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Il Consulente – Il nuovo Studio

By 10 Luglio 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi chiamo Pablo. Sono un consulente in una provincia del Sud. Il mio lavoro mi porta a risolvere casi che hanno a che fare con affari familiari, di imprenditori e associazioni. Niente di che.
Mi piace scopare e anche tanto e sono etero, solo donne; approfitto delle occasioni, a volte le creo, a volte mi cercano. In ogni caso mi piace e basta. Non stiamo qua a misurare se lungo, corto, grosso e grasso: a me piace godere se trovo chi vuol divertirsi.

Il guaio che spesso questo accade nello studio di cui sono titolare. Non sono narrate storie con clienti o almeno non sono solo quelle: alcune sono vere, altre troppo, e i nomi sono fasulli.

Ogni storia è a sé stante: riguarda un fatto, con prologo, epilogo, ed è in capitoli. A volte i nomi possono intrecciarsi, si procede in ordine di tempo.

Ormai erano anni che cambiavo studio in associazione con altri colleghi. La cosa non mi piaceva più che tanto. Da quando ero tornato in città, avevo cambiato quattro studi associati in fretta, troppi maschi e tutti troppo sposati: tenevano rigorosamente separata la vita privata da quella lavorativa, figli e mediocrità avevano fatto il resto. Non c’erano collaboratrici, quando si dice che in certi settori non esiste la parità di genere.

A giugno, lasciai perdere e mi ritrovai con un’offerta che non potevo rifiutare: al quinto studio associato, mi proposero una stanza tranquilla d’angolo, in una villa con giardino interno in una zona di periferia, connessioni varie, e gestione del portafoglio clienti per specifiche tematiche, una partecipazione alle spese, neanche alte, su base mensile, parcheggio libero. Dovevo solo portare lì il computer.

Il titolare era un vecchio amico, vecchio abbastanza da prendere su il Viagra per scoparsi Alessandra, la sua segretaria e collaboratrice bruna e figa che stava là dentro, su tacco 10, magra, culo a mandolino e una terza di tette, grandi occhi verde scuro. Lui si era premurato di farmelo sapere e d’altronde una che ci lavora per 20 anni lì, con qualche arretrato mensile, qualcosa se la doveva far perdonare dalla moglie di lui. Il viso era dolce, e già come mi squadrò al mio arrivo ci eravamo intesi sul territorio e sul suo controllo: io sulle mie e nella mia stanza, e lei avrebbe fatto lo stesso. Ciao. Giornate così mi avrebbero solo rotto i coglioni.

Quel giorno montai e aggiunsi qualche mobile e la scrivania, appoggiai il computer fisso: lei stava sulla porta e mi fissava, con la sigaretta da accendere ancora in mano chiese:

– Ti serve niente?
– No grazie, ancora poco e ho fatto tutto – dissi mentre collaudavo gli accessi e testavo i collegamenti alla rete Internet
– Pausa? – gesticolando con la mano nell’aria
– No, finisco, poi ritorno domani, sono stanco.
– Sono le 7… è quasi sera tardi… fa caldo.
– Ho molto da fare, vorrei chiudere queste cose, riposare e venire presto domani mattina.
– A che ora arrivi?
– Le 8, massimo le 8.30
– Ci sono anche io per quell’ora, gli altri arrivano più tardi, per le 10.30, dopo il giro uffici.

Cominciai a guardarla con attenzione: ho capito perchè il vecchio se la scopava solo da come teneva in bocca la sigaretta. In quel momento l’idea di metterla a pecorina sulla scrivania………… ok basta. Finisco o lo faccio davvero.

Finii in fretta e uscimmo insieme, lei prese su la sua piccola auto e tornò a casa, da marito-figlio piccolo-figlia grande (“due e quattro anni”). Io mi incamminai verso casa, non lontano mi chiamò Antonio e passammo la serata a bere birra in un locale di amici.

Giugno era appena cominciato, e l’estate si preannunciava calda. Molto.

Alessandra il giorno dopo si presentò vicino alla porta esterna, quella che delimitava il giardino dello studio mentre parcheggiavo la macchina. Aveva un pantalone lungo, nero, e camicetta trasparente, il reggiseno teneva su quelle due tette superbe anche dopo le due gravidanze.

– Caffè? Ogni mattina al bar…- propose – offro io..!
– Sì, ok, tu offri il caffè, io il cornetto.
Accordo preso. La seguii non sapendo dove andare tra i tre bar della zona. Scelse quello più vicino e anche quello con il caffè e i cornetti più buoni. Da dietro vedevo il suo ancheggiare sui tacchi 10: sì il culo ondeggiava, e sotto la camicia si intravedeva il suo perizoma, poco fuori dal bordo del pantalone. Lei fumava.

Al bar ci sedemmo fuori. Arrivarono con i caffè e i cornetti. Alessandra aveva schiacciato la cicca nel posacenere sul tavolo, alzò lo sguardo. Accavallò le gambe, prese un cornetto e si mise in posizione di ascolto: mangiava e poneva domande.

– Quindi sei rientrato? Dove stavi prima?
– Sì, Milano
– Non vivevi bene su?
– Molto, avevo messo su casa.
– Era bella?
– Sì tanto, amo arredare la mia casa
– Ho visto da come monti i mobili..?
Le domande erano lasciate cadere nel vuoto con nonchalance mentre sentivo i suoi sguardi dappertutto. Non che fossi da meno: seguivo con lo sguardo le linee del suo corpo. Le risposte a monosillabi mi servivano per prendere tempo.
– Bassa manovalanza.
– Torniamo? sono le 9.00
– Ok.
Il caldo si faceva sentire e quando entrammo in studio il condizionatore ci fece trovare una temperatura più mite.

La giornata andò avanti tra ricevimento clienti, altri caffè. Alessandra correva da una parte all’altra dello studio, stampava, caricava dati, ristampava senza sosta tra una sigaretta e l’altra. Ogni tanto si affacciava sulla porta, chiedeva più confidenza. Sì va bene, ma ho da fare.

In tarda mattinata mi alzai per andare al frigo a prendere l’acqua ghiacciata. La trovai che si era persa a cercare il suo pranzo. Il suo culo era lì, imperioso, sollevato in alto, la camicetta scorreva lungo la schiena mentre lei era china. Sì la posizione invitava. No, non era il momento ancora.

– Cerchi…? chiesi
– il mio pranzo. A pranzo mi fermo a studio, gli altri non ci sono e ritornano alle 4 oggi pomeriggio, stanno sempre in giro da clienti. Se vengono, poi. A volte sono assenti tutto il giorno.
Pensieri cattivi affascinavano la mia mente. E il culo ondeggiava davanti alla patta dei pantaloni e zio Peppe si scatenava. Io volevo solo un po’ di acqua fresca e con quella lo avrei inzuppato, almeno si calmava.
– Offro il pranzo… – proposi
– Ok, non mi andava di mangiar verdure
– Vegan, vegetariana etc…?
– No, mi mantengo leggera tra gravidanze, lavoro voglio mantenere la linea…
– Complimenti, ci riesci – non mi andava di adularla, la frase si spense lì mentre prendeva la borsa e uscimmo.

Il pranzo prese un’ora e mezzo, chiacchiericcio, qualche bolla di vino rosè e due pizze fecero il resto. Caffè e ancora il fuoco di fila delle domande. Le solite 5 domande mi colpirono: sono quelle che le donne fanno per sapere quanto sei benestante e come ti guadagni da vivere e fanno la scansione della tua Dichiarazione dei Redditi senza aver bisogno dei numeri. Quando le fanno qualcosa non quadra nella loro vita….
– A te come va Alessandra?
– Sposata, due figli, lavoro qui da molti anni, annoiata, sto lavoro mi ammazza e vorrei cambiarlo.
Ok, passi la prima parte, la seconda era una clamorosa bugia.
– Perchè cambiare lavoro?
– Sono chiusa là dentro ogni giorno per almeno 10 ore ed una paga di merda.
Il vino, doveva essere stato lui. Il meccanismo di autodifesa e autoprotezione stava andando in frantumi. Il caffè preso non aveva impedito di aprirsi. Anche alla camicetta, ora vedevo meglio il suo seno pienotto.
– Puoi cambiare vita o preferisci altro?
– Provato, ma voglio garanzie. Ho famiglia.
Ok, capito per cosa la teneva il vecchio. Sadico però. Anche se di sadico c’aveva ben poco.
– Una con le tue competenze…
– Ce ne sono tante. Fanno a gara.
Mi alzai presi gentilmente la sua mano per farla alzare e tornammo a studio. Fu sorpresa del gesto.

Nel primo pomeriggio, un giro di telefonate avvertì che nessuno si sarebbe fatto vivo a studio per l’ennesimo convegno di formazione, buona scusa per ciascuno di farsi i cazzi propri senza renderne conto a chiunque. Poi Alessandra cacciò l’urlo perchè il computer si era “piantato” mentre faceva una lunga elaborazione. Venne nella mia stanza:

– Lo metti a posto?
– Non so. Mai messi a posto gestionali di contabilità
– E’ una cosa di trasmissione telematica
– ok, fammi vedere poi ti dico se chiamare i tecnici o meno.
Mi sedetti davanti al suo computer e riavviai un paio di volte, compresi il problema e lo sistemai, giusto un quarto d’ora. Lei era in piedi appoggiata sul lato corto della scrivania ad elle, e avevo il gomito a pochi centimetri dalla sua fighetta. Ogni tanto la urtavo, troppo spesso. Lei se n’era accorta ed incoraggiava la cosa.
– Hai avuto un arresto di sistema sul computer mentre elaboravi questa procedura telematica. Si blocca se il file non è corretto. Nel tuo caso, la versione vecchia del linguaggio java ti pianta la macchina. Ora aggiornato tutto e funziona. La prossima volta schiaccia questa icona quando compare il messaggio e va tutto ok. Altrimenti chiama me.
Lei era fissa con lo sguardo sullo schermo. Avevo indicato tutto con la mano sinistra ed il mouse, con il gomito destro le urtavo le tette e lei diventava rossa. Spostai la mano destra e la misi nel cavallo dei pantaloni. Prima strinse le cosce poi le allargò. Cominciai a massaggiarla fuori dalla stoffa lentissimamente. Sentii il respiro contratto.
Il cazzo era in tiro nei jeans. Le sbottonai il pantalone e lo tirai giù, impedendole di muoversi: continuai con il massaggio sul perizoma mentre sentivo i suoi umori colare sulle dita e bagnare entrambi: fradicia. Il respiro era sempre più corto. Il cazzo voleva saltare fuori dai miei boxer. L’odore di sesso era forte. Le piantai due dita, l’indice e il medio, senza riguardo nella fighetta depilata, pentrarono con facilità per quanto era bagnata. Mugolò.
– Può… veeenireee qualcheeee….. cliente – disse
– E partecipa! – aggiunsi. Me ne fottevo.
Mi guardò con faccia sconvolta. Ma non sarebbe arrivato nessuno, era giornata di chiusura al pubblico.
Sganciai il reggiseno e lo sfilai dalle maniche della sua camiciola: se c’è una cosa che adoro sono le trasparenze. Qui ce n’era tanta e i capezzoli puntavano turgidi strusciandovisi contro. Lei era ancora poggiata alla scrivania sui gomiti, non parlava, mugolava trattenendosi. La fica colava e lei assecondava la penetrazione spingendo indietro il bacino. Il perizoma era bagnato di umori e la macchia si vedeva. Qualche goccia veniva giù, non più assorbita.

– Che mi staaai faceeendoooo…. – non era convinta – lo diiico a miooo mariiitoooo – non era convincente
– che sei puttana e scopi in studio. che ti piace tanto e non ne puoi fare a meno – continuai.
Un accesso di contrazioni e qualche spasmo le impedirono di parlare: certe verità sono peggio di una violenza fisica. Sì, sono cattivo, appena sento le contrazioni aumentare smetto di colpo e poi riprendo lentissimamente. Vuoi mettere come cola? vuoi mettere come stare fermi per qualche minuto fa diventare spasmodica l’attesa? Sfilai l’indice bagnato dai suoi umori, misi dentro l’anulare e cominciai a spingere con più forza, ripetendo il giochino. I capezzoli erano scuri, duri, la zona intorno al collo rossa e avvampata. Con la punta dell’indice le cominciai a lavorare il buchino posteriore. Capì subito.
– Dieetroo no, maai faattou!
Sull’ultima vocale le avevo piantato l’indice su per il culo e già mi gustavo le contrazioni dello sfintere. Culo pulito, non c’è che dire. Spostai l’anulare dietro, ormai si stava allargando. Infilai il mignolo della mano insieme all’anulare nella fica. Piano piano cominciò a gocciolare. Era quasi prossima all’orgasmo. Mi fermai di colpo. La faccia era tiratissima, tolsi la mano di colpo e lei strinse i denti.
Il cazzo avrebbe rotto i jeans tra poco. La presi di peso e la portai nella mia stanza, mezza nuda come stava. Le tolsi i pantaloni, il perizoma e la feci sedere sulla poltrona, i seni duri sfidavano la legge di gravità. Mi tolse pantaloni, boxer e acchiappò il cazzo direttamente in bocca a farmi un pompino, io seduto sulla scrivania. Si aggrappò al mio culo e si ingoiò tutto il cazzo fino in gola, sentivo la lingua che mi sbatteva la cappella quando usciva e la sua punta che percorreva tutta l’asta. Sentivo le palle gonfiarsi e le loro contrazioni. Poi cominciai a scoparla in bocca e cominciai a darle il ritmo tenendole la testa tra due mani, con lei che in alcuni momenti rischiava di soffocare.

Alessandra era a cosce aperte sulla poltrona con indosso la camiciola aperta tranne gli ultimi due bottoncini in basso. Le accarezzavo i capezzoli con una mano mentre continuava ad ingoiare centimetri di cazzo ad ogni colpo. Ogni tanto gliene torcevo uno, lei stringeva la bocca per il dolore e sentivo un morso leggero sulla cappella, poi infilava la lingua nel buchino, insalivava tanto, risucchiava, risbatteva la lingua e lo ingoiava di nuovo. Avevo il cazzo duro, durissimo e non ne voleva sapere di sborrare. Lei era fradicia, a tal punto da bagnare la poltrona e fare pompini le piaceva, anche tanto. Cominciò a massaggiarmi i coglioni, voleva accelerare la venuta. Mi staccai dalla sua bocca e lei cominciò a segarmi lentamente:
– ti piace? – chiese
– servizio completo? –
– sì ho molta voglia… scopami! – lo prese in bocca e continuò a segarmi piano.
Presi due mollette e le strinsi intorno ai seni, altre due strinsero i capezzoli. Cominciò a sentire dolore e non protestò.
– Schizzami in bocca! Ora! Mi piace bere!
“Interessante!” Pensiero stupendo perverso…. schiava!
– Non ancora….
Le piazzai altre due mollette sulle grandi labbra, era troppo eccitata, la poltrona era un lago. Rimandai la questione schiava a più tardi, per ora andava bene così.
Mi accorsi che il citofono aveva suonato un paio di volte. Ma chi se ne frega? Se qualcuno dello studio fosse entrato lo avrei coinvolto. Se clienti potevano andar via, come accadde.
Le tirai fuori un seno che voleva nascondersi, con tutte le mollettine. Cominciò a segarmi e succhiare sempre più forte ed alla fine le riempii la bocca di sborra calda e densa. Cercò di deglutire, era troppo e cadde sul mento, poi continuai a schizzarle su viso, seni e camicetta, mentre lei segava ininterrottamente.
– Pulisci! – le ordinai
– Mah…! –
– Non voglio ripeterlo… – mano pronta, non avevo intenzione di schiaffeggiare.
Ingoiato! Di nuovo! Uscì dritto e sicuro, il cazzo. Alessandra non aveva intenzione di mollare.
IO ero in una posizione un po’ scomoda. Le presi i capelli e la alzai. Tirai forte, mi guardò come a chiedere poi abbassò gli occhi. Scambiammo posizione: io sulla sedia. Lei per terra in ginocchio, sempre a succhiare, il mio alluce a solleticare il clito. Glielo piantai dentro e sentii gli umori colare, le labbra ancora strizzate tra le mollettine.

La tirai su, la distesi sulla scrivania, comoda e larga, le aprii le cosce e poi misi la lingua sul clito. Venne quasi subito. Gli umori erano dolci, pieni e ricchi, abbondanti. Continuai a succhiare e leccare il clito mentre le mettevo due dita in fica e due nel culo. Sentivo le contrazioni, poi un orgasmo in cui rischiavo di soffocare per quanto stringeva le gambe, gli umori in bocca, in questo stato di tensione sessuale perenne. Le misi tre dita e poi quattro nella fica e la pompai forte e cominciò a squirtare in bocca copiosamente mentre leccavo il clito e bevevo.

Alessandra non capiva pù niente e cominciai ad introdurre l’altra mano dietro: prima un dito, poi due, poi tre…
– mi slaaarghi… sì… rompiiiiimiii… mai slaaargataaa cosìiiii… mi seeentooooo troooiaaaaa… scopamiiiii
Le scopai il culo: tolsi le mani e le piantai il cazzo dietro, cominciai a premere e sbatterla mentre aveva le gambe poggiate sulle mie spalle e l’attiravo verso di me. Sentivo i coglioni che urtavano, lei si mordeva le dita per non urlare, viso paonazzo: sentivo la cappella che si faceva largo e sfondava.
– Arrivooo – sentii ancora gli umori, mentre lei aveva il suo orgasmo. Cominciai a pompare più forte, e venni per la seconda volta, nel culo: lei dovette essere sorpresa, poi si adeguò. Anche quando cominciai a pisciarle dentro: tenendola ferma per le gambe, le riempii la pancia. Il calore era forte, il culo dilatato quanto la fica anche se meno usato.
– Che stai facendooooo…!
– Ti piscio dentro! E non mi disturbare! – continuai imperterrito. Se la stava godendo, anche se sorpresa.
Finii. Tirai fuori il cazzo. Presi il perizoma e glielo misi nel culo, nessun dildo o plug a portata di mano. Non sarebbe durato, così le dissi di andare in bagno ad evacuare. Stringendo il culo fece appena in tempo a sedersi e togliere il perizoma. Poi riempì di schizzi la tazza.

Mentre lei schizzava in bagno, seduto sulla poltrona bagnata e con la stanza piena di odore di sesso riflettevo. “che troia!” pensavo, ma poi neanche tanto. “Capito il vecchiardo!” e ridevo. Intanto pensavo a quello che era successo. Sentivo Alessandra che si sciacquava al bidet. Se c’era una cosa bella di quello studio erano i 3 bagni iperfunzionali che c’erano. Me lo stavo sfruculiando e a ripensare mi era venuto duro, una bella cappella e le vene che corrono lungo l’asta…. e la fica depilata di Alessandra… e il suo culetto appena sfondato… e il piscio… e le mollettine che ancora non avevo tolto…
Mi accorsi che dovevo pisciare di nuovo. Entrai in bagno mentre Alessandra si asciugava per la terza volta. L sguardo era perso, e mi cercava come a chiedermi se avesse davvero fatto tutto….. la bocca era aperta e senza forzare glielo cacciai in gola. Non si fece problemi e ricominciò a succhiare, solo che io cominciai appena appena a pisciare per poi scaricarla tutta con getto sempre più forte.
Bevve. Poi scartò di lato, e mentre mi segava mi leccò il buco del culo. Sensazione carina, non molto esperta. Ci stava mettendo del suo per potermi impressionare. Tornò avanti e ripulì tutto, succhiando.

Finimmo sul divano della mia stanza. Mi sedetti e lei lo guidò dentro, nella fica, cui aveva tolto le mollettine. Mi avvolse con le gambe e io le misi due dita nel culo, e cominciammo a muoverci lenti. Le lingue che si univano e poi all’odore di sesso si era unito quello di sborra e piscio, spalmato sui nostri corpi. Alessandra si piantava con forza il cazzo dentro, saliva sin quasi a sfilarlo e poi giù di colpo. Mi spostai più avanti, la inclinai e cominciai a penetrarla meglio: l’orgasmo e l’urlo sottaciuto non tardarono ad arrivare. Le venni dentro anche io, fottendomene degli anticoncezionali.

Ci abbandonammo stretti sul divano, a riprenderci.
– Pomeriggio interessante – disse lei, ancora ansante – mai pensato di farmi sfondare il culo, prima volta
– Mmmhh – feci
– ..e poi pisciarmi dentro… cazzo… mio marito e lui non mi fanno questi servizietti
– ok con loro puoi fare che ti piace – dissi – da questo momento però tu farai quello che ti dico io. Una specie di schiava. Nessuna umiliazione se non mi costringi. Per adesso le regole sono queste. Poi magari cambieranno.
– Dobbiamo pulire però… abbiamo sporcato dappertutto…
– ok, comincia tu.
– Ma…
– Nessun ma. Prendi scopa, ramazza e giù a pulire. Se lo fai a casa lo fai anche qui. La schiava sei tu, non ho bisogno di ricordarlo.

Alessandra mugugnò, poi andò nel magazzino a prendere l’occorrente.

– E pulisci tutto mentre sei nuda! -le urlai dietro. Poi ripresi il perizoma, le mollettine: il perizoma su per il culo con un ciufettino fuori dall’ano; le mollettine sulle labbra della fichetta. Quelle dei seni non si erano spostate di un millimetro.

Alessandra era ossessiva compulsiva nelle pulizie: ripassava lo straccio finch&egrave il pavimento non urlava “pietà”. In poco meno di mezz’ora aveva riassettato tutto e si sentiva il classico odore di pulito.
Io avevo gambe all’aria poggiate sulla scrivania e non mi andava di vestirmi. Così decisi di approfittare del bagno doccia e di rimmettermi in sesto, anche perch&egrave di lì a poco avrei dovuto uscire.
Alessandra era recalcitrante, il senso di colpa la divorava. Passi la relazione tranquilla con un capo vecchiardo, passi le corna al marito, ma essere presa, aperta e scopata in tutti i buchi in quel modo non se l’aspettava: e poi tutto aveva dimostrato quanto fosse spudoratamente troia. Provò un approccio soft:

– Devo chiederti una cosa: non voglio farlo più!
– Ok, nessun problema.
– E se la cosa esce la dico al vecchiardo!
– Ok, non mi preoccupo.
– Come non ti preoccupi?! – era incredula
– In questo momento lo studio non va bene, qua si fa ordinaria amministrazione e vogliono rifarsi la verginità con me per aumentare gli onorari. Ovviamente il tuo impegno deve essere garantito.
– Diventi socio?
– Non ci tengo proprio. Potresti esserlo tu, visto che faranno una cooperativa lavoro.
– Lo sapevo! Me lo ha detto Mr Gnoccolone!
Rimasi un attimo interdetto e lei se ne accorse. Si mise a ridere: – Il vecchiardo, Mr Gnoccolone! se non prende Viagra non gli viene su e si ritrova uno gnocchetto in mezzo alle gambe!! -.

Mr Gnoccolone non si sapeva tenere un segreto e lei invece era quella che se li vendeva. “Interessante, eccellente!”. Sorridevo mentre lo pensavo: come un gatto che si &egrave mangiato il topolino. In quel momento avevo aggiunto un altro tassello al quadro che si prospettava. Decisi in quel momento che avrei mantenuto finch&egrave non avessi avuto l’opportunità di spostarmi.

All’immagine del Vecchiardo risi anche io. Mi indirizzai verso il bagno mentre lei mi seguiva lasciando per terra gocce di umori. Mi erano sfuggite le condizioni in cui l’avevo lasciata. Le andai incontro e vidi il suo sguardo terrorizzato. Le feci un buffetto e delicatamente tolsi le mollettine dai seni: lasciarono un leggero segno rosso che tendeva al bluastro. Stessa cosa giù, sulle grandi labbra. Non male, erano grosse, gonfie, e seminavano gocce di umori. Dietro lasciai il ciuffettino del suo perizoma. Misi in atto quello cui già stavo pensando….

– Grazie! mi piacevano, ma non le sopportavo più!
– Notato. Qualcosa con cui cambiarti?
– Sì, nessun problema. Il dress code dello studio impone di avere almeno due ricambi in vestiti e altro intimo, nel caso in cui succede che ci si sporchi.
– Lo sapevo, me lo aveva detto Mr Gnoccolone
– Hai ancora il perizoma su per il…
– Culo! Sì lo voglio tenere ancora dentro! Voglio arrivare a casa con qualcosa che mi ricordi la giornata!
– Allora farai anche un’altra cosa: arrivata a casa, ti metti in sottoveste, togli il perizoma dal culo, e quando sei a letto con tuo marito te lo fai scopare daccapo.
– Mi sta bruciando….
– Per questo ti farai scopare! Voglio che sia bello pronto e largo per domattina.
– MA io non voglio più farlo!
– Vedrai che a tuo marito piacerà! Mi racconterai tutto domani!
– Mi vergogno…. – arrossì.
Ah le donne! Hai fatto e stai facendo la troia in calore, e adesso ti vergoni…!? Incredulo.
– E non lo voglio fare più!
– Per me &egrave tardi – dissi – quindi doccia, chiudiamo lo studio e domani si torna. Stasera ti fai spaccare da tuo marito!
– Ce l’ha normale! Non gli piace ripassarmi il culo e sfondarmi!
Ah, le donne! In meno di tre ore aveva cambiato modalità di linguaggio. Divertente.
Avevo capito com’era il consorte, anche se nutrivo qualche dubbio. Avrei rimandato la sua conoscenza fin quando possibile. Ora non era tra le mie priorità.

Mi feci seguire in bagno, avendo fretta per non arrivare tardi all’appuntamento. Donne? No, mi piace bere una buona birra al pub la sera, e quindi esco con Antonio. Lui lavora come bancario, benestante, in vacanza da una vita. Fa il “passacarte” pur avendo un posto di responsabilità.
La doccia scorreva calda e rilassante: sempre preferita, non solo perch&egrave rapida, ma anche perch&egrave scaricava la tensione di una giornata.
Lei aspettava il suo turno in silenzio. Mordeva le labbra. Tensione, senso di colpa etc facevano il resto. Mise nel frattempo camicia e pantaloni con le vistose chiazze di sborra in un bustone.
Mentre uscivo dalla doccia, si infilò dentro. L’acqua fece il miracolo. Si rilassò e prese a toccarsi. Era ancora eccitata e la fica era gonfia.
– Smettila – dissi gentilmente – puoi solo farti scopare il culo da tuo marito. Non puoi avere orgasmi. Se li avrai me ne accorgerò.
Smise subito quasi mentre stava per venire. Il mio cazzo era tornato su, ma mi imposi di non badarci e tornò barzotto.
– Ora filiamo, io ho un appuntamento e tu devi tornare in famiglia – il fare sarcastico e ironico della seconda parte della frase non le sfuggì – e mi raccomando, Alessandra, quello che devi fare.
– Hai uno strano modo di dominare – mi fece notare lei – ti imponi con delicatezza.
Sospirai mentre vedevo che si vestiva. Adesso indossava gonna e camicetta, un’altra suit per dress code. Scarpe alte tacco 10, reggiseno. Mi venne duro. Slacciai la cerniera, la feci inginocchiare e me lo feci succhiare.
Alessandra non protestava, ma i colpi di lingua erano lenti: era stanca e lo avvertivo. Presi l’altro perizoma, quello pulito, coordinato al reggiseno, e lo tenni in mano fin quando non schizzai in bocca, e lei ingoiò. Avevo le palle un po’ doloranti, rilassato.
– Ho fatto cena oggi! – disse ridendo.
Pulii il cazzo con il suo perizoma, lo arrotolai, e lo spinsi su per la fica che pulsava.
– Adesso sei tappata. Quello davanti non te lo togli, puoi scopare solo di culo. Stasera non usi la fica e il perizoma non deve uscire di lì. Ti puoi lavare, pisciare.
– Cosa dico a tuo marito?
– Che volevi essere porca e gli hai fatto una sorpresa. Noi uomini siamo stupidi quando ci troviamo presi alla sprovvista.
– Vero…. ma mi vergogno…. no no no – con fare risoluto Alessandra si esprimeva nella gag femminile su “tutto e il contrario di tutto e noi donne” – poi lo abbiamo fatto senza anticoncenzionali e io non prendo la pillola…
– Per ora mi interessa che ti fai scopare da tuo marito nel culo. Resoconto per domani.
Ci lasciammo sulla porta dello studio. La vidi sedersi nella sua piccola auto contorcendosi:
– … e non devi avere orgasmi – mi raccomandai al finestrino
Poi infilai una mano sotto la gonna, spinsi dentro il perizoma, la mano era umida.

– Mio marito Bruno è arrivato dopo mezz’ora che avevo finito. Le contrazioni alle ovaie aumentavano sempre più. Ogni tanto andavo in bagno e facevo pipì. Non mi asciugavo, sentire qualche goccia che scorreva lungo la gamba mi elettrizzava, un’esplosione al cervello. Ha suonato il clacson, ho aperto la porta del garage. Avevo perso la voglia di andare a cena. E’ entrato, sai, Bruno è alto quasi quanto te, spalle larghe. Mi piace perchè non dice mai di no, per lui va tutto bene, il suo mondo è fatto di piccole cose…
Alessandra fremeva, aveva le grandi labbra ingrossate e non vedeva l’ora di godere. Ero stanco del fatto che mi provocasse. Presi allora delle fascette fermacavo autobloccanti e la legai alla sbarra in legno sullo schienale del divano, a pecorina, con la testa rivolta verso il muro. Con un cavetto di rete bloccai allo stesso modo le gambe. Si trovò con il culo e la fica densa di umori all’aria, e la sua ciotola del pranzo fra le gambe, piena del cibo.

Mi sedetti comodo alle sue spalle, non poteva vedermi. In compenso mi godevo il quadro “Natura con Rugiada”. Dolcemente dissi:
– E’ la storia, non chi la racconta. Stai esagerando.
– Sono eccitata e non godo da ieri. Scopami, scopami, scopami, fammi male ma scopami.
– Deciderò alla fine. Aspetto.
Silenzio. Poi la sua voce divenne esile, quasi un sussurro. Tirai fuoi i capezzoli dal reggiseno e le riapplicai le mollettine. Gemette, persa.
– Che mi staaai faceendoou!?
– Voglio solo che racconti. Per ora mi hai fatto perdere tempo. Datti una mossa. Come ti ho detto non c’è una punizione così dura per te. O godi o ti punisco a te piace comunque. Adesso starai così finché non finisci il racconto.
– Bene, ahia! Queste manette di plastica fanno male.
– Avevo questo e questo uso.
– Ho aspettato Bruno sulla porta, dal garage alla cucina. Aveva le borse della spesa, appena è entrato l’ho bloccato, gli ho aperto la cerniera dei pantaloni e ho cominciato a succhiarlo e segarlo, inginocchiata davanti a lui. Lui era sopreso. Mi è venuto in faccia quasi subito e sul vestito, gli ho urlato che non sapeva tenere la cremina nei coglioni e che si meritava una punizione. Ho ricominciato a leccare le palle e tutta l’asta e poi giù, tra palle e buco del culo. Mi stavo eccitando da morire, volevo che fossi lì a guardarmi…e lui intanto si rilassava mentre pensavo a cosa fargli.

“Ma anche no!”, pensavo ad averceli tutti e due davanti mentre fanno sesso. No no, con piacere rinviamo ad altro momento.

– Bruno era ancora con le borse della spesa in mano. Era incapace di muoversi. Provava a balbettare ma gemeva. Lo aveva duro anche dopo la schizzata, rosso come mai glielo avevo visto, con le vene in evidenza. “Che c’è, Bruno? Sono abbastanza troia? Sono zoccola? Stasera ti voglio svuotare i coglioni, e mi devi far godere! Sto morendo dalla voglia da ieri!” – Bruno ha visto il terrore: era spaventato, temeva chissà che! Io ero pronta, mi sarei affidata al mio istinto di femmina in calore e poi avremmo visto che fare. Ha fatto cadere le buste. Cetrioli e zucchine e peperoni per terra. Mi sono sollevata, sono passata alle sue spalle senza staccare la mano dal suo cazzo e gli ho detto: “Raccogli tutto e deposita sul tavolo!”. Era impedito nei movimenti dai pantaloni e dalle scarpe e gliele ho fatte togliere insieme agli slip. Poi l’ho spogliato della camicia e l’ho baciato in bocca mentre continuavo la sega. Troppo aggressiva? Forse. Sentivo la testa esplodermi e volevo essere scopata forte subito, non ragionavo, il tubino mi andava stretto e avevo i capezzoli durissimi, strusciavano sul tessuto del reggiseno e mi facevano male. Bruno si è piegato e io l’ho spinto sul pavimento, a quattro zampe, con il cazzo duro che gli penzolava tra le gambe.

Mi sono tolto i jeans. Avevo il cazzo duro. Ruotai il divano in modo che il suo viso non fosse contro il muro. Non poteva girarsi e non avrebbe saputo dove guardare: la bendai con un cappuccetto. Nella ciotola si vedeva qualche goccia cadere come condimento su foglie di insalata.

– Gli ho leccato il culo e gli ho ficcato la lingua dentro. Il suo sudore mi ha eccitato. La lingua frullava mentre sentivo il cazzo pulsare nelle mani. Era teso, eccitato e spaventato da me. Gli ho urlato che se arrivava prima gli avrei stretto le palle. Le ho prese in bocca una ad una, stringevo la punta e vedevo, sentivo quanto diventavano grosse. La mia passerina pulsava forte, stavo quasi per urlare… poi mi sono concentrata e ho fatto pipì sul pavimento. “Asciuga! con la lingua!” ha cominciato a lappare mentre, stesa per terra, con la testa in mezzo alle sue gambe, gli succhiavo il cazzo e gli infilavo la lingua tutto intorno alla cappella e lo ingoiavo! Il tubino era uno schifo, già bagnato di pipì, mi si era incollato addosso. “Sentimi bene, ricchione! Mettiti a pancia su e fai fare tutto a me!” Bruno non capiva una mazza, e ancora più spaventato di prima si è disteso sulla schiena. Ho aperto le cosce e mi sono strofinata la passerina sulla sua faccia. Volevo tre, quattro, cinque orgasmi lunghi, di seguito, mi trattenevo e quindi gli ho pisciato sulla faccia. Ha provato a divincolarsi, gli ho urlato di bere fino a che ce la faceva. Mi sentivo libera di tutto, dalle regole, dalle sue cazzate, gli potevo far fare quello che volevo e lui si sottometteva.

“Strano, non lo avevo capito” pensai ridendo.

– Mi sono spogliata, ha visto che avevo i perizoma su per il sedere e la passera e mi ha chiesto qualcosa. Gli ho detto di stare zitto. “Mi sono rotto le balle di te e della tua vita piatta. Ora ti dico le nuove regole: si scopa quando ne ho voglia e arrivi e schizzi dove e quando mi pare! Questa è casa nostra, e dobbiamo proteggere i bambini perchè piccoli. Ogni tanto esco con chi vuole chiavarmi, torno a casa e se mi va mi ciucci quello che rimane dalla scopata! Tu puoi farti chi ti pare, ma nessuno deve entrare qui!” Annuiva. Io gli pisciavo in bocca. Lui era estasiato appena mi sollevai ed era imbrattato di umori e pipì. Aveva come piccole bave alla bocca. Vidi la sua torre rossa pulsante e ho deciso che era venuto il momento: mi sono messa a 69 sopra di lui, ho preso il lembo di perizoma che usciva dall’ano e ho sfilato tutto. Ho messo un dito dentro e mi sono sentita femmina. E poi ho guidato quel bel cazzone nel culo e ho cominciato a cavalcare, dandogli la schiena. L’ho sentito dentro, ho sentito che ero libera di farmi spaccare, aprire. Bruno non ce l’ha fatta, si è dimenato, contorto poi ho sentito la crema che mi schizzava su, come un getto geyser e ha urlato. Con il culo pieno sono andata di nuovo sulla sua faccia e gli ho detto di ripulire. Ho rischiato di farmi togliere il perizoma nella passerina, l’ho bloccato. Poi l’ho preso in bocca e l’ho ingoiato tutto, il suo cazzo, ho usato i denti per graffiarlo e sentirlo dire ahia. Mai visto così Bruno, infoiato, noi con il solito tran tran e io che ero scatenata, come una regina del cazzo: alla fine ho insalivato per bene un dito e l’ho messo nel culo. Dopo un po’ è schizzato nella mia bocca ed ho ingoiato.

“Qualcosa non è andata per il verso giusto!” pensai e fu così che finì il racconto:

– L’ho baciato, poi mi sono fatto mettere il perizoma nel sedere. Volevo farti vedere come cola il mio buchetto con la cremina di un altro. Poi lui mi ha leccato il clito e io ho avuto.. ehmm… un orgasmo. Volevo farmi perdonare mentre mi leccavo, prima. Voglio farti eccitare. Ho vogliaaaaaaa, scopami Pablo, non ce la faccio, devo pisciare, slegami, sbattimi, ma fammi arrivare e godere! Sono una troia, farò qualunque cosa, ma scopami scopami, spaccami, fammi sangue!

Registrai la violazione delle consegne e la imputai al momento dell’apprendistato. Dissi:
– Ne prendo atto. Studierò qualche forma di punizione. Intanto rimani lì. Piscerai nella ciotola del tuo pranzo.

– Mahio… – cominciò a frignare.
– Mi deludi e mi hai deluso. Non accetto giustificazioni e soprattutto stai prendendo le misure per sapere cosa ti può far piacere e cosa concedermi. Uno di questi giorni ti punisco. Vedremo quando. Sei anche bugiarda. Alessandra non mi piace chi mi fa perdere tempo con le sue bugie.
– Ho fame adesso. Mi scappa la pipì.
– Sai dove farla.

La voce mi arrivava arrochita, oscurata e quasi lontana attraverso il cappuccetto. Guardai la fica e il culo abbelliti dai due perizoma. Presi le mollettine e le misi alle labbra. Lei cominciò a pisciare nella ciotola senza sporcare e vedevo le gocce correre lungo l’estremità esterna del perizoma

Il caffè al mattino è un rito di studio. Il giorno dopo, Alessandra, me, Giovanni il Vecchiardo “Mr Gnoccolone”, suo figlio Luigi a fare colazione per affrontare il mese. Alessandra vestiva una corta gonna al ginocchio e zoccoletti con tacco 10, regalo per il suo silenzio da Giovanni. Quella mattina non c’era giro uffici e si stava pianificando l’attività di consulenza del lavoro fino al 16 del mese per l’elaborazione delle buste paga. I dati erano arrivati, solo controllo e spedizione con l’invio dei documenti ai clienti o il pagamento per chi avesse delegato tale compito: si stabilivano priorità.
Giovanni era su di giri, mentre parlava con sua moglie Anna allo smartphone, Luigi era distratto dalla fichetta del bar che distribuiva al banco caffè e cornetti, in vistosa scollatura, io fumavo fuori il sigaro e mi perdevo ad inseguire nuvole di fumo. Alessandra divorava il secondo cornetto ai 5 cereali vuoto. Strano. Mi guardava di sottocchio.

– ….Anna, sì va bene, ho appuntamento alle 11 e poi alle 16 da un cliente, ti raggiungo quando ho finito… come a che ora? alle 6 questo pomeriggio ti passo a prendere da casa… sì sì tutto ok – voce baritonale del Vecchiardo.
– Dottore, solito cornetto alla crema..? – la ragazza del bar, Patrizia, con voce sensuale, anche troppo… No, aspetta, ok, ho capito, Luigi ePatrizia uscivano e si frequentavano, capito tutto io, si vedeva.
Alessandra seduta aveva finito il suo cornetto. Mi guardava a lungo e fremeva di raccontarmi com’era andata. La giornata era all’inizio e non avremmo avuto un minimo di confidenza sino all’ora di pranzo.
Lo studio ci accolse con il fresco moderato del condizionatore. Scendemmo in trincea, ciascuno ai propri posti di combattimento.

Alle 10.30 il Vecchiardo svicolò per il suo appuntamento con un veloce ciao. A conti fatti sarebbe rientrato il giorno dopo. Luigi prese il suo portadocumenti:
– Alessandra, oggi vado da due nuovi clienti in provincia. Pranzo da loro e poi non torno nel pomeriggio.
– se sei in zona passa dalla Glem, non ci hanno inviato tutti i dati e non possiamo consegnare le buste per il 16 se continuano a mandarceli quando gli pare. E sono indietro di un mese!
– Ok, ok. Dammi la fattura.
Fuori un altro.
Picchiavo sui tasti, avevo una scadenza per le 12, ed ero concentrato. Anche Alessandra lo aveva capito dopo il terzo affaccio sulla porta, tra una pausa di sigaretta e l’altra.

Sdeng! Lavoro chiuso ed inviato. Pausa. Non volevo essere io a sollecitare Alessandra. Mi misi a fare altro, ignorandola volutamente.

Finì anche lei, con l’ultima telefonata. Poi entrò nella mia stanza. Si tirò su la gonna, si voltò e mi mostrò il culo e la fica, un po’ arrossati. Non indossava slip, aveva quelli del giorno precedente ficcati su per la fica e bagnatissimi. L’odore forte di sesso, sborra, umori, piscio si sentiva e invase la stanza. Nell’ano un perizoma coloratissimo – Ti piace? – mi chiese. La guardai indifferente.
– L’ho messo ieri sera e ho fatto come mi hai detto. Non mi sono tolto quello davanti, nella passerina. Sono tornata a casa e ho fatto una doccia. Ho tolto quello del sedere, mi sono fatta un clistere per pulirlo per bene. Ho chiamato mia sorella Loredana per farmi aiutare, lei è infermiera.
“Interessante…” registrai questa informazione perchè apriva altri scenari. Solo che all’epoca non sapevo quali. Ascoltavo, senza degnarla di uno sguardo. Si sentiva dalla voce che fremeva dalla voglia di riconoscimento.
– Loredana mi ha chiesto perchè. Ho detto che volevo sperimentare cose nuove. Ha capito che ero stata con qualcuno e che non era Bruno mio marito, perchè l’ha trovato arrossato e perchè è uscita ancora cremina e pipì, la tua. Mi ha ripulito per bene, me lo ha massaggiato con una cremina lenitiva…
“Quanta cura per la sorella… vuoi vedere che…?!”
– Sai quanto mi sono bagnata pensando a te che mi facevi pipì nel sedere? E Loredana che mi infilava la cannula… ho pensato a te due volte, sono stata lì per arrivare, ma mi sono fermata in tempo, ero troppo eccitata, sentire scorrere quel liquido caldo dentro, la cannula lunga che era dentro, il pensiero mi faceva impazzire. Ero con il sedere all’aria, a quattro zampe nella vasca, la cannula dentro l’ano e sentivo la passerina che si contraeva. Ho dovuto rilassarmi. E poi Loredanda mi premeva sul pancino…. faceva certi rumori…
“Loredana…. mmmhh da conoscere!”. Neppure la degnavo di uno sguardo, e il cazzo neppure ne voleva sapere. Era seduta sul divano e mentre raccontava gli umori colavano dalla fica. Voleva che la guardassi lì, in mezzo alle gambe, sganciò due bottoni di una maglietta senza maniche che rivelarono poco della sua scollatura. Cambiò posizione, di poco.
– Poi si è accorta che avevo il perizoma dentro la passerina… era basita… e io ho detto che era una fantasia che mi stava piacendo… e poi ho detto di provare anche lei…
“Due lavaggi.. e poi?” Sapeva come raccontare, poteva fare la telefonista della linea hot. Il racconto andava a spizzichi e bocconi, io digitavo.
– Mi ha riso in faccia. Poi eravamo sole, le ho fatto togliere i leggins, gli slip, quelli comodi che con il lavoro che fa non può permettersi altro, li ho piegati in tre e arrotolati e se li è messi dentro nella fica. Io invece ero sulla tazza e mi stavo liberando. Vedevo la passerotta pelosa di mia sorella e pensavo alla mia piena di te e con il perizoma dentro. Ero elettrizzata. Poi ho detto di provare a camminare e poi ho visto qualche goccia che scendeva. Sotto la maglietta aveva i capezzoli duri. Quella scema di mia sorella era eccitata tantissimo. Il suo ragazzo, Vincenzo, è fantasioso, ma non fino a questo punto.

“Sì va beh, e io ci credo” pensai maledettamente. Alessandra cambiò posto sul divano, incrociando le gambe, e nel farlo vidi che qualcosa colava dal culo sul divano in pelle. Pazienza, dovevo aspettare.

– Poi mi ha sistemato di nuovo la cannula, stavolta era diverso, era troppo arrossato e mi bruciava. Così mi ha messo un altro po’ di cremina, e me lo ha massaggiato, e mi ha aperto in due le chiappe e alla fine ho sentito il suo dito che entrava dietro, accanto alla cannula, e mi stimolava ad allargare lo sfintere mentre premeva sul pancino con l’altra mano. “Bisogna fare una lavoro sempre fatto bene!” mi ha detto.

“Hai capito la sorella?!” la situazione era intrigante e io continuavo a far finta di non vederla e sentirla. Il mio cazzo era barzotto, non attento. Alessandra si mise un dito sulla fica e poi pieno di umori e chissà che altro cominciò a leccare. Continuavo ad ignorarla. Voleva, desiderava, un mio cenno, il plauso per quanto fosse stata brava e si fosse spinta. Nessun segno.

– Finito, mi ha tenuto il dito dentro a massaggiare, forse due, le contrazioni alle ovaie erano fortissime. Stavo per arrivare quando le ho detto di fermarsi. Non volevo venir meno alle consegne.

“E brava, hai rispettato le consegne, vediamo che altro hai fatto!”. L’infermiera Loredana andava oltre ogni aspettativa e Alessandra non era certo priva di talento. Ok, lei intanto si stava rivelando sempre più troia, seduta al divano. Intanto si leccava quello che usciva dal culo. Prendeva un po’ davanti e un po’ dietro. Voleva provocare. Continuai ad ignorarla, voleva un premio per come e quanto fosse stata diligente e anzi oltre i compiti assegnati. Volevo sentire il resto. Ogni tanto accarezzava lascivamente il seno destro, con la sinistra leccava e cacciava le dita in bocca piene di umori.

– Mi sono calmata con altra doccia, più fresca. Lory colava dalla passerina, si vergognava un poco. Le cominciava a piacere, aveva il collo e il petto rosso e il suo slip era bello grosso, si vedeva che era umido. “Quasi quasi a Vincenzo gli faccio la sorpresa, stasera!” e poi:” Povero a Bruno, che gli vuoi combinare?!” Le ho detto che volevo farlo godere e svuotarlo di tutta la crema delle palle, visto che era tanto che non si scopava, con i bambini piccoli poi. Così Loredana mi ha messo dentro il perizoma colorato, lasciandone un poco fuori, mi ha fatto la foto con il cellulare per farmi vedere l’effetto, ed è andata via mentre mi truccavo. Poi ho chiamato la mamma per dire di far dormire da lei i bambini che io e Bruno uscivamo, ho messo il reggiseno colorato coordinato, un tubino nero con gli spacchetti laterali e chiamato Bruno per dire di tornare e portarmi fuori a cena”.

“Però, quando vuole qualcosa sa come chiederlo! E Bruno non si opporrà sicuramente! Ma come sono vegognose queste ragazze!”.

Alessandra era appoggiata sullo schienale con una gamba in bilico sul poggiabracci del divano e l’altra poggiata ad angolo per terra. Raccontava con lo sguardo illanguidito mentre leccava le dita sporche di umori. Le dissi di togliere la maglietta, rimase con il solo reggiseno, le gambe brune per l’abbronzatura. Docile, romantica e persa, terribilmente persa.

Il campanello suonò. Non risposi, era giornata di chiusura al pubblico. Andai a vedere dietro la tenda in strada: una bruna tettona era dietro il cancello, con i leggins e una maglietta verde.
– Aspettavi qualcuno?
– Cavolo, sì! Mia sorella Loredana. Toglimi di qua!
– Non se ne parla. E’ appena cominciata la tua punizione. E non so quanto dura.
Silenzio. Le tolsi il cappuccio e vidi il trucco sbavato. Ero ancora nudo, per cui le feci leccare il cazzo giusto due secondi prima di infilare i pantaloni. Risposi al citofono e aprii il cancello.
– Dov’è quella scema di mia sorella?
La tettona entrò come una pazza, incazzata nera.
– Doveva essere pronta e ancora non si è vista.
– Buongiorno – dissi cortesemente
– Ehsì, buongiorno! Ho fatto la notte e questa non si trova.
– Al momento è impegnata!
Non si sentivano rumori e la situazione era imbarazzante per tutti.
– Beh allora? Dove sta?
– Mi scusi, non ci conosciamo. Io Pablo, lei..?
– Loredana, la sorella di Alessandra. Ma dov’è?
– In questo momento impegnata. La invito ad abbassare il tono, comprendo la sua stanchezza.
Loredana aveva tette grosse, almeno una quarta ed era alta quanto la sorella. Era di modi buschi e spicci, chiara deformazione professionale da infermiera. Sotto i legging non sembrava portasse nulla e sotto la maglietta si intravedeva che non aveva il reggiseno. Io non portavo boxer sotto i pantaloni e di là avevo una troia a pecorina legata al divano con i buchi occupati. Mi venne duro. Ricordai anche
Loredana mi squadrò.
– Attenda, vedo cosa posso fare. Si accomodi nella sala riunioni. Posso portarle qualcosa?
– No grazie. Devo sbrigarmi.
Tornai nella mia stanza. Aprii la cerniera e glielo cacciai in bocca. Cominciò a succhiare mentre le parlavo:
– Alessandra di là c’è tua sorella e io non voglio lasciarti andare perchè la punizione è appena iniziata e devo portarla a termine. Ha una scadenza, ma non so quando. Quindi ho deciso che tua sorella entrerà qui e tu le spiegherai la situazione. Sei stata bugiarda e hai per questo una punizione in corso. Non mi piace aggravarla ulteriormente e poi mi risulta che hai già chiacchierato con lei.
Le scelte erano diverse, e si riducevano tutte a due: parlarne o meno con la sorella. Che già sbraitava dietro la porta e voleva entrare: se non fosse che avrebbe visto la tanto naturale posizione e le sue due decorazioni al centro. Decisi di aprire e Loredana entrò. Rimase a bocca aperta e per un breve istante cominciò l’isteria collettiva. Io in silenzio e loro che urlavano come ossesse. Lasciai decantare, poi intervenni.
– Silenzio! Non tollero che si gridi nel mio studio! Se lei, Loredana, continua, la caccerò di qui e farà meglio a non farsi vedere. E caccerò anche sua sorella, ho il potere per farlo ed intendo usarlo. Da questo momento lei risponderà con un sì o con un no alle mie domande, chiaro? –
– Io invece volevo…
– Solo un sì o un no. Quale parte non le è chiara?
– Sì.
Lo studio non era mio, non sarebbe stato mio e qualche innocente bugia poteva funzionare.
– Ora ascolti sua sorella. Può fare le domande che vuole e Alessandra le risponde.
– Sì.
– Comincia Alessandra…
Lei era rossa in volto, e tesa ed eccitata e sorpresa: aveva gli occhi spalancati, i capezzoli duri e le mollettine sulla fica. Era legata allo schienale del divano e sua sorella guardava rapita, quasi estasiata. Si sedette per guardarla meglio. Anche Loredana era arrossita.
– Ti ricordi che ieri mi hai fatto un clistere, anzi due? che dovevo essere pulita e che avevo il perizoma su per la passerina? erano ordini suoi – mi indicò con la testa – mi ha scopato tutto il giorno e ho goduto, qui in studio. Ieri sera dovevo farmi scopare il culo da Bruno e non solo l’ho fatto, ma gli ho fatto bere la mia pipì. Mi è arrivato dentro, sto ancora piena della sborra sua – mi indicò di nuovo – davanti e dietro di Bruno. Sono legata perchè mentre l’ho fatto con Bruno ho avuto un orgasmo e non dovevo.
Riprese fiato. Tensione altissima, Loredana ascoltava. Aveva una mano intorno al collo e guardavo il ritmico abbassarsi e salire del petto e delle sue tette grosse. Poggiato alla scrivania, avevo il cazzo duro nei pantaloni.
– E adesso? – chiese
– Ho una voglia di scopare e di essere spaccata in due, le mollettine mi stringono e mi eccitano tanto, ho il cervello in pappa, non capisco niente, ho una voglia pazzesca di cazzo… e di venire, schizzare, ho pisciato nell’insalata… mi dovete riempire i buchi, voglio succhiare, bere, leccare ma fatemi avere un orgasmo…..
Loredana era in silenzio: non sapeva cosa dire.
– Alessandra! Cazzo! sei diventata una troia! Una succhiacazzi dipendente! Una mangiasborra! Neanche io e Vincenzo arrivamo qui! Tu, dottore, la devi lasciare libera! o ti denuncio!
– Zitta, Loredana, a me questa cosa piace. Tanto. Gliel’ho detto a Bruno: mi faccio una vita in cui voglio godere, farmi scopare da chi voglio in tutti i modi. Se non suonavi il campanello a quest’ora mi stavo mangiando il suo cazzo e bevendo la sua sborra e altro.
– Ti sei dimenticata che avevamo un appuntamento? Cazzo, ti vengo a prendere, mi vuoi portare con te, e appena entro ti trovo in questa posizione che mi dici che vuoi scopare? – era risentita, ma il chiarimento serviva.
– Sì e a quell’appuntamento ci vai da sola! – Alessandra quasi urlava.
– Me ne frego! Ti porto via da qui! Subito!
– Ora basta! – intervenni con molta dolcezza – qua non va via nessuno. Non mi piace che urliate. Qualche domanda Loredana? 
– Ma falla stare zitta a quella scema! – ancora Alessandra – che hai fatto poi? te lo sei tolto dalla fica la mutanda o te la sei tenuta tutto il giorno?

“Senti senti” – e chiesi: – cos’è questa storia?

– Ieri sera lei mi ha visto con il perizoma. Le ho messo lo slippone che aveva sotto.
– Ma cosa vuoi che freghi al dottore della cosa? – Loredana era risentita
– Questo lo decido io – intervenni
– Eh no, bella, finchè sei stata da me e facevi le prove la cosa ti ha eccitato. Poi che hai fatto a casa con Vincenzo? – Alessandra era piccata.
Ritrosia. Si chiama ritrosia quella di Loredana, poi disse:
– Egnente! Appena a casa sono andata in bagno, l’ho sfilato, zuppo, me lo sono messo in bocca, e mi sono fatto un bel ditalino. Niente orgasmo, ho aspettato Vincenzo nuda e quando è venuto gliel’ho succhiato mentre mi leccava, un bel 69, non avevo fatto la doccia, a lui non piace quando torno dal lavoro e mi faccio la doccia, mi deve prendere e scopare perchè gli piace e si eccita con l’odore della mia passera sporca.
– Troia pure tu! – disse Alessandra: la sua tensione sessuale aumentava. – Poi dici a me!
– Che c’entra? Io l’ho fatto con il mio fidanzato, mica con il capo! Ti sei fatta la relazione con Mr Gnoccolone che ti mantiene quando la moglie non c’è nei paraggi – Loredana sfogava frustrazione, senso di colpa, risentimento e voglia di emulazione.

“Adesso quadra tuttoooo, ma questo lo sapevamo già, non è vero?” ho questo strano modo di interloquire con il mio cervello.

Mi sbottonai la cerniera, lo tirai fuori, mi avvicinai ad Alessandra, che aveva già compreso e senza porsi problemi cominciò a succhiare. Sentivo le palle che diventavano dure, le contrazioni nel perineo. Lei mise la punta della lingua nell’uretra, poi scappellai ancora di più e glielo piantai fino in gola, e lo tenni finchè non sentii che quasi soffocava.
Loredana guardava e piano cominciò a toccarsi i seni, ormai i capezzoli sembravano dover forare la maglietta. Notai che la sedia in pelle era bagnata: portasse o meno gli slip, era ormai un lago, i leggins avevano una macchia scura al centro. Lo tirai fuori dalla bocca di Alessandra e mi avvicinai a Loredana: lo ingoiò tutto. Variava la velocità con la lingua, indugiava sulla cappella; con le mani mi segava e tirava giù la pelle di colpo, provocando un leggero dolore. Cominciò a massaggiarmi lentamente le palle mentre le scopavo la bocca. Alessandra era incazzata nera, e ogni tanto squittiva, grugniva, poi le uscì uno schizzo di pipì forte.
– Chi è più brava? – chiese Loredana
– Tutt’e due. Lo fate molto diversamente.
Feci sfilare la maglietta a Loredana. Due bei seni grossi spuntarono fuori. Le aureole erano rosso intenso e i capezzoli duri. Presi la testa dandole il ritmo mentre ingoiava centimetri di cazzo ed insalivava. Tolsi maglietta e jeans e rimasi nudo, mentre Loredana, tra una succhiata e una leccata, tolse i leggins rimanendo con la sua passera pelosa ormai colante.
– Voglio il cazzo, dammelo dammelo dammeloooo – implorava Alessandra. Vedere la sorella che se lo gustava mentre lei era legata la faceva irritare. Volevo quello – Farò quello che vuoi, tutto quello che vuoi, ma adesso scopami! scopami –
– Ale, adesso è mio e ci voglio giocare.
In effetti, ci sapeva giocare: lo passava sui capezzoli, in mezzo ai seni, accennava ad una spagnola e lo leccava. La alzai e la misi a pecora sul divano, accanto ad Alessandra. L’effetto da lontano era mirabile, aveva un che di trascendentale. Mi misi a ridere, e poi piantai due dita nel culo e due nella passera di Loredana. Non trovai resistenza, era più che slargato dietro e davanti. Emise un sospiro, poi cominciai a muovere le dita dentro e venne squirtando mentre limonava con sua sorella. Due resistenze abbattute in un sol colpo. Presi Loredana per i capelli, la inginocchiai e la avvicinai alla fica di Alessandra e le ordinai di leccare forte il clito di Ale. Esitava e perciò le premetti la faccia, che passò dal disgusto alla goduria.
– Cazzo come lecchi, Lory! Più dentro, più dentro, ancoooraaaaaaa, forrrteeee, aprimi il culoooo, daiiii
Loredana non se lo fece ripetere: le aprì le chiappe in due con le mani. Si mise a ridere per i perizomi nel culo e nella fica e per quanto erano fradici.
– Ale… slurp… sei una…. slurp…. troia puttana in calore!
– Lory….ahaiaihai… . sei una zoccola… cazzo come lecchi la fica!
Sfilai il perizoma dalla fica di Alessandra. Puzzava di piscio, umori e sborra del giorno prima ed era tutto appiccicaticcio. Lo passai sulla faccia di Alessandra e poi su quella di Loredana. Stessa cosa con quello del culo. Presi la testa di Loredana e le scopai forte la bocca, poi la premetti a leccare tutto quello che usciva da Alessandra.
– Pulisci! – Loredana non se lo fece ripetere.
Poi mi misi davanti ad Alessandra e scopai la sua bocca mentre Lory leccava dietro. Ale si dimenava per quel che i passacavi le davano possibilità.
– Lory, togli le mollettine e metti una mano intera nella fica di tua sorella – e Alessandra si ritrovò con un bel fisting incestuoso. Squirtò nella ciotola sotto di lei mentre aveva un orgasmo lunghissimo; io che le riempivo la bocca di cazzo.

– Lory metti adesso tre dita nel culo di Ale. E muovile in fretta!
Alessandra era spaccata: una mano in fica e tre dita nel culo, un cazzo in bocca: l’altro orgasmo fu devastante, io non ero ancora venuto e Lory solo con le mani.
– Era questo che volevi fare a tua sorella ieri sera, Lory? Quando le hai messo il dito dietro? – chiesi innocentemente
Mi guardò meravigliata.
– Sì, ma come…?
– Lory, ho raccontato tutto io. Ieri sera mi stavi facendo venire e sarei venuta a letto con te. Ti ricordi da piccole, quando dormivamo dai nonni che ci abbracciavamo e ci toccavamo? A me piaceva tanto.
– Anche a me. Quando dormivamo nude d’estate nel lettone. Ci accarezzavamo finchè “la febbre” ci assaliva e non volevamo dire niente a nonno e nonna. Mi piacevano le tue tette grosse e quando ti salivo sopra e mi strusciavo tra le gambe.
– E quando ci leccavamo? Adesso è stato più bello, da adulte, dobbiamo ringraziare Pablo.
– Ma io non sono ancora venuta….
– Che bel quadretto familiare di troie… Sali sulla scrivania, Lory!
Si mise a pancia in su, appoggiò le gambe alle mie spalle e la penetrai. Sentivo le contrazioni vaginali intorno al cazzo e capii che lei stringeva forte i muscoli. Lo tirai fuori e senza grande sforzo la inculai. Alessandra incitava:
– Spaccala a quella troia! Falla venire, schizzale e riempi i buchi, sfondala!
Non mi è mai piaciuto che mi si dicesse cosa fare. Mi distrae. Presi il perizoma del culo e lo misi in bocca ad Alessandra. Sentimmo solo grugniti. Poi Lory fu inculata di nuovo e stavolta mi potevo godere le sensazioni. Lei aveva gli occhi rovesciati, e notai che mi bagnavo perchè squirtava:
– E’ partiiitaaaa, quaaando la mia passera parte, va da soooola, io non capisco niente… come sento sbatteeere i cogliooooni! sìììì, sfondami, Vincenzo non sa quanto sono troiaaa….
Le strizzai i grossi capezzoloni, mi tirai fuori e passai alla fica e così alternandomi. Lory cominciò il suo orgasmo piano, lento fino a quasi gridare e poi smise di colpo, sentii del liquido che mi correva lungo le gambe e capii che si era pisciata mentre la scopavo nella fica. A quel punto le venni dentro, e mentre mi scaricavo di tutta la sborra che avevo, lei ebbe l’ennesimo orgasmo. Le dissi di rimanere dov’era, con le gambe tremanti.
Tagliai i passacavi ad Alessandra e le tolsi il bavaglio in bocca e la ciotola. Il divano era tutto inzaccherato: fortuna che era lavabile e avevo il ricambio del rivestimento.
– Rimani sul divano per qualche minuto, Alessandra. Appoggiati allo schienale.
Sedette tranquilla, allargò le gambe e cominciò a sgrillettarsi. Lasciai fare. Anche Lory, stesa sulla scrivania, guardava e cominciò anche lei. Poi presi Alessandra per i capelli, la costrinsi ad inginocchiarsi e la misi a leccare la fica e il culo di Loredana. L’intesa c’era e anche forte.
– Sorellina ti devi depilare o con questi peli mi affogo!
– Passiaaamo dalla Paola più tardi, ora leccaaamiii, troia che non sei altra!
Come resistere? Mi misi in poltrona a godermi le due troiette in calore che si leccavano. Alessandra si dedicò con amore alla sorella: le baciava l’interno coscia, poi scendeva delicatamente a piccoli colpi di lingua sul clito, ne dava tre o quattro ben assestati e poi ricominciava. Ogni tanto faceva la faccia a prugna, segno che un pelo le entrava nel naso. Si stancò ben presto: prese le forbici dal portapenne e diede una forte sforbiciata.
– Così va meglio! Bisogna sempre fare un lavoro fatto bene! Ed è più pulita…. e ora ti pulisco dalla sborra del maschietto….
Leccò il clito con forza mentre con le mani teneva le labbra aperte e ben separate: poi lo succhiava e con la lingua leccava contemporaneamente. La sborra usciva ogni tanto per il movimento della fica e le contrazioni vaginali di Loredana. Lei godeva, con le gambe appoggiate sulle spalle di Alessandra e aveva preso un seno e leccava il capezzolo. A me tornò duro, le voltai la testa e lo cacciai in gola. Alessandra cominciò a leccare più forte, come se avessea avuto un segnale, e le penetrò il culo con tre dita:
– Godi, sorellina troia, che Vincenzo queste cose se le sogna! –

Loredana cominciò il suo giochino con la lingua sulla cappella e con la mano destra mi segava forte, a colpi rapidi. Spinsi fino in gola. Strinsi i capezzoli più forti e sentii la lingua che si serrava e qualche dente che mi graffiava il cazzo. Le palle scoppiavano.
Alessandra torreggiava con la testa immersa nella fica di Loredana. Puntava il culo in aria. Lasciai la bocca di Lory e andai dietro al culo di Alessandra e, mentre leccava sua sorella, glielo piantai dietro facilmente e cominciai a pompare. Loredana mise la mano sulla testa di Alessandra, e godendo cominciò a pisciargli in bocca: vidi Alessandra bere di gusto, qualche rivolo finì per terra. Dal culo passai alla fica e dopo qualche bel colpetto, cominciai a sborrare mentre Alessandra godeva. Fremeva, si contorceva, mi sbatteva il cazzo. Si sfilò, leccò il mio cazzo, lo ripulì, salì sulla scrivania e poi si fece leccare da Loredana a cavalcioni sulla sua faccia ripulendo sborra e umori di sua sorella, pronta ad un altro orgasmo. Era bello vedere come il suo corpo ondeggiava: ad un certo punto Alessandra tenne stretta la testa di Loredana e si strusciò più forte con il bacino sulla sua faccia, pensai ad un orgasmo che non venne. Uno spettacolo per me, mentre mi guardava cercando consenso.

La stanza era piena dell’odore di piscio, sborra acida, con il condizionatore che andava. Ero eccitato, anche se avevo schizzato da poco. Un incesto si consumava davanti a me con due donne che avevano appena scoperto di essersi sempre amate anche oltre il rapporto di sorellanza. Erano trasfigurate in volto dal piacere. Alessandra scolava dalla fica e dal culo e spalmava tutto tra tette e faccia di Loredana che aveva cinto i fianchi di sua sorella con le mani e l’aiutava a strusciarsi. Alzai di nuovo le gambe di Loredana e la penetrai dietro. Alessandra continuò a strusciarsi, ma ormai non bastava più.

Per comodità ci spostammo sul divano e si misero a 69, con Alessandra sopra. Mentre si leccavano, piantai il cazzo di nuovo nel culo di Alessandra, Alessandra gradì molto e Loredana leccò le mie palle. Due troie porche. Mentre Loredana spupazzava la fica e metteva tre dita nel culo di sua sorella a tappo, io scopavo la bocca di Alessandra e mi alternavo con la fica e il culo di Loredana. Alessandra ripuliva tutto e mentre succhiava il clito, ogni tanto si ingoiava il mio cazzo. Duro, ma avevo le palle vuote. O almeno così pensavo. Spostai le due donne e mi misi seduto, Alessandra a destra e Loredana a sinistra. Slinguammo a tre, mentre le sgrillettavo e loro mi massaggiavano delicatamente il cazzo. Presi le teste e le misi intorno al cazzo, leccarono a turno l’asta mentre si alternavano all’ingoio della cappella. Chiusi gli occhi e mi lasciai andare. Aprii le gambe e Loredana ingoiò le palle e mi aprì il buco del culo cacciando dentro la lingua. Infilò un dito dentro e stimolò la prostata, delicatamente: le mie contrazioni anali aumentavano, mentre Alessandra tirava la pelle e succhiava forte.

“Cazzo, duro come il marmo, ma queste sono troie proprio!” pensavo.

Stavo per sborrare ululando nella bocca di Alessandra ma si fermarono, io avevo ancora il dito nel culo. Ci baciammo e al bacio si unì Loredana, un atto di complicità che ci avrebbe unito per sempre. Mi distesi, avevo ancora il cazzo dritto e Loredana si piantò sopra, nella fica. Si aggrappò e cominciai a succhiarle i capezzoli, qua a strapparli. Alessandra le mise le mollettine sui seni e poi si incastrò mettendole i buchi davanti, Loredana scopava me con la fica e sua sorella ficcandole mani dappertutto. Alessandra si spostò avanti, le leccai il clito mentre Loredana le metteva due dita avanti e due dietro.
– Sfondami Pablo, cazzo, sfondami, riempimi di sborra, mi piace sentire l’utero che si bagna….
Loredana era quasi pronta all’orgasmo. Alessandra si lasciò andare ancora e mi pisciò in bocca.
– Troia, cazzo hai fatto?!, volevo bere – disse Loredana
– Stai tranquilla puttana che ce n’è anche per te.
– Ehi, voi due, continuate, non vi ho detto di smettere!
Non riuscirono a trattenersi e vennero: Alessandra squirtò con le mani di Loredana che ebbe un bell’orgasmo. Io venni dentro la fica di Loredana, certi massaggi prostatici sono tremendi e fatti da un’infermiera poi….

Smettemmo. La stanchezza del pomeriggio si faceva sentire e avevamo fame.

Rimanemmo così per qualche tempo, a riposare. All’inizio in silenzio. Loredana lo ruppe:
– Mi è piaciuto sai, Ale?
– Anche a me Lory. Ci siamo lasciate andare grazie a Pablo.
Ero in silenzio. In quel momento la cosa più bella era il fatto che si stavano scambiando confidenze da donne e da sorelle. Mi piaceva ascoltarle. Adoro ascolta le donne quando sono rilassate.
– Mi piace questo essere porca, pensa che ieri sera Bruno è rimasto sorpreso e gli ho detto che mi sarei scopato chi mi andava. Condizione è non rovinare la famiglia. Ma lui mi ama e poi secondo me può essere dominato. Anzi, magari piace pure a Vincenzo.
– Macchè, lui è più dominante, se non sto attenta mi mette le corna.
– Cazzo, Lory, che adesso che hai fatto?
– Già me ne potrei fregare di meno e fottere di più. Oh, sto scolando dalla fica, che sborrata!
Alessandra mise le mani, raccolse quello che usciva e cominciò a leccarsi le dita mettendole tutte in bocca. Loredana fece lo stesso. Erano insaziabili e avevo portato alla luce la loro troiaggine. Erano le 7, il pomeriggio era finito e tornare a casa era urgente per tutti. Fortuna volle che nessun altro ci avesse disturbato. Più le guardavo e più mi tornava duro. Non avrebbero smesso.

Dovevo pisciare e tutti avevamo bisogno di una doccia. Aprii il culo di Loredana, glielo misi dentro dopo un pompino di Alessandra e le feci un clistere mentre Alessandra la sgrillettava. Quando finii, Alessandra ripulì tutto e piantò la mano nel culo di sua sorella.
– Cammina in bagno e sbrigati!
Loredana goffamente andò verso il bagno, si sedette ed evacuò mentre Alessandra si faceva fare un ditalino dalla sorella. Ci mettemmo nella doccia, grande abbastanza per andare da parete a parete e ci lavammo. Io continuai ancora a lavarmi.
– Chiamiamo Paola? – propose Loredana – non posso andare in giro con questo cespuglio tagliato male e prenota per una epilazione laser.
– Ci vengo anche io! – disse Alessandra – Voglio tenerla bella pulita
– Ora pulite tutto, e subito! Scopa e ramazza e tutto a pulire!
Alessandra andò verso il ripostiglio a prendere l’occorrente e si diede da fare, nuda. Loredana era ferma e non si mosse.
– Tu non vuoi fare niente? – chiesi
– Non lavoro qui –
– Bene, e dove?
– In ospedale, al Reparto di Chirurgia…
– Ok, oggi ti è piaciuto qui, vero?
– Sì, tanto, Pablo
– Vuoi rifarlo?
– Sì
– Non si lascia sporco dopo che hai giocato. Te lo diceva sempre la mamma.
– Sì
– Aiuta Alessandra allora.
Tutta la stanza e il divano tornarono puliti, anche il bagno, sebbene non lo avessimo sporcato tanto. Erano visibilmente stanche anche se si scambiavano sguardi di eccitazione. C’era del tempo da recuperare, e non solo quello.

L’aria profumava di pulito e tra poco il condizionatore si sarebbe spento da solo. Alessandra mise su la gonna e la maglia del mattino senza nessun intimo sotto. Loredana reinfilò i leggins e la maglietta, su cui erano rimasti i segni e gli aloni. Ci baciammo a tre e le buttai fuori o avremmo continuato.

Chiudemmo lo studio e accompagnai Alessandra all’auto, parcheggiata in una stradina secondaria. Loredana ci seguiva. Aprii lo sportello, Alessandra si sedette, allargò le gambe e le misi la mano come la sera precedente, che tornò umida. Fu allora che mi sorprese: mi abbassò la cerniera dei pantaloni e lo prese in bocca, lo tenne un po’ e poi lo rimise dentro e richiuse la cerniera.
Loredana si avvicinò: le misi le dita in bocca e leccò tutto. Poi si affacciò nel finestrino e baciò in bocca Alessandra.
Chi se ne frega se ci hanno visto.
– A domani – e Alessandra andò via.

Loredana non fu da meno: entrò in auto, tirò giù i leggins e si fece accarezzare. Era un lago. Anche lei me lo tirò fuori, si soffermò a lungo a succhiare fino a farlo diventare duro. Aveva votato la sua appartenenza.
– Non vedo l’ora di rivederti, insieme a mia sorella. Oggi mi è piaciuto tanto! Questo è il numero: 333…7
Registrai al cellulare.
– Buonanotte, a presto.
Loredana andò via.
Chiamai Antonio per farmi venire a prendere. Avevo fame ed ero stanco morto dopo tutta questa maratona sessuale. Il tempo di buttare giù qualcosa e tornare a casa.
Qualche birra e un doppio burger per cominciare. E il letto. Magari due giorni di vacanza. Ahahahah, mi misi a ridere.

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