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Giochi bagnati

By 3 Maggio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Durante la pausa tra il secondo e il dessert, Rosa si alzò in piedi con aria incerta. Nessuno parve far caso alle sue gambe tremanti, che quasi sembravano dover cedere da un momento all’altro.
Così come, apparentemente, durante l’intero corso del pranzo, nessuno si era accorto del suo respiro accelerato e dei suoi gemiti quasi impercettibili, abilmente mascherati da lievi colpi di tosse o finte risate. Né della sua proverbiale espressione da femmina in calore: la bocca piegata in un appena accennato quanto intrigante sorriso malizioso, le gote un po’ arrossate, il fuoco divampante e inestinguibile nei suoi occhi, imperscrutabili ad uno sguardo poco attento, ma evidentemente carico di passione e voglia per chi sa leggerle dentro. E Giancarlo era riuscito, fin da subito, a scavare nel suo profondo. Quella donna così perversamente sensuale aveva immediatamente acceso anche il suo di lato perverso. La voglia di Rosa di lasciarsi andare tra le braccia di un uomo forte, che la guidasse senza esitazioni lungo i sentieri del piacere, era almeno pari alla voglia del ragazzo di spingerla fin dove le loro voglie li avrebbero condotti.
Quel giorno, Giancarlo aveva pensato bene di non dare tregua al sesso della sua conturbante collega. Appena arrivata al ristorante per un pranzo di lavoro con lo staff dell’azienda al completo, Rosa si era resa conto che quella sarebbe stata una giornata a dir poco particolare. Giancarlo, nel salutarla apparentemente con canonici ed innocui baci sulle guance, mentre decine di altri impiegati facevano lo stesso intorno a loro, le aveva sussurrato ad un orecchio ‘Ho voglia di te’, premendo le sue labbra sulla pelle del collo sotto il suo lobo destro.
Il loro rapporto era indecifrabile. Colleghi modello, affiatati sul lavoro e spesso confidenti e consiglieri l’uno dell’altra quanto alle loro vite private. Un rapporto di stima e simpatia fra due persone estremamente diverse, ma dotate dell’intelligenza necessaria per fare delle loro diversità un modo di ampliare i propri orizzonti.
Quasi da subito si erano trovati anche ad un livello più intimo. Solo poche settimane dopo l’assunzione di Giancarlo, a seguito di frequenti giochi di sguardi, battute a volte audaci e contatti furtivi sempre più evidenti, si erano ritrovati a scopare in auto poco dopo la fine di un turno di lavoro. Quello fu il loro inizio. Il primo di tanti altri incontri susseguitisi nei mesi, ma mai culminati in una relazione. Ed era probabilmente questo il motivo per il quale nessuno, all’interno dell’azienda, sospettasse la loro tresca. Riuscivano a comportarsi sempre normalmente. Era anche capitato che uscissero più volte da semplici amici, senza che tra loro accadesse nulla. Avevano persino avuto avventure o brevi relazioni con altre persone nel frattempo. Ma, quando la voglia di trasgredire era palese, c’erano sempre l’uno per l’altra. Non si erano mai risparmiati dal mettere in pratica ciò che la loro mente gli suggeriva, salvo tornare ad essere cordiali ed impeccabili colleghi di lavoro il giorno successivo.
La prima parte del pranzo era stata una vera tortura per Rosa. Giancarlo aveva preso posto accanto a lei e, agevolato dalla lunga tovaglia, non aveva perso tempo prima di posare una mano sulla gamba sinistra della ragazza e risalire lungo il suo interno cosce. Lei non si era neppure voltata a guardarlo, limitandosi ad allargare appena le gambe per permettergli di arrivare alla meta bollente al centro di esse. Non si era risparmiato dallo scostare le mutandine e giocare con le sue labbra. A volte le pizzicava, o le stringeva il clitoride tra le dita, torcendolo. Di tanto in tanto, le infilava dentro uno o due dita, abbastanza lentamente da non far notare il movimento del suo braccio, ma pure abbastanza a fondo da far sussultare la sua vittima ad ogni manovra. Anche Rosa non si era trattenuta dall’accarezzare e stringere vigorosamente il membro del suo collega attraverso i jeans, e quell’ulteriore contatto di certo non aveva contribuito a diminuire l’eccitazione di entrambi. Così come le occhiate furtive che si lanciavano di tanto in tanto confermavano solo quanto piacere si stessero vicendevolmente donando.
Quando Rosa si alzò quasi di scatto per imboccare il corridoio che l’avrebbe condotta al bagno, Giancarlo restò per alcuni secondi a strofinare tra loro il suo dito indice e il medio, pregni degli abbondanti umori prodotti dalla sua complice d’avventure. Dopodiché, fingendo fosse un gesto dettato dal nervosismo o dalla noia, posò il gomito sul tavolo e portò le dita davanti alla bocca, spargendosi sulle labbra quei succhi che, subito dopo, leccò per assaporare con gusto.
Qualche istante più tardi, si alzò anche lui, e anche lui si incamminò verso le toilette. Accertatosi che non vi fosse nessun altro all’interno, si diresse spedito verso il bagno che immaginò essere occupato da Rosa. Ne ebbe la certezza quando avvertì l’ansimare della donna oltre la sottile porta di legno. Bussò e al suo ‘Chi è?’ pronunciato con voce affannata, si limitò a rispondere ‘Io, apri’. Lei eseguì, e Giancarlo si fiondò in quel piccolo vano richiudendo a fatica la porta alle sue spalle. Si soffermò poi a guardare la ragazza in piedi di fronte a lui. Rossa in viso, con la gonna arrotolata in vita e le mutandine abbassate fino alle ginocchia.
Lei lo guardò sorridente. Lui, seppur voglioso di saltarle addosso e scoparla tanto forte da lasciarla senza fiato, si impose di restare imperturbabile. ‘Fammi vedere come ti stavi toccando’, le disse, scorrendo i suoi occhi da quelli di lei fino al suo pube ricoperto di corti peli scuri. Rosa non se lo fece ripetere. Con sguardo malizioso si abbandonò spalle al muro, facendo immediatamente scomparire due dita dentro di sé e prendendo da subito a muoverle a velocità quasi folle. Non tratteneva gemiti e sospiri, limitandosi a non alzare troppo il volume della voce. Quando Giancarlo vide che lei chiuse gli occhi e posò contro il muro anche la testa, le impose di fermarsi. Rosa, però, sembrava non ascoltarlo. Continuava a riempirsi delle sue dita in maniera sempre più rapida e violenta. Dovette essere lui a porre fine a quella selvaggia masturbazione, spostando con forza il suo braccio e lasciandola vuota e gocciolante, a un soffio dall’orgasmo.
Lei sgranò gli occhi e, con un filo di voce gli intimò di scoparla lì, in piedi, senza indugiare oltre.
Lui le si avvicinò con un ghigno dipinto in volto. Le morse il labbro inferiore fino a strapparle un gemito di dolore. Dopodiché, fissandola negli occhi, le tirò i capelli verso il basso per costringerla ad accucciarsi. Con la mano libera, intanto, aveva estratto il suo pene in completa erezione.
Seppur contrariata dal non aver raggiunto il piacere, Rosa si fece guidare fino ad imboccare quella grossa asta di carne. Si fece scivolare in bocca il glande, e continuò fino a sentirsi completamente invasa da quel membro possente. Ogni volta restava stupita da quelle dimensioni. Avvertiva la mascella dolorante da quanto l’aveva spalancata, la bocca e la gola tanto piene da non permettere neppure all’aria di passare. Eppure, era riuscita a prenderne a stento la metà. Fu allora che Giancarlo serrò una mano dietro la sua nuca, impedendole di liberarsi per riprendere fiato. E fu sempre allora che lui, senza interrompere il loro contatto visivo, riprese a parlare. ‘Non sono qui per scoparti. Sono qui per godere della tua bocca. E per accertarmi che tu non faccia lo stesso’.
In quel momento lasciò la presa sulla testa della ragazza, che fece fuoriuscire il membro del collega ricoperto della sua saliva. Mentre inspirava a fondo per riempire i polmoni, lui continuò: ‘Voglio tenerti eccitata tutto il giorno. Voglio che le mie dita si arriccino, tanti sono gli umori che produrrai mentre continuerò a torturarti’. Continuando a parlare, forzò nuovamente Rosa a prendere in bocca il suo pene ormai teso allo spasimo. Quando lo fece, lui le bloccò ancora una volta la testa, iniziando ad affondare in lei con colpi di bacino prima lenti e poi, via via, più rapidi. ‘Stasera voglio scoparti sapendoti eccitata più di quanto tu non lo sia mai stata. Voglio farti raggiungere un orgasmo devastante appena poggerò il mio cazzo duro contro la tua figa fradicia, e prendere a scoparti con forza fino a far in modo che si susseguano, uno dietro l’altro’, disse, aumentando il ritmo al quale violava la sua bocca. ‘Voglio mandarti in tilt il cervello tanto ti farò godere. Voglio lasciarti senza la forza neppure di guardarmi con questi occhi da troia’, aggiunse, prima di emettere un grugnito e riempire di sperma denso e bollente la bocca e la gola della sua collega. Appena lei lo ebbe diligentemente ripulito, roteando voluttuosamente la sua lingua su quell’asta ancora turgida e ingoiando ogni goccia di quel seme viscoso e biancastro, lui la sollevò in piedi, sbattendola al muro e prendendo possesso della sua bocca per un bacio che la lasciò senza fiato.
‘Ora rivestiti e torniamo di là’, le intimò.
Lei eseguì, non senza rivolgergli un ‘Sei un grandissimo bastardo’, carico di risentimento ed eccitazione. ‘Me la pagherai. Me la pagherai cara’, aggiunse, uscendo dal bagno seguita da lui. E dal suo ghigno soddisfatto.

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