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OrgiaRacconti Erotici EteroTrio

Giornalista di guerra

By 10 Settembre 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

DALLA ZONA EST DELLA FRONTIERA – Erano passati 15 giorni da quando le quattro squadre militari si erano posizionate nella zona est della città, l’unica zona non bombardata dal fuoco amico. Era la zona più alta, la prima ad essere setacciata dagli alleati all’arrivo in città. Un totale di venti soldati, 15 uomini e
5 donne avevano innalzato alacremente una sorta di ufficio con satelliti, computer e tutta l’attrezzatura necessaria per monitorare la situazione.
Insieme a loro erano presenti anche la giornalista Sara Z. ed il suo cameraman che, ogni giorno, puntuali alle ore 18, trasmettevano il servizio da mandare in onda alle ore 20 per aggiornare i telespettatori circa l’evoluzione del conflitto.

Sara non era nuova a questo tipo di missioni; era già stata in altre tre missioni in giro per il mondo e aveva ricevuto anche un’adeguata preparazione militare.
Non era mai stata di intralcio alle squadre speciali con domande o azioni inopportune, ma anzi si era sempre fatta apprezzare per la lealtà e concentrazione.

In realtà Sara si era fatta apprezzare anche per altro in un ambiente così a stragrande maggioranza maschile. 32 anni, Alta 1.70, capelli rosso rame naturale, occhi verdi, Sara era la classica ragazza che riusciva ad ottenere un fischio di approvazione anche appena sveglia.
Gli anni di ginnastica ritmica da piccola e tutti gli allenamenti al seguito delle squadre speciali le avevano donato un fisico tonico ed aggraziato, impreziosito da un bel seno, una terza abbondante dopo che era un po’ dimagrita, e dei glutei naturalmente scolpiti.
Non si tirava indietro alle battute e agli apprezzamenti dei commilitoni, ma era sempre stata professionale e – all’interno delle tende o degli uffici militari -non era mai stata colta in fallo o aveva mostrato debolezze sui campi di guerra.

Anche in quella mattinata di apparente calma, davanti al fornelletto dove si preparava il caffè, gli apprezzamenti e le battute si sprecavano e le risate imbarazzate si seguivano leggere nell’aria.
Tutto pareva portare ad un’altra giornata di solo monitoraggio quando un’esplosione nelle vicinanze fece ridestare tutti dall’apparente torpore.

L’esplosione era stata così violenta che i muri avevano cominciato a tremare e la polvere aveva iniziato a cadere copiosamente sui monitor.
In maniera non comprensibile, i radar non erano riusciti a captare alcun pericolo e questo aveva colto alla sprovvista l’intera squadra.

La struttura iniziava a perdere pezzi ed il comandante in capo alla missione aveva messo in allerta tutti: l’edificio andava sgombrato, bisognava raggiungere le grotte più a nord quanto prima per mettersi al riparo e chiamare soccorsi.

In gruppi di cinque tutti avevano lasciato ordinatamente, ma in maniera veloce l’edificio muovendosi a nord. Sara, il cameraman ed altri tre commilitoni chiudevano il gruppo, loro erano sempre dietro sul fronte.
Le squadre erano in salita quando una scarica di proiettili si era stampata proprio a due passi da loro. Alcuni commilitoni erano caduti colpiti da queste schegge impazzite; altri avevano cominciato a correre a nord venendo bloccati da velocissimi mezzi corazzati dei nemici.

I nemici avevano tirato l’imboscata giocando con un effetto sorpresa e nuovissime tecnologie invisibili.
Nel caos generale, con più della metà della squadra a terra o bloccata, Sara invece di aspettare disposizioni dai militari rimasti e scappare insieme a loro, aveva preso il braccio del cameraman fiondandosi entrambi verso sud, dall’altro lato rispetto al blocco nemico.
Non avevamo lasciato contatti, non avevano avvisato nessuno, solo fuga senza ritorno.
Nella corsa si era sentito un unico rumore, secco, pesante. Il cameraman di Sara, un colosso d’ebano di 195 centimetri, era crollato per terra, colpito alla testa da qualche pallottola nemica esplosa nelle vicinanze.

In preda al panico, Sara aveva cominciato a correre senza sosta, andando sempre a zig zag come le avevano insegnato per non dare punti di riferimento ad eventuali cecchini appostati. Sara correva, correva, correva, senza girarsi mai, sguardo fisso in avanti con le mani saldamente premute contro il suo zaino.

Dopo un tempo indefinito, probabilmente di 30-40 minuti, Sara si era accorta di essere in una zona deserta. Solo tanti cumuli di macerie si estendevano per il territorio, con un paio di palazzi ancora parzialmente intatti che si vedevano a breve distanza.

Le esplosioni avevano creato dei crateri naturali che potevano fungere anche da protezione o accampamento in momenti di urgenza.
Sara si era lanciata in quello che le era sembrato il posto migliore…un palazzo parecchio demolito che però manteneva delle zone chiuse ed ancora un piano apparentemente in decenti condizioni che le avrebbe permesso meglio di vedere verso l’esterno.
Era sola, l’unica cosa che poteva fare è drizzare bene le orecchie e non farsi beccare e guardare tutto e tutti da quella sorta di soppalco coperto.
In una zona così povera di nascondigli, correre in questo momento non era così utile.

Sara si era accovacciata, slacciando lo zaino e saldando per bene il giubbotto antiproiettili. Aveva caldissimo, moriva di caldo, ma per niente al mondo si sarebbe tolta il giubbotto. Il suo seno sembrava esplodere contro il giubbotto a furia del respiro affannoso, le mancava l’aria, ma tenne duro.

Tirò fuori il suo binocolo e gli occhiali da vista lontana per cercare di perlustrare l’aria dalla sua zona.
Le uniche zone monitorabili, a parte le pianure ed i crateri, erano i due edifici ancora in piedi.
Erano abbastanza vicini per poter vedere bene dalle finestre, almeno i piani inferiori. Quel binoloco poi era un prodigio della tecnologia, gentile concessione del comandante della squadra.

Il primo palazzo era parso da subito vuoto. A dir la verità si potevano ben vedere alcune sagome di persone probabilmente decedute all’interno, sporche di sangue.

Nel secondo palazzo invece Sara aveva notato subito attività. Al secondo piano, un po’ più in alto rispetto alla sua posizione, si vedevano delle guardie che camminavano avanti ed indietro dietro le vetrate delle finestre.
Al primo piano, quasi alla sua altezza di vista, invece una stanza era completamente buia ma, alla vista dell’altra, rimase completamente esterefatta.

Quello che riusciva a vedere non aveva senso a prima vista. Vedere un sedere femminile nudo era l’ultima cosa che poteva aspettarsi.
Ed invece era quello che vedeva. Una donna, con buona parte del vestito militare ormai a stracci, giaceva a 90 gradi su un letto.
Le gambe erano divaricate, c’erano delle catene che partivano dal letto e bloccavano i piedi.
Non era possibile vedere il viso della donna visto che era bloccata in una sorta di giogo, di ghigliottina che teneva bloccate testa e braccia.

Quello che Sara vedeva l’aveva turbato…la donna presentava un cuneo anale ben impiantato tra le chiappe e dei morsetti collegati da una catenella che apparivano su un seno cadente che doveva essere molto grosso.
La vista di una guardia armata qualche metro più a destra della donna l’aveva fatta sobbalzare e nascondere un po’ meglio tra le rovine del palazzo, ma non riusciva a togliere ad allontanare lo sguardo da quello spettacolo irreale.
In un lasso di tempo che poteva essere una mezzora non era capitato niente, sembrava di vedere un quadro bondage.
All’improvviso però Sara vide entrare altri 3 uomini nella stanza ed iniziò ad avere paura.

Uno dei 3 uomini era vestito di bianco, sicuramente oltre i 185 cm, molto moro di carnagione ma dall’aspetto curato, nonostante i capelli e la barba lunghi.
Gli altri due invece sembravano degli energumeni di colore, stessa altezza ma portamento molto più militare; erano pesantemente armati.

I due militari si misero ai lati della ghigliottina, un terzo militare arrivò correndo riferendo una informazione all’orecchio dell’uomo in bianco e poi sparì.
L’uomo in bianco invece si mise leggermente al lato della donna e cominciò ad accarezzare con premura il sedere della donna immobilizzata.

Aveva dei modi gentili, accarezzava in senso circolare, entrambi i glutei, con una mano o due, in maniera sempre più marcata ma pacata.
Dal suo punto Sara vide che l’uomo spostò le mani tra le gambe della donna, iniziando a stuzzicarla lentamente. La donna cominciò subito a dare segni di risposta dibattendosi.

L’uomo continuò il trattamento per diversi minuti, con la donna che si dimenava come un cavallo pazzo. Era stato sempre regolare nel movimento, ma continuo, deciso, senza sosta. Sara con il suo visore aumentato vedeva con che dovizia l’uomo entrava nelle grandi labbra, lentamente, e poi toccava le piccole labbra in un moto perpetuo, infinito, con la donna oscenamente piegata ed in mostra.

Sara aveva iniziato a pensare all’effetto che potevano fare quelle mani sulle parti intime indifese per così tanti minuti ed ebbe un brivido.
Lei amava questo tipo di trattamento, impazziva quando l’uomo si dedicava a lei con la lingua o con le mani alle sue parti intime in maniera così lenta e continuata. Avrebbe supplicato, in un altro momento, di ricevere quel trattamento.
Sara era a disagio tra quello che vedeva ed il calore che iniziava a provare. Non poteva sentire la voce della donna, ma era sicura che non fosse in silenzio.

L’uomo in bianco aveva messo una mano sul cuneo anale, mentre con l’altra aveva preso palesemente a sditalinare la donna che sembrava indemoniata.
Più le stuzzicava la passera e più tirava fuori il cuneo lentamente. Sembrò un processo interminabile, Sara iniziava a provare emozioni stranissime a quella
vista, l’uomo era vicino alla conclusione ma era estenuante nell’attesa.
Sara si domandava da quanto fosse lì la donna e quanto dolore le procurasse quell’arnese nel sedere.
Dopo pochi secondi, l’uomo estrasse l’arnese dal sedere della donna; era un cuneo di dimensioni notevoli, tra le chiappe la donna mostrava una notevole apertura anale adesso. Ma la cosa che lasciò basita Sara era che la donna si lanciò in un orgasmo notevole…la vide tremare e poi praticamente
aveva iniziato a gocciolare umori, quasi a squirtare mentre l’uomo le massaggiava con cura il sedere.

Sara era confusa, aveva caldo, aveva iniziato a tremare pure lei…tutta quella situazione l’aveva presa alla sprovvista e, senza quasi essersene accorta, aveva avuto una sorta di orgasmo pure lei. La situazione surreale le aveva scombussolato l’autocontrollo, non capiva il perchè ma si sentiva bagnata tra le
mutande e non era perchè era sudata dopo la corsa.
Sara non era analmente vergine; aveva provato con 2-3 partner l’esperienza da dietro con alterni risultati. Col primo uomo non le era dispiaciuto, col secondo aveva detto basta, mentre il suo collega afro americano a new york qualche tempo prima l’aveva quasi spaccata per la foga e le dimensioni facendola però godere, ma da quella volta non aveva più provato.
Ma non dispiacere era un conto…godere di riflesso di una situazione vista era un’altra cosa e lei era sbalordita.

La situazione le aveva fatto perdere il controllo della sua mente, del suo organismo, ma anche della situazione intorno a lei.
Con un secondo di ritardo sentì qualcosa in vicinanza, il tempo di capire cosa fosse ed una mano l’aveva presa mettendole un bavaglio alla bocca con un qualcosa di odore poco gradevole.
In pochi secondi Sara aveva perso l’equilibrio e pian piano era svenuta. Sara era stata scoperta e catturata.

(continua…)

Una sensazione di freddo.
Freddo umido, freddo nelle ossa.
Torpore, sensazione di trovarsi in un mondo ovattato, a rallentatore.
Sara aveva aperto gli occhi, dopo un periodo che le era sembrato infinito, e si sentiva contratta, a disagio.
Si sentiva così stonata che si era dimenticata dove fosse; pensava di essere a Roma o a New York nelle classiche mattine in cui tornava da un lunghissimo volo autunnale oltreoceano e si trovava a dormire in un hotel ancora senza riscaldamento acceso. Stavolta si sarebbe lamentata con il personale dell’albergo pensò!

Aveva dormito di lato, fianco sinistro, piano piano cominciò a muovere le gambe, voleva riprendersi da questa nottata agitata.
Mosse le gambe, con le ginocchia che le duolevano, flettendo prima una e poi l’altra gamba, avvertendo fastidi strani.
Sbadigliò con la reazione naturale a portare la mano sulla bocca; anche da sola, alcune norme di buona educazione le venivano naturali.
Ma la mano non si mosse, non capiva. Provò di nuovo, ma sembrava un corpo senza braccia.
Provò ad alzarsi di schiena ed una serie di dolori e situazioni vennero alla luce.
Aveva le mani e le braccia legate dietro la schiena, a livello dei polsi e dei gomiti, praticamente addormentate, per questo non ci aveva fatto caso subito.

Una sensazione di terrore si impossessò di lei, improvvisamente le tornò tutto in mente….panico, paura, ansia ed iniziò a dimenarsi da terra.
L’ultimo ricordo era di lei che si sentiva debole, con le ginocchia che cedevano ed il mondo che andava sottosopra.
Adesso non capiva dove si trovava, non capiva dove l’avevano portata, non capiva perch&egrave l’avevano legata.

Aveva passato tante situazioni di paura in guerra, al seguito dei militari, ma era la prima volta che veniva rapita e che, soprattutto, si trovava sola.
Respirò, si fece forza, provò a pensare a tutti gli insegnamenti dati nei corsi militari in queste situazioni.
Cercò di non piangere, cercò di far finta che andasse tutto bene, cercò di pensare che presto sarebbero venuti a prenderla.
Ma lei non aveva un localizzatore, ma soprattutto non aveva seguito la squadra nel momento dell’assalto. Era un ago in un pagliaio in quella zona di guerra.

Facendo ricorso a tutte le sue abilità di ex atleta di ginnastica, dopo essersi dondolata per terra, riuscì a darsi la spinta per mettersi a sedere, nonostante
l’impossibilità di aiutarsi con le braccia. Quello che però era un gesto naturale, il sedersi, per lei si rivelò molto doloroso.
Un dolore intenso, una presenza ingombrante, un qualcosa di molto fastidioso le premeva da dietro, nella parte posteriore del suo corpo.
Non le impediva di muoversi, ma sicuramente era un qualcosa che le dava tormento, fastidio.
Una discreta luce nell’ambiente permetteva di non essere nell’oscurità e le permise di guardarsi e di rimanere stupefatta.

Non indossava più nulla dell’abbigliamento militare del giorno precedente o, comunque, del momento precedente allo svenimento, ad eccezione forse delle calze di spugna che aveva in dotazione.
Niente giubbino antiproiettile, niente zaino, niente pantaloni coi tasconi ma, soprattutto, notò proprio l’assenza di un abbigliamento nella parte inferiore del suo corpo.
Dopo essersi abituata un minuto a quella luce soffusa ed essersi osservata nei limiti del possibile, sobbalzò quando si vide riflessa in uno specchio posto proprio difronte a lei.
Non credeva alle coincidenze o al caso, sapeva che qualcuno le aveva lasciato uno specchio lì per un motivo.
Si guardò allo specchio, così seduta com’era con faccia sorpresa, incredula.
Il suo nuovo “abbigliamento” era veramente minimal…c’era quello che rimaneva della sua maglietta bianca che a stento le copriva il seno.
Le avevano tolto anche il suo reggiseno contenitivo a top e questo le aveva creato un sentimento di rabbia, essendosi sentita toccata, vista e subito chissà che cosa mentre lei non era cosciente.
Ma la vera rabbia e paura vennero fuori quando allo specchio riuscì ad inquadrare la parte di sotto del suo “abbigliamento”.
Portava solo una mutandina bianca del tipo quasi trasparente, che doveva essere almeno un paio di taglie più piccole della sua taglia (e non aveva di certo un culone). Quasi una misura da bambina/adolescente.
Quello che poteva sembrare un collare di cuoio completava gli accessori indossati della giornalista.

Si sentiva così costipata lì sotto, sentiva qualcosa che non andava, provava dolore.
Decise di scendere piano piano con la schiena e di allargare le gambe per vedere cosa non andava.
Non era sufficiente, così armeggiando con la schiena e con le gambe riuscì a girarsi completamente e trovarsi piegata a 90 gradi di spalle allo specchio.

Le mutandine che portava coprivano ben poco del sedere e notò da subito un piattello nero che fuoriusciva, che era ben visibile al di fuori degli slip.
Qualche bastardo le aveva messo un plugin anale durante il suo svenimento e questo creò paura in Sara, non sapendo se qualcuno fosse andato anche oltre e l’avesse violentata. Anche lì davanti, nella sua zona intima, sentiva una presenza estranea, un pizzicotto, ma le fu impossibile capire cosa fosse.
Anche muovendo le braccia a stento riusciva a sfiorare lo slip posteriormente, non poteva far nulla per liberarsi da quegli impedimenti ed imprecò.

Una lacrima le solcò il volto, ma almeno non era bendata, non era imbavagliata ed aveva le gambe libere. Subito pensò che forse l’avevano lasciata lì e, con un po’ di fortuna, sarebbe riuscita ad uscire da quella stanza e chiedere aiuto.

Nonostante un po’ di fatica e dolore dato da quell’oggetto piantato nel suo sedere, con qualche manovra riuscì a mettersi in piedi.
L’ambiente era umido e freddo, ma fortunatamente non era completamente scalza e dopo pochi metri trovò quello che sembrava un portone socchiuso.
Armeggiando un po’ con la schiena e con le mani riuscì ad aprire la porta; un corridoio spoglio con una serie di porte laterali si presentò davanti a lei.

Camminando lentamente ed attentamente provò ad aprire le varie porte tramite i pomelli. Le trovò tutte chiuse ad eccezione dell’ultima.
Non vedeva altre opportunità se non entrare in quell’ambiente, nel resto dello spazio osservato non aveva trovato un’anima viva.
La stanza che si presentava oltre la porta sembrava ancora più scura della stanza dove si era svegliata. Chiuse lentamente la porta ed andò alla ricerca di un interruttore o almeno un punto luce sforzandosi di guardare nella profondità dell’oscurità.

Superato un ingresso buio si trovò quello che poteva essere una sorta di ambiente aperto. La stanza principale si presentava spoglia, c’erano solo sedie,
tavoli e quelle che sembravano tubature dell’acqua mezze montate ed in bella vista. Una scala e diverse corde completavano l’ambiente.
C’era anche una vecchia sedia poltrona, del modello ancora presente in diverse attività di parrucchiere.

Camminando si trovò due porte davanti: la prima era completamente chiusa e, con le braccia bloccate, non pot&egrave far nulla per forzarla.
L’altra porta, più angolata, non sembrava chiusa, era aperta per cinque centimetri almeno. Tese l’orecchio ed un rumore di motore elettrico si sentiva in lontananza, accompagnato da quello che potevano essere di lamenti….di persone o animali era difficile dirlo.

Poteva tornare indietro o poteva provare a capire cosa ci fosse lì. L’istinto da reporter la spinse ad indagare, a capire se c’era qualcosa o qualcuno che potesse essere utile.
Con il piede destro riuscì ad allargare l’apertura della porta ed entrare. La stanza sembrava continuare in fondo a destra, almeno da lì notava le luci.
Arrivata alla svolta, Sara rimase inebetita difronte alla scena che trovò.

Piegata a novanta gradi c’era una donna con braccia e gambe bloccate su una sorta di cavalletto. Le braccia erano bloccate in apertura alare orizzontale su una tubatura leggermente rialzata. Le gambe aperte ed i piedi erano legati in tre punti ai poggiaterra di questo cavalletto. La donna era poggiata su una sezione di pelle che sorreggeva la sua pancia, lasciando il suo seno cascare al di fuori in bella mostra.
La donna portava praticamente due stracci di una divisa addosso nella parte superiore; nella parte inferiore era praticamente nuda.

Avvicinandosi con estrema lentezza, Sara capì i rumori di motore elettrico. In corrispondenza della parte posteriore della donna, c’era un apparecchio con due lunghe aste. Una puntava nel sedere della donna, l’altro nella sua vagina. Da quello che era possibile vedere erano due falli che riempivano gli orefizi
della donna vibrando e producendo un ronzio elettrico con un ritmo lento ma perpetuo.

I lamenti della donna fecero rinvenire Sara che era rimasta senza parole a quella vista. La donna era un continuo movimento..testa, seni, corpo, sedere, si muovevano come se presi da scosse e movimenti saettanti. Sara non riusciva a pensare cosa stesse provando quella donna con quegli aggeggi, ma ci impiegò diversi minuti prima di muoversi, restando a fissare la scena e vedendo i movimenti rotatori dell’attrezzo nella donna.

Il pavimento era tappezzato di cartoni e – proprio sotto la donna – le colorazioni del cartone presentavano diversi schizzi più scuri.
Gli attrezzi avevano sicuramente procurato un effetto sulla donna e Sara si sorprese di quanto il cartone fosse coperto di gocce e dispersioni scure là sotto.
Quella donna stava godendo in maniera massiccia colando umori e l’unica domanda di Sara, in cuor suo, fosse da quanto tempo la donna fosse in quello stato emotivo.

Sara ci mise poco a realizzare che la donna difronte a lei era la stessa che aveva visto prima di svenire, la donna seviziata da quell’uomo in vestito bianco.
Rabbrividì pensando che quella donna potesse essere così tormentata in maniera ininterrotta dalla precedente occasione.

Sarà cercò piano piano di farsi avanti, la stanza era vuota pertanto si avvicino alla donna ansimante, toccandole la testa con una leggera carezza.

La donna era così presa da quella situazione di stress e tormento che sobbalzò al tocco di Sara. I grossi boccoli castani quasi risaltarono in aria.
La testa, fino a quel momento abbassata, si alzò di scatto, quasi ferocemente verso Sara, nonostante fosse imbavagliata e non potesse urlare contro nessuno.

Continua… Un nuovo brivido colpì Sara. Conosceva quella donna, conosceva quel militare, conosceva il Maggiore donna Smith del battaglione alleato.
Quella donna le aveva anche erogato un corso di sicurezza qualche mese prima, ma soprattutto di quella donna e della sua squadra non si avevano più notizie da almeno due settimane. L’angoscia e la paura prevalsero nel viso di Sara, mentre cercò di accarezzare il volto della donna che – quasi per pudore – abbassò di nuovo lo sguardo, non mantenendo il contatto coi suo occhi.

Di quella donna così solare, battagliera ed energica non era rimasto che un cencio di donna imbavagliato ed incatenato, mosso solo da stimoli esterni piantati nei suoi orefizi.
Sara provò con le mani a togliere il bavaglio alla donna anche se non fu impresa semplice; dovette passarle davanti, mostrandole completamente il sedere ed avvicinandosi a lei nel tentativo di prendere il bavaglio. Più volte nella manovra il viso della donna colpì i glutei e l’arnese piantato in Sara, lasciando in Sara ambigue sensazioni.
Dopo diversi tentativi e tanta fatica, Sara riuscì finalmente ad abbassare il bavaglio della donna che scese sul collo.
“Pompino acqua, per piacere pompino acqua sete”. Frasi sconnesse uscirono dalla bocca della donna.

Quegli occhi così marroni in quell’aspetto così mediterraneo che avevano fatto crollare diversi uomini al solo sguardo per cotanta bellezza, avevano perso ogni forma di lucentezza e guardavano Sara con forma inespressiva.
Sara cercava di interpretare la richiesta della donna che continuava ad ansimare; avendola vista sempre in divisa e giubbino antiproiettili, non si era mai accorta di quanto fosse prosperoso e grosso il suo seno. I capezzoli sembravano spuntoni pronti ad esplodere in mezzo a grosse areole marroni.

Si girò cercando una fonte di acqua, non capendo cosa c’entrasse un pompino, ma probabilmente aveva frainteso dato lo stato della donna.
Nessun lavandino, nessuna pompa d’acqua, nessuna bottiglia sembravano essere presenti nelle vicinanze.

Sara era girata di spalle ed era così concentrata che sobbalzò quando nell’oscurità sentì pronunciare il suo nome. Mancò poco che finisse per terra con il cuore che pompava a tremila. Una luce si accese, rendendo l’ambiente meno spettrale. Visualizzò una donna affianco all’ingresso che passo passo si avvicinò a
lei con fare rilassato e sorridente.

“Ciao Sara, finalmente ti sei svegliata. Benvenuta nella tua nuova casa. Vedo che avete già fatto le presentazioni”.

La donna aveva il suo stesso accento e tratti molto simili a lei. Aveva profondi occhi azzurri e lunghissimi capelli rossi raccolti in una treccia che portava alle spalle. Una maglietta nera abbondantemente scollata metteva in mostra quelli che dovevano essere due bei seni, abbinata ad un pantalone
cachi strappato, che mostrava parti di nudità, con le tasche ed alcuni oggetti attaccati.
Le sembrava poco alta di lei; nel complesso una donna che non sarebbe passata inosservata.
In un altro contesto l’avrebbe scambiata per una moderna eroina dei fumetti o di film fantasy.

Sara rimane immobile a fissarla indecisa su cosa fare.
Fece un paio di passi indietro per rendersi meno visibile alla luce e, dopo un attimo di esitazione, pensò di girarsi per darsi alla fuga notando un’altra porta alla sua sinistra, in un ingresso che non aveva però ancora ispezionato. Era una mossa estrema.
Il tentativo si rivelò vano; un attimo dopo aver varcato l’ingresso buio si sentì schiantare letteralmente contro un muro umano cadendo rovinosamente per terra, senza un minimo appoggio. Un uomo era rimasto a spiarle per tutto il tempo in religioso silenzio a pochi metri di distanza.

L’omone la prese per i capelli e la riportò in piedi senza grossi complimenti. Sara senza l’uso delle braccia era caduta sulla spalla sinistra sentendo peraltro un forte dolore nella zona anale quando aveva battuto il sedere. Le mancava l’aria, non riusciva a tenere le gambe completamente chiuse e ferme.

Il tizio – un armadio color ebano con due spalle infinite che doveva essere alto almeno 1,90 m – le mollò una sculacciata sonora sulla chiappa destra spingendola e tirandole i capelli, avvicinandola verso la donna che intanto si era messa a sorridere.
Sara si sentiva un burattino in quella situazione e – dolore a parte – non pot&egrave far altro che camminare sentendo il sedere in fiamme.

“Buongiorno Sara, dormito bene? sono contenta di vederti” – riprovò la donna.
“L-l-lasciatemi stare….chi diavolo siete voi? Ehi tu non toccarmi i capelli” – partì in risposta Sara.
“Wow signorina, come siamo aggressive oggi…non ti hanno insegnato a presentarti in presenza di nuove persone?” rispose la donna e quasi in contemporanea l’uomo le lanciò un’altra sculacciata a centro sedere, premendole il plugin ancora più internamente, mentre Sara si piegava per il dolore lanciando un gridolino strozzato.

La donna si avvicinò fino a due passi da Sara, accarezzandole con il dorso di una mano il viso. “Liberale le mani” ordinò e l’uomo – un po’ grugnendo in segno di disapprovazione – iniziò a slegare i lacci che avevano menomato Sara sinora.
Sara ansimò e quasi iniziò un pianto liberatorio quando riprese possesso delle sue braccia. Rimane un minuto leggermente piegata a fare esercizio e riprendere confidenza coi movimenti; troppo tempo le braccia le erano rimaste bloccate e voleva ritornare padrona di se stessa.

Si sentiva un po’ meglio, ferita nell’orgoglio, trattata da bestia, era pronta nella sua azione, divaricando leggermente le gambe per essere più in posizione.
Si rimise in posizione eretta piano piano e – nell’istante in cui si trovò a guardare la donna – la sua mano partì lanciandole un sonoro ceffone in faccia.
Contestualmente si girò e sferrò una ginocchiata in mezzo alle gambe dell’uomo che vacillò immediatamente.

Entrambe le persone nella stanza erano cadute per terra e Sara capì subito che era il momento di scappare…ora o mai più. Iniziò a correre verso l’ingresso che aveva varcato inizialmente, un po’ menomata nella corsa dall’affare nel sedere, ma pronta a vendere cara la pelle.

Aveva percorso pochi metri quando una scarica elettrica piombò sulle sue parti intime quasi paralizzandola. Una seconda scarica la lasciò in ginocchio.
La terza scarica la lasciò per terra con le gambe aperte a boccheggiare ed ansimare ad alta voce.

Nel momento in cui aveva visto la donna scura in volto avvicinarsi con un telecomando in mano aveva capito cos’erano quei pizzicotti che aveva sentito nelle parti intime al risveglio. Non solo le avevano ficcato un plugin nel sedere, ma si erano anche divertiti ad inserirle degli elettrodi sulle grandi e piccole
labbra. La donna si avvicinò continuando a regolare il telecomando. Scariche in alternanza colpivano le intimità di Sara che era bloccata e non poteva far altro che contorcersi. Quello che inizialmente era stato dolore puro, ora iniziava a trasformarsi in ondate di calore, di gambe un po’ più aperte e di chiappe più strette nonostante l’arnese inserito.

La donna era abilissima nella sua azione e Sara iniziò ad ansimare più per il piacere che per il dolore, incapace anche di piegarsi per arrivare agli slip e porre fine all’agonia. La donna si avvicinò scura in volto, con un strano ghigno, e – mentre Sara si contorceva – lei approfittò per tirarle i capezzoli senza
la minima delicatezza con la mano libera dal telecomando.
Dopo alcuni minuti di scariche e con ormai Sara al limite dell’ennesimo orgasmo ricevuto, la donna diede tregua alla giovane giornalista distesa per terra.
La parte davanti della mutandine di Sara era un lago, una grossa chiazza era ben visibile su quel bianco trasparente.

La donna diede le spalle a Sara andando a sincerarsi delle condizioni dell’omone ora seduto per terra. Gli si avvicinò, l’accarezzò con fare quasi materno e poi allungò una mano sul pube dell’uomo. La mano giocò un pochetto con l’orlo dei pantaloni, prima di entrare negli slip dell’uomo e cominciare un sensuale massaggio.
Allentato il dolore, l’uomo si alzò andando a prendere dell’acqua che versò sul viso e sulle labbra del maggiore Smith ancora piegata, priva di forze.
Anche Sara nel frattempo aveva recuperato un minimo dai dolori e dagli orgasmi ripetuti, massaggiandosi la zona pubica ma incapace di rialzarsi.

Tornò a posare lo sguardo sul maggiore Smith; l’omone le aveva preso i capelli imponendole di alzare la testa e forzandola a praticarle un pompino.
Come un automa, la donna aveva aperto la bocca e preso il grosso arnese nero offerto dall’uomo.
L’uomo alternava il pompare la bocca della donna con lo strusciare il suo membro in mezzo ai grossi seni della donna.
Sara guardava l’uomo spingere la donna verso il suo membro ma, senza prestare attenzione, aveva preso a massaggiarsi la zona pubica con lo stesso ritmo con cui l’uomo pompava la bocca della donna, abbassando l’incedere del suo respiro. Sembrava ipnotizzata.

La donna con la treccia nel frattempo si era riavvicinata a Sara. “Tesoro mio, vedo che siamo partite con il piede sbagliato, ma penso che tra poco imparerai le buone maniere da schiava” e mollo’ un ceffone alla giornalista, rendendole il favore.
“Io comunque sono Miss Samantha e da oggi seguirai le mie istruzioni, ti addestrerò come si conviene.”
Sara sembrò barcollare ma non ebbe il tempo di reagire che la donna la prese per i capelli tirandola a carponi verso di se.
Al tentativo di reazione di Sara, la donna partì con una nuova scarica nelle parti intime di Sara, facendola nuovamente crollare.

Sara fu presa per il collare che indossava, come un cane, e tirata in direzione dell’omone che continuava a pompare il maggiore.
Per non essere trascinata, Sara dovette tenere il passo camminando a carponi con la donna.

Alla vista della giornalista, l’omone lasciò il maggiore e si diresse verso di lei, tirandole i capelli e spingendole la testa verso il pavimento.
Così piegata, con il sedere in alto, le blocco’ la vita con le sue gambe, portando le mani agli slip.
Un unico movimento coordinato delle mani fu sufficiente a strappare letteralmente il leggero tessuto delle mutandine di Sara.
Il sedere della giornalista sembrò esplodere per come era stato compresso in quegli slip così stringenti. Solo il rotondo piattello nero del plugin nella donna faceva capolino.
L’omone, con un cenno di sorriso, senza cambiare posizione, cominciò a sculacciare pesantemente Sara su entrambe le morbide e tonde chiappe.
In pochi minuti il sedere della donna era in fiamme, con Sara incapace del minimo movimento.

Alla fine l’uomo, soddisfatto del suo lavoro, si spostò da Sara, lasciandola per terra dolorante a soffrire con la passera che perdeva ancora umori per gli ultimi orgasmi ricevuti.

“Come ti senti Sara? Hai goduto abbastanza finora o vogliamo continuare? Ti sta piacendo vedere la nostra amica usata da Samir come ti piaceva ieri?” sentenziò la donna con un sorriso sulle labbra.
Sara sbigottita rispose “Ma di che costa parli? Liberate quella povera donna!”

Con atteggiamento scenografico, Miss Samantha tirò fuori dai tasconi un piccolo tablet porgendolo a Sara e premendo l’inizio di un video.
Il video riprendeva Sara che puntava il binocolo in direzione della telecamera, sul palazzo quindi, dal suo arrivo fino alla sua cattura.
Per tutto il tempo era stata filmata, avevano saputo che era lì fin dall’inizio.
Ma soprattutto per tutto il tempo avevano visto la sua reazione alla violenza sul maggiore Smith. Più volte aveva cambiato posizione, più volte la si era vista fissa a guardare un punto e Sara era rimasta scioccata vedendosi addirittura toccare le parti intime mentre era lì nascosta.
Il suo viso diventò subito paonazzo facendo quasi cadere il tablet per terra.

“Ci siamo accorti della tua presenza ed abbiamo voluto regalarti uno spettacolino…ma non ci aspettavamo che avresti così gradito. Il Padrone ringrazia.”
continuò Miss Samantha. “Appena sarai pronta, non vedrà l’ora di fare la tua conoscenza e testarti di persona. Il maggiore Smith &egrave stata ormai usata abbastanza, serve carne fresca”.

A queste parole Sara rabbrividì e si rannicchiò involontariamente quasi a coprirsi, mantenere vicino la sua dignità di donna e non di pezzo di carne da usare.

“Il maggiore Smith sarà qui in questo periodo per insegnarti tutto quello che ha imparato su come essere schiava ed accontentare il suo padrone, rendendogli
riconoscenza per il trattamento e le attenzioni ricevute” proseguì indicando la donna a pecora ormai senza forze.

Samir, che ne frattempo aveva liberato il maggiore Smith da quegli attrezzi infernali, quasi a voler dar prova delle qualità della donna, si avvicinò a lei prima accarezzandole le natiche, poi strusciandosi a lei e poi inculandola con un colpo secco. Ormai la donna era così aperta che il suo orefizio anale non
mostrò la minima resistenza accogliendo il pur possente membro nero nelle sue pareti.

L’uomo alzò il ritmo sin da subito ripetendo impalate lente ma profonde ma con ritmo regolare. La donna ormai aveva imparato a non urlare più da tempo, ormai ansimava solo in quei momenti in cui era ancora capace di provare piacere dopo ripetuti e ripetuti orgasmi quotidiani. L’uomo nel suo agire sicuro, sgrillettava anche la vagina della donna che di tanto in tanto stringeva ancora di più le chiappe sull’arnese dell’uomo.

L’uomo – vicino all’orgasmo – dopo l’ennesima pompata – si staccò dalla donna avvicinandosi a Sara.
“Apri bocca” disse e Sara – di rimando – quasi si allontanò di lì. Fu fermata da Miss Samantha che la prese per i capelli, bloccandola e mettendosi alle sue spalle, puntandole la sua faccia verso il grosso membro dell’uomo.
Dopo altre due smanettate, l’uomo esplose in una fragorosa eiaculata andando ad inondare il volto di Sara che urlò di stupore per il momento così inatteso.
Un bagno di seme inondò la giornalista, che fu colpita al volto, sugli occhi, sul petto, con parte dello sperma che le finì anche in bocca.

Sara non era un amante dell’ingoio, ma le era capitato di dover ingoiare parzialmente il seme di un uomo, specie in eiaculazioni troppo improvvise. Ma mai si era
trovata davanti ad una gettata tanto potente e copiosa che le aveva fatto il bagno.
Miss Samantha si staccò da Sara, ormai era inondata di sperma, ammonendola in malo modo dallo sputare per terra, ed afferrò decisa il membro di Samir,
ciucciandolo e pulendolo per bene, lavorando con precisione e quasi adorazione verso quel membro.
Sara invece si ritrovò a prendere fiato e a rendersi conto della sua situazione. Non aveva fazzoletti, non aveva nulla con cui pulirsi se non leccare o asciugarsi alla maglietta. Cercò di inghittiore il meno possibile e cercò di resistere allo sputare per terra; temeva altre punizioni da parte della donna.

Con quello che restava della maglietta, ed ormai avendo perso parte del pudore, sollevò la parte di tessuto cercando di pulirsi alla meno peggio e lasciando in bella mostra i rotondi seni con i capezzoli color rosa che svettavano verso l’alto.

Samir e Miss Samantha si alzarono e slegarono la ormai quasi svenuta donna dal cavalletto poggiandola per terra e legandole entrambe le mani.
Anche a Sara fu riservato lo stesso trattamento. Presa per i capelli, ancora con diverso sperma in faccia ed addosso, con la maglietta ancora tutta sollevata, fu portata sull’altra parete e legata con le mani alla tubatura lì presente.

Entrambe le donne furono lasciate al buio con i due seviziatori che lasciarono la stanza alle loro spalle.

continua… Un silenzio irreale ed una tensione tangibile erano presenti nella stanza.

Sara praticamente smise di respirare alla visione di quelle persone; il suo incubo era diventato reale, gli aguzzini erano di nuovo lì, ancora più numerosi e lei era nuda ed indifesa e nel panico più totale.
Al diavolo i corsi sullo stress, sulla sopravvivenza e sulla gestione delle emozioni in casi estremi.
Non aveva emozioni al plurare da gestire; Sara sentiva solo una cosa in quel momento ed era paura più totale.

L’ironia sembrò fuori luogo, ma non pot&egrave fare a meno di fissare il maggiore Smith, Meg, colei che era stata l’istruttrice in alcuni di quei corsi, colei che leaveva insegnato a tener duro, a gestirsi e non farsi sopraffare e che ora invece sembrava fosse diventata l’ultima delle puttane da accampamento in guerra, pronta ad offrire tutti gli orefizi su richiesta.

Miss Samantha faceva strada davanti ai quattro uomini che la seguivano in religioso silenzio.

Solo Samir si sganciò subito, puntando verso il Maggior Smith con una bottiglia d’acqua. La fece bere, le sciacquò la faccia, la mise con la spalla dritta versa il muro e le ficcò il cazzo in bocca.
Il maggiore iniziò ad insalivare l’arnese per bene senza poter usare le mani ancora bloccate. Continue grosse succhiate, prima di avere la possibilità di respirare. A volte Samir arrivava al limite, portandola quasi ad avere i conati di vomito e rilasciare grosse dosi di saliva per terra. In quei momenti di respiro, portava l’arnese dalla bocca del Maggiore fin in mezzo alle sue grosse tette, regalandosi favolose spagnolette.
Dopo qualche minuto di fervente movimento, l’omone finalmente scaricò tutto il suo seme in faccia alla donna che iniziò a leccare e leccarsi per pulire il tutto.
Era diventato palese che il Maggiore Smith fosse ormai la schiava personale di Samir.

Finito lo spettacolo, gli altri puntarono verso Sara e si avvicinarono a lei fino a che non furono a circa mezzo metro di distanza.
“Lei &egrave quella nuova, quella beccata a masturbarsi mentre il Padrone giocava con quest’altra schiava. Se era fradicia solo guardando, figuriamoci quanto sarà fradicia e zoccola quando toccherà a lei” esordì la donna. E giù di risate fragorose.
Il viso di Sara già rigato da lacrime diventò totalmente paonazzo e non riuscì a mantenere lo sguardo degli uomini. L’umiliazione regnò sovrana.

Miss Samantha prese Sara dal collare e la esortò ad alzarsi. La giornalista faticò non poco ad alzarsi, contratta ancora nei movimenti e limitata dal plugin nel culo. Un fischio di approvazione si alzò quando Sara fu finalmente in piedi e Miss Samantha le fece fare un giro completo su se stessa tenendola a guinzagli corto.
Miss Samantha scollegò il collare dalla catena, slegando le mani di Sara che fu libera da tutti gli impedimenti.
“Vai Sara scappa, aggrediscimi, picchia questi uomini” intimò la Mistress strattonando più volte la giornalista.
Non vedendola muoversi, Miss Samantha la scaraventò contro gli uomini.

I tre uomini erano tutti di un’altezza superiore a 1,90 m e particolarmente massicci. Tutti stampo militare.
Ion aveva chiare origini caucasiche, capelli a spazzola biondi ed occhi chiari. Diverse cicatrici erano evidenti sul suo viso.
Dan, un filo più basso, moro, era certamente più robusto di Ion e, con quel mascellone, poteva fare il verso a diversi attori americani.
DaMarcus era di poco il più alto ma anche il più massiccio…un altro armadio d’ebano, figlio dell’Africa, in grado di far sembrare non così prestante anche il gigante Samir alle loro spalle.

Sara si ritrovò in mezzo ai tre energumeni che si chiusero in cerchio prendendosi gioco di lei spingendola e toccandola dappertutto e strappandole quel rimasuglio di maglietta che aveva addosso. La sua bella terza di seno fu ben gradita dagli uomini che si alternarono a succhiarle con dovizia i piccoli capezzoli via via sempre più appuntiti color rosa e passarle le dita nella vagina o muovendole il plugin nel culo come fosse una coda.
A turno venne passata dai tre uomini che se la misero davanti e si strusciarono su di lei personalmente, bloccandole gli arti e facendole muovere solo il busto in maniera circolare o avanti ed indietro, mimando l’atto sessuale.
Ogni volta Sara sentiva i membri di ciascuno crescere di volume, ma anche la sua vagina crescere di lubrificazione. Lo sbattimento del plugin nelle sue pareti interne le dava emozioni contrastanti….ancora dolore da un lato, ma iniziò a notare
anche un certo calore. Sara era in confusione.

Samir intanto aveva liberato il maggiore Smith; al suo segno lui trascinò il maggiore e DaMarcus sollevò di peso, a mo di sacco, la povera Sara, incamminandosi verso una direzione ignota per la giornalista.
A nulla valsero le urla e gli strattoni di Sara che sembrava essere in una morsa umana. Il suo dimenarsi era solo motivo di eccitazione per i militari che, camminando, si alternarono a sculacciare e stuzzicare il suo povero sedere che ben presto diventò rosso.
Visto che la giornalista non si calmava, Miss Samantha fece fermare il gruppo piantandosi davanti al sedere della donna.
Gli altri due uomini presero le braccia della giornalista per tenerla ferma. DaMarcus le aprì le gambe, mentre la teneva a tracolla, saldando la posizione.
Miss Samantha cominciò ad accarezzarle gli interni coscia, accarezzando i glutei ancora caldi dopo le recenti sculacciate.
Con movimenti circolari iniziò a passarle un dito nella vagina, con movimenti così sapienti che iniziarono a far contrarre la povera Sara che non riusciva a calmare il suo corpo. Piccole e grandi labbra ebbero la loro dose di attenzioni dall’espertissima mistress.
Parallelamente l’altra mano iniziò ad armeggiare con il dildo piantato nel culo. Movimenti lenti, circolari, pian piano Miss Samantha tirava verso di se per farlo uscire fuori.
Sara iniziò a supplicare la donna di fermarsi, che sarebbe stata buona e ferma, ma fu troppo tardi.

Miss Samantha non badò ai lamenti e completò l’opera con un altro po’ di stimolazione e sapienti movimenti.
Tra le urla della giornalista, inconsciamente aggrapatasi a tutta forza al grosso corpo di DaMarcus, il dildo si stappò dal culo con un acuto vocale di Sara e, nonostante il dolore, uno schizzo di umori quasi colpì Miss Samantha che progredì in una fragorosa risata.
Sopraffatta dalla situazione, Sara ebbe quasi un mancamento e si lasciò svenire sul corpo dell’omone, sembrando un sacco a spalla a tutti gli effetti.

Il gruppo proseguì nel suo viaggio verso la prossima stanza…

Continua….

Un getto d’acqua fredda la colpì come un cazzotto in pieno viso.
Sara sobbalzò al contatto con l’acqua gelida, prendendo un respiro profondo, traendo i muscoli, come se fosse emersa da sott’acqua.

Le sveglie improvvise e scomode cominciavano ad essere un’abitudine. Per la seconda volta in pochi giorni Sara aveva subito gli eventi, crollando e svenendo in situazioni a forte componente adrenalinica o di sorpresa.

Provò a parlare ma qualcosa, un oggetto a forma sferica morbido, le era stato inserito in bocca e legato intorno alla testa. Sentì se stessa farfugliare mentre tentava di urlare.
Di nuovo, si trovò con braccia e gambe bloccate. Di nuovo, non era padrona di se stessa e dei suoi movimenti. Di nuovo, era vittima della paura più profonda.

Muovendo i glutei e la schiena, si sentì di essere su una poltrona o comunque qualcosa di foderato, non una sedia.
La schiena non era dritta, ma sprofondava nel giaciglio.
Le braccia erano bloccate in alto dietro la sua testa a livello di gomiti e polsi. Qualcosa oltre la sua visuale le teneva fermi gli arti superiori.
Provò a muovere le gambe, ricevendo come risposta solo rumore e dolore. Aveva le cosce spalancate e poggiate sui braccioli di questa poltrona.
Le gambe erano aperte in maniera fissa, legate ad altezza ginocchio e caviglia su ambo i lati.
Era esposta alla visione di tutti; un brivido interminabile le attraversò il corpo.

Ricordò di aver visto una sediapoltrona da parrucchiere al primo risveglio, prima che tutto avesse inizio. Si maledì a sentirsi ora proprio su quella poltrona.

Riprovò ad urlare cercando di guardare a destra e sinistra, ma anchè qui notò un blocco. Il poggiatesta era fatto in modo da tenerle la testa dritta con la visione solo frontale. Imprecò, rabbia e paura diventarono sempre più lampanti. Il suo corpò iniziò a tremare sempre con maggiore frequenza.

Un altro schizzo d’acqua ghiacciato, da direzione laterale, le bagnò il viso facendola sobbalzare nuovamente.
Dopo pochi istanti, la figura di una Miss Samantha sorridente entrò nella sua visuale.
Portava sempre gli stessi pantaloni cachi, ma la maglietta era ancora più sbottonata.
Non era solo una sensazione di Sara, ma nel locale ora faceva molto caldo. Miss Samantha era sudata, il top ancora più aperto, rendendo quasi del tutto visibile il generoso seno bianco.
Giusto la parte laterale del top bloccava, seppur momentaneamente, la completa esplosione di tanta grazia all’esterno.

Affianco alla donna ricomparve quello che era stato chiamato DaMarcus, l’omone più grosso di tutti, anche lui così sorridente.
Sara iniziava a perdere il conto di giorni e ore…non sapeva più se le “presentazioni” erano avvenute il giorno prima o solo poche ore prime.
La stanchezza, l’adrenalina e l’assenza di riposo le stavano procurando brutti scherzi ormai.

I due soggetti si misero davanti a Sara ammirandone le grazie totalmente esposte. Un impeto di vergogna colpì Sara che diventò di nuovo paonazza.
Soprattutto l’uomo dedicò tutta la sua attenzione alla fighetta depilata, con quelle labbra così delicate e schiuse.
Si inginocchiò lentamente per vedere meglio, mandando Sara in escandescenza, incapace di sottrarsi a quella “ispezione”. L’uomo sembrò soddisfatto.

Miss Samantha riprese la pompa da terra e lanciò altri due – tre schizzi d’acqua su Sara. Il primo, abbondante, colpì il petto di Sara, facendole diventare i capezzoli durissimi all’istante. Gli altri due getti furono più mirati verso la vagina.
Uno repentino, un’autentica pugnalata nelle intimità di Sara, l’altro invece più prolungato, proprio come se fosse un lavaggio.

L’acqua ghiacciata aveva contratto al massimo le gambe di Sara che iniziò ad ipersalivare e perdere saliva dalla bocca nel tentativo di urlare per tale violenza.
I due lì in piedi non fecero una piega. Miss Samantha ruppe il ghiaccio dicendo all’omone “DaMarcus, vedi se la schiava è di tuo gradimento.”

Sara spalancò gli occhi, non voleva essere toccata da quell’uomo. Un farfuglio continuo uscì dalla tua bocca.
L’uomo incurante non si fece ripetere due volte l’ordine. Si avvicinò alle gambe legate della giornalista, inginocchiandosi e restando a dieci centimetri da quella vagina così curata.
Sara riusciva a sentire il respiro dell’uomo sulle sue parti intime, ma non riusciva a vederlo avendo il collo bloccato. S’irrigidì.

L’uomo aveva due enormi mani calde che riempirono buona parte degli interni coscia della giornalista, stuzzicandola ed accarezzandola, restando sempre nella parte
superiore delle gambe. Con una mano si dedicò anche ai capezzoli che, causa acqua ghiacciata, erano dei piccoli bulloni, spremendoli tra due dita e poi passandoci sopra
la mano per strofinarli.
L’uomo pose nuovamente le mani sugli interni coscia tirando fuori la lingua e dando una prima lappata piena nelle grandi labbra di Sara per poi ritrarsi.
Una scarica di adrenalina colpì la giornalista che si sentì violata totalmente, una bambola di pezza immobilizzata.
L’uomo riprese a leccare la vagina di Sara. Cominciò così un turbinio di lunghe, lente e profonde lappate nelle grandi labbra…scariche per il cervello di Sara che iniziò a piangere ma sollevò leggermente il sedere.
L’uomo intuì il movimento e fece presa su ogni coscia per tentare di aprire ancora di più il tesoro della giornalista.
Prese a leccare lungo il contorno esterno delle grandi labbra, con precisione e dovizia, salendo poi lentamente su verso il clitoride.
Sara cercò di restare lucida e mantenere il controllo, ma era difficile. Era un bel periodo ormai che non subiva quei genere di “trattamenti” nelle sue grazie e lei era stata sempre estremamente sensibile e coinvolta, ma anche estremamente grata, ogniqualvolta un uomo le aveva dedicata quelle attenzioni.
E quell’omone gigantesco ci sapeva fare, sapeva toccare i suoi punti deboli e minare la sua stabilità emotiva.

L’uomo iniziò a tintillare il clitoride con la punta della lingua, prima lentamente, poi via via più velocemente.
Ogni reazione di Sara veniva ripagata con una nuova leccata. Sara era al limite; nonostante la situazione di prigionia stava godendo. Pesanti impulsi partivano dalle sue parti intime salendo fino su al cervello.
L’uomo continuò imperterrito iniziando a succhiare il clitoride per alcuni secondi creando spasmi in Sara.
Nel frattempo Miss Samantha prese a giocare con i capezzoli della giornalista, mettendosi alle sue spalle ed appoggiando il suo decoltè sulla sedia.
Essendosi esposta molto in avanti, anche i seni di Miss Samantha strabordarono, mettendo in risalto due grossissimi capezzoli chiari, duri e grossi come bulloni.
Miss Samantha staccò la palla di gomma dalla bocca di Sara che cominciò ad urlare come un ossessa, spuntando saliva a raffica.
La donna tirò fuori dal tascone un plugin nero di una decina di centimetri, non molto grosso, che cominciò ad insalivare con la saliva di Sara che abbondava vicino la sua bocca.
Tenne ferma la mascella della giornalista, infilandole in bocca il plug per una maggiore salivazione e per mimare un pompino.

La donna passò l’oggetto insalivato e viscido nelle mani dell’omone che riprese a lappare le grandi labbra di Sara, scendendo nella zona perineale ed iniziando
a giocare con la lingua con le rosellina del sedere della giovane giornalista. Sara aveva smesso di urlare e piangere, ormai era un continuo ansimare e tremare, era in preda di un fortissimo orgasmo in posizione di totale immobilità.
L’uomo aveva il viso completamente bagnato degli umori della donna ma non si fermò. Prese il plugin e cominciò a strusciarlo tra le grandi labbra della donna, avendo come risultato un oggetto completamente viscido e lubrificato.

Mentre riprese a succhiare il clitoride, iniziò a giocare col sedere della donna, inserendole e togliendole pian piano il plugin.
Sara urlò di fermarsi con quell’oggetto, di non farlo, che avrebbe smesso di urlare e protestare.
L’uomo alzò la testa per guardarla, le sorrise, le mollò due schiaffoni sui glutei che pian piano erano scivolati sulla sedia, venendo in evidenza, e poi le infilò con decisione il plugin su per lo sfintere provocandole un vuoto d’aria.
Il plugin entrò intero senza eccessiva difficoltà, considerato quant’era stato lubrificato e considerato che ormai Sara non era più vergine analmente.

Il plugin aveva provocato un nuovo stimolo in Sara con l’uomo che le dava colpetti sull’oggetto per farlo sentire internamente.
Un ultima succhiata del clitoride fu sufficiente per far vedere a Sara di nuovo il paradiso, esplodendo in un secondo orgasmo tremendo nel giro di pochi minuti.

L’uomo si rialzò soddisfatto, succhiando i capezzoli di Sara e poi passandole la lingua in bocca contro il suo volere.
Sara sentì il sapore aspro dei suoi umori con quella lingua indiavolata che le aveva fatto perdere il controllo, friggendole il cervello.

Dopo pochi minuti, Miss Samantha prese il posto dell’uomo tirando dal tascone un altro oggetto, una pompetta che andò a collegare al plugin inserito nello sfintere di Sara.
Pian piano iniziò a pompare, piccole pompate leggere ma pur sempre ritmate. Sara drizzò pure le dita dei piedi, una delle poche cose ancora libere e si lasciò andare urlando “Oh no no no no…basta basta….così mi apriiii” con occhi sgranati.

Miss Samantha non fece caso alle parole della donna e continuò a pompare per qualche altro interminabile secondo.
Sara era scesa un altro po’ con il bacino, con le braccia completamente serrate in alto, per contrastare la costipazione che sentiva nel sedere e nell’intestino.
Un qualcosa di molto grosso era al suo interno, una sensazione nuova ed improvvisa per Sara.
Una situazione fastidiosa ma che – in qualche modo – le creò anche un sottile senso di scarica elettrica d’eccitazione che, parallelamente ad una nuova stimolazione del clitoride da parte di Miss Samantha, sfociò in un terzo e tremendo orgasmo riducendo la giornalista in una situazione di sfinimento ed incapacità a parlare.
L’unico verso nella stanza era il suo forte ansimare ininterrotto, quasi come una cantilena.
Sara fu lasciata in quella posizione bizzarra ed oscenamente esposta dalle due persone che si andarono ad accomodare su un divano distante, tenendo comunque la giornalista sott’occhio.

La mano di Miss Samantha scivolò subito nei pantaloni dell’omone tirando fuori un pene di notevolissime dimensioni, forse non largo e grosso come quello di Samir, ma sicuramente più lungo.
La donna cominciò a leccare la cappella e fare su e giù con la testa voracemente, come un’assatanata.
L’uomo con una mano cominciò a strizzare i grossi seni della donna, mentre l’altra l’infilò nei pantaloni tentando un ditalino.
La donna non si staccava da quell’enorme palo, insalivandolo e succhiandolo senza sosta. Dopo alcuni minuti di autentica furia, l’uomo prese per i capelli la donna e la mise faccia sul divano, abbassandole con una sola mano i pantaloni già sbottonati.
Miss Samantha non portava biancheria.

Messa la donna a pecorina, l’uomo puntò direttamente la grossa cappella sul suo sfintere, dopo aver lubrificato l’entrata con un po’ di umori della donna, già completamente bagnata.
L’uomo cominciò a pomparla come un animale senza sosta, alternando grosse impalate a forti sculacciate.
La donna non fece una piega ed anzi spalancò ancora di più le gambe per sentire i colpi affondare con ancora più enfasi.

Lo spettacolo animalesco andò avanti per alcuni intensissimi minuti; l’uomo esausto eiaculò in maniera fragorosa, tenendo il suo arnese ben piantato nel suo culo negli ultimi istanti, quasi a voler sigillare quell’unione.
L’uomo si staccò dalla donna, il cui sfintere risultò oscenamente aperto colando tutto il seme, regalo dell’uomo.

Dopo aver grugnito ed essersi lasciato andare soddisfatto della prestazione, l’uomo concluse con un lapidario “adesso voglio lei”.

Continua…

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I due aguzzini riposavano ormai da qualche ora sul divano, dopo essersi accoppiati come animali ed aver martoriato la povera giornalista.
Sara era rimasta in uno stato di semi incoscienza dovuto alla serie di orgasmi fortissimi che le aveva eliminato tutte le forze e le resistenze.
Si sentiva stanca, si sentiva sporca, lo stato di confusione era diventato parte di lei. Ma soprattutto si sentiva oscenamente aperta e violata, sopraffatta.

Le sue labbra erano diventate iper screpolate e secche, non mangiava e non beveva da tempo indefinito, aveva perso la cognizione del tempo, non avendo seguito il numero di albe e tramonti.
Forse un giorno, forse due, forse una settimana…ormai per lei il tempo era diventato un concetto relativo.
Non voleva dare ragione al Maggiore Smith, era ancora convinta che fossero tutti a cercarla. Sarebbe stata questione di tempo prima di essere liberata e gli aguzzini consegnati alla corte marziale del loro paese, qualunque esso fosse.

Sara aprì e mosse le labbra quasi a voler parlare. Un filo di fiato sfiorò le sue labbra senza far rumore. Riprovò. “acchhhh”, “acqhhhhhhh”.
Cercò di mettersi un pochino in posizione più dritta, sebbene fosse totalmente legata a quella poltrona da torture. Mosse il bacino e fu sufficiente per ricordarsi quanto il suo sedere fosse stato violato e non fosse libero di muoversi causa dolore ad ogni movimento.
“Acquuhhhaaa” “Acquaaaa” “Acquuaaaaaa”. Con l’ultimo tentativo pensò di essere stata abbastanza chiara e di aver parlato abbastanza forte. Aveva sete, si sentiva spossata e disidratata. Urlò un’ultima volta con tutto il fiato in corpo.

Sentì un rumore, forse quegli stronzi l’avevano sentita. DaMarcus, l’omone nero, si destò dal suo momento di siesta addrizzando la schiena sul divano.
Miss Samantha dormiva ancora mezza nuda su di se. Comicamente le sue mani abbracciavano il suo grosso e lungo arnese che causa calore e respiro caldo della donna era ritornato duro. Spostò la donna, si alzò stiracchiandosi e guardò verso la giornalista.

Si mise gli scarponi, anche se era nudo dalla cintola in giù. Si avvicinò verso la donna col suo passo così altezzoso e fermo.
“Cazzo vuoi schiava!” urlò guardandola con uno sguardo poco collaborativo. “Acqua per piacere, ho sete” pronunciò a bassa voce lei.

DaMarcus si allontanò per alcuni secondi, tornando poco dopo con la pompa che avevano usato precedentemente per farla svegliare.
“Apri la bocca schiava” disse e la giornalista seguì la sua richiesta.
“Tira fuori la lingua adesso” e Sara seguì quanto detto facendosi forza.
L’omone aprì l’acqua ed un getto d’acqua, stavolta tiepida, colpì la donna bagnandola in viso, spostandosi poi su seno e ventre.
Era stato meno fastidioso dell’acqua ghiacciata precedente, ma fu comunque un sussulto per la sua posizione di torpore.
Sara si leccò le labbra per catturare quelle gocce, così insufficienti, che le erano arrivate sul viso.

L’omone puntò la pompa sul suo grosso membro, completamente in tiro, e si gettò un abbondante getto d’acqua, lavandosi e massaggiandosi i suoi gioielli.
“Vuoi bere schiava? allora succhia” intimò l’uomo avvicinandosi di molto alla donna immobilizzata.

Continuava a smanettarsi il cazzo guardando Sara ed appoggiando l’arnese quasi sulla sua pelle. “Vuoi succhiare vero?”

Non completò la frase che si sentì una mano sulla spalla. Miss Samantha si era svegliata, anch’ella nuda, con uno sguardo tutt’altro che tenero.
Sara guardò schifata l’uomo e spaventata la donna, non aveva la minima idea di farsi ritoccare o prendere quel coso in bocca.
“Vedila com’è schifata poveretta, non ha davvero sete” disse la donna appena sveglia.
Sara dovette riconoscere che Samantha era una donna magnifica. Non truccata, appena sveglia, completamente spettinata e maltrattata dall’omone, ma Miss Samantha, anche così, sarebbe stato il sogno erotico e selvaggio di qualsiasi uomo, con quella pancia piatta, quella pelle liscia e quei due grossi seni completati da grossi capezzoli chiari.

La donna toccò il membro dell’uomo e si abbassò per baciargli leggermente la cappella “Schiava sei sicura di no?”
Sara fece un segno impercettibile di diniego con la testa, ficcandosi ancora di più nella poltrona, atterrita e schifata.

“Va bene, allora volevi solo farci perdere tempo.”. La donna si avvicinò, sgonfiò la pompetta, e senza grossi complimenti cominciò a tirare dal culo di Sara il grosso plugin. Dopo alcuni tentativi e tanta ribellione da parte della giornalista, il grosso affare venne fuori, non proprio nelle condizioni di base, ma
più grosso. Lacrime scendevano dalle guance di Sara, nuovamente violata.
La donna tornò verso il divano prendendo un tubetto. Si avvicinò di nuovo alla donna passandole una crema sullo sfintere in fiamme, facendole poi un massaggio intensivo anche nelle sue parti intime.
Nella mano aveva anche un vibratore rotante, di quelli che girano in orizzontale, lasciando l’asta ferma.
Si piegò e riuscì ad incastrare il vibratore in uno scompartimento della poltrona, in maniera tale che fosse ben fermo e puntato ad altezza parti intime della giornalista. Azionò il vibratore e si alzò.

Sara da subito iniziò a muoversi. Il calore di quella pomata, unita a quella improvvisa vibrazione le diede nuove energie ed iniziò a tremare.
Miss Samantha guardò la donna e disse “Evidentemente non serviamo qui…se cambi idea chiamaci” prendendo l’uomo per il suo arnese dritto ed uscendo dalla visuale della giornalista.

Sara iniziò a contorcersi, andando in panico per la situazione, perchè era sola e non poteva far nulla. Iniziava a sentire caldo, molto caldo, iniziava a sentire i capezzoli indurirsi, i glutei stringersi e quasi prendere aria dato lo sfintere lasciato aperto.
Non voleva ricadere in una serie di orgasmi, ma era la vittima di una macchina infernale.
Non sapeva quanti minuti erano passati, forse dieci, forse mezzora, ma iniziò a stringere i denti perchè ondate di calore arrivavano al cervello, con le ginocchia che si sarebbero piegate per fermare l’orgasmo se avessero potuto. Provò a spostare il bacino, ma ebbe come risultato il vibratore che si poggiò in maniera fissa sul clitoride facendola gridare. Era un moto perpetuo, infinito.

Le dita di mani e piedi si aprivano e chiudevano sotto tensione, iniziò a mordersi le labbra, quella pomata le aveva infiammato tutta la vagina rendendo tutte le pareti ancora più sensibili, aumentando il godimento.

Iniziò a piangere con continui spasmi urlando “bastaaaa bastaaaaa ahhhhhhhhh” ed ansimando a dismisura.
Aveva bisogno di acqua fredda e subito, di refrigerarsi e stemperarsi, sentiva che il cervello la stava abbandonando.
Fanculo! Poteva resistere facendo un pompino ma non poteva perdere la sua sanità mentale.

Miss Samantha sembrava averla sentita, tornando con un’aria divertita “Ciao tesoro, hai detto qualcosa? Stai bene, ti vedo accaldata” le chiese con il più falso dei sorrisi che potè mostrale.
“Acqua per piacere, acqua fredda” chiese la giornalista.
“Devo far tornare DaMarcus cara?” e Sara fece si con la testa iniziando a perdere lacrime.
La donna si abbassò per spegnere il vibratore.

L’omone si riavvicinò, anch’egli sorridente, con la sua pompa d’acqua.
“Cosa devi dire a DaMarcus?” chiese la donna
“Acqua per piacere…per piacere..”
“E poi?” continuò la mistress.
“Va bene, ti farò un pompino, ma dammi l’acqua”.

La donna si avvicinò a Sara bisbigliandole qualcosa nell’orecchio. Sara la guardò con occhi spalancati, dicendo di no.
La donna si abbassò minacciando di riaccendere quell’aggeggio infernale e Sara sembrò cambiare idea.
“Va bene…farò quello che volete, ti spompinerò quel cazzo nero fino a quando non mi inonderai di sborra….ti prego”.

Quelle parole uscirono dal corpo di Sara così violente; Sara non pensava sarebbe riuscite a dirle ma era arrivata al limite e si piegò ai suggerimenti della donna.

Il sorriso di DaMarcus diventò enorme; si avvicinò alla giornalista per sbloccarle quei blocchi che le tenevano fermi il collo, togliendo anche il poggiatesta, ma Sara sussultò comunque per la paura. L’uomo regolò la pompa e la aprì adagio, puntando la bocca di Sara.
La ragazza iniziò ad abbeverarsi, seppur in posizione abbastanza scomoda, leccando da quel gettito d’acqua, come fosse un cane.
L’uomo si avvicinò, quasi in un momento di pietà, regolando meglio posizione e gettito in modo da essere più vicino e farla dissetare meglio.
Dopo una bevuta che sembrò infinita, Sara scosse la testa per dire che aveva bevuto abbastanza.

L’uomo lasciò la pompa ed iniziò a smanettarsi l’arnese.
Salì su un piccolo scalino attaccato alla sinistra della poltrona, trovandosi col suo arnese ad altezza della faccia di Sara.
La donna chiuse gli occhi, ricevendo in tutta risposta uno schiaffo da DaMarcus.
L’uomo le passò le dita nei capelli, bloccando poi la presa sul cuoio capelluto ed iniziando a muovere la testa di Sara a suo piacimento.
L’uomo intimò alla ragazza di guardarlo negli occhi e prenderlo in bocca, come le aveva promesso.

“Forza puttana, da una schiava giovane come te mi aspetto molto. Succhia piano e succhia bene, prima la cappella, poi di lingua e poi tutto in bocca.”
Sara si sentì portare con la testa sempre più vicino a quell’enorme arnese; dopo un nuovo sonoro schiaffo, fece le sue preghiere ed aprì la bocca.
L’uomo le entrò piano in bocca, poggiando solo la cappella. Era enorme, Sara non aveva mai preso una cosa del genere in bocca.
Era stata sempre un’amante del sesso orale, fatto e ricevuto, ma sebbene non fosse mai stata con sottodotati o sfigati, quella cosa era gigantesca, di marmo, nodoso, era come dover gestire un tronco.
L’uomo cominciò ad usare Sara come un oggetto…la sua testa andava avanti ed indietro, gli schiaffi le ricordavano quando aprire di più la bocca o guardarlo negli occhi.

Sara era riuscita a prendere in bocca solo metà di quell’arnese, iniziando già a salivare. Non avendo la possibilità di dare il ritmo e poter usare le mani, era in balia dell’uomo che – di tanto in tanto – le faceva mancare il respiro.
L’uomo iniziò ad andare in fondo alla gola col suo cazzo, rendendo Sara paonazza in volto, pronta a vomitare.
Uno, due, cinque volte, quando finalmente tirò fuori l’asta per farla respirare.

Sara prese un grosso respiro ma rivide quel torno tornare verso di lei. Ora andava meno in profondità, ma era più rapido e lei iniziò a sbavare ma, inconsciamente, iniziava anche ad eccitarsi. Quella cosa dura in bocca la stimolava, dovette ammettere.
Purtroppo per lei, sembrò accorgersene anche Miss Samantha che scese verso le sue intimità iniziando a sditalinarla.
“Continua negro, la zoccola si sta scaldando…faceva tanto la santarellina…”.

L’uomo continuò andando a fondo o restando solo con la cappella in bocca, in un vortice infinito. Uscì un paio di volte il suo tronco e lo usò per schiaffeggiare sulle guance la povera Sara.
Le sue mandibole erano in sofferenza, era imbrattata di saliva e non sentiva più i capelli per quanto le erano stati tirati.
Sentiva caldo, quel diavolo di Samantha la stava di nuovo sditalinando a dovere e sembrava non voler smettere.

Tutto peggiorò quando la mistress tirò di nuovo in ballo il plugin, iniziando a rigiocare con lo sfintere della giornalista.
Sara cercò di protestare, ma con la bocca piena potè fare ben poco.
Fece una cazzata; nel tentativo di parlare, morse la cappella dell’uomo che tirò fuori l’arnese addolorato e le mollò un ceffone.
Miss Samantha intanto soddisfatta rimise il plug nel sedere della donna e cominciò a rigonfiarlo.

“Zoccola, mi hai morso…vedo che a te le buone maniere non piacciono”.
Miss Samantha nel frattempo si era rialzata, prendendo il cazzo dell’uomo, coccolandolo e baciandolo come se avesse in mano un bambino.

L’uomo si spostò dal lato della poltrona per piazzarsi davanti a Sara che era sprofondanta nel fondale. Iniziò a passarle i polpastrelli sulle cosce oscenamente legate e spalancate, avvicinandosi con il suo arnese.
Sara capì e col terrore negli occhi urlò di non farlo, che non l’aveva fatto apposta ed era pronta a scusarsi, spompinandolo a dovere.
Il cambio del suo linguaggio fu involontario, ma nella paura aveva preso a parlare come le era stato imposto da Miss Samantha.

L’uomo non volle sentir ragioni, avvicinandosi ad un centimetro dalla vagina di Sara ed iniziando a strusciare col suo membro contro di lei.
Sara, consciamente o meno, era un lago lì sotto. Miss Samantha aveva fatto un ottimo lavoro su di lei. Quel plug nel sedere, di nuovo, le aveva dato il colpo di grazia, facendole eruttare ulteriori umori.

L’uomo entrò lentamente ma deciso, facendo sgranare gli occhi di Sara che, dopo averlo preso con fatica in bocca, si ritrovò a prendere quel palo anche nella sua cosina restando senza fiato.
Le pareti della sua vagina tirarono sin da subito contro quel prodigio della natura. DaMarcus non le sembrava essere così attaccato, ma già aveva messo metà del suo arnese in lei ed aveva iniziato a pompare. Il suo era un procedere lento e profondo, il tipo di andamento che Sara soffriva di più, perchè ogni spinta le arrivava direttamente al cervello.

Aveva sempre trovato eccitanti le scopate lunghe ed estenuanti, dove si scaricava pian piano. Le sveltine erano sempre
e solo messe di prima mattina, nei giorni in cui faceva tardi per concedersi e fare le cose per bene.

L’uomo continuò lento ma incessante, ponendo un pollice sul suo clitoride ed iniziandola a stuzzicare. Sara iniziò a muovere la testa, chiedendo di fermarsi, ma era chiaro che iniziava a godere in maniera intensa, non riuscendo a finire le parole. I capezzoli erano diventati due bulloni ed erano sotto la tutela di
Miss Samantha che non perse tempo a tirarli in maniera decisa.

La mistress stupì Sara salendo sulla poltrona, in mezzo alle sue gambe e, con l’aiuto di DaMarcus, mettendosi in posizione opposta alla sua.
Si trovò a fare una sorta di verticale ed, alla fine, poggiandosi con le ginocchia all’altezza di Sara, si trovò con la sua testa difronte alla sua vagina. Erano in una forma quasi a 69.

La mistress aveva una forma fisica invidiabile, riuscendo a restare poggiata sulle braccia e con le gambe in alto.
Con un colpo, spinse il busto e le anche un po’ più indietro; la sua vagina finì in faccia a Sara, incredula e sconvolta. L’ultima cosa che voleva era leccare la fica di una donna. Chiuse forte la bocca e gli occhi per ritrarsi a quello scempio.

La donna non si perse d’animo cominciando a sditalinarsi con il naso di Sara, in maniera incessante e convulsa e mantenendo un equilibrio prodigioso.
Parallelamente DaMarcus si staccò dalla figa di Sara per metterlo in bocca alla Mistress che cominciò a dondolare avanti ed indietro con doppio godimento.

La resistenza di Sara durò poco; gli umori di Samantha le avevano riempito il naso ed aveva aperto bocca e lingua. La mistress non perse tempo andando a fondo col bacino per godere ancora di più. Samantha iniziò a masturbare fortissimo Sara che, già ipersensibile, continuò a perdere umori e perse
il controllo anche della sua bocca che, ormai, stava proprio mangiando la figa di Samantha.

La donna continuò qualche altro minuto a prendersi il piacere fino a quando, con un’altra mossa da circense, si liberò da quella posizione e scese dalla poltrona.

Sara non capiva come avesse fatto e che sensazioni le avesse lasciato lappare una donna…era confusa, ma era un fuoco e DaMarcus riprese a penetrarla.
Ormai era una lotta allo sfinimento. Quell’uomo l’aveva trapanata lasciando un traforo in lei, quel palo piantato nel culo e le dita della mistress avevano fatto il resto.

Era senza umori, completamente scarica ma, dovette ammettere, complemtamente libera di testa con il cervello che le aveva fatto sentire tutto il piacere degli ultimi tre anni almeno. L’uomo continuò un altro minuto o due ad infierire violentando ormai senza ostacoli la donna.
Al culmine del piacere, anche lui sali sul seggiolo della poltrona, tra le gambe spalancate della donna, puntando la testa della giornalista e scaricandole tutto il suo seme.

Sara, dopo l’esperienza con SSamir, si ritrovò nuovamente inondata di sperma e totalmente imbrattata.

Era così scarica ed aveva goduto così tanto che la cosa non la disturbò più di tanto. Le mani della mistress si poggiarono sul suo volto come a volerle spalmare tutto quel seme. Con una mano aprì la bocca della giornalista e le fece leccare gli ultimi rimasugli, senza avere obiezioni, con la ragazza che ormai prese senza protestare tutto quello che le veniva fatto.

Alla fine la giornalista fu slegata e fatta scendere da quella poltrona infernale. L’unico impedimento lasciato fu il plug nel culo.

Sara non riuscì a mantenersi in piedi, le ginocchia le cedevano e piano piano fu fatta poggiare a terra dove si mise spalle per terra e con le cosce di nuovo spalancate.

Adesso le avevano lasciato un po’ di libertà ma, dopo quella esperienza, non riusciva a chiudere le gambe ma, soprattutto non aveva più alcuna vergogna a farsi vedere esposta. La sua dignità stava andando a farsi benedire.

“Tieni mangia, te lo sei meritato” urlò la mistress gettandole contro un qualcosa nella stagnola, forse un panino.
Sara, con molta fatica, prese quel pasto tra le mani ma, tramortita, dopo alcuni minutì si assopì per terra…distrutta….umiliata…ma scopata ed avendo
goduto come mai nella sua vita.

Continua…

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Sedici ore. Due terzi di una giornata completa. Il tempo più lungo passato in aereo da capo a capo del mondo.
Il tempo, il numero di ore consecutive passate alla base della redazione nel giorno in cui l’ultimo grosso nemico della nazione era stato preso, in attesa di notizie dai colleghi.
Sedici ore….e niente di tutto questo.
L’ultima giornata era state devastante per la psiche ed il fisico di Sara, trattata come una bambola di pezza nelle mani dei suoi aguzzini.
Svuotata..sfibrata..prosciugata di forze fisiche e mentali…
Non che gli altri giorni fossero stati tranquilli, ma l’ultimo giorno aveva rappresentato un punto di rottura per la giovane giornalista in quel maledetto luogo.

Sara, da quando era svenuta per terra alla fine dell’ultima sessione, aveva dormito per sedici ininterrotte ore.
Una sorta di coma, una sorta di scollegamento dal mondo, una pausa richiesta dal suo corpo dopo i giorni passati a godere e svenire all’improvviso, quando il cervello andava in sovraccarico di emozioni.
Aprì piano gli occhi, la sua testa non fece pensieri, era vuota, credeva fosse tutto un sogno….di nuovo.
Di nuovo….era tutto vero.

C’era qualcosa di diverso però…non era per terra, non era su un cartone, non sentiva le mani legate….mi avranno liberata? sono salva? pensò…
Provò ad alzarsi di scatto, ma il cerchio alla testa e la pressione instabile furono un monito della cattiva scelta.
Così svuotata non sentiva nemmeno dolori, sembrava fosse su una nuvola.
C’era il bianco, mosse gli occhi e notò che c’erano delle lenzuola sotto di lei. Lentamente fece pressione con una mano sul suo giacigliò e si accorse di essere su un qualcosa di morbido, forse un materassino o qualcosa di soffice. Era spaesata per l’introduzione di questi confort.
La stanza era in penombra, riuscì a vedere solo le grandi arcate bianche che la sovrastavano. Non ricordava queste forme architettoniche.
Di nuovo il dubbio…sono salva? dove sono?

Decise di provare ad alzarsi nuovamente, con più calma, per evitare nuove emicranie , per capire la sua realtà.

La realtà si manifestò nuda e cruda. Mettendosi a sedere sul letto risentì, tutto d’un botto, nuovamente quel riempimento, quella presenza ingombrante proveniente dal suo di dietro. La sensazione le fece partire un attacco d’ansia, nonostante non fosse una novità.
Mise a fuoco la stanza e la zona circostante. Difronte a lei, a meno di un metro dal bordo del letto, c’era uno specchio.
Un nuovo maledetto specchio, come la prima volta che si era svegliata in quel maledetto luogo. Niente era cambiato, era ancora lì!

Rimase a fissare la sua immagine allo specchio. Senza trucco, con i suoi capelli chiari sporchi, impastricciati, con gli occhi leggermente scavati, sembrava
un’altra persona.

Fu felice di notare che, come aveva avvertito, polsi e caviglie erano libere, ma la sua felicità fu smorzata dalla visione di un collare intorno al suo collo.
Per fortuna non era di metallo, sembrava di cuoio ben aderente alla pelle, con una catena che partiva nella parte posteriore.
Non si mosse, provò a respirare, provò a mettere i due pollici sotto il collare per vedere lo spazio libero dal collo.
Si rifissò allo specchio, sembrava veramente una schiava sessuale come aveva visto in passati reportage di guerra, ma non solo.
Purtroppo – anche con le forze alleate – nei vari accampamenti, in piena notte, era capitato di spiare gruppi di militari amici giocare con donne civili e nude in situazioni promiscue, spesso passate tra i giovani uomini tramite collare strattonato…come fossero cagne.

Sapeva, come anche raccontato dal maggiore Smith in quel palazzo, che i rapporti tra militari erano difficili e complessi, pertanto queste donne, queste schiave,
era un ottimo passatempo senza complicazioni, specie in periodi così lontano lunghi da casa.

Aveva sempre chiuso la bocca in questi rari eventi, sapeva che capitavano, ma aveva provato pietà per queste donne così usate e sfruttate, non potendo fare
niente per loro in un ambiente così chiuso e omertoso.
In quelle rare occasioni però gli occhi erano rimasti aperti un secondo di troppo e le era capitato di vedere come i vari militari palpavano, sculacciavano, usavano, si passavano queste donne, senza freni o cortesie….scappando poi in condizione di disagio nella sua tenda.

Era quello il suo futuro? Era così che avrebbe passato i prossimi mesi? Le parole del maggiore Smith a lasciarsi andare e godere del momento l’avevano colpita, erano state dure da sentire e da digerire. “Nessuno ci verrà a prendere”…la frase rimbombava nelle sue orecchie ogni volta.
Non poteva negare che nei giorni precedenti, nonostante le angherie, aveva goduto come mai in vita sua. Ma provò ad essere lucida, non credeva a quello che stava
pensando o farneticando. Doveva restare concentrata, qualcuno sarebbe venuta a salvarla.

Tornò a guardarsi allo specchio, notando un colore più scuro intorno ai capezzoli, martoriati da quel diavolo di Samantha. Aveva fatto un lavoro infernale su di lei. Provò a toccarsi i capezzoli, ma il solo contatto li riportò su dolorosi ma appuntiti.
Si girò con la testa, constatò che la catena era abbastanza lunga da darle una certa libertà e provò ad alzarsi, compatibilmente con la pressione dell’oggetto nel suo sfintere.
Appena alzata, un crampo assurdo colpì il suo stomaco, provocando un suono fortissimo.
Il suo stomaco era vuoto da giorni e chiedeva nutrimento, emanando brontolii udibilissimi. La sua debolezza la convinse a risedersi pian piano prima di sbattere per terra, anche perchè il suo stomaco si lamentava senza sosta.

Si rimise a letto, decisa che avrebbe parlato con gli aguzzini per avere un po’ di pietà. Voleva essere forte e dura, era convinta di riuscire a guardare negli occhi Samantha, da donna a donna, cercando di portare fuori l’ex militare alleato che era stata.
Nella peggiore delle ipotesi avrebbe proposto un pompino, come in occasione della richiesta d’acqua, ma doveva mangiare, aveva fame, era al limite.

Si ridistese ed anche il suo stomaco sembrò rilassarsi. Cadde in uno stato di dormiveglia, abbastanza cosciente, per una nuova oretta, in completa modalità da risparmio energitico, fino a quando la procace figura di Miss Samantha si pose tra lei e lo specchio.

L’impulso non fu immediato. Sara ci mise alcuni secondi prima di realizzare l’arrivo della donna e scattare all’indietro sulla spalliera del letto con gli occhi sbarrati pieni di paura.
“Buongiorno principessa..vedo che ci siamo fatti una gran dormita, hai dormito quasi per un giorno intero.” esordì con un falsissimo sorriso la donna malefica.

Il suo vestiario era strambo. Sopra un tacco 15 probabilmente, portava solo delle autoreggenti chiarissime e scure senza slip.
Nella parte superiore era presente solo un reggi seno che lasciava totalmente scoperti i seni, sorreggendoli.

“Ho fame. Miss Samantha ho fame, te lo chiedo per piacere. Abbi pietà di me.”. Sara fu diretta con la donna, come aveva escogitato, col massimo della cortesia, in un misto di disperazione. Fissò la donna nel tentativo di impietosirla e creare un legame con lei.
La donna le sorrise in maniera compassionevole e si mise a sedere sul bordo letto. Si girò, alzando una mano e muovendo il dito indice a mo di inchino.
Dall’oscurità, dopo qualche secondo, ricomparve DaMarcus in una strana mise.
Stavolta era completamente nudo, mani dietro la schiena che sembravano legate ad una catena che si ricongiungeva sul collo, come attacco di un collare.
Anche lui sembrava uno schiavo con il suo arnese già in tiro…Sara era veramente senza parole.

“DaMarcus hai sentito la nostra cagnetta? Ha fame..” disse la donna.
“Cagna, dov’è il cibo che ti abbiamo dato ieri? E’ così che ci ringrazi? Siamo stati buoni e ci chiedi pietà?”

Sara aveva completamente dimenticato il fatto. Era vero, le avevano lanciato un qualcosa nella stagnola per rifocillarsi, ma non ricordava. Era sicura di non aver mangiato nulla, morta di fame com’era, ma era altrettanto sicura di aver toccato ed avvicinato a se quel pasto prima di svenire.
Che fine aveva fatto? Cosa doveva inventarsi ora per riaverlo?

“M-m-mi sono addormentata, non ho mangiato, scusate. Potrei riaverlo per piacere?” piagnucolò la giornalista.

“Negro, la schiava ci sta forse dicendo che le abbiamo rubato il pasto? Che non siamo stati gentili con lei?”
“Ci vuole fregare, ti avevo detto di non essere misericordioso con lei, io fotto lei, non lei fotte me!” abbaiò l’uomo.

“Fanculo troietta. Ci stai dicendo che ti abbiamo fregato. Puoi anche morire di fame. Andiamocene cazzone” rispose improvvisamente dura la mistress, alzandosi e prendendo l’uomo incatenato dal suo arnese.

Sara era disperata, i crampi stavano tornando e non voleva far sentire il rumore del suo stomaco. Ma non poteva rimanere da sola, sarebbe morta.
“A-a-aspettate, non lasciatemi sola, vi prego…ho fame.” disse Sara, vergognandosi come non mai.

Samantha si fermò. “Perchè dovremmo ripensarci schiava? Ci vuoi solo fregare dopo tanta bontà”.

Sara fece leva sull’istinto di sopravvivenza, affondando la sua dignità. Abbassò gli occhi e disse “faccio un pompino all’omone in cambio del cibo di ieri.”
Samantha sghignazzò, dando le spalle al letto e piegandosi verso l’arnese dell’omone.
Tra i suoi tondi e pieni glutei bianchi spuntava un grosso plug nero, dalla base grande e disegnata.
La donna cominciò a sputare sulla cappella dell’uomo succhiando velocemente, dandogli schiaffi sulle palle.
“Se penso di vedere un pompino, non starò di certo ad aspettare te” rispose aspra la donna ancora salivando, tenendo energicamente il cazzo in mano.
“Forza andiamocene da questo cazzo di posto” riprese, rialzandosi e tenendo l’uomo solo per la cappella del suo cazzo. L’uomo sussultò un attimo.

Sara vide i due girarsi e partire ed iniziò a piangere. Per lei sarebbe stata la fine da sola in quel luogo. Non sapeva nemmeno dove fosse il maggior Smith, se era ancora lì e se l’avrebbe mai rivista.

“Vi pregooo” urlò la giornalista e fece qualcosa d’istintivo, senza pensarci. Si girò sul letto, mettendosi a 90 gradi ed esponendo le sue grazie.
“Vi pregooo” continuò. Samantha si fermò girandosi ed il suo viso si illuminò in un istante. Col il suo pollice continuò a massaggiare la cappella dell’omone.

Tornarono indietro e la mistress, con la mano libera, accarezzo le natiche della donna, passando poi con l’esterno della mano verso l’interno coscia.
Con l’indice della mano tastò le grandi labbra della donna dandole uno schiaffo affinchè aprisse di più le gambe, abbassando il busto. Sara obbedì.

“Che cosa mi vuoi dire cagna?” riprese calma la donna.
“Vi prego, datemi da mangiare, poi lui mi può riscopare.” disse Sara.

“Lui Può? Ci stai dando ordini e dicendo quello che dobbiamo fare cagna?” continuò la mistress.
“Io ti dò da mangiare, io ti dico cosa farai. O io me ne vado ed io ti abbandono qui al tuo destino.” abbaiò decisa la donna.

Sara ebbè un breve tremolio, respirando profondamente. Passarono alcuni secondi e poi, sempre nella posizione a quattro zampe, rispose “V-v-va bene”.

Samantha le mollò una sculacciata sulla natica destra, le prese le grandi labbra con una mano chiudendole in un pizzico e poi disse “girati cagna”.

Quello che avvenne sciccò Sara. La donna fece due passi arrivando a pochi centimetri da lei. Poi alzò la testa ed allungò una mano, tornando con un qualcosa
nella stagnola.
Il suo pasto era ed era rimasto sopra la sua testa per tutto il tempo e Sara non se ne era accorta, arrivando a vendere se stessa!
Imprecò in silenzio, maledicendosi, mentre con entrambe le mani prendeva il pasto in mano alla donna. Era una stupida, era una dannata poco di buono!

Samantha ritrasse all’ultimo la mano, guardando la ragazza dicendo “Cagna, abbiamo un patto? O sei morta.”.
Sara serrò la mascella fissando la donna e, dopo pochi secondi che sembrarono interminabili, fece un lievissimo cenno affermativo con la testa.
La stagnola tornò nelle sue mani e, in 5 minuti, Sara divorò ferocemente quell’abbondante panino, come se non mangiasse da una vita.

Samantha la guardò e disse “ora che la cagna è sazia, la cagna deve lavorare. Torniamo tra un’ora. Devi essere a 4 zampe e ti voglio sentire già abbondamente
bagnata. E’ meglio per te se non disobbedisci!” ed andò via con l’omone, tirandolo stavolta per la catena.

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L’ora fu lunga e Sara ebbe modo di pensare. Passò tutta l’ora come ordinanto da Samantha mettendosi già a quattro zampe e cercando una posizione comoda.
Aveva il terrore di vederla spuntare all’improvviso facendosi trovare impreparata.
La parte difficile era eccitarsi in un momento così difficile. Tremava, tutto il sangue era al cervello, sentiva un leggero freddo di paura, era impossibile lasciarsi andare.
Chiuse gli occhi, adeguò il respiro, cercò di scacciare i continui pensieri.
Le venne in mente il Maggiore Smith che le diceva di lasciarsi andare; le venne in mente il maggiore Smith che si faceva inculare da SSamir ed ebbe un brivido.
Le venne in mente il maggiore Smith prima di essere rapita, imprigionata in una gogna con quel culone esposto al pubblico uso.
Ed iniziò a sentire caldo, col dito che leggermente cominciò ad entrare nella sua vagina bagnandosi, per poi navigare verso l’esterno, verso le labbra, finendo per toccare e fermarsi sul clitoride.
Doveva restare calma, dopotutto sarebbe stata solo una scopata come il giorno precedente. Alla fine era andato tutto bene, aveva goduto come mai ed ora era anche meno bloccata, poteva essere più comoda. Si fece coraggio…”Lasciati andare” pensò, ricordando il Maggiore.

Sentì i tacchi, il momento era vicino e si sgrillettò più velocemente per non farsi trovare impreparata.
“Ferma!” urlò Samantha e Sara, come un robot, smise di muoversi.

La donna tornò bendandola all’istante, il buio calò su Sara. La donna le afferrò il collo, imponendole di abbassarsi. Due ceffoni sul sedere le ricordarono di rimanere ben esposta.
La donna la tirò un pò più indietro, trovandosi con le ginocchia verso fine letto. Sara immaginò che così sarebbe stata più al servizio di DaMarcus.
Samantha si mise a cavalcioni sul collo di Sara, nel verso contrario alla sua testa, bloccandole di fatto la possibilità di alzarsi. Fortunatamente la catena era lunga e non tirava molto.
Samantha cominciò a passare entrambe le mani sulle gambe di Sara, facendo muovere solo i polpastrelli che volavano leggeri sulla pelle.
Con le dita di entrambe le mani si posizionò sulle grandi labbra aprendole e chiudendole in un massaggio ritmato. Nel massaggio pian piano fu coinvolto il clitoride e Sara involontariamente cominciò a bagnarsi. Quella maledetta donna sapeva farla gemere!
Sculacciate e dita nella vagina si alternarono fino a quando Samantha vide Sara bagnata al punto giusto.
Provò a pizzicare i capezzoli indolenziti di Sara, avendo come risposta un sobbalzo di Sara.
La donna non gradì mollando un ceffone sulla vagina della ragazza – “ti conviene rimanere col culo alto e le gambe aperte se non vuoi un bis” tuonò la donna.
E Sara spinse all’indietro col massimo delle sue forze.
Era un bel vedere e Samantha ne gustava la forma delle chiappe tonde e rosse, col quel plug nero di contorno, e della vagina depilata e leggermente aperte dallo specchio difronte, compiacendosi del lavoro.

Mosse il dito indice verso l’oscurità come invito a qualcuno ad avvicinarsi. L’indice venne spostato verso la bocca per dire di far silenzio.

Alla luce venne fuori non solo DaMarcus, l’atteso da Sara, ma tutto il plotone conosciuto, composto dal suddetto più SSamir, Dan e Ion, i militari conosciuti, si fa per dire, nei giorni precedenti. Il patto stipulato da Sara sarebbe stato particolarmente sudato.

DaMarcus fu il primo ad iniziare e, con la lingua, cominciò a stimolare le grazie di Sara. La giornalista riconobbe il tocco perchè quell’uomo l’aveva già messa in difficoltà nei giorni scorsi. Fu di nuovo lento e preciso sull’esterno e sul clitoride, giocando con la lingua, succhiando, per poi andare di profonde
lappate. Sara ebbe l’istinto di piegare le gambe, le ginocchia volevano cedere su tanto ardore, stava mugolando, ma un pizzico di Samantha sui capezzoli la fece tornare sull’attenti. I capezzoli erano dei chiodi esplosivi dolenti.

Samantha aprì ancora di più le gambe della giornalista per DaMarcus che, legato con le mani all’indietro, non poteva usare gli arti.
L’omone si avvicinò al bersaglio e stavolta entrò deciso e profondo. Sara sussultò emettendo un ululato ma riuscì a tenere la posizione senza piegarsi, i capezzoli le duolevano già senza ulteriori pizzichi.
L’uomo mantenne un ritmo costante andando in profondità; Samantha sosteneva il ritmo spingendo verso i suoi coglioni le chiappe di Sara, schiaffeggiandole di tanto in tanto.
Dopo una decina di minuti l’uomo si fermò e si mise di lato, lasciando il posto a Samir.
Samir aveva un arnese leggermente meno grosso di DaMarcus, ma un po’ più lungo.
Dopo aver usato la bocca di Samantha per lubrificarsi un po’, si appoggiò con le manone alle sue spalle e penetrò Sara senza troppa cortesia.
La ragazza ebbe un nuovo sussulto, quel cazzo sembrava volesse sfondargli lo stomaco e non riuscì a mantenere la posizione, prendendosì nuove sculacciate e nuovi pizzichi sui capezzoli da Samantha.
Durante l’azione di SSamir, Samantha cominciò a giocare con un dito con il plug di Sara, passandoci un po di saliva e girandolo e provandolo piano piano a togliere. Sara faceva grossa pressione e Samantha ripassò una mano sul capezzolo di Sara.
La ragazza si rimise sull’attenti all’istante, restando in balia della donna.
Nulla potè quando Samantha riuscì a sfilarle con forza il plug. L’impetò di Sara fu tale da spingere all’indietro Samantha ed abbassare le gambe. La mistress non prese bene la disobbedienza.
La donna prese per i capelli Sara, invitandola a girarsi, mettendosi spalle sulle lenzuola. Risalì a cavalcioni, mettendole per esposte figa e culo sul suo viso e cominciando un gioco in avanti ed indietro. Nel frattempo prese le caviglie della donna, portandosele verso di se, altissime.
Ora toccava a Dan e Ion che si alternarono nella figa della giornalista per un totale di 20 minuti.
Ogni minuto che passava i rumori che sprigionava l’impatto degli uomini sulla figa di Sara aumentavano di volume. Stava godendo senza sosta.
Anche Samantha, con quel trattamento, cominciava a godere e cambiò il movimento del suo bacino in movimento circolare.
Nel frattempo DaMarcus salì piedi sul letto e si posizionò sulla sua bocca, regalandogli un fantastico pompino.

Dopo circa cinquanta minuti di sesso non stop, Samantha si spostò dalla faccia di Sara, che annaspava tra i suoi umori.
Samir fu fatto sedere a gambe spalancate sul letto e Samantha portò la faccia di Sara verso l’arnese dell’uomo, per un ultimo pompino.
La ragazza si muoveva spinta per capelli dalla donna, che le impedì di usare le mani e che la fece rimettere a carponi per avere una buona stabilità.
Il cazzo di Samir era enorme perciò la ragazza non ebbe fatica a prenderlo in bocca.
Era così sovrastata dagli eventi che quel gesto, un pompino, così schifato nei giorni precedenti, fu per lei un gesto quasi normale, meccanico. Tanto ormai non era più il primo pompino a DaMarcus pensò, bendata com’era.

Sara continuò a succhiare per qualche minuto, mentre Samantha le stuzzicava il buco del culo con le dita e col plug, lasciandolo mezzo inserito per mantenerne
la larghezza massima. Sara non sapeva in che condizioni fosse il suo sfintere, sperava leggermente aperto, ma lo specchio alle sue spalle cominciava a raccontare un’altra realtà.
Samantha dopo qualche attimo fece cenno ai due uomini di mettersi ai due lati del letto e a DaMarcus di salire sul letto, dietro Sara.

Le mani di Sara vennero guidate a prendere qualcosa, ad impugnare un oggetto. “Guai a te se li molli” ringhiò la mistress.
Il cazzo di Dan finì nella sua mano sinistra, quello di Ion nella destra.
La mistress rimane con le mani vicino a quelle della ragazza, per assicurarsi che non facesse scherzi. Sara, con un secondo di ritardo, capì tutto.
Non stava gestendo solo un cazzo, aveva in giro tre cazzi. Si bloccò un attimo, fissando la schiena, ma il palmo di Samantha intorno ai suoi seni ed il sussurrare alle orecchie di sue minacce, la fecero desistere dal fare cavolate.
Iniziò un processo ritmato tra bocca e mani che si alternavano nel dare goduria ai tre uomini. Si sentiva veramente sporca ora, ma aveva preso il ritmo e, in equilibrio precario, stava andando avanti con foga come un automa senza volersi fermare.

La doccia fredda finale arrivò quando sentì un quarto cazzo spingere nuovamente nella sua fessura e riprendere a pompare con vigore. Per la sorpresa e la foga dell’uomo rischiò di strozzarsi con il cazzo di Samir andato troppo a fondo, non potendo gestirlo con le mani.

Con due sculacciate sonorosissime Samantha la fece riflettere dal fare scemenze e la ragazza, sbavando a più non posso, riprese piano piano il ritmo, dovendo gestire anche un cazzo dietro. Sembrava un polpo, era una cagna che veniva usata da quattro uomini.

Dopo altri quasi 10 minuti di ritmo tribale, Samir prese la testa di Sara e la spinse più a fondo…era arrivato al limite.
La ragazza perse l’equilibrio, finendo contro il suo arnese.
I due uomini ai lati si misero al fianco di Samir, finendosi di smanettare da soli. DaMarcus, con le mani liberate nel mentre da Samantha, riprese da dietro la donna e riprese a pompare.
“Fammele spaccare il culo” ringhiò come un ossesso l’omone, ma con estrema calma Samantha risposte “Il suo culo è già promesso, stai calmo bestia.”

Sara, ferma in una morsa dalle possenti braccia di Samir, continuò a pompare con la bocca fino a quando l’uomo con gli esplose vigorosamente in bocca, scaricandole in litro di sperma. L’uomo la tenne bloccata fino a quando non finì, non permettendo alla donna di scansarsi ma obbligandola ad ingoiare. La giornalista ingoiò il possibile, ma perse molto seme che le sbavò addosso.
Non fece in tempo a liberarsi dalla morsa di Samir che, a testa, prima Dan e poi Ion, reclamarono il loro momento di scarico e vennero ciascuno addosso alla ragazza che veniva passata e mantenuta per capelli.
Sara iniziò ad avere difficoltà a respirare per la quantità di sperma addosso, ma non era ancora finita.
DaMarcus la prese per i capelli da dietro, obbligandola a girarsi a 4 zampe.
Samantha accompagnò la scena con sonore sculacciate; gli altri uomini a loro volta sculacciarono o inserirono le dita nelle fessure scandalosamente esposte della ragazza.
Sara sapeva che DaMarcus aveva una pompa di sperma e si preparò al peggio.
L’uomo fece staccare la catena e la fece scendere dal letto facendola mettere in ginocchio davanti al suo membro e tappandole il naso.
Le ultime due smanettate e l’uomo collassò in un orgasmo feroce inondando la ragazza che, a bocca aperta, si trovò riempita nuovamente di seme.
L’uomo la schiaffeggiò affinchè ingerisse e leccasse tutto dalle labbra e da terra, come una cagna.

Sara obbedì senza tante storie, seguendo le indicazioni e le strattonate dell’uomo essendo ancora bendata.
La ragazza fu fatta rimettere a carponi da Samantha che le inserì nuovamente con due schiaffoni il plug nel sedere e la tirò subito su senza darle la possibilità di abituarsi all’oggetto ingombrante.
Fu finalmente sbendata. Le girava la testa, la visione di quegli uomini nudi la lasciò attonita.
Aveva scopato con quattro uomini ed una donna, usata a loro piacimento, e non aveva avuto tempo di avere paura o vergogna. Aveva goduto come una bestia.

Samantha le accarezzò la testa come si fa con un cane ubbidiente e le disse “brava cagnetta, inizi ad imparare. Ora abbassati e bacia ogni cazzo ringraziandolo per ogni orgasmo avuto.” e tirò Samantha verso DaMarcus.
DaMarcus la fece piegare in ginocchio ed disse “Bacia cazzo e palle ad ognuno di noi, senza sporcarci di sborra.”.

Sara obbedì ed in cinque minutì ringraziò i membri dei quattro uomini che, di risposta, apprezzarono con una sculacciata a testa. Alla fine Sara ritornò vicino la sua padroncina che la riaccarezzò come una brava cagnetta.

“Hai fatto un lavoro decente, cagnetta. Ora mettiti a quattro zampe ed accompagnaci alla porta.”
Furono 200 metri umilianti davanti ai cinque aguzzini, camminando come una cagna per terra, sporca, esposta e con un plug nel sedere.
La vergogna iniziava a mischiarsi sempre più col piacere, con la leggerezza della testa, col sentirsi sporca ed usata…e non era più così umiliante dovette ammettere.

Samantha le prese i capelli e le disse “tra tre ore verrai a quattro zampe fino a quella porta, busserai e ti girarei mostrando il culo bello alto. Hai capito? Sopra il letto c’è l’orologio, non accetterò ritardi..tornatene a letto cagna e riposa”.

Le mollò una sculacciata finale ed indicò ai quattro uomini di andar via. Samantha rimase a guardare soddisfatta la sua cagnetta che ritornava a cuccia, come richiesto. Un sorriso abbozzò sul suo volto.

Continua…

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Una volta abbandonata dai suoi carcerieri, Sara si avvi’ di nuovo verso la stanza assegnata, come le era stato ordinato, gattonando lentamente nella sua camminata a quattro zampe. Arrivata sul letto, dopo esserci alzata dalla sua posizione a terra, si rese conto di quello che aveva fatto.
Nessuno le aveva ordinato di andare a quattro zampe, nessuno l’aizzava da dietro o la seguiva…eppure era tornata in stanza in quella posizione, come voluto in precedenza da Samantha. La cosa la turb’ molto, doveva sembrare ridicola ad andare in giro a quattro zampe, nuda e con un palo nel sedere.
Fortunatamente ora era sola, poteva riposare. Ripens’ ai suoi aguzzini e alla richiesta di ripresentarsi l’ tra 3 ore.

La sua mente inizi’ a frullare su che cosa Samantha avesse in serbo per lei, che cosa poteva ancora subire, quante persone l’avrebbero toccata ed usata.
Il suo respiro aument’ un po’ di ritmo, il suo petto saliva e scendeva. Nelle profonde inspirazioni per calmarsi, le duolevano pure i capezzoli.
Era seduta sul letto con la schiena dritta e le gambe incrociate. Ormai il suo fisico aveva assimilato quella presenza nel didietro e non sentiva pi’ particolari fastidi. Continu’ con gli esercizi di respirazione per qualche altro minuto finch’ non si riprese da quella situazione di disagio.
Ritorn’ a pensare a quello che le era successo poco prima, al fatto di essere stata usata per la prima volta da pi’ uomini ed avere goduto a ripetizione.
Lei che era sempre stata padrona di se stessa, non era pi’ riuscita a contenersi, a trattenere le emozioni e le sensazioni del suo fisico.
Si era fatta prendere dalla situazione, ad un certo punto qualcosa si era rotto e la paura si era trasformata in godimento puro.
Credeva che il suo aguzzino, presumeva DaMarcus, avesse avuto una grande prestazione sessuale invece, a sua insaputa, si erano alternati pi’ uomini su di lei, pi’ uomini l’avevano soggiocata come un giocattolino sessuali, pi’ uomini avevano scaricato il loro seme su di lei.
L’idea di aver tenuto due cazzi in mano, uno in bocca, una nella sua vagina la fece tremare…e non fu paura. Aveva tenuto testa a quattro uomini e le era piaciuto. Era svuotata, ma appagata, aveva lasciato ogni briciola di godimento su quel letto.

Alz’ la testa alla ricerca dell’orologio. Aveva ancora pi’ di due ore e mezza per riposare. Doveva fare pip’ quanto prima e non sapeva dove farla. Non poteva di certo farla sul letto.

Si ricord’ che tornando in stanza aveva visto una porta laterale sulla destra, dal letto non adocchiabile. Si alz’ e si avvicin’ in quella zona, pregando con tutta se stessa che ci fosse un bagno l’. L’apertura della porta la lasci’ a bocca aperta. In grande, in alto sulla parete, c’era un eloquente scritta in rosso “Bagno per cagne”.

Fu quasi tentata di uscire, ma il bisogno era impellente. Difronte a lei c’era solo un bagno turco, con una pompa e rubinetto laterale. Doveva farla in piedi, piegandosi e mantenendo l’equilibrio. Cosa che aveva sempre detestato fare nella sua vita prima di allora.

Chiuse la porta, intimorita che potesse essere vista da qualcuno. Si diede della stupida subito, ricordandosi in che condizioni era. Si pose all’altezza del bagno ed inizi’ a piegarsi. Non aveva fatto i conti con il plug nel suo sedere che inizi’ a spingere e farsi sentire.
Cerc’ di non pensarci, doveva fare pip’, e si pieg’ ancora di pi’. Quel plug non la faceva concentrare, si sentiva costipata e non riusciva a lasciarsi andare.

C’era un solo rimedio: doveva togliere il plug e riprovare.
Fece un paio di respiri profondi. Non aveva mai portato o messo quegli aggeggi, ma pens’ che non dovesse essere difficile manovrarli da sola.
Pens’ alla sua collega Kate che a volte, in confidenza, diceva di portare il plug anche al lavoro. Le piaceva, era comodo e sexy esclamava ridendo!
Pertanto disse che sarebbe stato semplice e port’ la mano destra dietro, iniziando ad esplorare le sue natiche.

Trov’ subito il piattello, quello che doveva essere la base. Era di gomma dura, poteva sentirne la consistenza.
Pens’ a quante volte glielo avesse messo e tolto Samantha in questi giorni ed anche in quello stesso giorno. Doveva solo respirare e poteva riuscirci.

Cerc’ di rilassarsi e pieg’ leggermente le ginocchia. Inizi’ a tirare pianissimo, sapeva che non sarebbe stata una cosa veloce. Inizi’ a manovrare lentamente il piattello, regolando la respirazione e la posizione delle gambe, che divaric’ un pochino di pi’. Inizi’ a tirare piano piano, facendo ballare un po’ l’interno con la speranza che fosse pi’ agevole. Man mano che tirava il plug, sentiva tirare anche il suo sfintere che non voleva lasciare il suo intruso. Inarc’ ancora di pi’ la schiena e riprese a tirare, digrignando i suoi bianchissimi denti perch’ la sensazione non era delle pi’ piacevoli. Non stava facendo progressi perch’ si fermava ogniqualvolta sentiva dolore.
Pens’ a Samantha, quella maledetta, ed ai movimenti che faceva quando le infilava o toglieva quell’arnese.

Inizi’ a toccarsi la vagina, sperando che un po’ di piacere riuscisse a placare il dolore. Doveva fare pip’, pertanto la sua gi’ ipersensibile vagina non fu cos’ d’aiuto…l’avere piacere era l’ultimo dei suoi pensieri al momento.
Si ricord’ che DaMarcus e Samantha la sculacciavano spesso sia mentre le mettevano il plug, sia in fase d’uscita.

Non si era mai autosculacciata come forma di autoerotismo, ma non era contraria alla pratica quando alcuni uomini avevano voluto saggiare le sue tonde chiappe.
Port’ dietro anche la mano sinistra, afferrando una chiappa e stringendola coi polpastrelli. Senza pensare si moll’ un ceffone sul sedere. Non aveva calcolato la forza perch’ il ceffone fu abbastanza pronunciato e le fece male, ma sent’ che il plug si era mosso, il suo sfintere si era allargato.
Vide che era sulla strada giusta. Decide di mantenere la forza nello schiaffo, in modo da non dover pensare al dolore nello sfintere. Un dolore pi’ grande nasconde quello pi’ piccolo le avevano insegnato.

Si ricolp’ sulla chiappa sinistra, mentre con la destra armeggiava un altro po’ col plug, facendo un altro piccolo progresso.
Continu’ a schiaffeggiarsi per un’altra decina di volta, sempre con costanza, prendendo chiappa, coscia, dandosi dolore e stringendo i denti perch’ l’operazione
stava andando a buon fine, lo sfintere era in massima tensione, il plug era per met’ fuori, poteva farcela.
Un ultimo sonoro ceffone sulla chiappa le fece quasi uscire una lacrima, ma lo sbalzo e la reazione emotiva furono cos’ forti da riuscire ad estrarre il plug che quasi vol’ dalla sua mano destra.
Il vuoto d’aria che si cre’ nel suo sfintere la fece rimanere a bocca aperta e le fece perdere quasi il controllo del fisico.
Lo sforzo, l’emozione, il crollo di concentrazione fecero si che iniziasse ad urinare da sola, copiosamente, e solo la sua grande prontezza fece si che non si urinasse addosso. Fu una liberazione, inizi’ a piagere e rimase ferma in quella posizione anche dopo che aveva terminato con gli occhi chiusi e le spalle
cadenti.

La fase era stata troppo concitata e piena di stimoli, cerc’ di calmarsi e riprendere fiato, aprendo gli occhi lentamente per non avere giramenti di testa.
I suoi occhi andarono verso la mano destra, alla ricerca della visione del plug, di che cosa le avevano messo e rest’ pietrificata.
In mano non aveva un oggettino piccolo, carino e colorato come le era capitato di vedere su qualche sito.
Tra il suo pollice ed il suo indice teneva una cosa mostruosa, un oggetto che poteva essere lungo un dieci centimetri almeno, ma che soprattutto era grosso e nero…troppo grosso pens’ per il suo delicato sfintere. Un brivido corse lungo la sua schiena pensando a quante volte l’avevano inserito e tolto…e soprattutto
considerando quando gliel’avevano gonfiato internamente!!

Il panico subentr’ in lei. Con gli occhi guard’ per bene la stanza alla ricerca di uno specchio che per’ mancava. Avrebbe voluto farsi un controllino,
accertarsi della situazione del suo sfintere dopo certi trattamenti. Aveva paura di avere un cratere l’ dietro.
Rimase a fissare quell’oggetto nero. Era stata una gran fatica tirarlo fuori, le sue natiche erano rosse e bollenti per gli schiaffi che si era auto procurata.
Pens’ al maggiore Smith e a quel cratere che aveva al posto dello sfintere. Lei non era stata fortunata nel prendersi solo un plug, lei aveva preso inculate vere,
da Samir, DaMarcus e chiss’ chi pi’. Pens’ agli arnesi di quegli uomini, ancora pi’ grossi e pi’ lunghi di quel plug e molto pi’ potenti. Pens’ al rumore che facevano quando entravano nello sfintere del maggiore, la faccia da ossessi che avevano e la maschera di dolore e goduria di lei con ingroppate che duravano anche molti minuti. Pensava a come il maggiore inarcava la schiena e gridava, esponendo ancora di pi’ il sedere sotto i possenti colpi di Samir dietro di lei che la impalava senza sosta e senza cortesia alcuna.

E se fosse capitato a lei cosa sarebbe successo? Fino a quando sarebbe stata salva e fortunata?
Inizi’ a sentire caldo e si sent’ leggermente umida nelle sue intimit’. Dopotutto aveva appena fatto pip’ pens’, ma quel pensiero di mazze nere nel suo didietro le diede un sussulto, la face rabbrividire. Non poteva immaginare come si sarebbe comportata in una situazione del genere.

Ma doveva calmarsi, ora era sola e non c’era nessuno che attentava alle sue intimit’.
Si ridest’ guardando il rubinetto e la pompa, sebbene senza lavandino.
Sper’ ardentemente che l’acqua fosse collegata; tutta questa situazione l’aveva accaldata e sporcata ancora di pi’. Aveva bisogno di acqua, di ripulirsi fisicamente e mentalmente da impuri pensieri.
Riusc’ a poggiare il plug su quello che sembrava un porta sapone; era l’unica cosa sporgente che ci fosse l’ dentro.
Con la mano destra gir’ il rubinetto, mentre con la sinistra prese la pompa. Un forte rumore di tubature rimbomb’ nella stanza, ma fortunatamente sent’ anche un gorgolio, un frusciare, un flusso d’acqua; in pochi secondi dalla pompa inizi’ a fuoriuscire acqua.

Concentr’ lo schizzo lontano da lei per poterlo prima controllare. Dopo aver regolato il getto, pian piano avvicin’ la pompa per testare l’acqua.
Era fredda, freddissima, ma non aveva alternative.
Piano piano si bagn’ la mano destra e se la port’ al viso per rinfrescarsi e pian piano pulirsi.
Non aveva possibilit’ di vedersi ad uno specchio, ma immaginava in che condizione fosse dopo tutti quei bagni di sperma.
Era impensabile lavarsi i suoi capelli lunghi in quel momento, cos’ almeno cerc’ di lavarsi alla meglio viso e collo fino a sentire una sensazione di pulizia.
Le era stemperata un po’ la temperatura del suo viso dopo quella nuova vampata.

Pian piano scese con la mano bagnata verso il suo petto e i suoi seni che sobbalzarono al contatto con l’acqua ghiacciata.
I capezzoli piccoli e rosei, ancora doloranti, tornarono sull’attenti procurandole un misto di fastidio ed eccitazione. Dei piccoli chiodini in su comparvero e leggermente l’ bagn’ per idratarli e rinfrescarli prendendo un brivido.

Scese pian piano verso le sue parti intime e delicatamente inizi’ a rinfrescare vagina e sedere, passando per la zona perineale, per dar tregua e riprendersi dopo quell’orgia. Si – dovette ammetterlo – aveva partecipato ad un’orgia, essendo la protagonista principale. Come la peggiore delle puttane.

Il contatto dell’acqua con la vagina le diede grossi stimoli; aveva la vagina in fiamme e quel getto freddo la fece riprendere, la port’ alla realt’, fu catartico.
Apr’ leggermente le gambe, abbassando il bacino, continuando a lavarsi le grandi labbra, restando a bocca leggermente aperta per la sensazione di sollievo.

Ripens’ anche al precedente lavaggio e cosa aveva subito da DaMarcus e da quella strega. Ferm’ la mano che stava passando sulla vagina per un sussulto subito.
Pass’ per bene la mano anche tra le natiche e sullo sfintere che le bruciava ancora un pochino.
Riemp’ una mano d’acqua e se la gett’ tra le chiappe, come a volersi dare una bella ripulita, passando con due dita bagnate ancora intorno alla rosellina.
Non era abituata a prenderlo da dietro, era una situazione nuova e doveva rinfrescarsi e riprendersi ora che poteva…anche in quella zona.
Chiss’ cosa avrebbe dovuto fare il Maggiore per ripulirsi dopo tutte quelle impalate, non le sarebbero bastate una decina di clisteri.

Si sentiva meglio, ma quell’acqua ghiacciata nelle parti intime aveva catturato tutto il calore in lei, lasciandola spossata ed esausta. Pos’ la pompa, avviandosi pian piano torn’ al letto, sul luogo delle ultime perversioni.

Aveva poco meno di due ore di tempo e si tuff’ di peso sulle lenzuola bianche. Aveva paura di appisolarsi per il rischio di non svegliarsi in tempo cos’ socchiuse
solo gli occhi per riposarsi.
Non bad’ alla posizione….giaceva con le ginocchia alzate e le gambe spalancate, tenendo il sedere un pochino alzato e leggermente piegato a destra.
Era la posizione pi’ comoda in quel momento per dare aria ai suoi orefizi.
Pass’ le mani sui seni e poi sulla pancia. Si sentiva dimagrita, pi’ asciutta. In altri momenti sarebbe stata contentissima, ora la cosa le interessava poco o nulla. Non aveva fame; chiss’ forse quei fiumi di sborra l’avevano saziata o cos’ schifata di ingerire qualcosa.

Le faceva male un po’ la schiena, cos’ prov’ a girarsi pancia in gi’, lasciando il suo bel sedere tondo completamente esposto ad un eventuale intruso.
Ma non le interessava pi’ nulla. Ormai l’avevano cos’ vista in tanti modi ed usata a piacimento che la dignit’ ed il senso del pudore erano andati a farsi benedire. Sembrava passato un secolo da quando affermava che avrebbe dovuto resistere e mantenere un contegno, una dignit’.
Ormai era l’ a soddisfare cazzi ingordi; anche con tutte le resistenze del mondo sarebbe stata usata, anzi avrebbe solo sofferto di pi’.

Quella posizione pancia in gi’ si rivel’ particolarmente comoda e conciliante per un pisolino. Sebbene provasse a tenere gli occhi aperti, spesso e volentieri li teneva chiusi per diversi minuti.
Continu’ con questa dormiveglia per diverso tempo con i riposini che aumentano da cinque, a dieci, a venticinque minuti.

Sobbalz’ ridestandosi dall’ultimo sonnellino, cercando l’orologio. Ebbe paura.
Riusc’ a fissare meglio il quadrante dell’orologio e la paura si trasform’ in terrore…

Mancavano meno di due minuti all’ora concordata da Samantha e lei era ancora nel letto. Di scatto si alz’ e corse fino alla porta principale della stanza.
Un minuto le era pi’ che sufficiente per arrivare al portone indicato, ma per niente al mondo avrebbe fatto tardi.
Gli ultimi metri li fece mettendosi a quattro zampe per adeguarsi nuovamente al suo status. Sembrava fosse molto pi’ a suo agio e veloce ora.

Era pronta per bussare quando nuovamente il terrore si impossess’ di lei. Aveva lasciato il plug nel bagno, non l’aveva pi’ rimesso.
Il tempo era scaduto, non poteva tornare indietro ed inizi’ a tremare.

Buss’ e si gir’ di culo verso la porta come le era stato ordinato. Spinse fuori il sedere, cercando di mostrare il suo sfintere in segno di scusa.

L’aveva fatta grossa. Preg’ che tutto sarebbe andato bene e che non avrebbe rimpianto quel plug per il resto dei suo giorni.

Continua….

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Sara bussò forte una prima volta sul portone, dando spalle e sedere come le era stato intimato.
La tensione non le permetteva di stare a quattro zampe perfettamente ferma; la paura di aver dimenticato il plug nell’altra stanza la faceva tremare senza sosta.
Passarono cinque minuti, ribussò di nuovo. Pensò a come in quei cinque minuti appena trascorsi, di corsa, sarebbe riuscita ad andare e tornare dal bagno
perprendere l’oggetto. Ma in quanti minuti l’avrebbe rimesso? L’idea di farsi trovare impreparata le tolse quel pensiero.
Erano quasi passati dieci minuti, bussò una terza volta. L’ansia cominciava a salire, la paura traboccava da ogni suo poro.
E se avesse dimenticato o non ascoltato qualcosa di quanto le era stato detto? E se avessero scoperto quella sua mancanza? E se fossero scappati tutti?

La tensione le fece piegare la testa ancora più giù, le mani a coprire il volto, ancora più esposta in quella posizione quadrupede ed oscena. Era un verme nudo,
ridicola pensò, ma non si sarebbe mossa di lì per niente al mondo, avrebbe atteso, troppa la paura di essere ricatturata.

Finalmente, dopo quasi quindici minuti, sentì il rumore di una serratura in movimento e lo scatto del portone che si apriva rumorosamente.
Non osò alzare lo sguardo, guardare chi ci fosse ad attenderla. Rimase ferma ed in posizione tremando.
Una mano le toccò una spalla, salì verso i suoi capelli, afferrandoli e tirandola all’indietro.
Sentì l’alito sul collo, delle dita di una mano tastare le sue grazie e le sue chiappe in maniera ruda e rapida e poi, improvvisamente, sentì un “clic” sotto
l’orecchio. Le avevano messo un collare attaccato ad un guinzaglio.

Si girò finalmente a guardare chi fosse il carceriere di turno e rivide DaMarcus. Quell’uomo ormai, era palese, l’aveva presa come suo oggetto personale di sfogo.
DaMarcus le menò due schiaffoni sulle chiappe e cominciò a tirarla. Sara non era abituata a camminare in quella posizione, soprattutto a quella velocità e
dovette farsi forza per non rimanere strozzata dal collare.
Con un po’ di fatica entrambi attraversarono il portone e Sara si sentì inondare da uno sgradevole odore di muffa, umidità, acqua.
In lontananza notò dei soffioni e delle piastrelle e postazioni tipiche da doccia. La stanza nell’oscurità sembrava enorme, come tutte le altre viste finora.
L’avrebbero finalmente lavata? Ma soprattutto – pensò ansimando – chi l’avrebbe lavata? L’opzione di una gradevole doccia calda da sola, in tutto relax,
fu un sogno fugace che andò subito via.

DaMarcus la lasciò in un punto buio, non molto lontana dalla parete ad est, allungando il guinzaglio del collare per restare a qualche metro da lei.
Sul momento Sara non capì quel comportamento, ma tutto le fu più chiaro qualche secondo dopo, quando una lampadina venne accesa proprio sopra la sua testa.
Nella penombra vide spuntare gli altri tre omoni che aveva conosciuto in quei giorni, tutti armati di diversi secchi d’acqua e di alcuni scopettoni.

All’istante si vide circondata ed assediata da secchiate d’acqua che cominciarono ad essere scagliate contro di lei.
Un alternarsi di acqua ghiacciata e calda, un fuoco incrociato, che la fece scattare spaventata nel tentativo di divincolarsi da quella zona di tempesta.
Ma ogni tentativo di scatto si rivelò vano, in quanto DaMarcus ben la teneva al guinzaglio a distanza e ferma in quel punto, tirando senza gentilezza, senza
possibilità di scampo.
Finiti i secchi d’acqua, i tre omoni cominciarono a spazzolarla rudemente con degli scopettoni, come fosse un animale.
Ma per loro era una cagna pensò, e cercò di difendersi alla meglio.
Le scope la colpirono in volto, nelle sue grazie, sul petto in contemporanea e, dopo qualche tentativo, stanca degli assalti, si lasciò andare e si fece
strofinare per bene senza opporre ulteriore resistenza. Solo le spazzolate sulla sua vagina si rivelarono fastidiose ma, al secondo tentativo di chiudere le
gambe, due sonore sculacciate di Samir le fecero cambiare idea e restare inevitabilmente succube di quel martirio.

Dopo una decina di minuti di lavaggio, che parvero interminabili, DaMarcus sembrò soddisfattò e la tirò a se, alzandola quasi di peso, facendo presa sul collare.
Quell’uomo aveva una forza spaventosa, avrebbe potuto spaccarla in poco tempo pensò Sara. Cercò di essere ubbidiente preferendo gli scopettoni piuttosto che la
forza di quell’uomo contro di se.
L’uomo cominciò ad annusarla, tastarla, leccarla. Improvvisamente le tirò i capelli e spinse la testa della giornalista contro di se, in un bacio tanto
appassionato quanto forzato. Sara sentì come l’arnese dell’uomo cominciava a gonfiarsi e premere contro di se; non era un buon segno per lei.
La palpò in vari punti, strizzandole violentemente i capezzoli che erano diventati turgidi con l’acqua ghiacciata, giocando come fosse un suo oggetto.
Con uno scatto repentino poi, l’uomo la cinse per il bacino, ruotandola come fosse un fuscello; in un secondo Sara si trovò capovolta con la sua testa spinta
contro l’arnese di quell’uomo. Stavano facendo un 69 al contrario e l’uomo sembrava non avesse il minimo problema a tenerla così.
La testa dell’uomo si trovò puntata verso le grazie della donna e cominciò subito con la sua arte del lappare che tanto in difficoltà metteva Sara.
Ma anche Sara dovette darsi da fare in quanto due sculacciate ed un rimprovero le fecero capire che era tempo di succhiare.

La donna non aveva mai fatto un pompino in quella posizione e trovò qualche difficoltà a maneggiare l’arnese capovolta, mentre l’uomo lappava e stimolava senza
problemi.

Comprese le difficoltà della giornalista, l’omone si diresse verso il muro più vicino per dare stabilità alla situazione.
Sara si trovò poggiata capovolta e di spalle contro un muro gelido, bloccata tra un muro e l’arnese dell’uomo. Non aveva scampo; facendosi forza e cercando di
resistere al freddo cominciò a succhiare.
L’omone, vista la donna bloccata contro il muro, cominciò a pompare vigorosamente nella sua bocca, come se stesse praticando un intenso atto sessuale.
L’intera bocca di Sara sembrava subire traumi ad ogni colpo incessante, perdendo bava e rischiando di rimanere soffocata. Le stava scopando la bocca.

L’azione perpetua dell’uomo continuò per qualche minuto, con la giornalista che era completamente in balia nelle sue mani, incapace di rispondere, dimenarsi o
opporsi in qualche modo. L’arnese dell’uomo entrava ed usciva dalla bocca della donna quasi senza che lei partecipasse. In quel momento era solo un orefizio che
procurava piacere altrui.
Sara sentì l’uomo irrigirsi e velocizzare ancora di più la sua corsa; lei stessa legò i suoi piedi al collo dell’uomo visto che quelle lappate l’avevano
nuovamente scossa ed infiammata. Era il suo unico segno di vita in quella circostanza.
Un getto copioso di sborra eruttò dal pene dell’uomo nella bocca di Sara che fu vicina a strozzarsi.
L’uomo, fortunatamente, capì la situazione e sfilò il suo membro ancora mezzo duro dalla bocca dolorante ed anestetizzata della giornalista che cominciò a
perdere seme dalla bocca, impossibilitata per capacità e dolore a raccogliere quel “dono”.

Dietro di loro si sentì un battito di mani che sorprese entrambi. Samantha aveva probabilmente partecipato a tutta la scena in silenzio.
“Butta giù la schiava” esordì.
L’uomo, un attimo incerto, bloccò con forza le caviglie della giornalista e la poggiò per terra come un sacco di patate.
La donna si avvicinò fino a quando fu abbastanza vicino a loro due da mostrare quello che aveva in mano….il dildo che Sara aveva dimenticato in bagno.
“Animale, ti era stato detto di lavare la schiava e lasciarla lì” proseguì furente la donna. “Ora l’hai sporcata di nuovo e non hai nemmeno controllato che
fosse tutto ok quando l’hai prelevata. Guarda cosa si era tolta la troia” abbaiò la donna.
Se l’ingresso in quella stanza era stata da panico per Sara, la vista di quel dildo fu pietrificante per lei. Una morsa allo stomacò le preavvisò del danno in
cui si era cacciata. Quella maledetta donna era un falco con occhi ovunque, non le sfuggiva nulla.

Samantha prese una pompa nelle vicinanze e, tirando la testa della giornalista, le gettò un ghiacciato getto d’acqua per ripulirla e farla soprattutto
svegliare.
“Tu non mi vuoi veramente ascoltare, va bene, avrai quel che meriti” fu la sentenza della mistress.
Sara fu presa violentemente dal collare e tirata verso l’altro lato della stanza. Sapeva di averla fatta grossa e camminò a testa bassa senza fare storie.
Nella penombra Sara vide qualcosa che poteva essere una sedia di legno o un insieme di tavole.
Fu spinta, andando a sbattere contro il legno freddo e massiccio.
Fu fatta sedere ma non si accorse che c’era uno schienale recrinabile e finì con la schiena completamente dritta verso terra.
Era su un piano orizzontale con delle stecche di legno laterali molto possenti dalle quali spuntavano due manette sporgenti.

DaMarcus si accucciò dietro di lei e le legò le mani all’indietro affinchè non potesse muoverle; Samantha invece, dal canto suo, non perse tempo fissando le
manette alle caviglie della donna. Non contenta, cinse anche le cosce della donna alle stecche con qualche corda.
Sara era immobile ma aveva così paura di poter fare altre scemenze che non si mosse, parve quasi non respirare.

Un rumore metallico, un qualcosa che veniva trascinato fu udito dalle sue orecchie. Così distesa riusciva a vedere solo l’imponenza dell’omone su di lei.
Improvvisamente sentì un qualcosa di liquido passare sulle sue grazie e sul suo sfintere, una mano sapiente la stava lubrificando per bene.
Pensò che sarebbe stata nuovamente penetrata dall’omone o avrebbe fatto una nuova gangbang con gli altri uomini.
Inerme al suo destino, sospirò e pregò che tutto finisse subito. Non avrebbe opposto resistenza per non aggravare la sua posizione.

Invece sentì qualcosa punzecchiare sulle sue parti intime; provò ad alzare la testa e vide la donna chiuderle le grandi labbra con quattro mollettone.
E adesso? che cosa le avrebbe fatto? Che cosa aveva in mente quel diavolo di una donna? Pensò che in quel modo solo la sua bocca ed il suo culo sarebbero stati
accessibili ed un brivido le attraversò la schiena. L’avrebbero impalata così brutalmente?

Non ebbe tempo di pensare che un nuovo rumore, simile ad un motorino, riempì la stanza. Aveva una cadenza regolare, come di qualcosa in movimento.
Quando capì fu troppo tardi. La donna le stava inserendo un grosso dildo nello sfintere collegato ad un motorino automatico e lei non poteva far nulla per
evitarlo. Iniziò ad ansimare e tremare man mano che realizzava la gravità dell’evento, ma la mistress continuò imperterrita nell’azione.
Quando fu soddisfatta azionò il motorino a velocità media e Sara spalancò la bocca: un oggetto esterno stava violando il suo didietro con ferma regolarità e
non si sarebbe fermato fino a quando qualcuno non l’avesse spento. E se fossero andati via? che cosa le avrebbe fatto quell’arnese?

Grazie alla sua azione meccanica ed asettica, quell’aggeggio cominciò ad entrare sempre più nello sfintere della giornalista che iniziò a contorcersi per il
dolore provocato, nonostante la lubrificazione. Inspirava ed espirava per mantenere la concentrazione. Il problema era che l’aggeggio la faceva fisicamente
ballare sulla tavola e tremare e,involontariamente, quell’azione così perpetua cominciò a darle una certa stimolazione con conseguente ingrossamento delle sue
labbra.
Dopo qualche minuto la molletta più in basso si staccò facendola sobbalzare. Si sentiva sempre più bagnata lì sotto e sempre più piena nell’intestino.
Iniziò a sbraitare qualcosa, piagnucolando contro la donna affinchè la smettesse. Samantha, per contro, parve aumentare la velocità dell’arnese.
Sara riusciva a respirare solo con la bocca aperta, tirando il collo all’indietro per gli spasmi in atto. Le ginocchia volevano cedere, ma le sue gambe erano
ben bloccate a quelle assi. Stava avendo un orgasmo, il suo primo orgasmo anale e, di nuovo, non era padrona di se e delle sue azioni.
Lì sotto ben presto fu un lago ed anche la terza e la seconda molletta vacillarono per poi staccarsi.

Difronte al nuovo dolore, la ragazza involontariamente inarcò la schiena spingendo ancora più giù, liberando ancora più spazio per l’arnese meccanico che
martellò ancora più in profondità. Sara era nel panico ed iniziò ad ansimare furiosamente.

Samantha era una statua e si avvicinò alla giornalista guardandola e sorridendo. Tirò fuori un vibratore rotante che puntò verso il clitoride, tenuto ben
esposto dalla prima molletta. L’azione del vibratore, combinata col quel martello nello sfintere, fu devastante per il fisico di Sara e la sua psiche.
Martellate di stimoli al suo cervello, con le sue gambe che, nonostante il blocco, erano tiratissime nel tentativo di spalancarsi.
Le dita delle mani e dei piedi erano allargate, aveva fatica a respirare ed ormai era con gli occhi spalancati.
Digrignò i denti bianchissimi e cominciò ad urlare portandosi intorno il suo pubblico.

I quattro omoni si misero due per lato assistendo felici alla scena. L’orgasmo montò violentissimo e Sara non si trattenne dal gridare dando forza di tutto il
suo godimento. Con la schiena così inarcata e le chiappe così strette aveva quasi bloccato l’aggeggio, ma l’azione del vibratore in quel momento la fece andare
fuori di testa. Era un fuoco, sembrava indemoniata e, senza accorgersene, iniziò a squirtare dalla sua vagina rilasciando liquidi.
Era sempre stata scettica riguardo certe capacità femminili, ma dopo quel momento dovette ricredersi.
Aveva perso ogni remore, così esposta al suo pubblico, così nuda, così verme, così impotente, ma aveva goduto come la peggiore delle cagne in calore.
Si morse così forte le labbra dopo una decina di scosse d’orgasmo che sentì presto il sapore del sangue.
Aveva perso così il controllo che non si era accorta che due uomini le stavano palpando e stropicciando i capezzoli.
Per alcuni minuti le sue urla di piacere avevano riempito la stanza, arrivando ad essere udite chissà dove.
L’orgasmo era stato prolungato e terrificante, una cosa mai provata prima d’ora.

Samantha le si avvicinò con il suo solito falso aspetto materno accarezzandola. Si accorse di essere madida di sudore, calda ed ancora tremante.
“Se vuoi, possiamo continuare così per tutta la notte” sorrise la donna “oppure facciamo che ci siamo capite e da oggi inizierà un nuovo capitolo, di obbedienza
e serietà da parte tua nei miei confronti. A te la scelta”.
Sara, rossa in volto e con le lacrime al volto per il mix di emozioni subite, riuscì solo a spostare la testa in segno di diniego e resa, respirando
rumorosamente provata dalla situazione.
“No nooooo basta, farò tutto quello che vuoi, sono al tuo servizio. Ma ti prego basta” furono le uniche parole che riuscì a biascicare mentre le tremavano
anche le labbra, con dei solchi scavati dalle lacrime sul viso.

Samantha sorrise falsamente comprensiva e battè le mani intimando un “Liberatela”.
Gli omoni seguirono a toglierle manette e corde, liberando le gambe che caddero di colpo per terra, senza la capacità di essere controllate.
L’arnese le fù tolto con un po’ di fatica dal sedere. Sara sentì un vuoto crearsi nelle sue intimità per quanto era stata violata. Aveva paura di sapere qual
era stato il risultato di quel trattamento.La giornalista fu tirata su di peso da due uomini; l’orgasmo irruento e devastante l’aveva spossata oltremodo,
lasciandola non padrona del suo fisico.

Samantha le si avvicinò accarenzandole nuovamente il volto “Adesso la vuoi fare una bella cosa per me?”
“Tutto quello che vuoi” fu la risposta della ragazza a testa bassa, singhiozzante.

Sara fu trasportata a spalle verso la zona più illumanata dello stanzone dove un grosso volume, simile ad un cubo, giaceva coperto da un telone.
Non sapeva cosa ci fosse sotto, ma soprattutto aveva paura di quello che sarebbe stato il compito da fare. Ma non avrebbe mai più disobbedito si ordinò.

I due uomini liberi si avvicinarono a quella sorta di scrigno e si mossero per togliere il telo.
Quello che vide Sara la lasciò ancora di più con la bocca aperta.
C’era una gabbia e dentro la gabbia c’era il Maggiore Smith in versione cavallo.

A quattro zampe, imbrigliata e con una museruola alla bocca. Alle spalle una lunga coda sembrava partire dal suo sedere.
Sara non sapeva cosa avrebbe dovuto fare, ma fu nuovamente terrorizzata.

Quell’incubo non voleva proprio avere fine.
Continua..

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