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Il Ritorno di Francesca

By 6 Gennaio 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

Capitolo 1 – Il ritorno di Francesca e la nuova schiava

Ding dong, ding, dong. Era una sera da lupi, fuori pioveva e faceva freddo. Era un giorno di metà dicembre, il 18 dicembre per l’esattezza, e alle diciannove era già buio pesto. Master Daniele stava per chiudere il computer ed uscire per andare a cena. Si affacciò alla finestra del suo studio situato al piano rialzato della sua villa per guardare verso il cancelletto e vedere chi aveva suonato alla sua porta. Vide un’ombra allontanarsi senza riuscire a capire chi fosse ed un’altra ferma davanti al cancelletto. Immobile, ma irriconoscibile. Aguzzò la vista e riuscì a vedere meglio. Una mantellina rossa, lucida e resa scintillante dalle goccioline di pioggia che la ricoprivano. Guardò più in basso, la mantellina arrivava a metà coscia e sotto due belle gambe nude, bianche, tornite, eleganti. Il Master pensò che la ragazza era vestita in modo inadeguato per una serata come quella. Sotto ancora due tacchi alti che la slanciavano in modo molto invitante. La figura era ferma in attesa. Guardò in alto, il volto era coperto da un cappuccio che la riparava dalla pioggia, ma anche dagli sguardi, teneva la testa bassa ed era impossibile poterlo vedere. Lui aprì il portone e la figura si piegò in avanti spingendo con una spalla il cancello e poi avanzando a passi lunghi, ma insicuri, lungo il vialetto. Meno di dieci metri, mentre lui apriva il portone di casa.
La ragazza risalì i cinque gradini che portavano al portone e non disse niente, ma quando arrivò al pianerottolo sollevò il viso e lo guardò spaventata. Un bel viso, angelico, occhi timorosi, occhi quasi pieni di lacrime, lo sguardo timido, il tutto incorniciato da capelli biondi e lunghi.
Un bel viso distorto dalla ball gag che le riempiva la bocca. Al collo portava un collarino di cuoio molto elegante ricoperto di brillantini ed attaccato al collare un laccetto da cui pendeva una busta, anch’essa rossa.
Master Daniele era perplesso, molto perplesso…, ma ne aveva viste tante. Fece cenno alla ragazza di entrare, che riabbassò lo sguardo cercando di celare imbarazzo e vergogna ed entrò.
Master Daniele delicatamente staccò la busta dal laccetto e l’aprì. La ragazza ora sotto la luce ed al calduccio dell’ingresso riprese a respirare rumorosamente, era affannata e fortemente emozionata. Lui non se ne curò ancora. Lesse, era un messaggio breve.
“Ciao, questo è il mio regalo di Natale, per questa notte ne puoi fare quello che vuoi, lei ti ubbidirà senza esitare, anche se le costerà moltissimo, visto che è vergine ed è lesbica. Ha ventun anni e si chiama Ely, è americana. Se la vorrai per i prossimi mesi e per i prossimi anni dovrai riprendere anche me, ma alle mie condizioni. Ma di questo ne riparleremo domani mattina a colazione davanti ad un buon caffè. Francesca.”

Master Daniele sorrise, era tornata. Poi la maledisse, era diventata una Mistress, dura, per non dire spietata.
Si occupò della giovane che tremava davanti a lui. Le levò la ball gag ed un fiotto di saliva le colò dalle labbra, prima sul mento e poi più giù sulla mantella. Lei rimase ferma sempre tremante, senza dire una parola, rossa in viso e con gli occhi pieni di lacrime. Lui aprì la mantella, c’era un solo bottone in alto, sotto il collo, bastava aprire i lembi. Era nuda, bellissima, alta, tonica e tutta curve, con due tette stupende, una terza abbondante. Lui aprì il bottone, scostò le spalline della mantella e questa scivolò a terra. Aveva i polsi ammanettati dietro la schiena. Lei avvampò diventando ancora più rossa, ma non si sottrasse al suo sguardo, non che potesse fare molto. Ma un’altra avrebbe stretto le cosce ed avrebbe chinato il volto. Lei invece tenne le cosce lievemente discostate l’una dall’altra, lo sguardo alto anche se perso nel vuoto, ma la sua vergogna ed il suo imbarazzo si manifestavano clamorosamente nel respiro corto ed ansante, il seno deliziosamente andava su e giù, nel rossore del suo viso e del suo corpo e nelle lacrime che le scendevano dagli stupendi occhi celesti, mentre la saliva scendeva ancora tra le magnifiche tette. Lui non le sciolse i polsi lasciandola in quella scomoda e sgradevole situazione. – Do you speak italian? – La ragazza fece cenno di no, non trovava ancora la forza di aprire bocca. Lui allora continuò in inglese ed intanto l’accompagnò nel salone. Si accomodò in poltrona e la lasciò in piedi sempre ammanettata, sempre con le cosce leggermente divaricate, come una prigioniera sottoposta ad interrogatorio. E questo ebbe inizio. Lui rilassato come le gambe accavallate in poltrona, lei a gambe larghe in piedi, sulle spine. Lui che guardava quel corpo magnifico, voluttuoso, pieno di curve, il seno proteso in avanti ed il culo indietro, quella magnifica chioma, racchiusa con un cerchietto, a coda di cavallo. Francesca aveva scelto proprio bene la sua schiava. Lei invece con lo sguardo sperso nel vuoto.
– Sei vergine? –
– Yes Sir! – rispose seccamente lei cercando di mantenere la voce ferma.
– Sei lesbica? –
– Sì Signore. – Questa volta la voce tremolò.
– Cosa ti ha ordinato la tua Padrona? –
La schiava rifletté prima di rispondere, arrossì e gemette come se fosse stata schiaffeggiata, poi raccolse il coraggio e rispose. – Devo ubbidirLe, servirLa ed adorarLa. –
Per Ely rispondere era diventata una tortura, ma lui si divertiva.
– Cosa ti ha raccontato di me la tua Padrona? –
Questa era una domanda meno semplice, la schiava si contorse, non osava muoversi, ma si stava stancando a rimanere ferma e a rispondere senza tentennamenti.
– Miss Francesca mi ha detto che Lei è stato per molti mesi il suo Padrone, che con Lei ha scoperto la gioia di servire e di annullarsi, che per Lei ha fatto tutto, ma proprio tutto. E… che vuole ritornare a servirLa. Ma di questo ne dovrete parlare direttamente. –
Master Daniele chiese ancora. – E sei pronta ad ubbidirmi, servirmi, ed adorarmi? –
– Questo è il volere della mia Padrona, Lei decide per me. –
– E come mai sei ancora vergine? alla tua età? ed avendo una Padrona? –
La schiava si agitò ed arrossì, se possibile ancora di più. Ed il Master insistette – come mai la tua Padrona non ha usato lo strapon su dite? –
Lei balbettò – forse… forse aveva in mente…- non riuscì a terminare. Poi sospirando – però lo ha usato… mi ha preso di dietro molte volte. –
– Lasciamo perdere la tua Mistress, ma sei una ragazza molto bella, come mai non ci ha pensato un altro o un’altra prima? –
La schiava ritornò ad avvampare, era vicina al punto di rottura, voleva che l’interrogatorio terminasse, che se lui la doveva punire o fottere o tutte e due le cose che lo facesse senza continuare a tenerla sui carboni ardenti.
– Sono lesbica… – quasi gridò come se quello spiegasse tutto, ma poi si rese conto che non era così e precisò – ho paura di essere penetrata e con le donne non è necessario. – Poi aggiunse – dalla mia Mistress mi sarei fatta penetrare, ma è stata lei a non volerlo. –
Il Master sorrise e provò a girare il coltello nella piaga. – Mettiamo che io ti liberi, ti dia dei vestiti ed un cappotto, tu cosa faresti? –
Inizialmente Ely pensò di non aver capito, poi meditò su quelle parole, meditò anche e soprattutto su quello che la sua Padrona voleva da lei, meditò…, ma non sapeva cosa dire. Ogni risposta che le veniva in mente le sembrava sbagliata.
– Non sono di vostro gradimento Signore? – rispose umilmente, stava quasi piangendo senza sapere bene neanche perché.
– Al contrario, sei magnifica, bella, dolce e molto eccitante. –
– Ed allora? – rispose precipitosamente la schiava.
– E sei anche maleducata – ribatté lui, – devi rispondere solo se interrogata. –
– Mi scusi Signore. –
– Dicevo che sei bella, ed io sono privo di scrupoli…, prendo le schiave anche con la forza…, ma solo quando so che in fondo lo vogliono e mai su ordine di altre. Sia pure la mia ex schiava e la tua attuale Padrona. –
Ely non sapeva cosa rispondere e saggiamente rimase zitta. Poi visto che il silenzio si prolungava trovò una sua risposta.
– Signore se non mi permetterete di servirVi la mia Padrona mi punirà e probabilmente mi darà in pasto al primo o ai primi che le passeranno per la testa. Vi prego usatemi. Sarà per me un onore essere usata dal Padrone o dall’ex Padrone della mia Mistress. –
– Ma gli uomini non ti piacciono! –
– Devo fare quello che desidera la mia Padrona. –

Lui stavolta non sorrise, ma rise. Si mise in piedi, le andò dietro e le levò i braccialetti. Poi le fece scorrere il dorso dell’indice lentamente lungo la spina dorsale. La schiava prima rabbrividì e poi si irrigidì, ma non si sottrasse. Le ordinò di mettersi a quattro zampe e di seguirlo. Salire le scale a quattro zampe non fu semplice, ma era giovane, agile ed atletica e superò facilmente la difficoltà. La fece montare sul letto matrimoniale della sua stanza e poi le prese i polsi, le rimise i braccialetti e legò questi alla spalliera del letto con una corda. Lo stesso fece con le caviglie che legò una ad ogni piede del letto. Poi la bendò, le rimise la ball gag e la lasciò lì, a pensare.
Ely si poteva muovere, aveva molto gioco, si poteva girare sul fianco che voleva o stare supina, certo non poteva chiudere le gambe o raggiungere i nodi da sciogliere. Lei aveva pensato che dopo essere stata legata lui l’avrebbe violentata, era pronta. Non lo voleva, gli uomini la facevano rabbrividire, solo l’odore provocava in lei repulsione, ma era pronta. Era quello che la sua divina Padrona voleva e lei avrebbe ubbidito per compiacerla e per il suo piacere. In quel letto sentiva sicuramente odori di sesso e di eccitazione. Prevalentemente maschili, virili, ma anche odori più dolci di donna e di fica. Certo lui aveva scopato lì e quindi c’erano anche odori di donna. Ely era lì ormai da tre ore e stava andando giù di testa, niente era andato come si era immaginata. Pensava che quell’uomo subito o al massimo dopo qualche preliminare l’avrebbe presa, sapeva che quel martirio in genere non durava molto, poi sarebbe finito. Ed invece niente di tutto ciò era accaduto. Il bastardo era uscito e l’aveva lasciata lì. Forse davvero non gli piaceva. Ma quello non poteva essere, aveva avuto un’infinità di corteggiatori di tutte e due i sessi ed era sicura di piacere.

L’udito non percepì niente, ma l’olfatto sì, si trattava di una donna, sentì prima l’odore, un buon odore e poi l’eccitazione, era calda ed eccitata. Poi sentì le sue labbra e la sua lingua.
Iniziò leccandole e succhiandole le dita dei piedi. Poi le leccò il dorso, due, tre slinguate per piede. Non osava parlare e l’altra non le diceva niente. Risalì per le gambe fino alle ginocchia continuando a lappare, baciare, leccare. Ora sentiva anche una parte del suo corpo che strusciava contro di lei. Aveva una pelle di seta, sentiva che era femmina, molto femmina, molte curve, burro, crema. Doveva essere bella, molto bella, non come la sua Padrona, quello era impossibile, ma decisamente bella. Percepì mentre era china su di lei, il suo seno abbondate ed i suoi capezzoli carezzevoli sulle sue gambe. Si eccitò ed iniziò a secernere umori prima ancora che la baciasse e la leccasse sulle e tra le cosce, iniziò a gemere e smaniare. Si contorse cercando di stringere le cosce, ma più di tanto non poteva. L’altra si decise di andare avanti, risalì lappando, succhiando e mordicchiando tra le cosce. Ely stava impazzendo, voleva che arrivasse lì in mezzo e che gliela mangiasse, la ingoiasse tutta e la masticasse. Godeva, ma non poteva raggiungere l’acme. La sconosciuta si soffermò a lungo tra le cosce di Ely, ma poi aggirò la sua fonte del piacere passando a leccarla sulla pancia e sull’ombelico e lei ne rimase frustrata, voleva gridare ed implorare, ma non osava ribellarsi… e poi era piacevole, molto piacevole, riprese ad ansimare, il seno gonfio, i capezzoli ritti, doveva trovare uno sfogo. Sentì il seno dell’intrusa pendente tra le sue cosce, quei toccamenti furono una scarica elettrica, rabbrividì, le venne la pelle d’oca. Poi quella bocca arrivò sul suo seno, sui suoi capezzoli. Divino, gemette, muggì, ringhiò, ma non una parola. Infine la sconosciuta si adagiò con tutto il suo corpo su di lei e la baciò sul collo, morse una spalla, la leccò sulla gola, sotto il mento, come una cagna lecca la sua cagnolina. Ely era estasiata, gemeva, la voleva, voleva… E la sconosciuta la baciò in bocca mentre la sua fica strusciava su quella di Ely, una, due, tre volte. Ely smaniava, un altro colpo, fica contro fica, clitoride su clitoride ed avrebbe goduto. Ma non sarebbe finita così.

Master Daniele, nudo, eccitato, il cazzo ritto osservava dalla porta la scena, era uno spettacolo magnifico. Due donne bellissime gli stavano offrendo uno spettacolo divino.
Quando vide che la giovane schiava era arrivata ad un passo dall’orgasmo intervenne. Prese Kristine per i capelli e la levò da sopra il corpo di Ely.
Ely sentì il trambusto, sentì anche l’odore dell’uomo e capì cosa stava succedendo. L’ha mandata per riscaldarmi ed ora prenderà il suo posto. Squallido come tutti gli uomini pensò, ma forse così mi sarà meno gravoso pensava. Ma non andò a quel modo.
Master Daniele le sciolse una caviglia, le levò la benda, le sciolse anche le mani mentre lei si guardava intorno. Vide il volto ed il corpo della sua amante, una donna matura con i capelli rossi, bella e voluttuosa, vicina a lei, ma ormai irraggiungibile. Master Daniele trascurò Ely e si prese cura di Kristine, la fece distendere sul lato libero del letto e la penetrò in un amen. Ely vide tutto. Vide come Kristine accoglieva con gioia il Padrone, come si offriva, come godeva ad averlo dentro di se, come incrociava le cosce per tenerlo dentro e come rapidamente raggiunse un orgasmo travolgente e poi un altro ancora mentre lui si svuotava dentro di lei. Come lui la baciava e la leccava, come la fotteva con irruenza e dolcezza al tempo stesso. E ne rimase stordita… se essere penetrata da un uomo era così… forse doveva rivalutare la situazione. Vide Kristine appagata, piena e felice. Mentre lei era rimasta ancora eccitata ed insoddisfatta, aveva pensato di toccarsi, ma non osava, lui l’avrebbe certamente impedito. Era lui che le aveva già impedito di godere, non lo avrebbe tollerato.

Quando Kristine si riprese il Master la licenziò e lei uscì dalla stanza e qualche minuto dopo sentirono il portoncino che si chiudeva. Master Daniele tirò la coperta sul suo corpo e su quello di Ely, poi si girò su un lato e qualche minuto dormiva soddisfatto. Ely, rimase lì dove era, non osava fare niente, si accucciò in posizione fetale e provò a dormire. Fu un sonno lieve ed agitato, pensò di toccarsi, ma ora l’eccitazione era sparita. Poi la stanchezza ebbe il sopravvento e si addormentò.

Ding Dong, ding dong. Erano le 7,30, Master Daniele era già sveglio, ma non aveva proprio voglia di uscire dal letto, e poi sapeva chi era. – Vai ad aprire, è la tua Padrona – disse ad Ely, – e prepara e portami la colazione. – Ely si precipitò scalza per le scale.

Le sentì confabulare, ma non riuscì a capire cosa si dicevano. Poi senti uno schiaffone… sulla guancia, ed un gemito di dolore, di nuovo le sentì parlare, poi un grido, non riuscì a capirne il motivo, ma sentì che Ely si lamentava. Quindi uno sbatacchiare di stoviglie e posate. Infine un rumore di tacchi che risalivano le scale.
Francesca era nuda, tutti gli anellini che adornavano le sue parti intime e sensibili al loro posto, indossava solo autoreggenti e scarpe a spillo. Bella, sempre più bella e consapevole della sua bellezza. Ely la seguiva con un vassoio in mano.
Lui era seduto su una poltroncina, indossava solo una vestaglia da camera. Lei si inchinò – buongiorno Padrone, sono ritornata – disse.
– Bene – rispose lui calmo, ma cercando di nascondere l’emozione che quella presenza gli procurava, – accomodati – gli rispose facendogli segno verso un’altra poltroncina lì accanto.
Lei prese il vassoio dalle mani di Ely ed a sua volta le fece cenno di mettersi carponi. Adagiò il vassoio sulla schiena della schiava e si sedette nella poltroncina vicino al Master. Prese la spremuta dal vassoio e servì il suo Master che bevve avidamente, per sé si servì un caffè che sorseggiò. – La schiava mi ha raccontato di stanotte – esordì.
– Ho sentito qualcosa. L’hai punita! –
– Solo uno schiaffone ed un morso su un capezzolo. Ma è solo l’antipasto, più tardi la porterò nel dungeon e la punirò davvero. –
Parlavano in inglese a beneficio della schiava che non seppe contenere un brivido di paura.
– Perché? – volle sapere il Master.
– Perché si doveva fare fottere ed invece Lei ha chiamato Kristine. Non le piace? – Francesca era ritornata al lei.
– Mi piace ed anche molto – rispose il Master, – però scelgo io chi e quando fottere e non tu. Non merita di essere punita. Invece Francesca sarai tu ad essere punita. –
– Padrone… – disse Francesca, ma non riuscì ad articolare una risposta.
– ssss – rispose lui, – vieni qui, in ginocchio, davanti a me. –
Con grazia Francesca posò la tazzina sul vassoio, aggirò la schiava che stava tra di loro e si inginocchiò davanti al suo Padrone. – Comoda – disse lui e lei si accosciò, poggiando le natiche sui talloni. Lui l’accarezzò sulle magnifiche tette, un dito dentro gli anelli dei capezzoli, tirò. Francesca gemette di piacere. Poi lui scese, la mano si strinse sulla fica e la trovò grondante, pronta, eccitata, lei per l’emozione e per l’eccitazione s’imporporò. Lui saggiò anche quegli anellini e Francesca smaniò. Lui disse soltanto – versa un caffè anche per me. – Francesca ubbidì prontamente.
– Dimmi quello che vuoi schiava – disse lui sorseggiando il caffè.
– Padrone – esordì Francesca cercando di riordinare le idee. – Voglio essere di nuovo la Sua schiava… ma solo sua. –
– Hai scoperto che ti piace essere anche Mistress – constatò il Master.
– Sì, – rispose lei, – ho scoperto che mi piace dominare ed ho trovato questa schiava che voglio tenere. L’ho persino convinta a seguirmi dagli USA a Milano. –
– E vuoi vivere qui con me, con lei. –
– Sì Signore, qui ci sono tre camere da letto, sotto un grande salone, il suo studio, la cucina. Sotto ancora il dungeon. Lo spazio c’è e noi saremo al suo servizio. Mi prenderò cura della sua casa. Tutto sarà sempre in ordine. –
– E tua madre? –
– Continuerà ad essere la sua schiava. Ma come Ely mi dovrà ubbidire e sarà la serva di casa, verrà qui quando Lei lo desidera e comunque per aiutarci a tenere pulito ed in ordine. –
– Vedo che hai pensato a tutto. –
– Sì Signore, io ed Ely dobbiamo studiare, quindi ci serve una mano. –

Lui si mise in piedi, la prese per le braccia e l’aiutò ad alzarsi, poi la circondò con le braccia e la baciò. Francesca riuscì a rimanere in piedi solo perché lui la sorreggeva. Poi lui la sollevò prendendola in braccio, non era una piuma, e l’adagiò sul letto. Quindi levò il vassoio dalla schiena di Ely e le disse di mettersi in piedi, vide un capezzolo segnato da un morso, rosso fragola. Il Master ci soffiò sopra ed Ely rabbrividì… di piacere. – Rimani qui, braccia unite dietro la schiena e guarda. –

Il Padrone aveva voglia di prenderla da tanto tempo e saltò tutti i preliminari. Si sdraiò su di lei e la penetrò immediatamente. Lei spinse il bacino in avanti ed accelerò la penetrazione. Lui la leccò sotto il mento e lei vibrò di passione. Francesca ricambiò immediatamente non appena lui si tese su di lei per penetrarla fino in fondo. Lo leccò sulla gola come una cagnetta. Sapeva che lui impazziva per quelle leccate e così fu. Solo sforzandosi ed irrigidendosi lui evitò di venire. Si strusciò su di lei prima di affondare ancora e quello struscio sugli anellini della fica e del clitoride la fecero impazzire. L’eccitazione arrivò al culmine per tutti e due, rapida, intensa e vibrante. Vennero insieme mentre Ely li guardava affascinata, due corpi intrecciati e fusi insieme in un piacere indescrivibile.

– Vieni Ely, leccami tra le cosce, puliscimi. – La schiava esitò un attimo, ma poi si immerse tra le cosce rilassate e molli per il piacere appena ottenuto, sulla fica umida ed appiccicosa della sua Padrona. E per la prima volta, in quel modo, indirettamente, assaggiò il seme di un uomo. Lo assaporò sulla lingua e decise che in fondo non le dispiaceva. Quando la sua Padrona capì sorrise e le strinse le cosce sul viso. Poi la prese per la coda dei capelli e l’attrasse a sé baciandola. –Buono il seme del Padrone, buoni i miei umori, buone le tue labbra. – Ely era felice che la sua Padrona fosse felice.

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Capitolo 2 – Francesca mette al suo posto la mamma

Francesca non aveva bisogno della sveglia per sapere che ora era, lo sapeva anche mentre dormiva. Alle sette e trenta precise, sia che dormisse con lui, sia che dormisse da sola o con la sua schiava, Francesca si svegliava. Senza fare nessun rumore si alzava dal letto e scendeva in cucina. Qui preparava la colazione per il suo Signore e gliela portava a letto. Di solito una spremuta ed un caffè più qualche biscotto. Non delegava questo compito né ad Anna e neanche ad Ely, per lei era un piacere servire il suo Signore direttamente.
Poggiava il vassoio sul comodino e si sdraiava accanto a lui. Lo accarezzava sul pene e lo baciava sul collo e sui capezzoli, a volte glielo prendeva in bocca delicatamente. Lui si svegliava pigramente, stiracchiandosi come un gatto. A volte aveva voglia della sua bocca, altre del suo corpo, altre ancora solo delle sue carezze e dei suoi massaggi. Altre volte se la portava sotto la doccia per farsi lavare la schiena o fotterla, mentre l’acqua calda scorreva sui loro corpi.
Poi lui usciva per sbrigare affari o si rinchiudeva nel suo studio per lavorare e Francesca diventava la Padrona di casa.
Lei ed Ely dovevano studiare, ma c’erano comunque molte cose da fare: fare spesa, pulire, stirare, cucinare. Se erano sole molto dei lavori pesanti e noiosi ricadevano su Ely mentre lei usciva per le commissioni domestiche o per fare spesa. Se c’era Anna tutto ricadeva sulle spalle della schiava più anziana.

La cinquantenne benestante che da quando si era sposata aveva a disposizione una cameriera ed un uomo tuttofare si era rassegnata da un pezzo a servire il suo Padrone, ma non aveva nessuna intenzione di servire anche le sue schiave. Anzi, se pur contraria al ménage di sua figlia con il suo Padrone, aveva almeno sperato che con la loro presenza gli affari domestici fossero equamente suddivisi tra tutte e tre o ricadessero soprattutto sulla nuova arrivata. Purtroppo il Padrone fece intendere, da subito, che la Padrona di casa era diventata Francesca e che in quell’ambito le altre due dovevano ubbidire a lei come se fosse lui a dare disposizioni. Lo scontro era inevitabile ed avvenne quella mattina, due giorni dopo che Francesca aveva presso possesso della casa. Subito dopo la prima notte che Anna, dall’arrivo di Francesca, aveva trascorso nella villa del Padrone.
Il Padrone era appena uscito, mentre le due schiave si crogiolavano nel letto. Francesca entrò come una furia nella stanza di Anna e le gridò contro – alzati pigrona, qui c’è tanto da fare e tu te ne stai a letto a poltrire come una padrona. –
– Scusami – rispose Anna, – ma stanotte il Padrone mi ha tenuta sveglia fino a tardi… –
– Prima regola, – rispose Francesca – d’ora in poi mi chiamerai Signora. –
– Ma… non ci penso neanche… sei mia figlia e qui siamo entrambe schiave. – Lo disse mentre si sollevava dal letto. Lo schiaffone che ricevette la rimandò distesa tra le lenzuola.
– Io sono la schiava del Padrone, ma sono anche la Padrona di casa, non te l’ha spiegato! –
Anna si portò una mano ad accarezzarsi il viso colpito ed un’altra a proteggersi, poi rispose. – Sì, ma avevo capito… per il fatto che tu stai qui in pianta stabile e quindi hai più responsabilità… non che tu potessi dare ordini. –
Francesca si avventò su di lei e le ghermì una tetta che le torse con forza.
– Sono la tua Padrona, come lo sono di Ely – le spiegò torcendole la tetta e facendola gridare. – Mi hai capito!? O lo devo dire al Padrone!? Non ho bisogno di lui per punirti – disse continuando a farle male. – Ma lui potrebbe essere anche più severo di me! –
Anna rimase senza fiato, ma sgranò gli occhi di fronte a quell’attacco e fece cenno di sì.
– Dillo bene troia – insistette Francesca, – non ho tempo da perdere e voglio risolvere questa questione ora ed una volta per tutte. –
– Sì Signora – mormorò Anna.
Francesca la graffiò sulla tetta e le strizzò il capezzolo lasciandola senza fiato. – Meglio, convinta! –
– Si Signora – ripeté stavolta con convinzione Anna.
– Bene, ora vieni con me in bagno e mi aiuti nelle mie abluzioni. –
Mentre si dirigevano nel bagno padronale Francesca svegliò anche Ely e le disse – prepara la colazione per tutte, tra mezzora scendo giù e deve essere tutto perfetto. – Anna andò avanti ed aprì l’acqua calda nella vasca da bagno. Francesca entrò nella comoda Jacuzzi, Anna versò il bagno schiuma e poi entrò anche lei nella vasca distendendosi dietro la figlia. Iniziò dalla schiena. Aveva imparato con il Padrone ad essere delicata ed energica al tempo stesso. – Allora – l’interrogò Francesca – ieri sera dove sei stata? –
– Il Padrone si è incontrato con i suoi amici e le loro schiave, siamo stati prima a cena e poi siamo andati a casa di Gianni – iniziò Anna.
– Non mi sembra che hai dovuto faticare molto – l’interruppe Francesca.
– Purtroppo no Signora, per noi schiave il dopo cena è stata molto duro, soprattutto per me che non sono più giovane. Forse la sua giovane schiava avrebbe retto meglio le prove a cui sono stata sottoposta. –
– Per ora dovrai subire tutto tu Anna, Ely è off limits, così ha stabilito anche il Padrone ed io ormai sono schiava solo per lui, nessun altro mi può toccare. Anche se non ho capito perché ieri ha voluto te e non me. –
Anna si spinse in avanti per insaponarle le tette e nel farlo baciò la figlia sulle spalle e le carezze sul seno diventarono più intime, mentre allargava le gambe intorno alle natiche di Francesca e la sua fica entrava in contatto con il corpo di Francesca. Anna pensava che quello che stava facendo era insano, ma non poteva farne a meno, era terribilmente attratta da quella figlia che si era appena dimostrata così autoritaria… ed era terribilmente bella. Non era la prima volta che succedeva, ma era la prima volta in cui succedeva senza che ne fosse costretta dal suo Padrone. Mentre questi pensieri le passavano per la testa rispondeva. – Ieri sera voleva una schiava e non solo per sé – ribadì Anna baciando nuovamente la figlia sulle spalle e strusciando la fica sulle natiche di lei. – Non ti ho dato il permesso di lesbicare cagna – la rimproverò Francesca. La figlia invece dopo lo choc della prima volta non provava più niente verso sua madre. Ormai l’aveva vista innumerevoli volte trattata come una cagna ed aveva visto che alla fine essere trattata come una vacca le dava un piacere infinito. Aveva quindi perso ogni forma di rispetto nei suoi confronti, anzi desiderava degradarla ulteriormente e lo avrebbe fatto. L’imbarazzo della madre anzi l’eccitava ancora di più. Infatti Anna continuò e mentre lei parlava Francesca si eccitava ancora di più.
– Mi scusi Signora, ma è più forte di me, da quella volta che mi ha penetrata senza sapere che si stava fottendo sua madre ho sempre desiderato rifarlo. Lo so che mamma e figlia non dovrebbero, ma ormai siamo cadute così in basso che non m’importa più di niente. Purtroppo il Padrone ce lo ha permesso raramente. – Francesca sorrise, sarebbe stato ancora più facile di quel che pensava.
– Sei una cagna sempre in calore, forse te lo concederò, ma dovrai meritartelo. Vedremo. se mi saprai servire bene è possibile che ti conceda di leccarmi, mentre le punizioni sono sicure. Ti è chiaro? –
– Sì Signora. Chiedo ancora scusa. –
Brava pensò Francesca, io da allora ho sempre desiderato dominarti ed ora posso farlo liberamente. E mi pare che inizi a capire come stanno le cose e che ti piaccia anche, ma di questo non le disse niente. Invece si mise in piedi. Aveva Anna sotto di sé che la guardava dal basso in alto, il viso quasi all’altezza della sua fica. – Apri la bocca – le disse ed il fiotto uscì immediatamente inondandola. Anna aprì la bocca più per la sorpresa o per dire qualcosa che per eseguire l’ordine. E quando il ruscellante fiotto arrivò inghiottì senza neanche capire cosa stava succedendo, e quando capì non si sottrasse. La vedeva alta ed imperiosa, dominante su quelle cosce forti e stupende, sopra di lei, inerme e sottomessa che in quel momento si sentiva sua schiava fino al midollo.

Poi Francesca uscì dalla vasca e le disse – ora asciugami e spalmami la crema. –
Anna avvolse il corpo di Francesca in morbide lenzuola, lei si sdraiò su una panca pronta al massaggio. Anna si unse le mani con la crema e iniziò.
– Quindi, ieri sera nel dopo cena… –
Anna ancora una volta partì dalla schiena e dalle spalle, poi scese sulle natiche dove maliziosamente si soffermò a lungo. – Sono finita in mano a quelle due arpie di Padrone, mi hanno legata ad un tavolino e mentre Sara mi inculava l’altra seduta sul tavolino mi sbatteva la fica in faccia pretendendo di essere leccata. Ero in una posizione molto scomoda e non mi era permesso neanche di godere, venivo sculacciata da Sara e schiaffeggiata da Renata. –
Intanto le mani di Anna erano arrivate alle cosce della figlia che per facilitarla le allargò leggermente. Anna ne approfittò per ritornare in alto e non trascurò un passaggio sulla fica perfettamente depilata della figlia e neanche sul suo clitoride. Francesca si girò, le prese il polso con la sinistra e con la destra la schiaffeggiò su entrambe le guance. – Renata ti ha schiaffeggiato così? – Anna gridò e si scusò, poi quasi piangendo disse – Sì Signora, così. –
– Continua cagna. –
– Mentre i Padroni si sollazzavano con le altre due schiave, le due Signore si scambiavano di posto e continuavano come prima. Penso sia durato più di un’ora in cui mi hanno sfondato il culo e non ho mai smesso di leccare. Non mi hanno fatto godere. –
– Poverina – rimarcò ironicamente la figlia, – come mai si sollazzano sempre con te? –
– Non lo so, probabilmente perché le altre due le hanno sempre a disposizione. Mi chiamano vecchia gallina, ma mi usano sempre… – Anna si impedì di pronunciare gli improperi che stava per dire.
Francesca sorrise, si girò e Anna le impastò le tette, ma memore della lezione appena ricevuta non si permise più carezze intime. Anche se si tratteneva, Anna non poteva impedire che la sua fica ribollisse.
Dopo colazione Francesca ed Ely uscirono, avevano lezione alle dieci. – Il Padrone rientra alle tredici, ed anche noi – disse Francesca rivolgendosi ad Anna, – voglio che la casa sia perfetta ed il pranzo in tavola, datti da fare. –
– Sì Signora – rispose immediatamente Anna.

Padrona e schiava erano sempre insieme, nei corridoi dell’università Ely stava sempre un passo dietro la sua padrona e sempre pronta e disponibile ai suoi voleri. In quel momento la serviva semplicemente portando tutti i libri e l’ipad. Francesca avanti vestita elegantemente, il cappotto sulle spalle, con un tacco alto, ma non esagerato, Ely dietro con i libri, l’ipad, il cappotto sull’altro braccio, una minigonna vertiginosa ed un tacco dieci. Non era abituata a vestire in quel modo, all’università in USA andava in giro in scarpe da tennis ed in jeans. In Italia erano invece tutti elegantissimi e la sua Padrona la voleva attraente, da esibire. La Padrona tranquilla e la schiava stressata dalle incombenze che le arrancava dietro. La Padrona era popolarissima, salutava tutti e ne baciava tanti, ma Ely attirava molti sguardi. In effetti era bella tanto quanto la sua Padrona. Francesca la presentava e lei arrossiva per i complimenti che riceveva da donne ed uomini. Francesca non era gelosa, anzi la esibiva con orgoglio padronale. – La mia amica americana. E’ venuta in Italia per studiare. Vive con me. – Poi diventava evasiva su tutto il resto. Ely si atteneva a quella linea. Francesca raramente accettava inviti a cena o a party che sotto Natale fioccavano ancora di più che nel resto dell’anno. Ely diceva semplicemente – devo sentire Francesca, non so che impegni ha già preso – così inviti ed approcci morivano lì.

Dopo pranzo il Padrone uscì di nuovo, disse che sarebbe ritornato per cena e voleva che tutte e tre le schiave rimanessero a casa per la notte. Francesca ed Ely sparecchiarono e mentre loro si mettevano a studiare lasciarono tutte le altre incombenze ad Anna.

Le ragazze studiavano nel soggiorno che stava tra la cucina ed il salone. In camera avevano una bella scrivania a disposizione, ma sotto avevano più spazio. Verso le sedici Francesca chiamò Anna. – Preparaci un tè! –
– Sì Signora – rispose la serva.
Quando Anna ritornò Francesca la rimproverò. – Da domani, quando sei in questa casa ti devi vestire da cameriera, cerca in casa, ci dovrebbe essere qualcosa, altrimenti vai a comprare. –
– Signora…, non saprei… il Padrone… –
– Troia e cagna, pensavo avessimo già stabilito stamattina qual è il tuo ruolo. – Francesca le rovesciò la tazza di tè addosso, si avventò su di lei e le strappò i vestiti, saltarono i bottoni dell’elegante camicetta indossata da Anna che finì a terra dove Francesca la tempestò di calci e pugni. Pure il reggiseno saltò e le mutandine le furono abbassate. Francesca era una furia, la schiaffeggiò e la tirò per i capelli.
– Non ti permettere più di discutere con me – le disse. La prese per un gomito e la ritirò su, altri due schiaffi sulle guance. Anna cercava di difendersi proteggendosi con le braccia. Lei la guardò come se la volesse incenerire. – Giù le mani cagna, lungo il corpo. – Anna impaurita le abbassò. Francesca le prese una tetta in mano e la torse strizzandola. Anna non osò muoversi, si lamentò e guaì per il dolore. – Ora ci servirai nuda. Poi vai a trovare quei vestiti da cameriera ed indossali. Grembiule nero succinto, sotto guepière, giarrettiere e/o reggicalze o autoreggenti, niente mutandine. Il grembiule molto succinto e le scarpe con almeno un tacco 8. E’ chiaro? E la prossima volta che provi a contestare ti porto giù nel dungeon e ti faccio il culo a strisce. Chiarò? –
Anna non rispose immediatamente, ma lo fece prima che la figlia si avventasse di nuovo su di lei. – Sì Signora, come desidera. –
– Bene, ora versami di nuovo il tè, pulisci tutto questo troiaio, vai a cambiarti e ritorna qui che voglio vedere come stai vestita da cameriera. –
Mentre Anna ripuliva Ely teneva gli occhi bassi, conosceva gli scatti della sua Padrona e non aveva nessuna voglia di incorrervi. Anna andò al piano di sopra e ritornò un quarto d’ora dopo. – Ecco Signora, vado bene così. –
Francesca la squadrò dai piedi fino alla crestina, indossava scarpe con il tacco giusto, una gonna al ginocchio, una camicetta bianca, sopra un grembiule bianco e la crestina. – La gonna va accorciata di almeno tre o quattro centimetri, chiunque viene qui deve capire chi sei. –
– Signora, qui ogni tanto vengono anche clienti del Padrone. Gente normale… –
– Non ti ho mica detto che ti devi presentare nuda troia. –
Anna non trovò niente da ridire e Francesca le ordinò di sollevare la gonna. Anna ubbidì tirando in su la gonna, sotto non aveva le mutandine. Francesca apprezzò. Le passò un dito tra le labbra della fica, Anna tremolò sulle gambe. Poi Francesca le prese in mano qualche pelo del cespuglietto e tirò, Anna strinse i denti sul labbro inferiore per non gridare, solo un piccolo gemito. – So che il tuo Padrone apprezza il tuo cespuglietto, ma io lo farei sparire.
– Non posso Signora, come ha detto lei… –
Francesca si levò le mutandine e si mise in piedi.
– Tutte e due in ginocchio – ordinò. – Tu, Ely davanti e tu cagna di dietro. –
Ely ubbidì prontamente e Anna seguì più lentamente. Ad Anna non dispiaceva servire la figlia, ma di fronte a quell’estranea si sentiva in imbarazzo. – Leccatemi cagne, voglio godere e fatelo bene altrimenti vi frusto a sangue. –
Ely si immerse tra le cosce della sua Padrona leccandola sulle grandi labbra e poi penetrandola con grande abilità. Anna con le mani allargò le generose natiche della Signora e poi spinse la lingua sul buchetto di dietro leccando e penetrando. Francesca si offrì alle due lingue allargando ancora un po’ le cosce. Poi mise le mani sulla testa di Ely e la spinse ancora un po’ dentro di sé. Spinse un po’ anche il culo indietro per facilitare la penetrazione di Anna. Poi volle la lingua di Ely sul clitoride e la schiava lo lappò e lo succhiò divinamente. Venne tremando sulle cosce, ma non era appagata. Fece spogliare Ely e la fece stendere su un fianco. Francesca si adagiò dietro la sua schiava e la baciò sul collo e sulle spalle, mentre strusciava la sua fica sulle natiche della schiava. – Lecca la mia schiava sulla fica – ordinò ad Anna. Falla godere. Al contrario di te se lo merita. – Anna rifletté amaramente che stava diventando anche la schiava della schiava di sua figlia. Ma non si sottrasse ed Ely, quando sentì la lingua di Anna sulla sua fica, andò rapidamente in Paradiso.

Anna servì la cena al suo Padrone, alla sua nuova Signora ed alla schiava di lei, tutte e tre sedute a tavola mentre lei sfacchinava per loro. Master Daniele sentì il nervosismo di tutte e tre e capì che doveva metterle a posto prima che la cosa gli sfuggisse dalle mani. Dopo cena le avrebbe fatte scendere nel dungeon e ne sarebbe venuto a capo una volta per tutte. Sperava.

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Capitolo 3 – Le tre schiave nel dungeon

Le tre schiave erano tutte nude. Francesca legata ad X ai ganci di una parete, gambe larghe e petto offerto. Ely appesa con le mani in alto ad un gancio di un’altra parete, con solo le dita dei piedi che toccavano terra. Anna adagiata su una struttura tubolare che il Master regolò all’altezza della schiava. Quindi legò caviglie e polsi ai piedi dello stesso, le tette pendevano invitanti tra i tubi. Anna era aperta ed offerta oscenamente. Tutte e tre le schiave potevano vedersi tra di loro e vedere il Padrone che stava tra di loro.

Master Daniele iniziò da quella che sapeva non aveva fatto niente. Si avvicinò ad Ely, la prese per la coda di cavallo e la tirò indietro scoprendole il collo e tendendola ancora di più. La schiava cercò di mantenere il contatto con il pavimento e gridò, poi affannosamente torno in equilibrio. – Cosa è successo? – Ely disse – Signore, la mia Padrona e sua madre hanno litigato su come Anna doveva vestirsi per fare da cameriera, non so niente altro. Io mi sono limitata ad ubbidire alla mia Padrona. – Master Daniele le diede comunque un colpo di frustino sulle cosce. La schiava si lamentò, ma sapeva che ne era uscita praticamente indenne.

Master Daniele si avvicinò a Francesca e ripeté la domanda. Lei rispose con calma. – Ho chiarito ad Anna quello che da oggi è il suo nuovo ruolo. Lei ha fatto un po’ di storie, ma poi si era piegata all’ineluttabile. Nel pomeriggio le ho detto che doveva vestirsi da cameriera e che quella era la sua tenuta. Ha fatto di nuovo storie e l’ho dovuta punire. E’ esasperante. Ogni volta mi costringe a ricominciare daccapo. –
Il padrone si avvicinò alla sua preferita e l’accarezzò sulla fica con tutta la mano, poi gliela strinse e lei sospirò di piacere. Tirò qualche anellino e le si contorse ansimando. Strinse quello sul clitoride tra l’indice ed il pollice e lei mormorò sììì. Tirò anche quelli ai capezzoli e lei mugolò. – Ti piace fare la Mistress? –
– Sì Signore. –
– E sei sicura di sapere come si fa? –
Lei ci pensò. – Ely mi adora e mi ubbidisce. –
– Non tutte le schiave sono uguali. Ad esempio con te ho agito come con tua madre? –
Francesca ci pensò ancora. – No, a me… lei mi ha sedotta. –
– Bene. Tu sei stata sedotta, Anna invece va piegata. Mi capisci? –
– Sì Signore, capisco. –
– E lo devi fare una volta per tutte. Senza pietà. Lei è una schiava nata, ma non va sedotta, va domata, senza pietà. E’ nella sua natura essere recalcitrante, mettere alla prova il Padrone o la Padrona, solo quando capisce che non c’è via di scampo si arrende e poi ubbidisce. Sei capace di domarla? –
– Mi aiuti Signore. –
– Ok – disse il Master sciogliendola dalla scomoda posizione. I due confabularono un po’ tra di loro, più che altro parlava il Master e Francesca assentiva.

Francesca poggiò entrambe le mani sul culo della schiava ed iniziò a manipolarla. La schiava aveva i muscoli tesi, in tensione ed era ormai al limite. La condizione ideale per farle capire come stanno le cose pensò la Padrona. La massaggiò sul deretano e sulle cosce cercando di portarle sollievo. Poi la massaggiò anche sulla schiena, lungo la spina dorsale, dal collo alle natiche. Anna non trovò il coraggio di dire niente, ma sospirò di vero piacere, i muscoli intorpiditi, sia pure dolorosamente, si distesero gradualmente e sentì che il sangue iniziava a circolarle meglio per il corpo. Stava per ringraziare, ma si trattenne. Non poteva vedere la Signora, ma sentiva le sue mani belle, esperte, delicate e allo stesso tempo forti. Quelle stesse mani le sfiorarono la vulva e poi le titillarono il seno. Ora Anna si stava davvero riprendendo. Desiderava essere libera per distendere meglio tutti i muscoli, soprattutto quelli del collo ed i polpacci, e poi desiderava tanto poter andare in bagno, ma si guardò bene dal chiederlo. Francesca si spostò di fronte alla schiava e vide il viso tirato della bionda, i capelli sudati attaccati alla nuca. La schiava era davvero in una condizione pietosa anche se in quel momento un barlume di vita era ritornato nei suoi occhi. Era bastato poco per sfiancarla. Probabilmente per una più giovane ci sarebbe voluto di più. Francesca si sedette sulla poltrona di fronte alla schiava e la guardò a lungo negli occhi senza dire una parola. La schiava sbatté gli occhi cercando di mettere a fuoco, poi ricambiò lo sguardo speranzosa. La Padrona implacabile non le rivolse la parola e continuò a guardarla dura. Anna socchiuse gli occhi, non poteva chinare la testa e quindi era costretta a guardare la padrona in viso, ma non reggendone lo sguardo decise di socchiudere gli occhi. Francesca fece trascorrere tutto il tempo che volle, poi quando il silenzio divenne intollerabile per la bionda le disse – Guardami. – La bionda aprì gli occhi e guardò la Signora che sorrideva. Francesca lasciò passare qualche secondo, poi riprese a parlarle. – Ancora non hai capito qual è il tuo ruolo vero? – Anna non pensava di doverle rispondere e non lo fece. In effetti il discorso di Francesca non aveva bisogno di essere interrotto dalla schiava e lei continuò tranquillamente. – Tu qui sei l’ultima ruota del carro, sei la serva, la schiava delle schiave, anche Ely tu può dare ordini o richiederti qualche servizio particolare. – Francesca fece una nuova pausa e poi chiese: – hai capito schiava? –
Stavolta la domanda era diretta e Anna sapeva che doveva rispondere. Capì che la padrona l’avrebbe lasciata lì per tutta la notte se non rispondeva come quella desiderava e si affrettò: – Sì padrona. –
– Oggi hai detto così molte volte, ma alla prova dei fatti sei stata sempre recalcitrante. Vero? – chiese ancora Francesca.
– Sì padrona – ripeté ancora una volta automaticamente Anna.
Francesca non fu soddisfatta di quella risposta che le parve meccanica. Non era convinta, in quel momento Anna faceva la furba e la blandiva ancora una volta. Ormai l’aveva capito. Anna si sarebbe anche rotolata nel letame per poter leccare la fica di sua figlia, era diventata la sua ossessione, per ricevere un’intima carezza avrebbe fatto qualsiasi cosa, ma non avrebbe mai smesso di contestare la sua autorità. Quindi ora barava, forse perché era stanca e voleva levarsi da quella posizione al più presto.
La padrona, invece era esasperata, voleva domarla una volta per tutte. Fece un cenno col capo al Master che si trovava dietro alla schiava. Il Padrone aveva in mano una paletta e con quella colpì Anna sul culo teso ed indifeso. La colpì proprio nel mezzo, ed il colpo echeggiò fragorosamente nella cantina. Anna fu sospinta in avanti dal colpo e gridò per la sorpresa ed il dolore. Sentì male sul culo e sui fianchi che appoggiavano al cavalletto. Stava per dire qualcosa quando sentì un altro colpo forte, sonoro ed altrettanto doloroso. Invece parlò la padrona.
– Gran pezzo di troia, continui a non capire che sei una nullità, sarà mia cura fartelo capire. –
Anna stavolta non resse e la sua testa ciondolò in basso sconfortata.
Francesca lasciò passare un po’ di tempo, per dare modo alla schiava di riflettere e riprendersi, poi allungò il braccio verso uno dei seni della schiava. La padrona lo soppesò sulla mano, lo strizzò e quindi si concentrò sul capezzolo che strinse tra le dita. Anna si lasciò fare senza dire nulla, pensava in fretta, decise di arrendersi senza condizioni. Francesca la prese per i capelli e la tirò verso l’alto, la schiava non aveva dove andare, era legata e per parlare doveva già fare uno sforzo, riuscì seguendo quella mano che la tirava per i capelli giusto ad aprire la bocca. Era quello che Francesca desiderava, la tenne tirata per i capelli e le inserì un dito in bocca. La schiava sentiva male dappertutto, ora anche sulla nuca ed i muscoli del collo erano sottoposti ad una nuova e violenta tensione. La schiava sentì il dito della padrona che circolava sulla corona dei denti, poi che le solleticava la lingua ed infine sul palato. Anna era allo stremo, doveva fare qualcosa per concludere quella partita, ormai si era arresa e doveva farlo capire alla sua padrona. Anna socchiuse delicatamente le labbra intorno al dito della padrona, la sua abile lingua lo catturò e gli roteò intorno, poi per quello che le era consentito mimò un incredibile pompino. Francesca si rilassò, ora andava meglio, sembrava che la schiava avesse finalmente capito come si doveva comportare, anche se non ne era completamente sicura, ma avevano fatto dei passi avanti. Le spinse il dito fino in fondo alla gola e lentamente mollò la presa dei capelli. La schiava si prese cura di quel dito come se fosse il cazzo più bello che avesse mai visto, arrivò ad eccitarsi e Francesca non poté non notarlo.
– Sì, non sei male, hai tecnica e fantasia, ma ancora non mi hai convinto della tua remissività. Su questo punto dovremo ancora lavorarci. – Francesca estrasse il dito dalla bocca della schiava che si ripulì sulla guancia della stessa. Anna intuì che doveva dire qualcosa. – Padrona mettetemi alla prova, ma liberatemi non ce la faccio più, permettetemi di leccarvi, trastullatevi con il mio corpo, vedrete che sarò brava e vi ubbidirò in tutto e per tutto e non proverò più a resistervi. –
– Lo farò, ma non avere premura, dobbiamo ancora intenderci meglio, non ho molto tempo per giocare con te, sono molto impegnata. Ma non voglio che ci siano fraintendimenti in futuro. Anna non si arrese. – Padrona liberatemi, non ve ne pentirete. – Anna ce la metteva tutta e mentre pregava la sua padrona piagnucolava. Aveva deciso di sottomettersi completamente pur di finirla con quella tortura.
Ma Francesca era di diverso avviso, voleva condurla all’esasperazione e vedere come reagiva, doveva debellare ogni atteggiamento di rifiuto della puttana. La mise subito alla prova.
– Ho deciso che Master Daniele ti dia dieci colpi di paletta sul culo, voglio vederti soffrire per il mio diletto, che ne dici? –
Anna si sentì venir meno, l’odio le montò dentro, si era offerta come una vacca, era disponibile a tutto e quella bastarda di sua figlia ora voleva farle dare dieci colpi di paletta dal su Padrone. Stava per gridare il suo furore, si voleva dimenare su quel cavalletto, ma capì che avrebbe peggiorato solo le cose. Pianse, invocò pietà e poi si arrese.
– Per il vostro piacere Padrona sono disponibile a tutto, fate di me quello che volete. –
La Padrona si distese sulla poltrona, voleva esaminare la bionda mentre il Padrone l’avrebbe colpita, gli fece un cenno e sorrise alla sua schiava. Anna strinse le chiappe e non fiatò, ormai era concentrata sul dolore imminente. La bionda tremava e sbuffava mentre il Padrone se la prendeva con calma. La schiava sapeva, per diretta esperienza, che la paletta non era uno strumento di tortura molto doloroso, e sapeva anche che dieci colpi non erano moltissimi, ma ormai era logorata dalla tensione e dalla stanchezza.
Il Padrone si mise di lato alla schiava e finalmente la colpì. Il colpo fu duro, ma la schiava era pronta, l’accolse irrigidendo il culo. Il colpo rimbalzò sul culo teso della bionda che soffocò il grido, strabuzzò gli occhi e cercò di non scorticarsi ulteriormente i fianchi sul cavalletto che la sorreggeva. I colpi si susseguirono lenti e monotoni, il culo divenne dapprima rosso e poi viola. La schiava stringeva i denti, sudava, le tette scivolate sui lati del cavalletto sobbalzavano libere ed invitanti, Il Padrone colpiva con metodo e Francesca si eccitava allo spettacolo offerto dalla sua schiava. Dopo cinque o sei colpi Francesca prese in mano le tette della schiava e ne pizzicò i capezzoli, la munse come una vacca e li strizzò con diletto mentre il Master implacabile continuava a colpire. Anna teneva gli occhi socchiusi, velati dalle lacrime, mugolava di dolore e pregava che tutto finisse al più presto. Ora quella maledetta padrona la stava mungendo, in altre circostanze non sarebbe stato male, ma in quel momento era un’ulteriore tortura. Però lentamente iniziava ad apprezzarne il tocco. Il mugolio di dolore lasciò posto ad un flebile inizio di piacere, i fianchi le facevano un male terribile, ma in basso si era bagnata, sollevò le palpebre e guardò la padrona con gli occhi velati di piacere, Francesca le sorrise soddisfatta. Prima dell’ultimo colpo la padrona abbandonò la schiava e si alzò dalla poltrona. Si portò dietro di lei e levò lo strumento di mano al Master. Poi si avvicinò al culo della bionda, era viola, ma non c’erano escoriazioni, la schiava sarebbe rimasta per qualche giorno con il culo viola in aria. Le mise una mano sul culo, era gonfio e caldo, la schiava tremò a quel contatto, si aspettava il peggio, un graffio l’avrebbe lacerata e fatta soffrire indicibilmente, ma Francesca fu benevola. Le passò invece un dito sulla passera, era bagnata, la schiava nonostante tutto godeva. L’accarezzò ancora tra le cosce, graffiandone l’interno morbido e serico. La schiava accettò anche quelle carezze con grazia, tutto, pensava, tranne che un graffio sul culo. Ormai desiderava quell’ultimo colpo con ardore, purché dopo finisse tutto. Infine Francesca l’accontentò si portò di lato alla bionda, sollevò la paletta e con tutte le forze calò il colpo sul culo della schiava. Fu tremendo, la bionda ululò come un’ossessa e si abbandonò al pianto ed ai singhiozzi.
Master Daniele sciolse Ely dalla sua scomoda posizione, la schiava era scossa, aveva visto che la sua Padrona poteva essere molto cattiva, e quando la sua Padrona le disse di andare a letto lei corse senza fiatare su per le scale verso la sua camera.
Master Daniele seguì la stessa strada con più calma.
Francesca invece sciolse Anna e le disse di seguirla nella sua camera. Quella notte Anna
leccò instancabilmente la sua Padrona con passione ed abnegazione e divenne la schiava devota della sua Padrona.

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