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io, Mariangela e lo zio

By 25 Ottobre 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi chiamo Mauro. Ho incontrato Mariangela in discoteca. Ero lì con degli amici e lei con delle amiche. La vidi muoversi in mezzo alla pista e mi piacque. Inguainata in uno stretto tubino nero, i capelli biondi sciolti che le svolazzavano intorno, sembrava ballasse senza avere nessuno intorno, persa in chissà quali pensieri o nella musica, muovendosi poco ma in un modo così sensuale che mi attrasse all’istante. Mi feci avanti e non ricevendo un due di picche immediato ballai con lei un poco invitandola poi a bere qualcosa. In un angolino ci mettemmo a parlare e venni a sapere che era la prima volta che veniva in quel locale, aveva quasi 21 anni, lavorava come commessa in un negozio in centro e abitava in periferia, dalla parte opposta a dove abitavo io. Si creò un feeling tra di noi e ci dimenticammo della musica. Quando la baciai mi consegnò arresa la sua bocca, accogliendo la mia lingua con la sua senza remore. Baciava bene. Purtroppo era tardi, una delle sue amiche venne a cercarla per andare via e quel bacio rimase unico. Mi disse al volo il suo numero di cellulare, che mi affrettai a memorizzare, e andò via.
Il giorno dopo la chiamai e parlai un poco con lei, poco perché doveva aiutare la madre in non so cosa. Mi disse di andare a trovarla al negozio e attesi con ansia il giorno dopo ancora, lunedì. Presi due ore di permesso dal lavoro, raccomandandomi col capo e scongiurandolo di concedermelo, che avrei recuperato, e mi presentai da lei. C’era poca gente in giro per cui potemmo parlare ancora. Più la conoscevo più mi piaceva. Le piccole smorfiette che faceva con la bocca per sottolineare un concetto mi ammaliavano, gli occhi verdi mi incantavano, anche il solo gesto di poggiare la mano sul mio braccio era di una sensualità straordinaria. Mi disse che quella sera in discoteca era stata un’occasione sporadica, che difficilmente poteva uscire la sera perché sua madre, molto oppressiva, con una mentalità primi del novecento, le inibiva i normali divertimenti della nostra età. Ci baciammo ancora, poco prima che la titolare del negozio tornasse per la chiusura, e la lasciai con rimpianto promettendole che sarei tornato il giorno dopo.
Così feci per due settimane. Ogni giorno staccavo dal lavoro e correvo da lei, anche solo per passare un’ora insieme. La scarsa clientela pomeridiana le permetteva di stare con me. Ci baciavamo spesso, la accarezzavo vincendo le sue ritrosie, bevevo le sue parole, i suoi sguardi, mi incantavo a sentirla parlare dei piccoli, per me, problemi del lavoro. Stavo bene con lei, anche solo a tenerla per mano. Era il principio dell’innamoramento.
Riuscimmo a ritagliarci dei piccoli spazi pomeridiani per noi grazie alla complicità della titolare del negozio che talvolta le permetteva di andare via prima, come anche la domenica pomeriggio coperta da una sua amica.
Ormai la frequentavo da due mesi, avrei voluto essere presentato a casa sua come fidanzato ufficiale ma Mariangela titubava, mi diceva che la madre era molto severa e male avrebbe accolto il mio arrivo.
Nei nostri incontri credo stabilimmo il record di baci, per numero e intensità. Ovvio che facevamo anche altro, poco secondo me che non comprendevo le sue ritrosie, il suo tirarsi indietro quando allungavo la mano verso il suo inguine, il suo essere impacciata, svogliata, quando riuscivo a farmelo prendere in mano. Di pompini neanche a parlarne, poche volte aveva acconsentito a usare la bocca su di me, o forse era meglio dire consentirmi di usare la sua bocca visto che rimaneva immobile limitandosi a aprirla per me. Avrei potuto usarla lo stesso ma non mi andava, la sua inerzia mi bloccava e mi accontentavo di godere grazie alla sua mano, guidata dalla mia il più delle volte. Eppure la foga che metteva nei nostri baci era incredibile, sembrava non volersi staccare mai, la sua lingua esplorava la mia bocca in lungo e in largo, cinguettando con la mia, mandandomi in apnea. Con che passione si stringeva a me quando ci baciavamo ma poi”.. nulla anche se, masturbandola, l’avevo sentita venire diverse volte.
Non la capivo ma accettavo sperando in un cambiamento.
Una domenica pomeriggio tutto mi fu chiaro.
Coperti da una sua amica l’avevo convinta a passare il pomeriggio con me in pineta.
Guidai veloce verso la nostra destinazione e facemmo una lunga passeggiata tra gli alberi tenendoci per mano, baciandoci ogni tanto. Ci ritrovammo poi in macchina abbracciati sul sedile posteriore. Eccitato allungai ancora la mano sulle sue cosce e ancora una volta si fece indietro.
Non ce la facevo più. Sbottai. Usai un tono duro, più di quello che volessi, per farle notare le sue contraddizioni, per chiederle perché si tirasse indietro, perché stesse giocando con me. Scoppiò in lacrime. Mentre singhiozzava mi pentii e l’abbracciai stringendola forte, chiedendole scusa della mia brutalità. Si calmò, e con voce rotta a tratti dai singhiozzi mi spiegò, mi raccontò la sua storia particolare.
La sua famiglia, di principi rigidi quanto antiquati, non le aveva mai permesso di frequentare persone dell’altro sesso da ragazza, limitando anche le sue amicizie femminili e ricorrendo ai ceffoni nei normali episodi di ribellione che aveva avuto. Il cellulare era una gentile concessione per il lavoro e veniva controllato spesso (seppi che le mie chiamate venivano cancellate immediatamente da lei per paura) Addirittura la madre ricorreva, quando la lasciava uscire ora che era maggiorenne, ad un tipo di controllo che credevo fosse un ricordo del medioevo: in pratica si accertava con un’ispezione corporale, ogni volta che rientrava da un’uscita extralavoro, che fosse ancora vergine. Incredibile.
Non era finita lì, purtroppo. Due anni prima, lei appena maggiorenne, era tornato in Italia dall’estero uno zio, il fratello di sua madre. Capitò che i genitori dovessero assentarsi e, non volendola lasciare da sola a casa, si rivolsero allo zio e così fecero in altre occasioni successive. Lui, un uomo di 40 anni, all’inizio si comportò normalmente limitandosi a lasciarla in camera mentre lui guardava la tv, ma qualche tempo dopo pretese che lei stesse in salotto con lui, e qui cominciò con le domande su lavoro, amicizie, per poi entrare in particolari più intimi. Il carattere arrendevole, quasi succube di Mariangela, non le permise di reagire quando lui cominciò a farle apprezzamenti pesanti per poi passare a carezze non richieste. Lui la minacciava di parlare con la madre inventandosi chissà cosa e così la costrinse a accettare prima di essere accarezzata intimamente lei, poi di essere lei a masturbarlo e poi”’ ma forse tutto si capirà meglio dalle parole dirette di Mariangela:
‘Quando tornò Zio Arnaldo, che era stato all’estero per lavoro, venne a abitare vicino a noi intraprendendo una piccola attività artigiana di muratore. Prima, quando i miei genitori si assentavano, mi facevano stare a casa di una vicina, una signora anziana che aveva bisogno di compagnia. Era buona, non era male stare con lei ma avrebbe raccontato ai miei ogni cosa se avessi provato a uscire anche solo per andare a prendere un gelato con le amiche. Poi si ammalò e andò a vivere a casa di una figlia e quindi i genitori non sapevano a chi affidarmi. Anche se ero già maggiorenne e lavoravo in quel negozio non si fidavano a lasciarmi da sola. Così venne in mente a mamma di chiedere allo zio di passare la serata da noi in attesa del loro rientro. Le prime volte io restavo nella mia camera e lui in salotto a guardare la TV, poi però volle che gli facessi compagnia, guardando la TV assieme o chiacchierando. Non mi dispiaceva parlare con lui, era un diversivo alla monotonia ma poi cominciò a fare domande più personali. Voleva sapere se conoscevo dei ragazzi, se avevo un moroso, cosa facevo con lui, se avevo avuto esperienze sessuali. Non s’accontentava delle mie risposte negative, ricordo ancora che ripeteva sempre:
– non &egrave possibile che una bella ragazza come te non abbia mai limonato con qualcuno. Dimmi la verità, so che sei ancora vergine ma l’hai mai preso in mano, in bocca? ‘
Io mi vergognavo a sentirmi fare quelle domande e rispondevo sempre di no, che per paura di mamma ero sempre stata lontana dai ragazzi, ma lui ogni volta, ormai era un’abitudine che venisse da noi quando i miei non c’erano, mi faceva le stesse domande e scuoteva la testa dicendo di non credermi.
Un giorno andò oltre, a cena lo avevo visto bere parecchio vino, e allungò le mani verso il mio seno. Mi disse:
– possibile che mai nessuno ti abbia toccata così? ‘
Mi scostai da lui ma mi afferrò per un braccio facendomi anche male e mi minacciò:
– non fare la riottosa, lo zio vuole solo sentire quanto sei morbida, o devo dire a tua madre che sei stata sgarbata con me? ‘
La paura di mia madre, dei suoi ceffoni, mi fece accettare le sue carezze. Mi palpò i seni per parecchio tempo, passando dall’uno all’altro, poi pretese che glieli facessi vedere. Mi ribellai ma la minaccia di uno schiaffo mi fece arrendere. Mi aprì la camicetta, mi alzò il reggiseno e riprese a palparmi, stringendomeli, titillandomi i capezzoli. Ci giocava e la sensazione non era spiacevole se non fosse che la paura mi impediva di apprezzare. Quando scese con la mano sulle mie cosce, carezzandole da sopra i pantaloni, non reagii, nemmeno quando salì sino al mio ventre spingendo la stoffa nel mio inguine. Mi slacciò la cerniera e mise una mano dentro, sotto le mutandine. Ti giuro, era la prima volta che qualcuno mi toccava lì. Neanche da sola l’avevo mai fatto anche se qualche discorso con le amiche non mi lasciava in totale ignoranza. Era strano. Irrigidita dalla paura non mi muovevo ma sentii un calore pervadermi tutta. Lui parlava ancora:
– guarda che bella fichetta, morbida, setosa, sei uno splendore bimba mia e sei tutta dello zio, vero che sei tutta dello zio? ‘
e mi toccava ancora. Rimanevo immobile ma avrei voluto andare incontro a quelle dita che mi sfioravano.
Smise perché in quel momento rientrarono i miei genitori. Ebbe appena il tempo di sussurrarmi di non dire nulla a nessuno e poi mi spinse verso la mia camera andando incontro ai miei.
Quella notte mi toccai per la prima volta, ripassai con le mie dita sui punti dove era passato lui, allargai le gambe per accarezzarmi meglio, con la punta di un dito provai a entrare dentro. Mi piaceva, ma mi piaceva ancora di più carezzarmi poco sopra, lì dove le labbra si univano, c’era come un bottoncino che, toccandolo, mi faceva venire i brividi. Mi accarezzai a lungo sentendomi inumidire. Al principio pensavo fosse pipì ma non lo era, era diversa al tatto, più densa, e più mi carezzavo e più brividi sentivo, le mie gambe presero a tremare senza che riuscissi a controllarle e a un certo punto sentii un calore enorme scoppiarmi dentro e salirmi sulle guance arroventandole. Mi carezzai più velocemente e mi sembrò di affogare, il respiro mi mancava, il corpo tremava tutto ora, una sensazione che non riesco a descrivere bene ma era bellissima. Mi sentivo estraniata da tutto ciò che mi circondava, ogni pensiero era scomparso e esistevano solo le mie mani, le mie dita, quella che avevo imparato a chiamare micina e che riscoprivo, e quella scarica elettrica che mi percorreva tutto il corpo scuotendomi come un fuscello.
Quella notte feci sogni bellissimi.
Tre giorni dopo lo zio tornò, e appena andati via i miei genitori non perse tempo a farmi sedere sul divano, abbracciarmi e toccarmi ancora. Non volevo, lo minacciai di dire tutto alla mamma ma lui rise, dicendo che avrebbe creduto a lui e non a me e che se avessi detto qualcosa poi lui me l’avrebbe fatta pagare. Che non dovevo essere sciocca, che mi sarebbe piaciuto. Avevo addosso una tuta e gli fu facile abbassarmi i pantaloni, tornare lì dove aveva lasciato e ricominciare a accarezzarmi.
Io restavo sempre immobile mentre lui mi toccava, aspettavo di provare ancora le sensazioni di tre giorni prima quando mi ero toccata da sola ma non era lo stesso. Le sue mani erano più dure, meno delicate. Sì, qualcosa sentivo ma non riuscivo a lasciarmi andare come la notte di tre giorni prima. Lui ansimava, sbavava sopra i miei seni che aveva denudato e preso a succhiare.
Non provavo orrore ma nemmeno mi piaceva molto quel che mi faceva. Poi avvicinò la sua bocca alla mia. Mi tirai indietro, sapevo cosa era un bacio pur non avendo mai baciato nessuno, ma non volevo farlo con lui. Mi strinse la testa tra le mani, con la lingua cercò di forzare le mie labbra. Resistetti ancora e allora lui prese a leccarmele, spandendo saliva su di me. Lo fece per diversi minuti e ancora io resistevo tenendole serrate. Poi approfittò di un mio momentaneo rilassamento, quando le schiusi appena non so neppure perché, e mi trovai la sua lingua dentro, a cercare la mia. Fu come un fulmine, senza volontà cosciente aprii del tutto la bocca, la mia lingua cercò la sua. Mi piaceva, mi piaceva baciare e essere baciata, duellare con la sua lingua, esplorargli il cavo orale che aveva ancora sentore di vino, mi piaceva come prendeva un mio labbro tra le sue risucchiandolo. Ripetei su di lui quel che lui faceva a me. Mi piaceva, mi faceva sentire calda.
Lo zio interruppe quel bacio forzandomi a staccarmi e mi parlò sorpreso:
– ehi quanta foga nipotina, non me l’aspettavo, ma ora viene il bello ‘
Parlando si tirò giù la cerniera dei pantaloni, con qualche manovra lo tirò fuori dagli slip e me lo esibì orgoglioso:
– bello eh? Dici di non aver mai visto un cazzo, e allora eccolo, che ne dici? ‘
Non parlai, in verità ero un po’ curiosa, non l’avevo mai visto, non pareva grandissimo ma non avevo esperienza per fare comparazioni. Quel che volevo era solo tornare a essere baciata. Mi accostai a lui ma ancora mi respinse. Mi prese la mano portandosela all’inguine:
– prova a toccarlo, stringigli la mano intorno nipotina, lo senti com’&egrave caldo? ‘
Sì, lo sentivo caldo nel mio palmo, riuscivo a stringerlo quasi completamente. Lui mi fece muovere la mano su e giù, ma non mi veniva naturale, come lasciava la mia mano mi fermavo e lui insisteva perché riprendessi. Fu quando accostò ancora la sua bocca alla mia che lo feci. Concentrata sulle sensazioni che mi dava la mia lingua, la mia bocca, mossi la mano su e giù come lui voleva. Durò forse un paio di minuti poi lo sentii ansimare, rimanere a corto di fiato, udii come un rantolo uscirgli dalla bocca e contemporaneamente un liquido caldo mi bagnò la mano. Si era staccato da me smettendo di baciarmi e il mio sguardo scese a vedere. Sapevo più o meno che i maschi quando godono emettono un liquido chiamato sborra o sperma, ma era la prima volta che vedevo quel liquido biancastro, denso, che ora mi colava tra le dita che ancora si muovevano sull’asta.
Mio zio si ripulì con un fazzoletto e mi lasciò andare in bagno a lavarmi. Ripassando in salotto mi attirò a se:
– brava la nipotina, si vede che sei inesperta ma ci penserà lo zio a insegnarti. Sarà il nostro segreto, nessuno deve saperlo e lo zio t’insegnerà tante cose tutte piacevoli ‘
Annuii automaticamente e salii in camera. Non mi era piaciuto toccarglielo, e nemmeno farmi sporcare la mano. Ero stata sì curiosa ma ne avrei fatto volentieri a meno. Invece il bacio mi era piaciuto, avrei passato la serata a farlo, la mia lingua incontrandosi con la sua mi mandava segnali forti alla micina, a tutto il corpo.
Mi toccai ancora nel mio letto, già più esperta della prima volta, e nel farlo non pensai la suo cazzo, al suo seme, ma solo alla sua bocca, alla sua lingua dentro di me.
Purtroppo lo zio non si limitò a quello, già dalla volta dopo pretese di più. Iniziò col farmelo prendere in mano, e non mi feci problemi, la mia mano andava da sola, l’importante era che sentissi la sua bocca sulla mia. Solo quello m’importava, il contatto tra le nostre lingue, sentire la sua dentro la mia bocca, la mia nella sua, avvolgerle insieme le labbra strette le une alle altre. Mi piaceva da impazzire e mi sentivo inumidire mentre lo baciavo.
Si staccò da me che ancora mi protendevo verso di lui e mi parlò:
– ehi, calmati nipotina, &egrave bello baciarti mentre me lo tocchi ma voglio provare anche una cosa nuova. Che ne dici di usare le tua labbra e la tua lingua su di lui? ‘
Ci misi qualche secondo a capire cosa volesse. Sapevo dai discorsi con le mie amiche che si chiamava pompino, loro lo facevano ai propri ragazzi, ma io”. Non lo so, mi disturbava l’idea. Ricordati che fino alla volta prima non avevo mai visto né toccato un cazzo, figuriamoci mettermelo in bocca. In più sentivo che era sbagliato farlo con lui, la volta prima l’avevo toccato solo perché contemporaneamente mi baciava, ma ora’.. non potevo fare entrambe le cose contemporaneamente. Lo zio insisteva, rifiutandosi di baciarmi ancora. Anzi mi prese la testa e me la spinse in basso. Me lo trovai a pochi centimetri dal viso e ancora mi tirai indietro. Lo zio s’arrabbiò, mi minacciò di prendermi a schiaffi se non gliel’avessi preso in bocca. Alla fine mi decisi, allungai la lingua temendo di trovar un sapore non di mio gradimento. Non fu così, non era spiacevole come gusto ma’.. non sapevo cosa fare. Glielo dissi e lui mi guidò con la voce. Mi disse di scoprirne per bene la testa con la mano e poi di leccarla tutta intorno. Lo feci. Poi di prenderne in bocca la punta e succhiare. Lo feci. Un mugolio di approvazione mi disse che gli piaceva. Mi invitò a fare su e giù con la testa, facendolo entrare ogni volta di più. Eseguii ciò che mi diceva a lo feci entrare e uscire a più riprese fino a prenderlo tutto dentro. Ora che ho visto il tuo so che il suo non &egrave poi così grande, ma allora mi sembrava di aver fatto una cosa impossibile. Mi disse di restare così per un po’ ma non riuscivo a respirare bene. Me lo tolsi di bocca e lo guardai. Non lo riconoscevo. Le guance mal rasate erano rosso fuoco, gli occhi sprizzavano lampi d’eccitazione. Mi spinse ancora la testa sul suo cazzo e io lo ripresi in bocca, ora sapevo cosa fare e lo feci mentre lui gemeva sempre più intensamente. Mentre lo facevo pensavo, la mia curiosità in merito era appagata, anche se non avrei mai potuto dirlo o discuterne con le amiche, nemmeno provavo lo schifo che temevo, era’.. strano, anche un po’ eccitante tenerlo in bocca, sapere che lui dipendeva da me per il suo piacere, però non riuscivo a eccitarmi come quando mi toccavo. C’era come un limite che non riuscivo a superare. I suoi gemiti si fecero più forti e lo sentii irrigidirsi dentro la mia bocca subito invasa da un getto caldo. Istintivamente mi tirai indietro e altri due o tre schizzi mi finirono sul volto. Rimasi imbambolata a guardare il suo cazzo che oscillava emettendo altri due schizzi mentre lui si contorceva mugolando. Riconobbi il liquido che aveva spruzzato la volta precedente, lo sperma. Non era cattivo al gusto, un po’ salato forse, non mi piaceva poi molto. Cercai qualcosa per pulirmi il viso e trovai solo la giacca della mia tuta. Lo zio mi guardava sorridente, con aria soddisfatta:
– brava ‘
mi disse
‘ però la prossima volta non devi staccarti, devi prenderlo tutto in bocca, e ingoiarlo ‘
Tornai in camera stranita. Lo zio non aveva voluto baciarmi ancora e era quello che io volevo, solo quello. Ero confusa, non riuscivo a capire. L’avevo trovato eccitante ma poi, a un certo punto, la mia eccitazione s’era bloccata rimanendo presente ma inappagata. Appena dentro il letto mi toccai. Era tutta un’altra cosa ora, le mie dita correvano veloci e il piacere montava dentro di me mentre ripensavo a ciò che avevo fatto con lo zio. Provai a mettermi un dito dentro ma provavo fastidio arrivata a un certo punto. Provai”’ sì, provai anche l’altro buchino, e lì ce la feci a metterlo dentro tutto, e così giunsi ancora una volta all’orgasmo, sapevo come si chiamava, strofinando veloce il mio bottoncino, un dito profondamente inserito nel mio culetto.
La volta dopo volle subito mettermelo in bocca, e dietro le sue minacce lo succhiai e leccai fino a quando non spruzzò ancora dentro di me. Mi tenne ferma la testa costringendomi a ingoiare. Obbedii e così ogni altra volta, ogni volta lo stesso copione per tutte le volte successive’
Qui Mariangela fece una pausa, era visibilmente provata dalle emozioni rivissute mentre raccontava. Io ero sconcertato, avrei voluto andare dallo zio e prenderlo a pugni e glielo dissi ma lei mi pregò di non farlo, che i suoi genitori avrebbero saputo tutto. Mi abbracciò forte e la strinsi a me. Singhiozzava. Dopo poco si calmò, alzò la faccia verso di me e mi baciò. Ancora una volta lo fece con una foga che mi stupiva.
La tenni stretta a me consolandola e lei riprese il racconto:
‘Capisci Mauro, &egrave per questo che ogni volta che allunghi la mano, ogni volta che mi chiedi di toccarti o succhiarti mi blocco. Mi sembra di stare con lui.’
Fece un attimo di pausa poi riprese:
‘Non ti ho ancora detto tutto, perché mi vergogno un po’. Era ormai quasi un anno che lo zio veniva a casa, un paio di volte la settimana, e ogni sera voleva da me un pompino con l’ingoio, e ogni sera io provavo una certa eccitazione che saliva fino a un certo punto per poi bloccarsi insoddisfatta, anche quando lui mi toccava mentre io lo succhiavo. Solo accarezzandomi da sola, dopo, riuscivo a appagarmi.
Non nego una certa curiosità, un certo piacere nel prenderglielo in mano e in bocca, anche se sapevo che era sbagliato, ma il suo forzarmi, il suo egoismo non mi piacevano. Baci, quelli sì che glieli avrei dati volentieri, ma il resto”’
Una sera ero in ginocchio davanti a lui, seduto sul divano, e glielo stavo succhiando come sempre. Oramai avevo imparato, sapevo cosa gli piaceva, sapevo riconoscere i sintomi del suo orgasmo. Cercavo di fare in fretta per poi poter correre in camera a soddisfarmi da sola quando mi bloccò la testa:
– aspetta, oggi voglio insegnarti una cosa nuova – .
Mi fece alzare e sdraiare vicino a lui, con la mano andò alla mia micina sfregandola con due dita. Mi ritrassi, temevo che volesse mettermelo dentro. Perdere la verginità sarebbe stato un disastro per me. Parve leggermi nel pensiero:
– tranquilla nipotina, la tua micina non &egrave in pericolo, volevo solo sentire quanto eri bagnata. Oggi lo zio t’insegna a prenderlo dove non rimane traccia ‘
La sua mano si era spostata al mio sedere, carezzandolo attraverso la stoffa. Capii subito cosa voleva e mi feci indietro, gli dissi di non farlo, che mi avrebbe fatto male, che non volevo, ma lui insisteva a toccarmi. Quando cercai di divincolarmi e scappare mi afferrò per un braccio e mi diede uno schiaffo facendomi finire sul divano. Mi misi a piangere ma lui non se ne curò e riprese a palparmi.
‘ ma che bel culetto che ha la mia nipotina, sarebbe un peccato non approfittarne. Rilassati, vedrai che fa male solo all’inizio e poi ti piacerà ‘
Mi tirò giù i pantaloni della tuta e mi palpò con entrambe le mani. Mi fece voltare e mi allargò le natiche per vedere meglio. Mi sentivo esposta, vulnerabile, cercai di dirgli ancora di fermarsi, che non volevo, ma lui prese a sculacciarmi, con forza. mi fece male e smisi di resistergli singhiozzando. Mi ritrovai le sue dita davanti alla bocca, che premevano per entrare:
– succhiami le dita nipotina, bagnale bene che ti preparo ‘
Lo feci sapendo che presto sarebbero state nel mio buchino. E così fu. Sentii il polpastrello poggiarsi sulla corolla, muoversi circolarmente e poi premere piano. A poco a poco lo sentii entrare. Mi dava un po’ fastidio ma provavo anche delle sensazioni strane, piacevoli. Ti ho già detto che una sera nel toccarmi mi ero infilata un dito dietro. Ecco, era come allora, solo che il dito dello zio era più grande, più rude. Lo girò in circolo facendomi un po’ male, ma era sopportabile. Urlai invece poco dopo, quando le dita dello zio diventarono due. Urlai e cercai di sottrarmi ma lui mi teneva forte con l’altra mano. Gli dissi che mi faceva male, ancora che non volevo ma lui niente, imperterrito ora sondava il mio buchino con indice e medio uniti. Il dolore scemò diventando fastidio, e ancora la sensazione piacevole si rifaceva avanti, appena percettibile ma presente. Mi sentivo dilatata, aperta, e ancora non era finita. Lo zio manovrò per qualche minuto poi mi tolse le dita e mi presentò il suo cazzo alle labbra:
– bagnalo bene nipotina, rendilo viscido con la tua saliva perché entri meglio ‘
Nel dirlo mi colpiva le natiche, con meno forza di prima, senza farmi troppo male. Aprii la bocca e richiamai quanta più saliva possibile. Sapevo che non potevo evitare quel che stava per farmi e così lo bagnai per bene sperando non mi facesse male.
Lo sentii appoggiato alla mia rosellina, più morbido delle dita ma altrettanto prepotente. Lo zio spinse con forza e mi sentii aprire. Il mio muscolo oppose un po’ di resistenza e poi cedette di schianto. Urlai ancora sentendomi il fuoco nelle reni, ma lo zio non mi lasciava, abbrancato ai miei fianchi spingeva ancora. Piansi mentre me lo metteva dentro poco alla volta fino a quando non entrò tutto. Lì si fermò, sentii le sue dita toccarmi la micina, il bottoncino. Pian piano il dolore si attenuò diventando fastidio, una presenza ingombrante che non potevo ignorare ma che non mi causava dolori forti. Lo zio cominciò a muoversi, avanti e indietro, avanti e indietro, e lo faceva gemendo.
‘ ma che bel culetto che hai, ma che bel culetto che haiiiiiiii ‘
Accelerò i suoi movimenti e sentii qualcosa di caldo riempirmi l’intestino, capii che era il suo seme, che mi era venuto dentro. Quando lo tirò fuori sentii ancora un po’ di dolore ma passò subito.
Mi toccai lì, e sentii che ero oscenamente dilatata, il suo seme viscido usciva fuori bagnandomi le mani. Corsi in bagno e mi ficcai sotto la doccia, volevo lavarmi, pulirmi da quel seme che ancora mi colava fuori. Lo feci con cautela, le mie dita entravano ora comodamente in me, addirittura due, e la sensazione piacevole si rifece avanti. Con l’altra mano andati a toccarmi il bottoncino e il mio piacere salì, salì subito e godetti con due dita nel buchino e la mano che correva veloce sulle mie labbra intime mentre l’acqua calda mi cadeva addosso.
Lo rifacemmo ancora le volte successive, come arrivava lo zio sedeva sul divano, slacciava i pantaloni e senza dire niente attendeva che io m’inginocchiassi per succhiarlo. Prima di venire mi faceva togliere, mi girava e me lo metteva dentro. Sentii ancora dolore ma poco per le prime volte, poi anche quello passò, restava la consapevolezza di fare qualcosa di sbagliato e quella sensazione eccitante che mai maturava in un orgasmo se non quando, da sola, anche sotto la doccia usando il flacone affusolato del doccia-schiuma, mi toccavo e penetravo da sola. Era strano ma eccitante per me, una sensazione più completa delle sole mie dita sulla micina, provai anche con oggetti e ogni volta mi sembrava di svenire dal piacere toccandomi e penetrandomi contemporaneamente.
Lo zio mi prese in quel modo in tutte le posizioni, sul divano con me china davanti a lui, sul tavolo della cucina facendomi appoggiare il busto, facendomi sedere sopra di lui, distesa sulla schiena con lui tra le mie gambe aperte. Volle provare tutte quelle che gli venivano in mente, e ogni volta mi godeva dentro e io aspettavo che tutto finisse per restare da sola in camera o in bagno e toccarmi. E tutto continua ancora oggi, l’ultima ieri sera. Capisci Mauro, io vorrei fare con te certe cose, ma ogni volta penso a lui e non ce la faccio, &egrave più forte di me. Solo quando sono sola riesco a lasciarmi andare’
Il racconto di Mariangela si concluse qui. Rimase a testa china senza parlare. Io non sapevo cosa dire, cosa fare. L’opzione di picchiare lo zio, che ancora era forte la voglia di farlo, mi era preclusa dalla volontà di Mariangela. Non ero uno studioso di psicologia ma pensavo, pur non comprendendolo appieno, che Mariangela stava maturando un complesso. Mi venne un’illuminazione:
‘Amore, mi hai detto che eri sempre un po’ eccitata anche se non volevi che lui ti toccasse’
‘Sì, &egrave vero. Non lo so, &egrave curiosità, voglia di provare, mi sento eccitare ma rimane lì, arriva a un certo punto e si ferma, rimane più forte la voglia di sottrarmi a lui e restare da sola. Però non posso rifiutarmi, ho paura di lui, delle sue maniere e del fatto che potrebbe dire chissà cosa a mia madre. Però quando sono da sola ci penso e””..’
‘Fallo ora, qui davanti a me, con me’
‘Qui? Mentre mi guardi? No, mi vergogno’
‘Fallo amore, baciami e fallo’
Le sue labbra s’incollarono alle mie ma ancora pareva titubare. Le presi la mano e gliela portai sotto la gonna, tra le cosce, tenendola lì con la mia posata sopra. Non feci altro e poco dopo sentii che la muoveva. Mariangela si toccava e la sua lingua si aggrovigliava alla mia con ancora più passione.
Restai con la mia mano sulla sua anche quando essa scivolò sotto le mutandine, per un contatto ancora più diretto. La sentivo muoversi velocemente e più veloce andava più lei mugolava e più con l’altra mano mi tirava a se.
Durò poco, stretta nel mio abbraccio la sentii irrigidirsi, le sue cosce si chiusero sulle nostre mani unite. Mi morse persino, a un labbro, e il sapore del mio sangue si mischiò alle nostre salive prima che lanciasse la testa indietro e godesse emettendo un lungo e roco mugolio di godimento.
La toccai mentre ancora gli spasimi di piacere la scuotevano, e la trovai bagnata come mai prima, un lago in cui immersi le dita.
‘Oddio, Mauro, Oddio, non mi era mai capitato”’ non avevo mai provato”.. Oddio Mauro, &egrave stato bellissimo’
Le guance rosse mi sorrideva felice parlandomi e riempiendomi la faccia di baci.
Sorridevo anche io, forse avevo trovato il modo di sbloccarla. Dipendeva da lei. Mi accostai ancora di più per farle sentire quanto ero eccitato, il mio cazzo premeva sui pantaloni facendomi quasi male.
‘Oh Mauro, sono stata egoista, sei tutto teso. Ma ora ci penso io a te’
Lo disse con occhi furbetti e con le mani andò a slacciarmi la cintura, me lo tirò fuori, lo circondò con le sue mani muovendole su e giù nel gesto che risale all’alba dei tempi. Però non era questo il mio piano, volevo si sbloccasse pienamente e potevo farlo solo spingendomi oltre, a verificare se i suoi complessi persistevano.
Le bloccai le mani e mi guardò interrogativamente. Le dissi di stendersi sopra di me, in senso inverso. Capì e mi sorrise ancora maliziosamente. Sentii subito le sue labbra circondarmi il pene, con un po’ più di partecipazione del solito ma non molta, ma non avevo ancora finito con lei.
‘Toccati ancora Mariangela’
Il suo braccio s’incuneò tra i nostri due corpi e raggiunse la sua micina iniziando a stimolarla, io, con la lingua, cercavo le sue dita. Le succhiavo, le mordicchiavo alternando con leccate alle sue labbra e al suo buchino poco più in alto, e Mariangela gemeva di piacere, credo principalmente per la sua stessa azione, e la sua eccitazione si riverberava sulla sua bocca che ora mi inghiottiva più che poteva, saliva e scendeva con una foga mai avuta, sulla sua lingua che raggiungeva i punti più sensibili strappando gemiti anche a me.
‘Oddio Mauro, ci sono, ci sono ancora, sto venendo un’altra voltaaaaahhhhhhhh’
Attendevo quel momento, e mentre la sua mano vibrava velocissima sul bottoncino incollai le mie labbra alle sue più intime e protesi la lingua irrigidendola più che potevo. Un mio dito bagnato nei suoi succhi raggiunge il piccolo ano grinzoso, lo forzò, entrò quasi fino in fondo, presi a rotearlo e Mariangela impazzì, urlando il suo piacere che forse l’avranno sentita anche in città. Ancora scossa dagli spasimi della piccola morte mi riprese in bocca succhiando con un’intensità che mai mi aveva donato, e toccò a me arrendermi, gemere mentre le esplodevo in bocca, sentendo che non mi abbandonava, accoglieva tutto e lo ingoiava. Il suo buchino ancora si contraeva sul mio dito.
Ci mettemmo qualche minuto a riprenderci, felici ci abbracciammo. Il ritorno fu silenzioso, entrambi assaporavamo il ricordo di quei momenti, la sua mano sopra la mia gamba mentre guidavo, lieve, in un contatto che valeva più di mille parole.
Ora che avevamo trovato il modo il nostro rapporto si fece più intenso. Ogni più piccola occasione per vederci fu cercata e sfruttata, grazie alla complicità della titolare del negozio, di un paio di sue amiche. L’unico cruccio era che lo zio, che praticamente era fisso a casa sua il venerdì sera quando i genitori uscivano, e il sabato lei mi raccontava la solita umiliazione subita. Mariangela aveva anche, mi confessò, provato a toccarsi da sola mentre lui la costringeva a succhiarglielo o la possedeva. Si eccitava un po’ ma ancora non riusciva a andare oltre, il pensiero della fuga era preminente.
Un sabato ero riuscito a farmi prestare la casa da un amico e lì la attesi, ufficialmente sarebbe stata al lavoro ma la sua titolare, che ci aveva preso in simpatia, le aveva dato il pomeriggio libero.
Quando arrivò aveva un diavolo per capello, era la prima volta che la vedevo così arrabbiata.
‘Quel bastardo, non gli &egrave bastato ieri sera. Adesso anche al lavoro e poi ora vuole coinvolgere i suoi amici. Lo odio, Dio quanto lo odio”
La feci calmare e raccontare il motivo della sua ira. Mi disse che lo zio come sempre era andato la sera prima a casa sua, come sempre aveva approfittato di lei schiaffeggiandola quando aveva provato a sottrarsi alle sue voglie. Era stata costretta, docile e succube, a prenderglielo in bocca ancora una volta prima che lui se la tirasse sopra e la sodomizzasse facendola sedere sopra di lui. L’aveva penetrata con irruenza e a lungo facendole anche un po’ male, imprigionandole le braccia e così impedendole di toccarsi alleviando un po’ il fastidio. Era stato più brutale del solito, trattandola come un oggetto, ma quel che &egrave peggio &egrave che prima di andare via le aveva detto che voleva farle conoscere un amico. Sul momento Mariangela non ci aveva badato più di tanto ma quella mattina se lo era ritrovato al lavoro, quando era uscita, accompagnandola a casa anche se lei voleva prendere il solito autobus. Durante il tragitto aveva allungato le mani dicendo che aveva voglia, che non ce la faceva a aspettare e per questo era andato da lei. Si era fermato in una zona isolata lungo il tragitto e se l’era fatto succhiare godendole in bocca come al solito. Mariangela aveva acconsentito impaurita dal tono di voce di lui alle sue rimostranze sul fatto che fossero all’aperto. Per finire, facendola scendere dall’auto davanti casa, le aveva detto di nuovo di un suo amico da farle conoscere: – vedrai troietta, visto quanto ti piace uno, con due cazzi potrai sbizzarrirti ‘ erano state le sue parole, e Mariangela si era preoccupata seriamente.
L’abbracciai e tenni stretta riuscendo a farla rilassare del tutto. Lo zio era già lontano dai suoi pensieri mentre la mia bocca era sulla sua a piluccare baci per tutto il tragitto sino alla camera da letto.
Ci spogliammo in silenzio guardandoci eccitati, era la prima volta che la vedevo completamente nuda, bella come un sogno. Mi si accostò e lo prese nella mano massaggiandolo, felice del turgore crescente sotto il suo tocco. Sotto le mie dita sentivo aumentare l’umidità. Ci baciammo ancora e ci distendemmo sul letto ma quando provai a capovolgermi per il, da me, previsto 69, mi bloccò:
‘Aspetta, se lo fa lui non vedo perché non devi farlo tu. Proviamo Mauro, voglio sentirti dietro, nel culetto”
A quella proposta il mio pene divenne una sbarra di ferro. Avevo esitato a chiederglielo pensando all’associazione negativa tra quell’atto e lo zio, ma ora che era lei a proporlo”.. non stavo più nella pelle.
Le chiesi di prendermelo in bocca per riempirlo di saliva e contemporaneamente toccarsi per far crescere la sua eccitazione, acconsentì entusiasta inginocchiandosi fuori dal letto, me seduto. Le sue labbra corsero lungo la mia asta dolci e carezzevoli, la sua lingua toccò ogni millimetro quadrato del mio pene bagnandolo con abbondante saliva, intanto la vedevo con le mani tra le cosce che si masturbava, mugolando piano, la bocca piena di me.
Ero tentato di venire così, troppo era il piacere che mi donava, ma la promessa di un piacere superiore mi spinse a fermarla, farla alzare e inginocchiare sul letto. Mi misi dietro di lei e bagnandomi un dito cercai la sua rosellina. Era chiaro come non fosse più vergine lì, il mio indice entrò facilmente vincendo una lieve resistenza iniziale, poi provai con un secondo dito, era già più difficile. Le avevo detto di toccarsi nel frattempo e la punta delle sue dita veniva a contatto con le mie nel movimento. Decisi che era il momento. Tolsi le dita, mi bagnai il palmo e lo feci scorrere sull’uccello e infine lo puntai sul forellino. Spinsi piano.
‘Aspetta, fai piano, &egrave troppo grosso, mi fa un po’ male’
Nonostante l’abitudine Mariangela soffriva un po’, evidentemente il cazzo dello zio era notevolmente più piccolo del mio che pure non sono superdotato. Mi fermai, aspettai che si abituasse alla presenza della mia cappella appena oltre l’anello di muscoli, e solo quando con un sospiro girò la testa facendo cenno di sì osai spingere ancora, molto piano, sentendo l’anello di muscoli stringermi forte. Avanzai fino a tre quarti e mi fermai ancora. Intanto Mariangela aveva continuato a toccarsi, i suoi gemiti si fecero sempre più forti, più frequenti. Mi sentii di cominciare a muovermi, prima lentamente e poi più veloce, avanti e indietro, avanti e indietro e lei non protestava, anzi i gemiti si erano fatti ancora più forti e muoveva il bacino per venirmi incontro quando mi ritiravo per riaffondare ancora dentro di lei.
Mariangela cominciò a scuotersi, mi veniva incontro con forza per farsi penetrare a fondo, muoveva le anche a un ritmo indiavolato.
‘Sì, sìììììììììì, mi piace Mauro, mi piaceeeeee. Dai, più forte, fammi più forteeeeeeeEEEEEHHHHH’
Godette così, la mano che correva veloce sulle sue labbra, sul suo bottoncino, il mio uccello profondamente piantato dentro di lei, le contrazioni dell’ano che parevano volerlo segare alla base.
Lei si acquietò lentamente, abbandonata sul letto, ancora con me dentro. Non ero venuto, avevo stretto i denti perché avevo in mente una cosa diversa. Appena il suo respiro accennò a normalizzarsi uscii da lei e la feci girare. Sorrideva felice.
‘Voglio baciarti mentre t’inculo’
Questa frase che le sussurrai le accese una luce eccitata negli occhi. Distesa supina si contorse per prendermelo in mano, per guidarlo al suo piccolo ano dilatato. Se lo mise dentro da sola, l’altra mano subito corsa ancora tra le sue cosce. Entrai in lei facilmente e mi chinai in avanti impossessandomi della sua bocca mentre spingevo avanti e indietro. Mi ritrovai la sua lingua in bocca, aggrovigliata alla mia, mugolando entrambi per il godimento di quel contatto così intimo. La possedetti per diversi minuti alternando colpi profondi a colpi lenti, gradendo lo scuotersi delle sue anche quando mi fermavo profondamente piantato in lei. Il mio orgasmo salì, lo sentii crescermi dalle reni, come una mano che mi strizzasse e salire per i miei lombi fino alla punta dell’uccello.
‘Mariangela, sto per venire’
‘Sì, vienimi dentro, vienimi dentro’
Persi ogni remora e la penetrazione si fece più veloce, avanti e indietro, sempre più rapida, le bocche incollate a smorzare le urla che ci scambiavamo insieme a fiumi di saliva, la sua mano stretta tra i nostri due corpi che scivolava frenetica su e giù finché lei godette ancora e i fremiti del suo orgasmo, il dimenarsi dei suoi fianchi mi diedero il colpo di grazia e venni anch’io, immobile piantato in lei fino in fondo, riempiendole l’intestino con getti che parevano non finire mai.
Ci rilassammo abbracciati, felici. L’unico neo lo ricordò Mariangela chiedendomi come poteva fare con suo zio, con la sua proposta di coinvolgere un amico.
Riflettei un po’ e mi venne un’idea, di non facile realizzazione ma mi pareva l’unica possibile alternativa alla violenza fisica. Gliela comunicai e lei ne parve entusiasta. Mettemmo a punto i particolari.
La settimana dopo, il venerdì sera, mi appostai sul piano del condominio di Mariangela, nascosto sulle scale superiori vedevo la porta del loro appartamento. Vidi arrivare un tipo che pensai fosse lo zio, poco dopo uscire una coppia che identificai con i suoi genitori. Attesi cinque minuti e sentii lo scatto della porta che si apriva rimanendo socchiusa. Come d’accordo Mariangela aveva fatto in modo di aprirmi. Entrai nell’appartamento e al buio, guidato dalla luce che veniva dal salotto, mi avvicinai rimanendo nascosto da una libreria aperta che separava l’ambiente. Da lì, invisibile, guardavo il divano su cui era seduto lo zio, Mariangela in piedi davanti. Li udivo perfettamente.
‘No zio, ti prego, non voglio, sono tre anni che mi costringi. Non voglio fare quelle cose con te. Lo dirò a mamma’
‘Pensi crederà a me o crederà a te? Posso sempre raccontarle qualcosa io e poi vediamo come finisce. Brutta troietta, smettila di fare storie e vieni qui a succhiarmelo’
‘Ti prego zio, non voglio, mi fa schifo.’
‘Devo darti un paio di schiaffi? Vieni qui subito troia’
Mariangela si avvicinò esitante al divano. Lo zio la prese per un braccio e la costrinse ad inginocchiarsi mentre se lo tirava fuori.
‘Apri la bocca e fai come ti ho insegnato’
Presale la testa la costrinse a abbassarla e ingoiare il suo cazzo già semi eretto. Mariangela cominciò a pomparlo.
‘Ecco brava, succhialo bene che poi te lo metto nel culo’
Mariangela si staccò un istante:
‘No, dietro no, mi fa male zio, ti prego, dietro no’
‘Ma che hai stasera? Tutte queste storie. Stai zitta e succhiamelo, poi te lo metto in culo come sempre’
Mariangela riprese la sua opera, in breve lo zio raggiunse la piena erezione. Beatamente sdraiato si godeva la bocca della nipote gemendo di tanto in tanto quando la lingua di lei lo toccava in un punto particolarmente sensibile.
‘Brava nipotina, ora togliti tutto, voglio vederti nuda’
Mariangela provò a farsi indietro ma lui l’afferrò per un braccio alzando l’altro come per colpirla.
‘Basta ho detto, ti gonfio la faccia di schiaffi. Spogliati subito’
Con fare esitante Mariangela si tolse la tuta e, sollecitata da lui, l’intimo rimanendo completamente nuda, le mani a coprirsi seno e inguine.
‘Dio quanto sei bella, mi arrapi come una bestia. Vieni qui, siediti sopra di me. Vedrai quando conoscerai il mio amico come ti faremo divertire’
‘No zio, va bene, faccio quello che vuoi tu, farò tutto quello che mi hai costretto a fare e non che non avevo mai fatto,ma non picchiarmi, non darmi al tuo amico’
‘Ancora? Basta brutta troia, tu fai quello che dico io. Ti ho insegnato tutto e ora voglio vederti succhiarlo al mio amico mentre t’inculo. Basta, vieni qui’ (era questo il nostro piano, fargli ammettere che aveva costretto Mariangela da tempo, lei era stata una brava attrice e lui aveva abboccato)

Con gesto brutale la fece voltare e sedere sopra di lui. Le gambe allargate la fece scendere puntandole il cazzo sul buchino.
‘Ahiaaaaaaa, No zio, ti prego, mi fa male, mi fa maleeeeeee’
Lo zio non se ne curò. Presala per i fianchi la tirò a se penetrandola completamente mentre Mariangela strillava e piangeva, non so fino a che punto fosse la finzione concordata o la realtà. Infoiato lui la mosse sopra di se.
‘Che bel culo che hai nipotina, che bel culoooohhhhhh. Vengo, ti sborro dentro, ti sborroooooOOHHHHHHHHH AAAAAHHHHHHHHHH’.
Tenne Mariangela stretta a se, aggrappato ai suoi fianchi, per tutto il tempo del suo orgasmo, poi si rilassò lasciandola andare. Lei si alzò subito e si allontanò verso la cucina. Ora toccava a me.
‘Ma che bravo lo zio a violentare la nipote. Ho quasi voglia di pestarti a sangue sai?’
Lui fece un sobbalzo sul divano, schizzò in piedi facendo scendere i pantaloni alle caviglie, la faccia sorpresa.
‘E tu chi cazzo sei? Come sei entrato, che vuoi?’
‘E’ il mio ragazzo zio, sai, gli ho raccontato di quello che mi hai fatto, di quello che mi fai e che ora anche lui ha visto’.
Mariangela era tornata, nuda, le mani dietro la schiena, restava a pochi metri da lui.
‘E che cazzo volete ora? Tua madre ti ammazzerà di botte quando gli dirò che l’hai fatto entrare’.
‘No bastardo’
Intervenni io tirando mostrandogli il cellulare con cui avevo ripreso tutta la scena.
‘Io credo che ammazzerà di botte te quando vedrà questo filmato. Lo zio che violenta la nipote, e come esci dall’ospedale finisci dritto in galera’
Lo zio fece un passo verso di me con intenzioni bellicose ma si fermò subito. Ridicolo, reggendosi i pantaloni con una mano, s’era accorto che ero più alto e più giovane di lui, che avrebbe avuto vita dura con me.
‘Sentite, va bene, datemi quel cellulare e dimentichiamo tutto.’
‘Dimentichiamo un cazzo. Sei fortunato che Mariangela non vuole che ti tocchi o ti farei sputare sangue.’
Allacciatosi i calzoni pareva più sicuro di se.
‘Davvero? Vediamo chi &egrave che sputa sangue bamboccio. Dammi quel cellulare’
Fece un altro passo verso di me alzando le mani e Mariangela si mise in mezzo. Da dietro la schiena aveva tirato fuori un grosso coltello da cucina e con entrambe le mani lo puntava verso di lui.
‘Fermati zio. Non provare a fare una mossa o quanto &egrave vero Dio te lo ficco in gola’
‘Calma nipotina, calmati, metti via quel coltello, ti puoi far male’
Feci io un passo avanti mettendomi di fianco a Mariangela
‘L’unico che si farà del male sei tu, a meno che non te ne vada subito e non ti faccia più vedere. Dirai ai genitori di Mariangela che non puoi più venire qui, inventati quel che vuoi ma se solo Mariangela rivede la tua faccia questo filmato finisce dritto in questura. Mi hai capito bene bastardo?’
Aveva capito. Parve afflosciarsi su se stesso e con Mariangela che gli puntava ancora il coltello contro e me di fianco che lo seguivamo s’avviò lentamente verso la porta sbattendola quando uscì. Dalla finestra lo vedemmo salire in macchina e partire.
Ci abbracciammo felici. Il suo corpo nudo contro il mio mi fece effetto, e lei sentì la mia erezione premerle sul pancino. Però non c’era tempo, tra poco i suoi genitori sarebbero tornati. La salutai con un ultimo bacio uscendo e mentre guidavo verso casa fischiettavo contento. Non sapevo cosa il futuro ci riservasse, già sarebbe stato un problema spiegare ai suoi genitori perché lo zio era andato via prima, ma Mariangela pareva più sicura di se, mi aveva detto che avrebbe parlato con la madre, avrebbe fatto in modo di farmeli conoscere, e intanto un problema, il più grosso, quello dello zio, era risolto.
Mi addormentai pensando a lei.

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