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Ancora oggi ci ripenso ben volentieri con immensa accuratezza e con considerevole diligenza, nel tempo in cui quel giorno di tanti anni orsono conobbi Nausikaa, con la sua occhiata apertamente adorabile, lealmente magnetica e manifestamente irresistibile. Lei m’aveva semplicemente e diffusamente colpito impressionandomi all’istante per la sua sobria e familiare immediatezza, in aggiunta a ciò in ugual modo, per la sua vivace ed evidente genuinità, che si poteva ben intuire e presentire senz’ombra di dubbio dalla franchezza delle sue parole e dalla spontaneità dei suoi gesti, incendiandomi sia il corpo che la mente. Il suo, infatti, era uno sguardo di donna rassicurante e incoraggiante, sgombro, colmo di gioia e di voglia di vivere, ripulito dalle nefandezze, dalle empietà e dalle cattiverie del mondo che ci circonda, bonificato, risanato da tutto quel lusso e da quel finto e contraffatto benessere che oggi ci cinge, facendoci traviare, fuorviandoci e distogliendoci invero dalla naturale e semplice essenza del vivere stesso, del gustarsi la vita, inteso come un maschio e una femmina dovrebbero essere per vivere in giusta armonia.

Tutto avvenne semplicemente in un dopo pranzo di fine giugno, candidamente con quell’allettante e rapente occhiata nelle strade del porticciolo di Livadi nell’isola di Serifos in Grecia nel Mar Egeo, con quell’addome e con quelle deliziose mani che perlustrano ispezionando e rovistando senza domandare, finché il fiato non si sciupa abbreviandosi e troncandosi, raggirando speranze e previsioni bramate peraltro inseguite per lungo tempo. Tutto comincia per l’occasione da quel vestito chiaro semiaperto di filato finissimo, sfrenatamente aderente, prodigo e splendido nell’effigiare proponendo in definitiva un addome rigonfio e arrotondato. Dopo, scrutare delle tette abbondanti e carnose, innalzate e confortate da delle spalline indebolite che s’imprimono sulle spalle, in ultimo osservare dei bei capezzoli irti e appuntiti che scorticano quell’indumento chiaro, ammaliando e conquistando la mia famelica e assettata desiderosa occhiata.

Non da meno, sono a dire il vero pure i fianchi, con la vita aggraziata e le chiappe massicce, contornate attualmente dal perizoma ed evidenziati dall’inedita e brutale vivacità del colorito del filato, volutamente tirato e pressoché logorato per la presunzione di bendarne in conclusione le prosperose forme. Ristretto è altresì l’effetto che fa sulle cosce, notevolmente sui miei sensi e apprezzabilmente per le mie mani. Avveduta, scaltra e incline alle insinuazioni è in ugual modo la sua connivente e intensa occhiata, messa inequivocabilmente in risalto da quella lunga capigliatura nera, da due labbra enigmatiche e polpute, con quel colorito precisamente bruno, accompagnato da un portamento distintamente lubrico e spinto, assieme a un atteggiamento che sommerge l’ambiente circostante d’una pulsione erotica concentrata e sgargiante, direi innegabile, eloquente, immediata e istintiva di femmina dell’arcipelago delle isole della Grecia, precisamente di Serifos, dove d’altronde lei è originaria.

Quando Nausikaa si solleva dal canapè io mi smarrisco, mi perdo svaporando nella sua sagoma, farnetico, vaneggio e medito di quanto io sia favorito dalla sorte, mentre lei innalza il vestito, sovrappone gli avambracci allo spalliera, si genuflette su di me, mi rasenta la faccia con il petto, ondeggia con la cavità pelvica fino a lambirmi l’inguine. Dopo Nausikaa si denuda le tette collocandomi sopra quella deliziosa e morbida felpa, per me estesa vastità di calduccio, che arrischio infruttuosamente d’abbrancare con le mani. Nausikaa s’accosta alla mia bocca, io non avverto il peso, ma l’incapacità di spostarmi o d’alzarmi, perché la sua è una ferrea aspirazione e una risoluta intenzione di gioco, il suo è uno svago ben calcolato. I suoi capezzoli, peraltro irti e appuntiti come dei chiodi, non mi danno tempo per respirare. A dispetto di tutto ciò Nausikaa prosegue, si sfrega, appiccica la mia faccia al torace, alle tette e alla pancia, sdrucciola sulla faccia con una destrezza rara e con una sagacia insolita, tuttavia non si fa tallonare, frattanto che io distendo la bocca tento di rubarle il sapore con la lingua e intravedo l’ombelico.

Nel tempo in cui apro gli occhi Nausikaa è nuda, è senza il suo finissimo indumento, però non del perizoma scuro che colgo. Lei mi stringe la mano fra le cosce: è molto gocciolante, il mio braccio è allungato sull’inguine e le dita rovistano serrate tra quella costrizione, Nausikaa geme e inizia a oscillare in modo lieve, così come un flutto travolgente scortandomi nel suo intimo desiderio, che subito dopo diventa piacere, uno strillo affrancante, un gemito gustoso e un lamento svincolante, che si posa sulle mie dita. In realtà non ho il tempo di brandirla, o forse mi delizia quello svago. Lei è così naturale, nella sua maniera di decodificazione, nella sua imprevedibile e sorprendente determinazione. Io sono sedotto e alquanto ottenebrato dalle sue arrotondate forme, attratto dalla sua odorosa fragranza di femmina, estasiato dalla sua avviluppante e coprente correità e in ultimo, manifestamente stregato dalla sua densa e ardente espressione. Al presente posso circoscriverla per i fianchi, tentare d’avvicinarla, ma Nausikaa si gira mettendomi a disposizione le natiche.

Adesso Nausikaa con le mani si sfrega l’addome, io sono rapito, il mio naso s’inabissa tra quelle madide pieghe strusciando sul perizoma intriso di fluidi. Adesso è davvero impraticabile distrarla e bloccarla, inattuabile pure sottrarsi, cercare d’affiorare da quel soave impeto e da quell’aspro voluttuoso furore. Ostacolato da movimenti ineseguibili, isolato e rinserrato nelle sue grinfie, mi sento depredato dalla consolazione del suo piacere, sono invero costretto e obbligato ad adeguarmi a un patimento smisurato. Con la faccia decisamente umidiccia mi rimane alquanto arduo fissarla, perché la quiete è interrotta solamente dall’apprensione dei nostri respiri, in quanto quest’ultima è una cessazione momentanea piuttosto inattendibile, perché Nausikaa si genuflette tra le mie gambe, per il fatto che percepisco le sue tette sul mio inguine con le sue dita che ispezionano la camicia, graffiando ingorde e fameliche la pelle.

Nausikaa mi slaccia in un istante la camicia, la sua morbida bocca si dedica al petto, mentre la lingua s’ingegna nel tratteggiare l’orlo dei capezzoli, le labbra nell’aderire e nel suggere, mentre i denti ad azzannare. Lei ha fermamente stabilito di farmi delirare, ha saldamente disposto come maneggiarmi, perché conosce e sa bene dove indirizzare le premure e su quali interruttori sapientemente pigiare. Nausikaa disloca la sua cavità pelvica facendomi sragionare, m’accarezza l’addome con le tette, trainandomi ad abbandonarmi nella sua bocca. Adesso il mio cazzo svetta pulsante, è diventato duro, la sua bocca è per me come una scarica elettrica che ti sconquassa. Io cerco di resistere, la voglio e tento d’allungarmi sul canapè, lei afferra tutto, comprende appieno il mio stato d’animo e m’incoraggia accontentandomi.

Io venero tantissimo la posizione del sessantanove, le sue cosce sono per me un tocco levigato, sono un tessuto pregiato che dona passioni e che offre profumi madidi. Il suo didietro è enorme, inverosimile da trattenere, improbabile d’abbracciare e inattuabile d’imprigionare. Io in quella circostanza l’addento, invado il suo corpo con la lingua ficcandoci il naso. Adesso sento che Nausikaa freme, sbraita di godimento, intanto che i capelli mi fustigano il cazzo. In verità è un entusiasmo bofonchiato, che ha la sapidità della sua terra, del Mar Egeo, che ha la conoscenza e la dottrina delle antiche divinità femminili, della lingua greca, della bellezza, della melodia e dell’intelligenza. Io devo ghermirle i fianchi con vigoria per domarle la cavità pelvica, per recuperare perlomeno una cadenza, per sospingermi più su. Il suo clitoride adesso è rigonfio e granitico, primeggia ed eccelle, è amabile e disponibile da seviziare con le labbra, da intrattenere per istanti sconfinati ai suoi libidinosi vocaboli recisi e interrotti.

Le mie narici al presente svaniscono eclissandosi nella sua odorosa e favolosa fica, le mie dita disegnano l’orifizio anale, perché il mio bisogno è quello di rovistare quella caverna, d’esplorare fra quella cavità, sicché in modo repentino la penetro, intanto che blocco il clitoride, mentre le mani si disgiungono per subissarla fino al piacere veemente e sfrenato. Nausikaa è testualmente un torrente che scorre in abbondanza, mi caldeggia fedelmente, perché al momento casca spossata tra le mie gambe. Attualmente la grande specchiera del bagno è sufficientemente splendida e magnanima nel riprenderci peraltro generosa e disinteressata, contenendoci e riverberandoci entrambi. Io prediligo cingerla da dietro, presto attenzione alla sua cute, le sollevo le tette e gliele manipolo.

Nausikaa mi mostra con adempimento e soddisfazione tutte le sue formose e seducenti rotondità, al momento è affaccendata nella cucina, è sfavillante e incantevole, palesemente melodiosa, fiduciosa e decisa nelle sue movenze, intanto che controlla il fornello del gas accesso. Io m’accosto e le tocco le mani, so che dovrò allargarle le chiappe per raggiungere l’orifizio anale, per sforacchiarla con la punta della lingua, per farla adeguatamente incurvare con il balsamo che ho approntato per l’occasione. Io bramo percepire il suo sapore, con difficoltà risalgo le cosce per cercarlo con le dita, Nausikaa reagisce replicando all’istante bagnandomi. Lei è favolosa, è una femmina formidabile, perché con l’addome lambisce il ripiano con le gambe semiaperte. Quelle cosce sono lucenti di piacere, è ansante allorquando cerca irrequieta e smaniosa la mia bocca.

La mia Nausikaa s’accosta frattanto al canapè esponendomi le tette, io non sono in grado di ripudiarle e perciò mi farcisco il palato di quel ben di Dio. In seguito la distendo sul canapè con la cavità pelvica sul funzionale e ampio guanciale. La osservo per bene, la esamino con modo di fare concupiscente, in un attimo m’immergo nella sua fica in maniera voluttuosa, Nausikaa è alquanto gocciolante, poiché le sue secrezioni in quel frangente fluiscono fino all’orifizio anale. Io l’invado perforandola prudentemente con l’unguento che le avevo prima cosparso, Nausikaa mi controbatte con un sobbalzo, io son o genuflesso di fronte a lei che tra quella odorosa caverna rintraccio il clitoride, strusciando lingua e con le labbra sorbendo i fluidi che stillano da quella fenditura.

Al presente Nausikaa vaneggia, non connette, si dimena, farnetica, si comprime le tette, afferra e congiunge il guanciale quasi a volerlo sbrindellare, s’incurva, si contorce, mentre il mio cazzo espugna e sottomette le sue viscere impadronendosene. La sua esplosione è intensa, erotica e inebriante, il piacere che prova è indefinibile e indistinto, giacché strilla sfoderando in conclusione il suo fantastico, lussurioso, trattenuto e dissuaso orgasmo. Adesso lei è smarrita, meravigliata e stupefatta, malgrado ciò si sente realizzata e diffusamente intontita, ora si è abbandonata nel torpore, è statica e appagata, fra tutti quegli effluvi e tra quelle innumerabili sensazioni appena vissute.

Non si direbbe, lei però è d’indole liberale, d’inclinazione munifica e d’animo nobile, una donna di mondo in tutti i sensi, la sua bocca si dischiude e cerca i miei capezzoli. Non so di poter negare a nessuna quella pretesa. Nausikaa mi squadra con il suo sguardo magnetico e penetrante, estesamente ammaliatore, mi piglia il cazzo facendolo sparire interamente tra le sue labbra. Io non resisto molto, combatto e sopporto come posso, sto per scatenarmi e lei lo sente, eppure evita sottraendosi d’incalzare il mio personale piacere, rallenta e si sposta.

Le piace farmi attendere, per il fatto che s’allontana a rilento ricollocandosi sopra di me, avvinghiandomi con le enormi tette e ondeggiando di proposito sull’inguine. Adesso non potrei sostenere quel rimando né controllarmi oltremodo a quel prolungato rinvio, tuttavia la lascio fare. Nausikaa flette le spalle, spalanca le chiappe e accompagna il cazzo con le dita verso l’orifizio anale, io rimango fermo con il respiro interrotto, mentre lei si colloca gradualmente di sopra. Io sono affondato nel suo corpo, nel mulinello di un’occhiata aderente e compressa fra l’addome e le tette, fino a rasentarmi l’anima carezzandomi la psiche e i sensi.

Passano soltanto pochi istanti ed è l’apoteosi massima, quel lungo piacere s’approssima e in un baleno approda e defluisce. Io strepito il mio lussurioso e intemperante orgasmo dentro le viscere di Nausikaa. La mia sborrata è abbondante, io la farcisco con il mio denso nettare vitale inzaccherandole la pelosissima fica e la pancia, poiché la scena che ne scaturisce si potrebbe certamente benissimo imprigionare, mitizzandola come un attimo da foto ricordo. Non so esattamente quanto sia durato poiché non occorre soffermarsi su quest’aspetto, giacché non è rilevante descriverne né delinearne un seguito.

Ancora oggi, quando ritorno sull’isola di Serifos, volutamente ancora rimasta per fortuna un’oasi d’autenticità non toccata dal turismo di massa, in quanto è un gioiello da scoprire, con più di cinquanta spiagge meravigliose bagnate da un mare turchese e limpidissimo, con alberi di tamerici e di fichi che colorano di verde il caratteristico panorama, mi soffermo là a guardare intenzionalmente il cielo proprio in quel punto dove ci siamo conosciuti, precisamente nel sobborgo di Livadi, uno dei porti principali dell’isola.

Se temporeggio e indugio più del dovuto, riesco persino ad assaporare chiudendo gli occhi, finanche la sensazione di quella folata di vento e della sua presenza, della sua spigliata espressione e del suo esteso e amorevole piglio, della sua inconfondibile, unica e speciale fragranza di donna.

Al presente sono disteso, spensierato ed esultante nel mio cortile, perché la mia adorata Nausikaa arriverà dopodomani, io sono arrivato qua sull’isola prima di lei e l’aspetterò felice a braccia aperte.

{Idraulico anno 1999}

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