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Racconti Erotici Etero

Istinto predatore

By 13 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Elena inspirò a fondo la scia di profumo lasciata dall’uomo che aveva appena incrociato, in essa vi era un misto di dopobarba, shampoo ed una vaga traccia di sudore. Restò colpita dalla fragranza del profumo che giudico perfettamente adatta al tipo d’uomo che aveva colto nel loro veloce incrocio di sguardi. Mentre rallentava il passo ridisegnò mentalmente i lineamenti che aveva afferrato del viso e la figura in generale; ‘Non male!’ pensò. Improvvisamente si vide avvinghiata a lui in un passionale amplesso consumato in piedi nell’androne di un palazzo sconosciuto, allora si voltò prima ancora di fermarsi. L’uomo stava ancora camminando per la sua strada, ma dopo pochi passi, come se percepisse lo sguardo della ragazza, si volse nella sua direzione fermandosi. I due si fissarono per un tempo indefinibile dalla distanza di una ventina di metri, senza alcun tentativo di celare il vivo interesse scaturito, all’improvviso, dal loro incrocio di sguardi. L’uomo si domandò chi fosse quella bellissima ragazza che lo fissava così intensamente, gli pareva d’averla già vista, di riconoscerne i lineamenti e, soprattutto, i lunghi capelli. Superato l’iniziale stupore mosse un passo verso di lei con l’intenzione d’approfondire la conoscenza, sentiva la prepotente necessità di parlare a quella creatura, ma la ragazza, apparentemente, lo ignorò e riprese il suo cammino. Lui si stupì di questa reazione, era certo che tra loro due fosse nata un’attrazione intensa e puramente fisica, un qualcosa d’animale, un istinto incontrollabile. La mossa della ragazza lo spiazzò lasciandolo incerto delle sue stesse percezioni e sensazioni. Si diede dello stupido per essere rimasto stordito dalla bellezza di quella femmina e rimpianse di non essersi mosso subito nella sua direzione. Probabilmente lei gli aveva concesso un determinato lasso di tempo per reagire, superato il quale sarebbe rientrato nella classificazione di ‘indeciso’ e quindi non interessante. Conosceva quel tipo di donna ed aveva dimestichezza con i parametri mediante i quali sceglievano i loro uomini. Si rese conto d’essere d’intralcio agli altri pedoni, fermo nel mezzo della via; quindi riprese il cammino senza riuscire a togliersi dalla mente l’apparizione di quella ragazza. A mano a mano che il tempo passava dall’attimo iniziale i lineamenti del viso e del corpo di quella giovane perdevano definizione, miscelandosi con quelli di persone note, rendendo la sua fisionomia più simile ad un sogno che alla realtà. Cercò, allora, di dimenticarla, di pensare ad altro, ma l’innocenza di quel volto insisteva nel rimanergli impressa nella mente. Era sicuro che non l’avrebbe mai più rivista, un incontro casuale difficilmente si ripete e le occasioni raramente concedono un’altra possibilità.

Se solamente l’uomo fosse riuscito ad avvicinarsi un po’ di più avrebbe potuto notare, negli occhi della ragazza, un particolare inquietante: mentre lo fissava le sue pupille si erano ristrette in larghezza e leggermente allungate in altezza, assumendo la forma ellittica tipica dei felini; come ad indicare la vera essenza di quell’essere nascosta da una fisionomia forviante.

Elena dimenticò, o relegò in un angolo inutilizzato della memoria, l’incrocio con quell’uomo, aveva altro per la mente. Nel suo corpo l’eccitazione sessuale, nata dalla consapevolezza d’un imminente incontro erotico, stava generando una quantità d’ormoni tale da trasformare la sua indole solitamente docile e remissiva in una selvaggia, ribelle e crudele. Inconsapevolmente modificò il suo modo di camminare, muoversi, respirare o fissare lo sguardo su chi incrociava. Il variegato mondo che la circondava perse ogni valore per lei, uomini e donne lungo la strada si trasformarono in macchie indistinte e prive di colore il cui unico valore era di segnalarle un ostacolo lungo il cammino. Aveva un solo obiettivo e lo stava inseguendo con tutta la calma di chi sa d’essere in netto vantaggio.

La ragazza raggiunse il luogo dove aveva appuntamento in perfetto orario. Una rapida occhiata agli avventori del rinomato bar le permise di selezionare immediatamente il bersaglio. In quel preciso istante si calmò, il frenetico desiderio d’incontrare quel ragazzo si lenì consentendo al suo corpo di riportare il livello ormonale ad un livello accettabile. Elena tornò, quindi, ad apparire la ragazza timida, innocente e naturale che tutti conoscevano mentre si avvicinava a lui.

Lo aveva conosciuto ad una festa di compleanno di un amico comune, all’inizio aveva valutato del tutto inconsistente la sua personalità; poi aveva capito che il carattere schivo serviva a mascherare un’incredibile sensibilità. Come tutte le persone dotate di forte e ricettiva emotività tendeva a difendersi in quel modo. Da quel momento il ragazzo assunse per Elena un valore particolare: i tipi emotivi e sensibili erano i suoi preferiti poiché, in essi, restavano indelebili le tracce del suo passaggio. Lo avvicinò con una scusa qualunque e da quel momento, senza che se ne potesse rendere conto, era divenuto la sua nuova preda.

Tutto proseguì come da programma, dopo un altro incontro pubblico in pizzeria era arrivato l’invito all’immancabile aperitivo seguito da una classica cena a base di pesce. Sino a quel punto il ragazzo era convinto di muoversi seguendo la propria volontà, era sicuro di corteggiare quella ragazza tanto timida quando bella, non poteva intuire che tutto si stava svolgendo secondo lo schema ideato da lei.

Durante l’aperitivo e la cena, Elena, affinò la conoscenza del ragazzo; non tramite i discorsi più o meno personali che intrattenevano, ma con l’osservazione dettagliata d’ogni suo movimento. Le mani potevano dirle più di tante parole cosa realmente c’era dentro la persona seduta dinanzi a lei, così pure il modo di mangiare o di bere e la sequenza con la quale sceglieva i cibi da ingerire. Tutto un insieme di dettagli che svelavano la sua personalità, i gusti, i desideri ed anche le paure; dopo meno di due ore l’anima del ragazzo era stata messa a nudo, analizzata e valutata, da Elena.

La cena finì presto, Elena aveva scelto quel ristorante proprio in virtù della velocità con cui venivano preparati e serviti i piatti. Giunti al rituale caff&egrave il ragazzo iniziò a dimostrare un certo malessere d’animo, una forma d’ansia che Elena giudicò nascere dall’indecisione. Evidentemente lui non aveva previsto altro per quella serata, convinto che la cena si sarebbe protratta sino a tarda ora; ora si trovava in difficoltà non sapendo cosa inventare per intrattenere quella stupenda ragazza. Temeva, giustamente, d’apparire banale e di perdere, in questo modo, ogni attrattiva per lei.

Elena colse l’attimo e propose di continuare i loro discorsi davanti ad una bottiglia di vino a casa sua.

Ovviamente lui accettò. Non aveva altra scelta, stregato dalla dolce sensualità di quella ragazza.

– Così vivi qui. Da sola? ‘ più che una domanda, quella del ragazzo, era un’affermazione scaramantica

– Sì e no! ‘ ripose lei ‘ Divido l’appartamento con due amiche. Una &egrave una mia compagna di corso, così riusciamo a studiare insieme, l’altra sta preparando la tesi e tra meno di due mesi si laurea.

Ora non ci sono ‘ aggiunse notando l’espressione delusa di lui ‘ Sono tornate a casa per due settimane’ siamo soli!

Elena terminò la frase intonando la voce più sensuale che sapeva, quindi si diresse in cucina alla ricerca della bottiglia di vino promessa dopo aver invitato il ragazzo ad accomodarsi.

Quando tornò da lui depositò la bottiglia sul tavolino innanzi al divano insieme a due bicchieri.

– Aprila, per favore, mentre vado in bagno a ritoccarmi i capelli. ‘ disse lei.

– Ma sei perfetta! Resta qua. ‘ affermò il ragazzo in un eccesso di galanteria

– Grazie! ‘ Elena sorrise ‘ Ma questo clima umido mi ha ‘appiccicato’ tutti i capelli’ davvero, non mi sento a mio agio così! Arrivo subito!

Il ragazzo ricambiò il sorriso convinto di aver fatto colpo su di lei; vedeva nel gesto di Elena la volontà d’apparire perfetta, bellissima, seducente, ai suoi occhi. Pensava che facesse questo per lui.

In parte era vero. Elena raggiunse il bagno con calma, poi, una volta chiusa la porta, si levò velocemente la giacca e la camicetta. Sollevò la gonna sino in vita e sfilò via gli slip infilandoli nel cesto della biancheria sporca, quindi si levò pure il reggiseno e si rivestì. Prestò molta attenzione nell’infilare la camicetta nella gonna e nel stirare le pieghe di quest’ultima; prima d’infilarsi la giacca controllò quanto lasciasse scoperte le gambe, insoddisfatta la sistemò ancora tirandola un po’ su, quindi terminò di vestirsi. Lanciò, allora, un’occhiata allo specchio, si analizzò e valutò l’impatto che poteva avere sul ragazzo, controllò pure che nulla lasciasse immaginare l’assenza della biancheria. Sistemò ancora qualche particolare e solo quando si ritenne soddisfatta ravvivò i capelli con due veloci colpi si spazzola.

Aprendo la porta del bagno per uscire, Elena percepì la ben nota pressione al ventre ed allo stomaco sintomatica di una nascente eccitazione. Solo lei, in quel momento, sapeva come sarebbe proseguita la serata; il ragazzo rimaneva ignaro, forse speranzoso ma sostanzialmente inconsapevole, sul divano, attratto più dalle bollicine del vino nei bicchieri che dalla figura femminile in silenzioso avvicinamento alle sue spalle.

– Sorpresa! Indovina chi sono? ‘ domandò lei mentre posava le mani sugli occhi del ragazzo

– Fammi indovinare’ sei quella stupenda creatura con cui ho cenato poc’anzi?

– Esatto! Hai vinto un premio.

Scegli: bicchiere di vino o un bacio?

– Lasciami pensare’ facciamo un bacio! ‘ rispose lui

– Iniziamo con il vino! ‘ affermò Elena mentre, elegantemente, ridacchiava sedendosi al suo fianco.

Il giovane allungò la mano verso i due bicchieri, li afferrò, poi ne porse uno ad Elena mentre fissava lo sguardo su quei magnifici occhi verdi che si trovava innanzi. Solo in quel momento notò qualcosa di strano in loro. Per tutta la sera non aveva fatto mistero d’ammirare gli occhi della ragazza, li aveva visti sorridere, concentrarsi, fissare un oggetto, puntare i suoi e reggere la sfida, inumidirsi per una salsa troppo piccante o per un discorso troppo intimo che andava a rivangare supposte vecchie ferite; ma ora, una luce sconosciuta tentava di emergere da quello sguardo che iniziava ad apparire un po’ meno innocente.

Elena prese il bicchiere sfiorandogli la mano con una dolcezza tale da distrarre il ragazzo dai suoi pensieri, quindi lo invitò al brindisi mentre si portava il recipiente alle labbra. Bevve lentamente, lasciando che il vino secco e vivace scivolasse sulla lingua prima di precipitare giù per la gola; teneva le labbra appoggiate morbidamente sul vetro in modo da non deformarle e consentire, al ragazzo, di notare come si adattassero meravigliosamente alla forma cilindrica del bicchiere. Poteva leggere i pensieri del giovane, sapeva che in quel momento lui stava visualizzando la sua bocca intorno al proprio membro, allora allontanò il bordo di vetro dalle labbra per far scivolare una goccia di vino su di esse prima di recuperarla con la lingua. Elena trattenne a stento un sorriso di vittoria quando notò come la sua sceneggiata avesse spinto le pupille del ragazzo a dilatarsi dallo stupore.

Ogni gesto, ogni movimento, ogni parola, sospiro o suono, da quel momento si sarebbero impressi, indelebilmente, nella mente del ragazzo, marchiandolo per sempre; era consapevole di questo, ed era proprio questa coscienza ad eccitarla.

Elena marchiava sempre i suoi uomini; l’incidere la coscienza, l’anima e la mente, le procurava un piacere paragonabile, se non superiore, a quello puramente fisico nell’atto sessuale. Alcune delle sue vittime, nell’attimo in cui comprendevano questo suo aspetto, l’avevano definita perversa, incapace di amare, egoista e malvagia. Qualcuno si era spinto a darle dell’animale. Quest’ultima era la definizione che preferiva, si sentiva un animale predatore, un felino. Giocava con i suoi uomini, li segnava, li feriva, poi li lasciava andare quando il gioco non le interessava più, quando adocchiava un’altra vittima. Lei non si riteneva perversa, poteva accettare tutte le altre definizioni senza sentirsi ferita in alcun modo, solo sulla perversione non era d’accordo. Non marchiava nel letto ogni suo martire, solo coloro che riuscivano ad accendere la passione potevano godere del suo corpo, e non erano molti.

Provava una forte attrazione fisica per il ragazzo che aveva vicino sul divano, era stata proprio questa a spingerla verso di lui ed a sceglierlo come prossima vittima. Era tempo che non si concedeva a qualcuno ed il desiderio era forte, ma non doveva dimenticare chi era, cosa ci faceva lì e lo scopo finale di tutta quella farsa.

– Sai? Io adoro questo vino. Le sue bollicine mi stuzzicano la lingua e quando lo sento scendere per la gola, così vellutato, mi eccita. ‘ disse lei dopo aver bevuto un secondo sorso. ‘ Solo che devo stare attenta, non ne posso bere molto. Non reggo l’alcool e quando esagero poi ‘ – terminò lasciando la frase in sospeso.

– Poi’? ‘ domandò lui interessato.

– Poi commetto qualche sciocchezza e do l’impressione sbagliata di me.

– Tipo? ‘ il ragazzo non riusciva a pronunciare una frase più articolata tanto era preso da Elena.

– Non so’ divento troppo sincera e mi lascio sfuggire affermazioni compromettenti, poi perdo ogni freno inibitore. ‘ Le parole di Elena suonavano convincenti.

– Ok, allora fai la prima affermazione che ti passa per la mente.

Così, per gioco! ‘ Il ragazzo pensava di giocare la sua carta in questo modo, ma non sapeva che tutto era già stato sperimentato e collaudato da Elena.

– La prima affermazione che mi passa per la mente? ‘ domandò lei maliziosa.

– Sì!

– Mi piaci! ‘ affermò lei fissandolo negli occhi.

– Anche tu. Tanto!

La seconda affermazione?

– Ti voglio dentro!

Il ragazzo deglutì a fatica il sorso di vino che teneva ancora sulla lingua per gustarlo sino in fondo e per darsi un’aria di decente distacco. Non fece in tempo a controbattere l’ultima affermazione della ragazza che se la trovò a cavallo delle ginocchia mentre scendeva con il viso contro il suo. Elena non si preoccupò di sollevare la gonna per conquistare maggiore libertà nei movimenti, desiderava le labbra del ragazzo e le voleva subito. Si ritrovò con le gambe che premevano contro il tessuto della sottana tanto da non consentirle di appoggiare un ginocchio sul divano, restò sospesa mentre infilava violentemente la lingua nella bocca del giovane alla ricerca di un veloce appagamento del desiderio. Percepì immediatamente lo sgomento del giovane, il quale non si aspettava una mossa così audace e decisiva, ma il bacio lo rassicurò tanto da spingerlo a sollevare titubante le mani per accarezzarle la schiena. Elena emise un delicato mugolio d’approvazione e si mosse, al contempo, in modo da far scivolare quelle mani verso il sedere. Il ragazzo era indeciso, temeva di spingersi troppo in là, non sapeva sin dov’era disposta ad arrivare, sul serio, lei. Quindi manteneva la mani, prudentemente, sulla vita. Gli era capitato in passato di rovinare tutto per aver accarezzato troppo audacemente una ragazza mentre questa lo baciava con passione, aveva frainteso le sue intenzioni e si era ritrovato con la guancia arrossata e segnata da cinque sottilissime, amabili ma dure dita. Non voleva ripetere lo stesso errore, iniziava a provare un forte trasporto per quella ragazza che teneva tra le mani ed era seriamente intenzionato a far durare la relazione in procinto di nascere tra loro.

Elena era impaziente, sentiva il giovane irrigidirsi e non nel ‘punto giusto’, poteva cogliere in maniera tangibile la sua tensione, allora giocò un’altra carta.

– Sono scomoda! Tirami un po’ su la gonna. ‘ disse dopo aver staccato le labbra dalle sue e fissato negli occhi.

Lui non se lo fece ripetere, benché ancora un minimo esitante a causa dei pensieri di prima, allungò dolcemente le mani verso il bordo della gonna di Elena. Le fece scivolare sui suoi fianchi con una lentezza esasperante, quasi bramasse coglierne la forma, oltre che con la vista, pure col tatto; per memorizzarla meglio, per farla entrare in se attraverso ogni possibile via. Quando raggiunse il bordo della sottana infilò due dita al di sotto ed iniziò a tirarla verso l’alto.

Con il cuore che pareva impazzito, tanto batteva veloce, alzò lo sguardo per incrociare gli occhi della ragazza, sperava di cogliervi un ulteriore cenno di assenso; e ve lo trovò. Iniziò, forse solo in quel momento, a rendersi conto della piena disponibilità della ragazza dimostrata anche dal desiderio che si poteva cogliere nel suo respiro ed in quei occhi sempre più luminosi.

Tirò ancora il tessuto della gonna con l’intenzione di sollevargliela sin oltre la vita, ma trovò un contatto inaspettato che lo sconvolse per un attimo prima d’eccitarlo ulteriormente: la pelle lasciata scoperta dalla calze autoreggenti aveva incontrato le sue mani. Il ragazzo aveva sempre associato quel tipo d’indumento ad una donna estremamente sensuale, forse più matura di quella che stava sopra di lui, il fatto di scoprirle indosso ad Elena gli provocò una dolorosa fitta ai genitali. Il membro pareva intenzionato ad esplodere tanto sangue stava ricevendo e spingeva contro i calzoni troppo stretti; la fantasia del ragazzo generava senza sosta immagini di multiformi amplessi con la ragazza, vedeva chiaramente i dettagli delle sue gambe aperte per lui e fasciate in quelle calze così eccitanti.

Elena colse i pensieri del ragazzo e sorrise. Attese di sentire la gonna oltre i fianchi quindi scese sino ad appoggiare il pube sui genitali del ragazzo. Lui non si rese subito conto che mancava qualcosa nell’abbigliamento della ragazza, oramai le sue mani avevano raggiunto le prime costole e non avevano incontrato l’elastico degli slip. Elena raddrizzò il busto lasciando che il suo peso si spostasse tutto sul pube, quindi si mise a sbottonare la camicia del ragazzo. Reputò che i suoi occhi non erano diretti dove voleva lei, erano sempre puntati estasiati sul viso, allora spinse in avanti il bacino per imprimere un movimento alternato al pube, in modo da massaggiare, e valutare in anteprima, il pezzo di carne durissima che percepiva sotto di sé. Questa mossa raggiunse gli obiettivi prefissati: lei riuscì a misurare la validità del membro del ragazzo e lui abbassò gli occhi verso il loro punto di contatto, scoprendo l’assenza di biancheria intima. In tutto questo tempo Elena aveva già aperto completamente la camicia del giovane e stava accarezzandone il petto quando colse un sommesso gemito di stupore provenire dal ragazzo. Era il segnale che attendeva.

Elena arretrò per sollevarsi in piedi dinanzi al giovane, quindi con le gambe aperte in modo da non consentire alla gonna di scivolare giù iniziò a sbottonare la propria camicetta.

– Spogliati! ‘ disse rivolta a lui ‘ Ti prego! ‘ aggiunse a suo beneficio.

Il giovane rimase con gli occhi fissi sul pube ben curato di Elena, pareva ipnotizzato dalla forma che la delicata peluria disegnava sulla sua pelle, poi il richiamo erotico di quell’immagine lo spinse ad agire. Si alzò dal divano pure lui per porsi innanzi alla ragazza e si sfilò i calzoni mentre lei terminava di levarsi la camicetta. Il ragazzo non si stupì, questa volta, di trovarla senza reggiseno, oramai aveva inteso, o pensava di aver capito, le intenzioni di Elena. Si avvicinò a lei per sfilarle la gonna verso il basso, in modo d’averla completamente nuda, ma lei si mosse prima di lui. La ragazza aprì, in qualche modo misterioso, la sottana e la lasciò cadere ai suoi piedi; quindi s’inginocchiò ed allungò entrambe le mani verso di lui a mo’ di richiamo.

Il ragazzo intuì immediatamente le sue intenzioni ma stentava a crederci, si avvicinò a lei lentamente, con la certezza di vivere un sogno, temeva che al primo contatto delle labbra di Elena con il suo glande tutto si sarebbe dissolto in una nuvola di vapore per poi materializzarsi nelle sembianze della sua camera, dove mille volte aveva sognato un incontro erotico come questo che stava vivendo ora.

La possente fitta di piacere che sentì nascere dal basso dei suoi genitali lo convinse che si trattava proprio di una stupenda realtà: Elena era vera, era nuda ai suoi piedi e desiderava solamente procurargli un piacere immenso. Si abbandonò completamente a quegli stimoli chiudendo gli occhi per non perdere nemmeno la più piccola sfumatura di piacere. Elena era abilissima, pareva intenzionata ad aspirargli il seme direttamente dai testicoli senza attendere il suo orgasmo. La lingua, poi, sembrava impazzita; già durante il bacio, il ragazzo, aveva notato come la muovesse in modo estremamente eccitante, ma ora, nel sentirla in azione sul proprio membro, provava un piacere troppo intenso da contenere. In prossimità di un imbarazzante orgasmo prese con forza la testa di Elena per allontanarla da sé. La ragazza sorrise soddisfatta, aveva aggiunto un’altra impronta al marchio che s’accingeva a lasciare su di lui.

Rimasero immobili per un tempo indefinito in quella posizione, in attesa che il respiro di lui si regolarizzasse indicando un riconquistato controllo; poi Elena si alzò in piedi strusciandosi contro il corpo del ragazzo, avendo cura di far scivolare il membro nel solco tra i seni. Non trascurò neppure di baciargli prima la pancia e poi il petto, la gola ed infine ancora le labbra, una serie di baci dolci, quasi innocenti, che lasciarono una traccia infuocata sulla pelle del ragazzo. Soddisfatta di sé e dell’eccitazione che era riuscita ad infondere nel ragazzo, Elena, lo prese per mano e se lo posizionò innanzi mentre si accomodava sul divano. Si sedette appoggiando le natiche sul bordo in modo da lasciare il pube oltre il cuscino, quindi afferrò entrambe le mani del giovane e lo trasse a se mentre si lasciava cadere all’indietro. Da un luogo imprecisato, molto probabilmente da sotto il grande cuscino laterale, spuntò un profilattico; da questo momento non fu più necessaria alcuna specifica richiesta verbale. Elena aprì al limite le gambe e sollevò, invitante, il pube dopo avergli lasciato il tempo d’indossare il preservativo. Si lasciò, quindi, penetrare passivamente, limitandosi a non opporre resistenza, a posizionare il pube secondo l’angolazione migliore ma senza andargli incontro e neppure lo incitò con mugolii d’approvazione. Rimase muta e concentrata, con il viso rivolto verso di lui e gli occhi chiusi; solamente un respiro interrotto a metà ed il breve suono di una ‘a’ sussurrata segnalò al ragazzo d’essere arrivato in fondo. Lui le accarezzò il ventre per spingere, poi, le mani sino al seno; quindi le fermò sui fianchi, afferrandola con forza prima d’iniziare a muoversi in lei sforzandosi di mantenere un ritmo regolare ed incessante.

Elena assaporò ogni movimento, ogni singolo centimetro di penetrazione, concedendo al piacere nascente d’espandersi in ogni angolo del suo corpo. Cercava il languore, quella calda sensazione di benessere, prima di dedicarsi al proprio piacere ed a quello di lui. Il sigillo che intendeva apporre sopra il marchio sul ragazzo era proprio quello del piacere, intendeva donargli un godimento tale da rimanergli impressa nella mente per il resto dei suoi giorni terreni, e possibilmente anche in quelli seguenti.

Un’acuta fitta di piacere percorse il corpo di Elena quando lui, incautamente, sfiorò il clitoride con il pollice della mano destra tenuta aperta sul bacino. Questa fu la molla che spinse la ragazza a prendere attivamente parte all’amplesso, da quel momento iniziò a muoversi seguendo la corsa del pene in lei, amplificandone gli stimoli contraendo con forza il pube quando lo sentiva completamente dentro. L’eccitazione e lo sforzo fisico imperlarono di un leggero strato di sudore la sua pelle; sentiva il membro del ragazzo scivolare con estrema facilità in lei ma quasi non percepiva la sua consistente presenza all’interno, questo era la misura di quanto era eccitata, ed il comprenderlo la stimolava ancora di più. Sapeva di muoversi in un modo irresistibile e ne coglieva i sintomi sul viso del ragazzo. Lo portò sin quasi sull’orlo dell’orgasmo, quindi lo costrinse a rallentare sino a fermarsi per trattenerlo dentro di se mentre gli accarezzava il petto con dolci movimenti circolari.

Elena spinse in avanti il pube per sollevare la schiena e, prestando molta attenzione a non lasciarsi sfuggire il membro del ragazzo, lo spinse all’indietro invitandolo a stendersi sul tappeto. Il progetto era di ritrovarsi sopra di lui in modo da invertire le parti. La manovra riuscì non senza qualche difficoltà ed il rischio di perdere la chiave che li univa, Elena amava in modo particolare queste prove ginniche, le piaceva compiere evoluzioni scollegate dalla pura ricerca del piacere tenendo dentro il ventre il membro dell’uomo di turno. Appena conquistò una posizione comoda prese il controllo dell’amplesso, dettando il ritmo che più le si confaceva. Esordì con un movimento alternato dal basso verso l’alto e viceversa mentre, chinata in avanti, offriva il seno ai baci del ragazzo; poi sollevò il busto in posizione eretta e lasciò alle anche il compito di guidare il bacino in un movimento circolare unito ad uno longitudinale, tale da tracciare un ideale ‘otto’ incentrato sul membro del ragazzo. Ora era lui a godersi passivamente gli stimoli donati da lei rimanendo praticamente immobile ed, apparentemente, intenzionato nel lasciarsi condurre verso l’apice del piacere.

La posizione, che le consentiva di percepire al meglio la presenza fisica dentro di sé, ed il senso di libertà unito a quello di potere sul ragazzo, spinsero Elena verso una percezione estesa del piacere. L’eccitazione ed il desiderio leniti da questo nascente piacere puramente fisico lasciarono spazio ad un istinto sino a quel momento celato dal primordiale bisogno di accoppiarsi. Gli occhi della ragazza si chiusero per occultare un repentino restringimento delle pupille; ad ogni profondo affondo, ogni volta che il membro del ragazzo le si incuneava nel ventre, Elena gemeva di piacere e cedeva sempre più il controllo alla parte puramente animale di sé.

Il ragazzo era rapito dallo spettacolo donatogli dal corpo di Elena, riusciva solo a percepire qualche particolare del bacino, dei fianchi o del seno, che si muovevano sopra di lui; se alzava lo sguardo al viso vi leggeva un profondo piacere ed un coinvolgimento vicino all’estasi. Era esaltato da quanto lei dimostrasse di godere della situazione poiché si credeva l’origine di tanto piacere; questa convinzione lo eccitò ulteriormente spingendolo pericolosamente vicino all’orgasmo. Tentò, allora, invano di contenersi, non voleva lasciarsi andare prima di notare in lei i sintomi dell’estremo piacere, temeva di deluderla e di giocarsi la possibilità di rivederla. Concentrò la sua attenzione sul viso della ragazza, sulle palpebre serrate, sulle labbra, cercò di leggere nella tensione dei lineamenti il punto in cui si trovasse, sperando di cogliere i primi sintomi dell’orgasmo al più presto.

Elena era del tutto inconscia di quanto avveniva sotto di sé, le era sufficiente la percezione di un corpo maschile tra le gambe, un pezzo di carne dura dentro il ventre e della pelle sotto le mani. Oramai non era più in grado di governare le proprie azioni, quando l’istinto primigenio prendeva il controllo spingeva il corpo e la mente verso un solo obiettivo. Istintivamente iniziò ad accarezzare il petto del ragazzo sostenendosi al contempo, leggermente chinata verso di lui modificò sostanzialmente l’orbita disegnata dal pube trasformandola, nuovamente, in un micidiale movimento alternato mirato a sfruttare tutta l’estensione del membro. Era in attesa di un segnale, di un sintomo che la mente razionale non potrebbe comprendere, si muoveva dimostrando una tensione che il ragazzo intese come indice d’imminente orgasmo. Lui, allora, si lasciò andare, rilassò i muscoli delle gambe e strinse forte le mani sui glutei di Elena.

Tutto avvenne in un istante di tempo assoluto in cui la percezione relativa si dilatò. Il ragazzo pulsò per la prima volta dentro di lei inarcando il bacino, Elena colse questo e si spinse giù aprendosi al contempo in modo da inglobare completamente in se il membro del giovane, quindi accelerò il massaggio delle mani sul suo petto avendo cura di appoggiare con forza sulla pelle l’unghia del pollice sinistro. Insistette sin quando un sussulto ed un gemito del ragazzo le indicarono d’essere riuscita nel proprio intento, allora si chinò velocemente verso il torace ed appoggiò le labbra sulla ferita che iniziava a stillare sangue. Come il sapore dolciastro la invase iniziò a godere.

Elena gemeva e godeva del suo orgasmo senza mai staccare le labbra dalla ferita sul corpo del ragazzo, aspirava con forza incurante dello sconvolgimento mentale che aveva generato in lui. Rimase in quella posizione anche dopo il termine naturale dell’esplosione di piacere, nonostante sentisse il membro oramai floscio dentro di sé e si rilassò adagiandosi sul giovane. Solo quando riprese un minimo di forze si sollevò a fatica, osservò quindi, fintamente turbata, la piccola cicatrice sul petto del giovane e mormorò quelle che potevano apparire come delle scuse, poi si diresse verso il bagno.

Il ragazzo, rivestendosi, ripensò alla dinamica dell’amplesso e giunse alla conclusione che Elena, in pieno trasporto erotico, non si era resa conto della forza esercitata dalle sue mani. La ferita era quindi stata generata involontariamente e la successiva aspirazione del sangue era da intendersi come un tentativo di lenire il dolore accidentalmente provocato. L’unica cosa che lo lasciava perplesso era la strana coincidenza del suo orgasmo con questa ‘bevuta’ di sangue. Ricacciò indietro questi pensieri, gli era capitato di sentire amici vantarsi delle proprie cicatrici sulla schiena, sintomatiche di un amplesso con una ragazza molto ispirata; ebbene lui, ora, poteva vantarsi della cicatrice sul petto.

Quando Elena si ripresentò appariva del tutto normale, nulla nel suo modo di muoversi o atteggiarsi lasciava intuire quale passione riuscisse a scatenare durante l’amplesso; questo era l’aspetto che più colpiva di lei. Si era fatto tardi ed Elena non trattenne ancora a lungo il ragazzo; mentre lo accompagnava alla porta notò che tentava in ogni modo di strapparle un appuntamento. Si aspettava questa inevitabile mossa e si era preparata già durante la cena annunciando una sua imminente visita al paese natio che l’avrebbe allontanata per almeno due settimane. Elena prendeva sempre queste precauzioni quando incontrava un ragazzo che poteva risultare più interessante della media, non poteva permettersi un secondo incontro se voleva evitare d’innamorarsi. Non sapeva ancora come conciliare l’istinto predatore con l’amore.

Salutato il ragazzo e richiusa la porta su di lui, fisicamente e metaforicamente, si preparò velocemente per la notte. Raggiunto il letto aprì la mente ai ricordi e rivisse, istante per istante, la cattura, la seduzione e l’amplesso. Si sentì fiera di sé, era nuovamente riuscita a marchiare un uomo. La conferma sarebbe giunta da lì a due settimane, quando lui si sarebbe fatto vivo insistendo per un incontro, ma era certa di essergli entrata nella mente, nel cuore, nello spirito e nel corpo. Se si concentrava sugli attimi salienti dell’amplesso poteva risentire ancora nel palato il sapore del sangue e riprovava una sorta di ancestrale piacere. Ogni volta che riusciva a bere il sangue dell’uomo di turno raggiungeva un orgasmo incredibilmente appagante. Ricordava benissimo com’era nata questa sua passione, dopo ogni amplesso di questi tipo rivangava nella memoria con il risultato di mantenere sempre vivi i ricordi più lontani: era successo molti anni prima, era davvero molto giovane quando, durante una vacanza al mare, assaggiò per la prima volta il sapore del sangue di un ragazzo. Si trovava sulla spiaggia con gli amici conosciuti quell’estate quando, uno di loro, uscendo dall’acqua si ferì la mano sulla pietra di uno scoglio. Istintivamente il ragazzo si portò l’arto alle labbra per leccarsi la ferita ma lei lo fermò. Senza sapersi spiegare il gesto, prese la mano del ragazzo e se la portò alle labbra succhiando lei il sangue che fuoriusciva dalla piccola ferita. Elena non dimenticò mai l’espressione del giovane ed il sapore del suo sangue, ricordava ancora oggi nei minimi dettagli quegli occhi spalancati e puntati sui suoi, come non poteva dimenticare cosa accadde quella notte su quella spiaggia. Tutto iniziò lì.

Quel ragazzo l’aveva iniziata al sesso e al piacere del sangue, donandogli prima il proprio e leccando in seguito quello virginale, quel ragazzo l’aveva trattata da preda non facendosi più reperire il giorno seguente.

Un senso di rancore si diffuse in lei come ogni volta che riviveva quei ricordi, con il tempo l’intensità di questo astio andava sempre più scemando. Elena non sapeva se attribuire al tempo stesso questo potere curativo o se assegnare alle sue varie vittime il merito di tale lenta guarigione come se riversasse in ognuna di loro una parte del proprio dolore. Non si riteneva tanto malvagia da scaricare su ignari ragazzi le colpe di uno solo, agiva come lui aveva agito con lei poiché questo le dava un piacere unico. Forse la malvagità stava in questa spasmodica ricerca di un piacere così dannoso per gli altri, ma non c’era desiderio di vendetta in lei, non la cercava nemmeno nei confronti di quel primo ragazzo. Anzi, per certi versi gli era grata. Lui le aveva mostrato la via per godere di un piacere negato ai più, come ogni iniziazione a qualcosa di grande era stata dolorosa, sofferta sin nel profondo dell’animo, una parte di lei era morta per consentire la nascita della cacciatrice.

Un amplesso ti regala qualche ora di eccitazione, quando va bene, e pochi minuti di piacere, mentre la consapevolezza di aver marchiato un ragazzo, d’esserle entrata stabilmente nella mente, nello spirito, nel cuore e totalmente nell’anima, dona un piacere che non ha fine. Questo pensava Elena mentre stava per addormentarsi soddisfatta.

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