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Il giorno dopo si svegliarono di buon’ora, e dopo una colazione veloce tornarono in spiaggia. Giulia, manco a dirlo, era spaventosamente bella. Forse complice la giornata precedente, o forse per qualcosa che stava cambiando dentro di lei, aveva scelto un costume bianco tanto minimal quanto audace: la brasiliana lasciava ben poco all’immaginazione, scoprendo interamente i glutei, e il reggiseno, appena sufficiente a coprire i capezzoli, esaltava la rotondità del seno. Il pube sembrava glabro, dettaglio che non passò inosservato a Daniele.
Giulia era allegra, quasi frizzante. Lei e Daniele avevano iniziato a scambiarsi battute già dalla colazione, e ora si toccavano “per scherzo”, come fanno due amici che fingono d’essere solo amici ma flirtano sotto gli occhi di tutti. Francesco fingeva di non vedere, ormai consapevole che la situazione doveva solo compiersi.
Ma poco dopo essere arrivati in spiaggia, Daniele cominciò a ricevere messaggi sul cellulare. Rispondeva col suo solito sorriso da predatore in caccia. Poi, poco prima di pranzo, si alzò e con aria tronfia annunciò:
«Ragazzi, il dovere chiama. Una delle tipe di ieri mi ha scritto: ha finto un malore, il fidanzato è in spiaggia con gli amici… abbiamo la camera d’albergo fino a stasera. Vado a salvare una donzella dalla noia del rapporto di coppia. Ci vediamo a cena. Fate i bravi.»
Prese la sua roba e se ne andò, lasciando Giulia e Francesco inebetiti.
Il silenzio che seguì fu pesante. Giulia sembrava trasformata: la leggerezza della mattina aveva lasciato spazio a una tensione nervosa, come se qualcosa dentro di lei si fosse incrinato.
«Certo che è proprio un coglione Daniele,» sbottò dopo un po’. «Quel poveraccio in spiaggia con gli amici, ignaro che la sua ragazza se la sta spassando con un altro. E lei… che schifo. Puttana.»
Francesco la osservò, sorpreso. L’indignazione era vera, ma anche troppo forte per essere solo morale. C’era gelosia in quella voce. E questo lo eccitava.
Provò a minimizzare:
«Ma dai, che ti importa? Ok, non è elegante… ma alla fine lui è single. Che doveva fare, restare con noi a fare da terzo incomodo?»
Lei lo fulminò con lo sguardo.
«Che discorso idiota. Primo: non mi pare che io e te stessimo amoreggiando. E poi, ti piacerebbe se io ti tradissi con il primo idiota che ci prova, solo perché ha una bella mazza?»
Francesco sgranò gli occhi. Ma Giulia recuperò subito:
«Me l’hanno raccontato delle mie amiche. Il punto è un altro: lui è uno stronzo. E tu sei peggio, se non te ne accorgi.»
Lo aveva steso. Ma invece di arrabbiarsi, Francesco provò un piacere perverso nel vederla così coinvolta. Era la prova definitiva: desiderava Daniele.
«Hai ragione. Scusa, amore» disse piano.
«Lo so» rispose lei, gelida, e si girò sul lettino, dandogli le spalle.
La giornata proseguì così, con Giulia più silenziosa, ancora infastidita. Di Daniele nessuna notizia. Decisero di tornare a casa e preparare la cena in attesa del suo ritorno.
A tavola, Giulia si era ammorbidita. Si era scusata con Francesco per il malumore. «Non so cosa mi sia preso… ma stasera mi farò perdonare.»
Si era presentata scalza, con dei pantaloncini cortissimi e una maglia bianca senza reggiseno. I capelli ancora bagnati. Una visione. Daniele non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, e lei, consapevole, faceva di tutto per punzecchiarlo: movimenti sensuali, schiene inarcate, capezzoli che si intravedevano tra le pieghe del cotone.
La tensione era palpabile. Lei sembrava essersi distesa, ma aveva mantenuto quell’aria offesa e altezzosa da bambina viziata. Daniele provava a farla ridere con qualche battuta, e a volte ci riusciva. Lei lo guardava tra il seccato e il divertito.
«Mmm… che profumo usi?» chiese Daniele, avvicinandosi da dietro mentre sparecchiavano.
Giulia si scostò appena:
«Forse è quello della tua conquista, quello che senti.»
Daniele rimase un attimo in silenzio, spiazzato. Poi fece finta di niente e continuò a sparecchiare.
Dopo cena, un film sul divano. Giulia si sistemò tra Francesco e il bracciolo, volutamente lontana da Daniele. Si rannicchiò tra le sue braccia, ma ogni tanto lanciava occhiate al terzo incomodo. Lo sorprendeva a guardarle le gambe, a sbirciare nella scollatura della maglietta, o semplicemente a fissarla con uno di quegli sguardi da “lo sai anche tu, no?”.
Alla fine del film si salutarono con una buonanotte un po’ troppo normale.
E andarono in camera.
In camera, Francesco la baciò. Le mani scivolarono lentamente sui fianchi, poi sotto la maglietta, sollevandola con delicatezza. I seni, tesi per l’eccitazione e l’aria fresca della sera, si rivelarono nudi e splendidi. Li baciò, ad uno ad uno, accarezzandoli con le labbra, soffermandosi sui capezzoli. Lei chiuse gli occhi, lasciandosi andare a piccoli gemiti di piacere.
Ma nella sua mente c’era un altro.
Daniele.
Quello stronzo che la faceva sentire viva, anche solo con uno sguardo. Sentiva le mani di Francesco, ma immaginava le sue. Le sue labbra, i suoi baci.
Aprì gli occhi sull’orlo dell’orgasmo, le mutandine fradice a confermare quel tradimento mentale. Un pugno allo stomaco di colpa la colse all’improvviso. Aveva davanti l’uomo che amava. Eppure…
Prese il viso di Francesco tra le mani e lo sollevò dolcemente.
«Scusami amore… non sono dell’umore giusto. Perdonami.»
Lui cercò di mascherare la delusione, le sorrise piano.
«Non ti preoccupare, amore mio.»
Le diede un bacio sulla fronte e l’abbracciò forte. In quell’abbraccio c’era comprensione, cura, dedizione. Lei pianse piano, in silenzio.
Francesco le sollevò il volto, asciugandole le lacrime con il pollice.
«Amore, non piangere. A tutti capita una giornata no.»
Lei gli sorrise appena, in silenzio. Poi, come se avesse deciso qualcosa:
«Adesso ci penso io a te. Solo perché non mi sento in vena, non vuol dire che tu debba restare a bocca asciutta.»
Lo fece stendere sul letto. Si sedette accanto a lui, con il bacino ruotato verso il suo.
«Sai, ho notato che ultimamente sembri… particolarmente affascinato dai miei piedini» disse con un sorriso malizioso.
Il corpo di Francesco – o meglio una sola parte – reagì subito, visibilmente. Lei lo notò e ridacchiò.
«Oh… che porcellino…»
Allungò un piede e lo sfiorò sull’asta, che reagì immediatamente.
«Ho letto che molti uomini iniziano a venerare la loro donna da lì. Dai piedi. Come se fossero piccole dee…»
Nel dirlo, lo prese tra le piante dei piedi e iniziò a masturbarlo lentamente.
Francesco ansimava, in estasi. Gli occhi incollati su di lei, su quel volto divertito e dominante. La sensazione, la vista, l’odore… tutto lo portava oltre ogni controllo.
«Adesso sdraiati e goditela… non trattenerti, questa sera è tutta per te.»
I movimenti diventarono più rapidi, più profondi. Saliva e scendeva con precisione crudele, portandolo ogni volta sull’orlo del piacere, poi rallentando, premendo sul glande con l’alluce a bloccargli l’uscita.
Francesco si contorceva, senza più fiato.
«Ti prego… non ce la faccio più… fammi venire…» supplicò.
Lei rise.
«Dai amore… ancora un po’. Non vorrai finire così presto, vero? Che figura da feticista impaziente faresti…»
Era eccitata. Si vedeva, si sentiva. Infilò due dita sotto le mutandine e iniziò a toccarsi. I suoi mugolii si facevano via via più intensi, più disinibiti. Francesco chiuse gli occhi.
«Ti prego… se continui… vengo subito…»
«Non ti azzardare a venire prima di me… dobbiamo farlo insieme… mmm… sì… sì…»
I suoi sospiri riempivano la stanza.
«Oh mio Dio… sì… sto per venire… sì… sì… sì!»
E esplose. Scosse il corpo in un fremito. Stringeva le lenzuola, piegata dal piacere.
Fu la fine anche per lui. Senza nemmeno toccarsi. Solo con l’immagine di lei che godeva, i suoi piedi ancora stretti attorno al membro. Il piacere esplose in un’ondata calda, coprendole i piedi.
Lei, ancora ansimante, rise piano.
«Wow. Ti piacciono davvero tanto se ti basta averli addosso per finire così.»
Si pulirono e si misero a letto, uno accanto all’altra. Parlarono un po’, poi si spensero le luci. Ma il sonno non arrivava.
Passarono dieci minuti. Poi venti. Francesco fingeva di dormire.
Sentì il letto svuotarsi. Passi scalzi sul pavimento freddo della casa in affitto.
Giulia uscì in corridoio.
Poco dopo, una porta si aprì piano.
E una voce bassa.
Daniele.
“Ehi… problemi a dormire?” le disse Daniele, la voce bassa e roca nel silenzio della notte.
Passò qualche secondo prima che lei rispondesse, quasi sorpresa dalla domanda. Poi, con voce tranquilla ma tirata:
“Mi serviva solo un bicchiere d’acqua.”
“Ci posso credere… da quanto ho sentito la serata si è conclusa bene,” aggiunse lui con tono allusivo, una risatina appena accennata.
Giulia rise. Brevemente. Nervosa.
Francesco, nel letto, tese ogni muscolo. Le orecchie aperte, il respiro trattenuto. Il cuore batteva furioso e il suo sesso si era rianimato, rigido, ostinato. Avrebbe voluto alzarsi, spiare dal corridoio o guardare dallo spiraglio della porta, ma era troppo rischioso. Rimase immobile, gli occhi spalancati nel buio.
Poteva solo ascoltare.
Li sentì continuare a parlare sottovoce per qualche minuto ancora, poi il silenzio calò d’improvviso. Era ancora sveglio, lo sguardo fisso nel nulla, la mente che viaggiava. I minuti scorrevano, poi le ore. Aveva perso il conto di quanto tempo fosse passato. Ma nella sua testa la scena si era già accesa, nitida, bruciante.
Le immagini lo assalivano senza che potesse impedirlo: Giulia e Daniele, i loro corpi che si cercavano con urgenza, il suo sorriso mentre si lasciava andare tra le mani di un altro. La gelosia lo stringeva, ma la mente non smetteva di accendere fantasie, dettagli, suoni, respiri trattenuti e poi liberati.
Era ancora in erezione. Dolorosamente duro. Ogni nervo teso.
Poi, quando ormai aveva quasi perso la cognizione del tempo, sentì di nuovo dei passi leggeri nel corridoio. Giulia rientrava in punta di piedi. Si infilò nel letto piano, senza fare rumore, e dopo pochi istanti la sentì abbandonarsi al sonno.
Francesco aspettò che il suo respiro si facesse regolare, poi si alzò piano. La osservò in silenzio, illuminata solo dalla luce lunare che entrava dalle persiane. Le gambe nude riflettevano la luce della luna sembrando di perla. Sul viso, un sorriso. Un sorriso nuovo, che non le vedeva da mesi.
Un sorriso che Francese sapeva non essere per lui.

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