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Il ragazzo del secondo piano

By 6 Luglio 2020One Comment

Era un pomeriggio primaverile assolato, una bella giornata per stare con i miei pargoli all’aria aperta. Per quel motivo ero scesa nel cortile del palazzo e mentre loro giocavano beatamente io mi stavo rilassando appoggiata al cofano della macchina, intervenendo solamente quando li vedevo litigare. Ero tranquilla e ad un certo punto mi venne da alzare gli occhi verso il secondo piano del palazzo. Tra le finestre con le tende tirate per riparare gli appartamenti da sguardi indiscreti, ce n’era una vicino all’angolo che non le aveva. Intravidi così un ragazzo, giovane, alto, dal fisico asciutto, atletico, riccioluto e nudo. Una delle sue mani era calata in basso tra le gambe e lì per lì mi parve si muovesse anche con una certa velocità. Quel giovane mi fissava con lo sguardo perso e lo sgomento prese il soppravento; era la prima volta che sorprendevo qualcuno a masturbarsi su di me. Non conoscevo il suo nome e nemmeno il suo cognome, del resto non m’importava più di tanto dei miei vicini come invece faceva mio marito. Però ogni tanto mi era capitato di incrociarlo mentre scendevo le scale e mi aveva sempre fatto passare salutandomi con timidezza. I nostri rapporti non erano andati oltre quei momenti e trovavo sempre la sua gentilezza piuttosto curiosa. Continuai a osservarlo stranamente attratta invece di essere provata per ciò che avevo avevo avuto modo di vedere. Mi lusingava che qualcuno si masturbasse sulla mia persona con una tale forza, ma la mia osservazione durò solo una manciata di secondi. Qualche attimo dopo lo vidi fare marcia indietro e dileguarsi. Mi destai da quegli attimi così insoliti con uno strano torpore di eccitazione in corpo. 

Quella sera chiesi a mio marito se conosceva chi fosse. Mi disse che era il ragazzo più grande della famiglia che abitava al secondo piano. Mi rivelò anche il cognome ma neanche lui sapeva il nome. Cacciai la sua curiosità con una scusa e dopo quella parentesi, ogni volta che scendevo in cortile o andavo a prendere l’auto, davo uno sguardo al secondo piano, proprio a quella finestra. Da quel momento in poi non lo avvistai più.

Passarono settimane e i pensieri su quei momenti così stravaganti si ingigantirono. Cominciai a fantasticare su di lui, provando ad immaginare il motivo di quei suoi gesti. Dovevo piacergli, sì, anche se mi reputavo una donna senza nulla di veramente speciale. Mi venne la strana voglia di chiedergli cosa avessi di così tanto particolare da portarlo a compiere quelle pazzie, così un pomeriggio, sfruttando la solitudine, mi recai al piano e suonai al suo campanello. 

Un minuto dopo me lo trovai davanti, intimidito dalla mia presenza con il suo sguardo che mi squadrava da cima a fondo. Osservai del desiderio nei suoi occhi alla vista del mio fisico agile e vissuto, coperto dal vestiario provocante. Per l’occasione mi ero anche fatta una breve doccia, spazzolata bene i capelli raccogliendoli in una coda e mi ero spruzzata addosso un filo di profumo sensuale. 

Per un attimo calò il silenzio tra noi due, poi cominciai una conversazione di circostanza con una scusa ma data la situazione lui sgamò subito il motivo per la quale avevo suonato. Dovetti insistere per entrare perché lui per qualche strana ragione non voleva concedermi il privilegio, ma riuscii a spuntarla. Mi accomodai sul divano accanto a lui, tra noi qualche centimetro di distanza. Il mio sguardo corse subito all’abbozzo di erezione tra le gambe, sotto i suoi pantaloncini corti. Passai subito alla domande cercando di non guardarla e chiedendo ulteriori spiegazioni circa la sua strana ossessione nei miei confronti. Mi rivelò che mi trovava attraente ma non sapeva dire per quale motivo. Fu molto composto nell’ammetterlo e mi rivelò anche il motivo circa la masturbazione dietro alla finestra, dicendo che si era trattato di uno sbaglio, di una voglia passeggera e che non sarebbe accaduto mai più. Gli posai una mano sulla coscia e lo vidi rabbridivire. Lo rassicurai dicendogli che era normale avere pulsioni del genere e la mia mano corse verso l’erezione che si era fatta più vistosa. Arrivata al dunque lo strizzai e lui sussultò. Mormorò che quello che stavo facendo gli piaceva ma era sbagliato perché ero sposata. Ma a me in quel momento non mi importavano le sue storie e continuai facendogli desistere ogni rimprovero. Mettendogli una tenera mano sul ventre lo feci sdraiare e gli aprii i pantaloncini, estraendo senza troppe difficoltà il membro dal suo fodero. 

Duro, grosso e anche di qualche centimetro più lungo di quello del mio maritino. Non resistetti e strinsi la mano a pugno attorno al suo membro. Lui mi sussurò di essere veloce perché i suoi sarebbe presto arrivati con la spesa, ma io non mi lasciai suggestionare. La mia sega fu lenta e lo vidi godere fin dal primo momento. Data la mancata lubrificazione l’attrito era forte e per far scorrere la mia mano senza troppi problemi ci sputai sopra. Il rivolo di saliva finì in punta alla sua cappella e lo cosparsi sul membro. Continuai a masturbarlo con lentezza e passione, godendomi l’adrenalina che mi stava dando quel gesto così sbagliato, come lo aveva definito all’inizio lui. 

Su e giù, su e giù; la mia mano raggiungeva l’apice e crollava fino alla base per poi risalire. Il torpore mi assaliva e la libidine salì fino alle stelle. La mia masturbazione fu in grado di fargli cacciare gemiti e rantoli di godimento, fino a far pulsare il suo pene dal quale, all’improvviso, uscì copioso lo sperma. Stavo gioiendo quando il suo nettare mi colò sul dorso della mano, sgocciolando sul pube. Al termine dell’eiaculazione lo raccolsi e me lo portai alla bocca. Lo vidi osservarmi estasiato mentre leccavo tutto quel bene sentendo il sapore dolciastro scivolarmi sulla lingua e, dopo averlo deglutito, dentro di me. 

Avevo appena finito di ripulire la mano quando il citofono squillò, risvegliandoci da quel lussurioso momento. Lo aiutai a rimettersi a posto e mi accompagnò alla porta; mentre la aprivo e uscivo di scena lui rispose al citofono con voce tremula. Ero ormai alle scale quando mi voltai e incrociai per un’ultima volta il suo sguardo. Mi sorrise e mi fece cenno di andar via. 

Tornata a casa mi resi conto che non sapevo ancora il suo nome ma dato il ricordo che gli avevo lasciato, in cuor mio sapevo che lo avrei rivisto presto.

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