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Io ero ancora un adolescente acerbo, ingenuo e immaturo, quella ragazzina la conoscevo da oltre venticinque anni, perché alloggiava proprio nei paraggi della mia abitazione fin da quando eravamo degli spensierati e gioiosi pargoletti. Al presente, a ben vedere, me la ricordo tutt’oggi che è durevolmente stata di poche parole e d’esigue smancerie, essendo invero assai introversa di temperamento, pavida e riservata d’indole. Apparendo di continuo validi amici, pressappoco fratelli, io non l’avevo giammai avvertita né percepita come una potenziale e presumibile compagna, malgrado ciò quella sera in lei c’era stato qualcosa di difforme e d’insolito nei suoi occhi magnetici e nel suo pacato atteggiamento. Dentro i suoi occhi, infatti, sfavillava una luce mai vista prima, gli abiti che indossava la rendevano molto elegante e al tempo stesso piacevolmente incantevole e seducente.

La gonna non troppo corta, ma nemmeno troppo lunga, metteva in evidente risalto due gambe affusolate e graziose, la camicetta faceva intravedere un seno non troppo florido, ciò nonostante assai ben proporzionato, rispetto al suo corpo attualmente di donna quarantenne in splendida forma fisica. I suoi capelli scuri appena messi in piega, sembravano fatti apposta per i suoi grandi occhi neri, tenuto conto che da dietro le lenti degli occhiali erano ancora più avvincenti e armeggianti, in ultimo il suo colorito bruno da fine estate la rendeva indubbiamente e deliziosamente splendida e innegabilmente adescatrice. Come ormai consuetudine, aveva suonato alla mia porta per lasciarmi le sue chiavi di casa, prima d’andare a cena con i colleghi. Non sapevo spiegarne la causa né interpretarne il corretto motivo, eppure quella sera m’addolorava vederla andar via, mi rattristava parecchio, mi crucciavo e m’affliggevo in special modo, anche se sapevo che l’avrei rivista nuovamente nel giro di poche ore appena, perché sarebbe rientrata per chiedermi le chiavi di casa.

Io la baciai sennonché amorevolmente sulla guancia augurandole una buona serata, sapevo tutto di lei, lei conosceva, distingueva e ravvisava tutto di me. Ero ben informato di tutti i suoi fidanzati iniziali, possedevo numerose nozioni del suo gruppo d’amici, mitizzavo lei e la sua famiglia, che consideravo peraltro il mio secondo nucleo familiare, malgrado ciò quella sera non facevo altro che pensare al suo essere farneticando di lei. Aspettavo il suo rientro per poter scambiare ancora qualche pettegolezzo, per poterla rivedere così adorabile, avvenente e deliziosa come non l’avevo intravista prima d’allora. In modo repentino squilla il mio telefono, è lei, la sua autovettura si è guastata sulla strada del ritorno, fuori c’è un temporale spropositato, di quelli in cui il cielo è pieno d’elettricità, dove i tuoni sono così fragorosi da far tremare i vetri degli edifici. Io le vado incontro, lei è da sola, certamente sarà scoraggiata e spaventata di fronte a un’autovettura in sosta forzata, per di più sotto un forte nubifragio. La rassicuro e le faccio capire che nell’arco d’una decina di minuti sarei stato da lei e che l’avrei riportata verso casa.

In tal modo avvenne l’insperato e il lascivo episodio, poiché lasciammo la sua automobile là parcheggiata e tornammo verso casa, sul pianerottolo lei m’abbracciò in modo energico e lussurioso, ringraziandomi in definitiva per il prodigioso aiuto che le avevo spontaneamente dispensato. Io le chiesi di restare un altro poco assieme a me, perché non volevo vederla andare via, lei venne da me e iniziammo a dialogare. Analizzavamo, discutevamo e trattavamo d’ogni argomento, fino a che, ovviamente, si finì nel dibattere ineluttabilmente di sesso, lei mi narrava che il suo ultimo fidanzato non riusciva mai a soddisfarla, perché l’unico motivo era la mancanza d’amore, di coinvolgimento e d’interesse. Quell’argomento intrinseco m’eccitava in maniera profonda, mi fomentava istigandomi in modo intenso, mi scardinava le membra e la psiche, perché in aggiunta a ciò, la sua camicetta ancora bagnata, non faceva altro che risvegliare in me il desiderio di lei esortandomi e sobillandomi oltremisura. In quel frangente agguantati l’opportuno coraggio e pomposamente le annunciai:

“Ascoltami Beatrice, non prendermi per matto, non essere frettolosa né impaziente né sbrigativa, dopo mi dirai” – baciandola in modo inatteso e focoso, iniziando ad accarezzarle il corpo.

Lei afferrò le mie mani e se le collocò sul seno, nessuno poteva far finire quel bacio interminabile, successivamente le sbottonai la camicetta e notai che dal suo reggiseno spuntava un florido capezzolo, era alquanto formoso, vistosamente desiderabile e stuzzicante, sicché iniziai a trastullarlo. Beatrice era totalmente rilassata, largamente coinvolta, i suoi sospiri mi facevano capire di proseguire senza paura né timori. La spogliai del tutto e iniziai a sbaciucchiare quel fantastico corpo magro e assai annerito dal sole, le baciavo i fianchi, l’esterno della coscia, poi guardandola negli occhi mi diressi verso il suo bocciolo cominciando a rilento a esplorarla con la lingua. Io captavo e raccoglievo le sue asprigne secrezioni sgorgare sul mio viso, sapevo che la stavo portando oltre il limite, però non avevo alcuna intenzione di fermarmi, giacché bramavo cogliere e assaporare totalmente il suo orgasmo, desideravo origliare e assistere agli spasmi convulsi della sua fica con la mia lingua, sicché seguitai leccandola con dovizia, mentre con le mani le toccavo il seno. Il suo strillo anticipò d’un baleno quel lungo e travolgente orgasmo, peraltro prolungato intenzionalmente da me in quanto insistevo con la lingua. Beatrice fu costretta a spingermi via, perché sapeva che non mi sarei mai staccato da lei, così fece trascorrere pochi attimi e poi in modo inaspettato candidamente mi rivelò:

“Non ci crederai, tutti e due abbiamo dissipato in modo sciocco parecchi anni, sperperandoli e buttandoli via in modo insulso e infruttuoso. Dai, recuperiamo immediatamente tutto in una notte, adesso sono esaltata e invasata al massimo” – mi rivelò notevolmente accalorata e aizzata Beatrice, spifferandomi il suo intimo segreto, infilandomi le mani nei boxer e iniziando a esplorare il mio cazzo, diventato per l’occasione duro come un sasso per l’indugiata e per la prolungata eccitazione rimandata.

Lei, invero, mi mordeva le labbra mentre mi baciava, appresso, come in un sogno, iniziò a farmi capire qualcosa di lei. Io non avrei supposto che la piccola Beatrice fosse fatta in quel modo, in realtà era digradata per succhiarmi il cazzo, mentre con le mani mi stringeva i testicoli, poiché con dei lenti, misurati e appassionati movimenti lo fece scivolare fino in gola, per il fatto le sue labbra polpose e turgide sembravano create apposta per il mio individuale piacere. Io credevo che volesse farmi sborrare dentro la sua bocca, bensì si staccò da me voltandosi, per il fatto che chinandosi m’invitò ad agguantarla da dietro esprimendo:

“Te ne prego, fammi venire ancora, voglio sentirlo a fondo per bene, scopami come si deve. Non sai quante volte mi sono masturbata da sola pensando a questi attimi” – mi disse in maniera raggiante, invasata ed entusiasta.

In tal modo cominciammo fare l’amore contorcendoci con una passione irresistibile e con una bramosia travolgente, direi indomabile. Percepivo distintamente che le piaceva e quest’aspetto m’attizzava ulteriormente. Al presente stavo scopando con la mia migliore amica, con quella che ahimè giudicavo e che vagliavo come una sorellina, con la persona che giammai avrei calcolato né ritenuto potesse farmi provare inequivocabili, concrete e simili sensazioni, eppure la gigantesca sorpresa doveva ancora arrivare, perché con le sue dita iniziò a distanziare il foro dell’ano stuzzicandomi e invitandomi nel proseguire la lussuriosa opera:

“Ho una voglia enorme di provare, dai, infilamelo subito, mettimelo dietro, voglio gustarmelo tutto come si deve” – mi enunciò elettrizzata ed esaltata Beatrice, rivelandosi una femmina che ancora una volta mi meravigliava sorprendendomi di continuo con le sue bizzarre, lascive, scostumate, sfrenate e inattese conclusioni.

Io ebbi un insolito batticuore, un poderoso, insperato e irrazionale tremore, perché non potevo credere a quell’accalorata espressione che avevo appena udito, per il fatto che stavo quasi per sborrare esclusivamente all’idea di quello che Beatrice m’aveva implorato. In verità impiegai un po’ di tempo per tornare in me, ma appena l’osservai capii all’istante che faceva sul serio. Voleva sentirlo davvero, giacché mi fece intuire che non era la prima volta. Io non avevo mai visto Beatrice sotto quest’ardente e fervida luce, perché dai prolungati discorsi fatti in passato l’avevo costantemente concepita con la fantasia più all’antica, moderata, assai nostalgica e a tratti retrograda. In realtà furono poche le spinte, indolenti, ciò nondimeno risolute, poi esplosi dentro di lei riversandole tutta la mia appassionata, biancastra e densa sostanza. La riempii e successivamente crollammo lassù quel giaciglio esausti, ma beati e felici su quel letto, che tante volte ci aveva osservato giocare e dormire assieme da bambini, e che quella sera si era rapidamente trasformato in un luogo d’amore, di sesso, di sorprese e d’innumerevoli appassionanti emozioni.

La vita stessa, a sorpresa, con il tempo e con le sue multiformi sfaccettature ci ha condotto incanalandoci, modellandoci e pilotandoci l’esistenza, spingendoci in conclusione verso strade diverse, in direzioni e presso itinerari originali, inediti e difformi. Attualmente risiediamo in città lontane, siamo entrambi coniugati e abbiamo due famiglie splendide, talvolta si verifica che ambedue ripensiamo a quell’eccezionale e mirabolante notte di fine estate, menzionandocela persino di nascosto in modo guardingo, beninteso in modo accorto e cauto dai nostri rispettivi coniugi al telefono, dove ogni complesso, divieto e inibizione crolla ancora oggi, di fronte alla voglia intemperante, licenziosa e sfrenata che abbiamo ancora adesso l’uno dell’altra.

Forse, il veemente desiderio recondito, l’ambizione nascosta, assieme a quell’irrefrenabile e a quella dirompente lussuriosa e incontinente nostalgia, in verità non si è ancora assopita né placata del tutto, perché è rimasta continuamente accesa in maniera sregolata, dissoluta e impudica. I numeri di telefono li possediamo entrambi, potremmo perfino rincontrarci, chi può dirlo?

Non c’è nulla da fare, al cuore non si comanda, basta seguirlo.

{Idraulico anno 1999} 

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