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  • Non riesco a sistemare il Pc di casa: si accende e si spegne –

  • Ma cosa succede esattamente? –

  • Marco, non so. Si spegne da solo. Forse è una cosa dell’alimentazione. Vorrei cambiarlo, ma ora non ho tempo.

  • Fammi dare un’occhiata, magari ti risolvo la cosa… non riesci ad allungarmelo?

  • La settimana prossima sono via 4 gg… da lunedì a giovedì … è un casino, magari domani, ma non penso… se vuoi passa a casa mia. Lascio detto a Marta che vai a vederlo e ti organizzi: mi fai sapere quando puoi e glielo dico… altrimenti lo cambio. Solo che magari a lei serve e la prossima settimana non riesco. Comunque senza impegno va bene?

  • Si Marco. Davvero. Vedo un attimo gli impegni. Potrei passare lunedì verso le 5, dopo che finisco in studio. Può andare?

  • Ti mando un messaggio di conferma. Va bene?

  • Perfetto.

Così si chiuse la telefonata. Marco era un architetto, Luca lavorava in una grossa multinazionale. Amici a golf, si erano conosciuti da poco e si erano subito trovati. Entrambi simpatici, dinamici, anche se differenti fisicamente. Marco più alto, un po’ scapigliato, sportivo, Luca più basso, ordinato, ma dalla risata sonora e forte.

Il giorno dopo arrivò un messaggio: – ok se puoi. 17 casa mia. Marta ti spiega.

Quindi conferma. Un messaggio su wattsapp e Marco si segnò in agenda quel rapido passaggio. Era architetto, ma appassionato di computer fin dalla giovinezza, quindi qualcosa ci capiva e gli faceva piacere dare una mano per aiutare gli amici su piccole cose.

La giornata corse veloce tra i vari impegni e chiuso lo studio, un po’ prima delle 17 partì verso casa di Luca. Una piccola villetta a schiera, in periferia, dove era stato solo una volta per una cena tra amici. Non conosceva Marta, la moglie, che non aveva mai accompagnato Luca nelle sue partite a golf, né era stata presente in altre occasioni. A dire il vero, pensò, non sapeva neppure se fosse mora o bionda, ma poco importava. Una telefonata di lavoro rapida, poi accese la radio e ascoltò un po’ di musica, arrivando, tra viuzze e stradine, presto a destinazione.

Parcheggiò la macchina di fronte alla casa e suonò il campanello. Il cancelletto scattò e si aprì. Lo richiuse, avviandosi verso la porta lasciata aperta.

  • Permesso

  • Entra, entra – disse una voce femminile

  • Eccomi – disse entrando. Una pausa e poi – piacere Marco –

    Marta stava arrivando incontro a lui, un paio di jeans stretti, chiari, delle scarpe con il tacco, fascianti nere, un maglioncino leggero fucsia. Castana, capello lungo. Alta, con i tacchi oltre il metro e 75. Non come lui che era 185, comunque alta. E certamente una bella donna, superata la quarantina, ma ben portati. Un bel sorriso.

  • Piacere Marta – disse lei allungando la mano – Scusami, ma sono appena tornata dal lavoro e al telefono fino ad ora. Prendi un caffè? –

  • Ti capisco, ho finito da poco anch’io, … ed oggi è stata una giornata non proprio tranquilla… – rispose lui – Il caffè… meglio di no, ne ho già bevuti tre di oggi –

  • Come vuoi – rispose con uno splendido sorriso – ti ha spiegato Luca? –

  • Si mi ha detto che il Pc ha vari problemi… non ho capito bene…, ma provo a dare un’occhiata, anche se ti dico non sono un tecnico… – scherzò

  • Grazie davvero, perchè poi a me serve se devo terminare dei lavori che ho lasciato sospeso in ufficio –

    E così dicendo lo accompagnò in un piccolo, ma accogliente studio, dipinto di un bianco perlato, con una bella scrivania in legno, una sedia e una poltroncina.

  • Qui lavoro io, di solito – aggiunse con un sorriso

  • Bel posticino- rispose Marco – Provo a dare un’occhiata, che dici? –

  • Certo: lo accendo subito… se ovviamente parte – disse lei

    Marco si guardò attorno, tuttavia non potè non notare le gambe di Marta, ciondolanti dalla scrivania, mentre attendeva impaziente l’avvio del sistema

  • ecco vedi – aggiunse – poi fa questo sfarfallio e poi si spegne –

Marco tornò alla realtà.
  • Ok adesso vedo… – disse avvicinandosi allo schermo. Aveva anche un buon profumo. Molto femminile.

    La suoneria di un cellulare, improvvisamente, li riportò alla realtà.

  • E’ il tuo? – chiese lei scattando

  • No, uso la vibrazione – rispose Marco tranquillo.

  • vai pure Marta qui continuo e guardo io -aggiunse

Lei schizzò fuori dalla stanza, Marco si accomodò sulla sedia e cominciò a guardare, mentre di là senti iniziare una lunga chiacchierata con qualche amica.

Il computer si spense quasi subito. Non si vedeva nulla. Così, dopo vari tentativi con tasti e Bios, estratti i cacciaviti che si era portato, cominciò ad aprirlo per controllarlo. Passarono circa 15 minuti e il lavoro procedeva, ma si accorse presto di essersi dimenticato il taglio più piccolo di cacciavite e di non poter smontare la parte che interessava, dietro l’hard disk.

Dall’ingresso e dalla sala non giungevano più voci. La telefonata si era probabilmente conclusa e Marco uscì per chiedere a Marta del cacciavite. In sala e in ingresso però non la trovò. Si guardò attorno. Guardò verso il corridoio. Nulla. Cucina. Niente. Attese: non era bello muoversi in casa d’altri. E così restò lì, fermo, quando d’un tratto sentì aprirsi una porta…. Fu un attimo: il suo sguardo vide la sagoma di Marta uscire veloce da una stanza ed entrare in un’altra. Marta non si accorse di lui: gli diede le spalle. Ma Marco restò estasiato, era vestita solo con l’intimo. Un corpo splendido.

Si spostò, come imbarazzato, ma con un filo di eccitazione allo stesso tempo. Rimase lì, per qualche istante, si riguardò attorno, poi fece per tornare in studio, quando sentì i passi dietro di lui

  • tutto bene Marco? – senti la voce di lei

    si voltò. Era davanti a lui. Un paio di leggins grigi e una maglietta bianca aderente che metteva in luce la forma del seno e le linee dell’intimo. Si era cambiata.

  • Si Marta – disse imbarazzato – ti cercavo… : avrei bisogno di un cacciavite – aggiunse impacciato

  • Non so – rispose lei – dove li tenga Luca…, forse in cantina –

    Era titubante, incerta.

  • Se no ritorno un altro giorno… – disse timidamente lui – li ho a casa … ma li ho stupidamente dimenticati –

  • Ma no, non ha senso.. proviamo a vedere … dai vieni… prendo le chiavi e andiamo giù… – e dicendo così recuperò delle chiavi dall’ingresso e anticipò Marco per delle scale che scendevano. Marco era ancora teso… e non riuscì a non posare gli occhi … sul sedere, avvolto nei leggins… Cercò di pensare ad altro.

    Marta accese una luce, una seconda, ed entrarono, attraverso una porta di metallo verde, in una piccola cantina: 4 mq con una luce fioca e tanti scaffali e cose sparse.

  • Scusa il disordine… ma di solito sono qui – disse timidamente – mi sa che è pure saltata una luce – aggiunse guardandosi attorno e cominciando a spostare dei contenitori sugli scaffali –

Marco guardava distratto. Sentiva crescere una tensione nello stare in quello spazio stretto con Marta. La vedeva così bella, sensuale. Tentò di distrarsi e di scacciare i pensieri.

  • Non c’è una cassetta degli attrezzi? – chiese sorridendo
  • Credo di sì, ma non saprei com’è fatta, qui vedo solo scatoloni –
Tornò a guardarsi attorno mentre Marta rovistava e lì, in un angolo, vide una piccola scatola di plastica, giallo e nera, con tanti cassettini.
  • Questa è una scatola degli attrezzi , all’apparenza  – disse – vediamo se ci sono –
Marta si voltò, mentre lui si abbassò per prenderla. – Si, credo sia quella – aggiunse.
Aprì i vari scompartimenti fino a quando non trovò una scatolina con piccoli cacciaviti di precisione. – Fantastico – esclamò soddisfatto
  • Trovato? – disse Marta orgogliosa
  • Si, credo proprio di si –  li prese e richiuse la cassetta.

Riappoggiandola al muro, notò un vicino scatolone semiaperto dove si intravedevano numerosi DVD ordinati. Film. Lesse… Blade Runner, Ritorno al Futuro… vari altri

  • Quanti CD! – esclamò
  • Lì? – disse Marta con un sorriso luminoso – sono miei, sono sempre stata sempre appassionata di film… poi ecco… sono finiti qui – aggiunse ridendo
Istintivamente Marco allungò la mano, aprì lo scatolone e cominciò a guardarli.
  • Caspita, tutti tuoi? E’ una bella collezione… –
  • Si… ho fatto un periodo che ne guardavo e compravo molti… compravo i più interessanti… –
Marco si fermò, mentre muoveva e cominciava a rimetterli dentro ne notò uno… non resistette.
  • Film davvero interessanti – esclamò mostrando un DVD con una donna distesa su una specie di letto rosso… legata… senza nessun vestito, solo sensualissimi tacchi neri.
    Histoire d’O.
    Marta vide l’immagine, il DVD tra le dita di Marco e arrossì. Non rispose. Imbarazzata aggiunse quasi scherzando: – Beh… un film d’autore… –
  • Certo… – rispose Marco sorridendo, teso. Sotto quel DVD tuttavia ne vide un altro, certamente non così erotico, ma più spinto. – Vedo anche altri … non d’autore – aggiunse pentendosene subito.
    Marta restò in silenzio. Ferma.
  • Hai il cacciavite, no? – disse improvvisamente in modo secco.
    Marco incassò e fece per riporre, poi mise la mano nello scatolone e ne estrasse un altro paio.
  • Me li presti? – scherzò – non li ho mai visti –
  • Non ci credo – sorrise Marta ancora tesa
  • No certo… è capitato… – rise Marco e la guardò. Così ferma di fronte a lui. Anche in abiti così semplici era così bella. Così bella e sensuale. Poteva scorgere i seni, la forma delle gambe. Fece un passo avanti, verso di lei. Non pensava di averne il coraggio. Lo stava facendo.
  • Che fai? – chiese Marta spaventata, arretrando,
Marco le si avvicinò. Molto. Uno di fronte all’altro. Lei appoggiò una mano sul petto di lui, come per spingerlo via, d’istinto. Ma era un gesto forte e si pentì. La mano restò così a metà, sul petto di lui. E non potè non sentire il cuore battere. E i muscoli, così tesi. Lui prese il polso e le tenne la mano sul petto. Si guardarono.
Marta sentiva. Vedeva il desiderio di lui, non voleva, ma quella mano era una sensazione forte. Quella penombra, quegli occhi chiari. Sentiva il caldo crescere: secondi che durarono minuti. – No… ti prego – lei sussurrò incerta, mentre il suo corpo sembrava sussultare.
Ma Marco, Marco si era spinto troppo in là. Non era preparato, non sapeva che fare. Non voleva frenarsi. Accompagnò la mano di lei con forza spingendola in alto contro gli scaffali tenendola ferma.
Lei provò a resistere, per un attimo, ma era così forte. Quella stretta. E poi sentì l’altra mano. Mentre Marco cercava le sue labbra e lei spostava la bocca, torcendo il collo, senza dire una parola… ecco, la mano. Una mano così che scivolò tra le gambe, premendo. Esplorando. Le dita forti, sulla stoffa, cominciavano a premere. E lei sentì un calore forte. Un’eccitazione intensa. Provò a reagire, ma tutto quello che riuscì a fare fu dire un altro ‘no’, timido, insicuro, mentre sentiva la mano di Marco trovare la via della pelle. I leggins si allargarono. Un nuovo, timido, ‘no’, uscì come un gemito.
Ora le dita erano lì, a farsi strada sulla pelle liscia. Calda. E più in giù, avrebbe scoperto, umida.
Si stava bagnando. Marta lo sentiva. Il suo evitare i baci era sempre più debole, le sue braccia meno decise. Attendeva quel dito. Quel contatto. La cercava. I leggins erano scesi, tentava di rimetterli, senza convenzione, ma quando sentì il dito sfiorarla, passare rapido sulle labbra, gemette e lasciò che le bocche si unissero per un attimo. Fu intensissimo… la mano che usava per proteggersi si fermò e il dito di Marco scivolò, sentendo il piacere. Così disarmata sentiva ad ogni movimento colare i propri umori.
Sentiva colare il liquido sulla stoffa dei leggins, sul dito di Marco che ora la baciava ovunque.
  • Ti piace… – sussurrò lui – senti come ti stai bagnando … –
Non vi fu risposta. La risposta stava tra le dita di lui. In tutto quel caldo liquido che stava colando. Come poche volte. E gemette. Un gemito più forte di un si.
Marco non la stringeva più, l’accarezzava. Le sollevava la maglietta, i seni liberi, i capezzoli tesi. Con una mano le esplorava la pelle, mentre l’altra continuava a torturarla tra le cosce socchiuse.
Appoggiò incautamente le mani sulla schiena di Marco senza stringerlo, ma lasciandosi andare. Si abbandonò così, i leggins e le mutandine abbassate al ginocchio.
Fu allora che Marco prendendo una sua mano la guidò, davanti, sui pantaloni. E fu lì che lei potè sentire quanto forte era l’eccitazione di lui, stretto nella stoffa. Duro. Era un invito a slacciare la cintura. Non sapeva perchè, non sapeva perchè non avesse esitato, perchè non si fosse fermata, ma le sue mani avanzavano da sole, e mentre  apriva un bottone dopo l’altro, sentiva la voglia salire. Sentiva le dita premere contro di lui. Abbassando appena, liberando i pantaloni, lo sentiva premere contro l’elastico degli slip. Farlo uscire fu un attimo e sentì la punta, umida, sulle dita. La sfiorò. Era caldo. Con due dita lo esplorò. Così duro. Lo avvolse con la mano e lo mosse. Le piaceva, così gonfio. Marco le era dentro con due dita, le muoveva, mentre con l’altra mano le stringeva i seni. Era fradicia, tantissimo. Quando lui sfilò le dita, sentì gocce colare. Sentiva le sue dita umide sfiorarle la pelle, sul collo… gliele spinse in bocca, interrompendo un lungo bacio.
Le lasciò entrare. Le strinse un po’ tra le labbra. Le piacque accarezzarle con la lingua. Godeva.
La voce di Marco schioccò come una frusta, all’improvviso.
  • Succhialo –  sussurrò deciso
Si senti spingere giù, in ginocchio. Quasi cadde, imbrigliata nei leggins abbassati, toccò con la pelle nuda il freddo pavimento. Ma Marco era eccitatissimo, impaziente e non appena fu in equilibrio senti sbattere sul viso il suo cazzo durissimo. Non aveva scelta: l’aveva sentito umido sulle labbra, spingere, entrare e in un attimo era già in bocca. Si muoveva. Non poteva arrestarlo con la lingua, non con le mani. Marco le teneva i polsi stretti, alti, sopra la testa, come fossero legati. E le scopava la bocca. Si: le scopava la bocca, muovendo il bacino e lei non poteva far altro che socchiuderla, tentava di stringerlo un po’… ma affondava, si sfilava, le sporcava il viso. La sbatteva. Si sentiva fradicia. La voglia era davvero cresciuta. Si sentiva eccitata. Sentiva il corpo di lui, il suo profumo, i suoi odori, la sua pelle.
La spinse a terra. Interrompendo il ritmo. La gettò in avanti. Scivolò quasi. I suoi seni dondolarono, mise le mani avanti per non cadere e si appoggiò al pavimento. Ma lui le fu subito sopra. La maglietta si strappò… non del tutto, ma gliela aprì per stringere i seni. Le allargò le cosce, i leggins resistevano, era scomoda. Ma il suo cazzo, così duro, premette su di lei. Era fradicia. Lo sentiva, lo stava accogliendo. Non sapeva resistere. Gemette quando lo sentì entrare, quando senti le labbra allargarsi, calde, umide. Gemette, ma non per dolore. Per il piacere intenso che la penetrazione le provocò. Sentì il membro scivolare fino in fondo: lo sentì entrare ed uscire. Sbattere.
Stava per venire. Tremò leggermente, sotto i colpi decisi. Godeva intensamente.
  • Sei una troia – le sussurrò Marco
La stava offendendo. Mentre se la scopava. Sentiva rabbia, ma dannatamente piacere. In quella parola, in quel momento sentiva un piacere crescere, inebriante, come mai prima. Le scappò un gemito profondo.
  • Pensa come ti sto scopando – aggiunse sussurrando Marco – sul pavimento della tua cantina… seminuda … e guarda come stai godendo – aggiunse ansimando
Marta sentiva il suo piacere. Stava esplodendo. Era tutto vero quello che le diceva: sentiva gli umori colare lungo le sue cosce. Ormai, ritmicamente, la sua voce accompagnava con un gemito ogni colpo che Marco le dava, così profondo e intenso.
Cominciò a sentire fremere il corpo. Le braccia cedettero e si accasciò, ma Marco continuava ad entrare e uscire con forza, toccando il suo corpo, muovendosi tra il suo seno e il culo con le mani forti. Urlò, per un istante, quel che bastò a Marco per aumentare il ritmo. Non resisteva: urlò ancora, abbandonandosi al piacere, poi si distese, mentre il suo corpo era scosso da fremiti. Fu un piacere intenso e lunghissimo, da cui non ebbe tregua. Il cazzo continuava a scoparla e lei si sentiva in trance. Venne più volte. Con il corpo sul pavimento, nudo. Solo quando sentì il primo fiotto capì. Marco fu veloce ad estrarlo e sentì il calore, a scatti, colare con gocce e schizzi sulla pelle dei glutei.
Così successe quel giorno.
Lentamente, in silenzio, entrambi si rivestirono. Timidamente, insicuri. Senza una parola.
Marta si ricompose, salì le scale e Marco la seguì. Poi lei, nervosamente si diresse, in cucina, lui nello studio. In silenzio.
Preparava la cena, per sè. Non sapeva che fare. A disagio, nei suoi pensieri.
Un rumore. Marco si affacciò alla porta e lei non disse nulla. Si guardarono.
  • Serve un pezzo che è rotto – disse lui in tono freddo
Marta restò in silenzio.
  • Ripasso domattina – aggiunse lui – dovrei averlo a casa –
Lei sussultò, non sapeva cosa dire, spaventata. Cosa poteva rispondere.
  • Qui c’è il mio numero – disse lui – nel caso tu pensi sia meglio lasciar stare – E appoggiò sul tavolo un biglietto da visita –
  • E’ stato un momento… – precisò lei – una sbandata – E come a fuggire, si rimise a sistemare la cena.
Marco si avvicinò. Lei si ritrasse. Lui l’afferrò con forza. La girò. La spinse giù. Ancora. E lei si abbandonò. Vide calare i pantaloni, veloci. Lo prese in bocca e tornò ad assaporarne il gusto. Si stava eccitando ancora. Lo sentì esplodere. Un getto leggero.
  • E’ la tua risposta penso – disse Marco, risistemandosi
  • Preparami il caffè per le 8, domattina – aggiunse – E stasera voglio che mi invii le foto di come ti vestirai per me domani –
Marta rimase così. Senza parole. Eccitata in ginocchio. Lo guardò uscire.
Quando la porta si chiuse, sfiorò i leggins, premette.
Poi andò a farsi una doccia.

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