forzata, perché dovevo andare al rifornitore adiacente al paese dove abito, per fare il pieno di benzina alla mia autovettura. Dalle notizie che avevo appreso per tempo in giornata, infatti, velocemente sarebbe cominciato lo sciopero generale, dapprima in forse, dopo rimosso, ma nella giornata seguente invocato e in ultimo definitivamente disposto dalle categorie degli autotrasportatori. Era necessario e categorico che uscissi, sicché dovevo affettarmi, perché per motivi lavorativi sarei dovuta spostarmi in aggiunta a ciò solamente con la mia autovettura a settanta chilometri di distanza, per raggiungere la sede di lavoro. Il treno, che utilizzavo prima per recarmi regolarmente al lavoro, anch’esso era in forte dubbio, considerato il periodo eccezionale e stringente dovuto alle astensioni dal lavoro del comparto delle ferrovie, giacché si stava delineando proprio una situazione sgradevole e una fase alquanto amara, pesante e odiosa.

Io arrivo sennonché al distributore di carburante per fare il pieno, inserisco la tessera del bancomat, ma la macchinetta automatica non la riconosce, non so per quale concreta ragione, forse perché si era smagnetizzata. Io impreco all’istante maledicendo questi aggeggi e tento di fare benzina con le banconote, ma neppure quelle che ho nel portafoglio hanno intenzione d’entrare nella fessura, perché l’automatico me le respinge di continuo, le ho insistentemente provate tutte cercando d’inserirle, ma non me le accetta. Attorno a me compare la tristezza, sono insoddisfatta, ma più di tutto arrabbiata, furibonda e stizzita, però non demordo. Non mi resta che andare vicino a uno sportello d’una banca nei paraggi e prelevare dei soldi contanti, tentando con altre banconote di fare in tal modo il pieno di carburante. M’avvicino allo sportello della banca e introduco la carta, ma appena immetto il codice PIN, lo sportello del bancomat mi divora all’istante la tessera inghiottendosela all’interno, dal momento che rimane là dentro incastrata. Per attendere il ritiro dovrò ripresentarmi il giorno successivo e chiedere al responsabile della filiale, per potermela in ultimo restituire. Si profila una serata assai ardua e complicata, disagevole, molto incresciosa e ostica, perché là accanto al distributore di benzina non transita nessuno.

Mi sento angosciata, sono seriamente preoccupata e addolorata, entro nella mia autovettura e inizio a piangere. Là dentro sarò stata una mezz’ora buona, avevo ormai perso le speranze, giacché senza volerlo né immaginarlo s’accosta un uomo. Ben avvolto com’è non riesco a distinguerlo, bussa al finestrino e mi squadra domandandomi come stia, se necessito d’aiuto e se ho problemi seri di salute, io gli menziono quello che mi è successo, perché di sorpresa scopro chi mi sta di fronte è il ragazzo che lavora come turnista in un reparto della mia filiale, che non sopporto né tollero in alcun modo. Come per incanto, però, quel ragazzo che ho concretamente sempre evitato e scansato più di tutti, il più delle volte respingendolo e schivandolo, questa sera invece si rivela per me in maniera insperata e benedetta un sincero fenomeno, vale a dire un autentico prodigio, risultando per me utilissimo e provvidenziale, togliendomi come si dice le castagne dal fuoco, salvandomi il culo e alleviandomi in maniera considerevole dai guai e in maniera ragguardevole dai disguidi. Adesso io lo valuto subito con occhi differenti, lo soppeso e lo apprezzo come mai prima d’allora mi era capitato di compiere, esaminandolo con un’espressione amorevole e con un piglio cordiale e benevolo. Da quella sera nacque tutto, poiché stiamo ancora insieme.

Al presente siamo usciti fuori per cena. Da due settimane, per impegni e per doveri vari d’entrambi, non ci siamo più frequentati né visti, perché Aristide lavora fuori sede, distante da dove abitualmente io dimoro. Ci siamo solamente mormorati numerose cose a lungo per telefono, scambiandoci pure numerose mail. Lui è un uomo ammodo, di notevoli e di garbate maniere, la sua persona e il suo modo di fare alleggeriscono e sciolgono all’istante l’attrito e l’inquietudine, eppure adesso mentre lui discorre, io m’accorgo che sono vivace ed energica, ho una voglia smisurata di lui, penso più a quello che faremo in seguito, che alle pietanze che consumeremo qua nella trattoria.

Io analizzo e soppeso ogni suo educato gesto, esamino ogni atto e scompongo ogni sua occhiata, in verità lui non è piacente né seducente, le donne infatti per strada non si voltano per guardarlo, Aristide passa torpidamente inosservato, non attira l’attenzione, è anonimo, poco male. Non è vistoso, ma è un individuo senza dubbio per me amabile, originale e premuroso, ha molto fascino, nettamente dissimile dagli usuali criteri e dai modelli d’appariscenza che vediamo languidi e vezzosi in giro, di quelli che abitualmente notiamo sfogliando le leziose e svenevoli riviste quotidiane. E’ un uomo sostanziale, vero, attento ai miei bisogni, non ti critica né ti giudica né ti rimprovera, Aristide è reverente, disponibile e magnanimo, schietto e semplice, è d’una delicatezza che ti penetra dentro solcando il tuo essere, scanalando la tua mente e portando alla luce le tue intime e intrinseche sensazioni. Assennato e avveduto più che mai a ogni mia risposta, discute più o meno apertamente, mentre io lascio perdere banalmente variando ragionamento, nel tempo in cui lui s’intrufola troppo nel mio animo.

Io non voglio che Aristide mi tenga in pugno, all’opposto, sono io che pretendo d’averlo fra le mie grinfie, ma al tempo stesso fargli credere d’essere lui a condurre inequivocabilmente e nettamente il libidinoso divertimento. In quegl’istanti l’agitazione prospera, l’incognita si sviluppa e fluisce circolando sennonché nelle mie arterie, il plasma s’arroventa e i battiti aumentano, dilatando perfino l’arrossamento sulle mie gote. Per buona sorte, un alone di trucco fodera quella trepidazione che ho sulla faccia, perché non desidero che Aristide sappia oltremisura dei miei stati di temperamento, delle mie recondite e libidinose fantasie e dei miei celati e lussuriosi desideri, se non altro fino a quando io non stabilisca di manifestarmi.

Concludiamo la cena e usciamo dalla trattoria, bighellonando in direzione della mia macchina, dopo io lo agguanto sotto braccio e avvertendo il suo contatto m’infiammo. Aristide è alquanto sbigottito da quel rapido gesto e rimane impietrito, probabilmente non se lo aspettava, tuttavia in cuor suo lo attendeva, lo auspicava fremendo però in silenzio. Io suppongo che Aristide abbia afferrato tutto, adesso le barriere sono scardinate, niente è scontato, è chiaro, però tenuto conto che è da due settimane che non ci sfioriamo, la voglia di toccarci e di stare insieme è trascinante e impetuosa.

Entriamo in macchina e ci dirigiamo verso casa mia, saliamo alla svelta in stanza. Ambedue ci facciamo la doccia, insaponandoci a vicenda e giocherellando a lungo con lo spruzzatore dell’acqua dentro la cabina. Dopo usciamo, ci asciughiamo, io accendo lo stereo, mentre lui regola la temperatura della stanza. Aristide s’avvicina adagio dietro le mie spalle, mentre io mi sto spalmando una crema idratante profumata sulle gambe, sono tranquilla e bendisposta, al momento m’accorgo che s’approssima ulteriormente annusandomi, in realtà vuole me, perché lo avverto dal suo calore. A un tratto Aristide addossa la sua faccia alla mia, mi sta sondando. Io non me lo aspettavo, mi giro emozionata, lui esaminando le mie sensazioni s’avvicina baciandomi sulle labbra. Il suo è un bacio soave e gradevole, un incontro di labbra che si sfiorano, che s’acchiappano approfittando del momento, che si ghermiscono acciuffandosi, con la lingua che con esigui contatti sgattaiola con l’altra lingua, prevedendo il timore d’arrischiare. Questo è in definitiva il tipico ritratto della sua indole, la quintessenza pure del mio temperamento, però io ho un quadro differente dal suo, per quanto riguarda l’aspetto della sfera sessuale. Io sono e mi ritengo più emotiva, passionale e nerboruta, lui all’opposto è meno istintivo, meno ardente e meno lascivo, anche se a letto nel complesso si fa valere.

Repentinamente ci blocchiamo, ci scrutiamo vigili a ogni movimento e concentrati a qualsiasi reazione, durante il tempo in cui i nostri ingegni s’intersecano tramite le nostre fameliche occhiate, ci aggredisce un multiforme libidinoso appetito, un dissoluto fermento e un vizioso fervore, invadendo nel contempo le nostre viscere. Aristide affievolisce nel mentre la luminosità dei faretti del soggiorno, dopo accende la lampada a stelo collocata nell’angolo che sprigiona la luce verso il soffitto, mentre io mi sollevo aspettando un suo segnale. Gli tendo la mano come per entrare in relazione con lui, giacché la semioscurità mi permette d’ingegnarmi e di giostrare al meglio le mie intenzioni.

In un baleno le mie labbra sono collocate su quelle di Aristide, come richiamate da una poderosa attrazione magnetica, perché ambedue attorcigliati da un’incontenibile frenesia ci congiungiamo in maniera insopprimibile. Le nostre lingue duellano, invasati ci distendiamo sul divano letto, le sue mani affusolate lisciano il mio corpo vibrante di passione e palpitante d’esaltazione, Aristide m’afferra per i capezzoli e io soccombo. Facendo così mi tronca il fiato, in verità non ipotizzavo di potermi sentire ancora così, come se fosse la prima volta che sto con un uomo, certo è che Aristide sa cosa e come fare. Le nostre labbra s’attorcigliano, si vivacizzano, si desiderano e si frugano. In verità è da parecchio tempo che non ci baciavamo in tal modo, così a lungo, così in maniera colma e straripante. La sua cute è vellutata, le sue braccia sono forti, robuste e muscolose, che frattanto m’attanagliano serrandomi, facendomi percepire la sua virile voglia in aumento.

Adesso lo sento, ma non è ora, abbassa la chiusura lampo del vestito e lascia priva di protezione quello che ha prima abbrancato, mentre i miei seni rigonfi e tondeggianti bramano la sua lingua. Io l’accolgo, i miei capezzoli sono induriti, inverosimilmente gonfi da squarciarsi di piacere. Quei denti spasimano, fremono, perché solamente a sfiorarli il mio corpo s’affligge e piagnucola per il godimento, Aristide con naturale impulso ci conficca i denti e le labbra, mentre io rabbrividisco infervorandomi e perdendo la ragione per il piacere che provo. Dopo lo bacio sentitamente, lui bagna le mie labbra, la mia lingua e la mia bocca, successivamente sosto sul suo torace e come entusiasmata colgo un’inedita fragranza di soffice e di riguardoso, d’impudico e di voluttuoso. Mi svago con il suo ombelico, mentre la mia mano digrada e raggiunge la stoffa dei pantaloni. Me ne accorgo, lo vedo, è là, adocchio la sua eccitazione, gli sfilo bruscamente i pantaloni e le mutande, osservando la sontuosa bellezza di quella forma così boriosa, esuberante e smaniosa di godere, eppure non è ancora giunto il momento. Allora Aristide m’abbranca, mi cinge, conficca le dita sulle mie cosce, come per voler sgravare un poco di desiderio.

Io lo stringo come per sentirlo più vicino e brandisco le sue chiappe, lui mi bacia, mi morde, mentre io godo nell’avvertire la sua bocca su di me e le sue mani, che proseguono a muoversi appassionate e deliranti nella ricerca di chissà che cosa. Al presento acciuffo il suo cazzo tra le mani, è invero una sensazione fantastica e inenarrabile, lo vedo là di fronte a me, è mio, posso farne ciò che voglio, posso farlo sborrare oppure lasciarlo lì. La cupidigia assoluta di sentirlo mio è molta, in quell’istante con la punta della lingua assaggio il suo virile desiderio e ben presto un respiro soffocato lo attanaglia. Sento che è giunto il momento, malgrado ciò aspetto ancora. Lo osservo impaziente, è teso, rigido e convulso, chiaramente smarrito come nell’abbandono di quel momento. La mia lingua inaugura il suo lavoro analizzando e setacciando ogni centimetro del suo nerbo. Per lui è una meraviglia distinta ed eccezionale, al punto da farmi constatare come la mia lingua sia differente del solito. Come se il suo cazzo fosse un candelotto di ghiaccio, inizio a lavorarmelo a modo mio, poco per volta lo faccio mio. Dischiudo le labbra e ingoio il suo cazzo ospitandolo e saggiandone accuratamente la consistenza, mentre Aristide infoiato mi ripete:

“Beatrice sei una favola, un vero incanto, sei la numero uno, non ti cambierei con nessuno, garantito”.

Ogni volta pare sempre la prima volta, Aristide è felice e deliziato, io ho fatto abbastanza esperienza nel corso del tempo, è stato favoloso, all’inizio ricordo che ero intimorita e finanche scoraggiata, perché avevo la ragionevole incertezza e il fondato timore di compiere qualche sbaglio insanabile, ma subito dopo che le mie labbra hanno sfiorato la pelle levigata e focosa del suo cazzo, la mia bocca e la mia lingua avevano la perfetta cognizione su come manovrare e su come agire. Il primo atto è stato baciarlo in maniera indolente ed erotica per tutta l’estensione del cazzo, fino al fondo della base e andando ancora più giù, per poi risalire con la punta della lingua fino all’apice del glande. A quel punto ho aperto le labbra e ho lasciato che la mia bocca arroventata l’ospitasse adagio, mentre giocherellavo nello stuzzicare con la lingua il frenulo picchiettandolo con vigore, nel tempo in cui osservavo lestamente il suo viso estasiato per quello che gli procuravo.

Ho cominciato a succhiare il cazzo di Aristide all’istante facendolo svanire dentro la mia bocca, lo sentivo eccezionalmente enorme, insolitamente granitico con quell’erezione, poiché stentavo nel succhiarlo talmente era eretto. E’ stata in verità una sensazione deliziosa e soddisfacente, perché mi sono sentita interamente imbottita, avevo la fica molto zuppa senza nemmeno essermi sfiorata neppure una volta. A quel punto ero infervoratissima e Aristide l’aveva compreso estraendo il cazzo di fuori: lui bramava che gli leccassi persino i testicoli, io aizzata e istigata com’ero, ho ottemperato tassativamente senza battere ciglio. Durante il tempo in cui attuavo la sua disposizione da valente femmina, con una mano impugnavo quel cazzo compatto e pulsante poco sopra il viso, perché di fatto, spesso, senza rendermene conto l’abbassavo. Tutte le volte che una cosa mi piace ci metto talmente tanta voluttà, poiché è impraticabile contrastarmi, perché sono bastati pochi istanti nel ritrovarmi la faccia inzaccherata dai suoi fiotti colanti di sperma. Io mitizzo ed esalto parecchio questo genere di sensazione che ricevo sulla pelle, perché per la stragrande maggioranza d’occasioni, non sempre beninteso, ogni qualvolta che eseguo il pompino reclamo che la parte conclusiva sopraggiunga costantemente in tal modo. Questa vicenda appena sopra menzionata, era stata invero una piccola parentesi iniziale, della mia introduttiva peripezia amorosa agli esordi con Aristide.

Quest’oggi, invece, cambiamo completamente vivande, perché la mia posizione preferita a letto è la posizione del missionario, perché non è affatto così monotona, noiosa e poco eccitante come si pensa, a dispetto di tanti individui che sostengono tale messaggio. Secondo me, pur essendo la posizione per eccellenza per tante donne e per molti uomini, non gode d’ottima reputazione. Per me, invece, è qualcosa d’enormemente soddisfacente e alquanto positiva (ahimè, io non sono più giovanissima). Con il passare del tempo è stata sormontata da molte altre certamente più spregiudicate e aperte, mantenendo ancora oggi non un’egregia nomea. Per me, la posizione del missionario è la posizione più naturale e spontanea per scopare, io la vedo come la posizione dell’intimità, perché permette alle coppie di guardarsi negli occhi e di baciarsi, è la posizione del sesso quando c’è anche l’amore. E’ vero anche, che se non praticata in un certo modo, non è esattamente la migliore per stimolare il piacere femminile, perché essendo sopra rimane più difficile per l’uomo stimolare anche il clitoride. Se si riesce però a trovare la giusta angolazione, la stimolazione vaginale può essere anche piuttosto intensa, specie se si riesce ad arrivare al punto G. Anche Aristide si è dato da fare, ci ha messo un po’ d’impegno assieme a una certa tecnica. Questa posizione indubitabilmente resta quella più adeguata e conveniente, soprattutto le prime volte, come dicevo, perché è accessibile, facile e naturale, direi la più istintiva e ovvia. Ideale ed esemplare, anche quando si è un po’ stanchi, in quanto pure Aristide ha apprezzato e stimato con il tempo. La posizione del missionario è praticamente infallibile e può far sentire al sicuro e a proprio agio, perché è un classico, giacché è insuperabile e ideale, per le notti in cui si vuole scopare senz’impegnarsi né vincolarsi troppo.

Adesso pure io sono al culmine, Aristide seguita a spingere, il suo cazzo martella dentro la mia fica, perché è lui che al presente detta implacabile e irriducibile la cadenza. Ogni tanto rallenta e mi bacia, io ho congiunto le mie gambe affibbiandole alla sua schiena, perché voglio sentire tutto il suo forzuto e gagliardo affondo. Adesso le sue spinte diventano più profonde e veloci, i miei gemiti sono più fragorosi, stanno annunciando l’apice dello sbottare, dell’imminente tracimare, squarciati unicamente dai singulti del carnale e lussurioso piacere dei sensi. Aristide avverte l’orgasmo approssimarsi, è al corrente che non sopporterà ancora a lungo, all’opposto, si meraviglia d’essere giunto quasi al culmine reggendo e resistendo in tal modo. Aristide ha unicamente l’accortezza di sollevarsi pochi secondi facendomi cenno di mettermi comoda, perché appena in tempo sfoga la sua lussuriosa e incontinente energia vitale. Io gli agguanto il cazzo nella mano, mentre lui sborra emettendo la sua densa e biancastra essenza, gemendo e imbrattandomi sia l’addome che la fica con i suoi abbondanti fiotti, mentre io lo osservo inebriata e soddisfatta, fintantoché il suo intimo e intemperante sfrenato piacere non si placa.

Io raccolgo con le dita le ultime gocce della sua ingente sborrata, mentre osservo quell’aria teneramente affievolita, distesa e svigorita dal benessere e dalla soddisfazione provata. Lui mi ammira, mi fissa con lo sguardo, mi stringe accogliendomi fra le sue braccia e mi copre di baci riferendomi:

“Beatrice cara, tu sei la donna più favolosa, aggraziata, devota e sincera che ho finora conosciuto”.

In seguito, senza fretta, riacquistiamo la posizione dell’inizio. Aristide rimane con il cazzo floscio, mentre io proseguo ad accarezzarlo dovunque.

Ogni volta, che ricordo quella notte, lo immagino qui con me, davanti a me, in ginocchio, pronto a contraccambiare e restituire quelle belle, indimenticabili, straordinarie e sublimi sensazioni.

{Idraulico anno 1999} 

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