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La casa nell’uliveto.

By 15 Febbraio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Ovidio: ‘Ciò che è lecito non da piacere, quello che è proibito infiamma’

Capitolo primo: Un’ombra si aggira nella notte.

Nel 1930, il fascismo aveva portato una trasformazione radicale nella vita di tutti gli abitanti del nostro paese. Era un regime totalizzante e toccava ogni aspetto della nostra vita quotidiana, la scuola, la famiglia e il lavoro.

All’epoca frequentavo il primo anno dell’O.N.B. (opera nazionale balilla), l’attuale terza elementare.

Per raggiungere la scuola percorrevo a piedi, ogni giorno, quattro chilometri, due all’andata e due al ritorno, perché abitavo in una zona periferica, dimenticata persino dagli stessi abitanti del villaggio.

La mia famiglia era contadina e di umili condizioni economiche. Papà era un bracciante che lavorava la terra concessagli in mezzadria, un uliveto di proprietà del Marchese Pinanco (nome di fantasia). La nostra casa era in mezzo all’uliveto, nella porzione più alta.

Quell’anno, avevo appena otto anni e condividevo la camera da letto con mia sorella Anna, un’adolescente di quindici anni.

In quel periodo, a causa dell’episodio che vi racconterò, mi sono trovato a dover ragionare su certi comportamenti, tenuti degli adulti, che ancora non comprendevo.

Tutto ebbe inizio nei primi giorni di settembre del 1930, quando verso le tre di notte fui testimone di alcuni fatti misteriosi che avvenivano nella mia camera e che suscitarono la mia curiosità di conoscere la verità.

In piena oscurità fui svegliato dallo stridio dei cardini della porta di legno, che aprendosi rompeva il silenzio della notte.

Da piccolo ero capace di riconoscere i miei genitori e Anna, anche senza vederli.
Mi bastava sentire il loro odore.
La puzza di sudore caratterizzava gli effluivi che emanava il corpo di papà. Mentre quello di Anna e mamma spandeva una dolce fragranza, che ricordava la lavanda.

La prima volta che avevo visto l’ombra entrare nella camera da letto, che condividevo con Anna, non mi aveva spaventato, perché sapevo chi era.
La sua identità faceva venir meno la paura del buio, ma quello che non capivo era la ragione della sua visita in quella stanza, e per quale motivo entrava come un ladro, dirigendosi verso il letto di Anna.

Dopo alcuni minuti che era entrata, si sentiva lo scricchiolio delle stecche di legno del letto di Anna, che sfregando sulle spranghe di ferro, emettevano un cigolio ripetitivo e costante.
In quei lunghi minuti percepivo dei lievi singulti emessi da Anna, mentre l’ombra grugniva come un maiale.

Anna, in quegli istanti, per quanto si sforzava di controllare le proprie emozioni, non riusciva a trattenere i gemiti, che aleggiavano in camera come dei latrati di cane.

I rumori, prima che finissero, diventavano sempre più forti e poi all’improvviso si placavano. L’ombra smetteva di grugnire e prendeva a guaire come un cane.
Subito dopo, in silenzio, l’ombra si alzava furtivamente uscendo veloce dalla stanza. Una cosa che mi aveva colpito in quegli istanti, era il forte odore che proveniva dal letto di Anna. Anni dopo, nell’età dello sviluppo, scoprì che era l’odore della sborra.

Avevo assistito a quei fatti misteriosi, in silenzio, per parecchie notti. Un giorno, decisi di raccontare tutto alla mamma.
Lei mi ascoltò senza batter ciglio, poi disse che erano fantasie di un bambino che aveva sognato.
Provai ad insistere, a convincerla che l’ombra era una cosa reale; lei continuava ad ignorare le mie parole, proseguendo con indifferenza nelle faccende di casa.
Scoraggiato per il suo disinteresse, in un impeto d’ira gli urlai che l’ombra era papà.
L’espressione di distaccato del suo viso cedette e reagendo alle mie parole contrasse le mani, così tanto che si aprirono lasciando cadere un piatto a terra. Mi guardò con uno sguardo quasi indignato.

‘E’ un sogno! Tesoro è solo un sogno! Hai capito?
‘Si!

Quella riposta non mi convinse molto, perché la curiosità di sapere che cosa facesse papà con Anna diventò ancora più molesta, come un tarlo; una fissazione che mi tormentava la mente. Così cominciai a spiare Anna e papà per cercare di capire.
Papà sembrava una statua di marmo e non lasciava trasparire alcun’emozione. Anna invece era sempre più premurosa verso di lui, come se gli fosse devota per le sue attenzioni notturne.

Dopo aver parlato con la mamma, stranamente, notai che l’ombra aveva smesso di venire in camera a far visita ad Anna.

Quel pensiero, comunque, era entrato nella mia testa come un chiodo fisso. Diventai più guardingo, cercando di interpretare l’atteggiamento di mamma, papà e Anna.

Un giorno, mentre stavo giocando sotto la finestra della cucina, intento ad intarsiare un pezzo di legno, sento la voce della mamma, arrabbiata, che inveisce contro papà. Anna in quell’istante era nella stalla a governare gli animali.

‘Sei una testa di cazzo! Ti rendi conto che Tommaso ti ha sentito entrare in camera sua! Ha anche sentito mentre ti scopavi quella cretina di tua figlia!
‘Erano le tre di notte e mi pareva che dormisse sodo!
‘Evidentemente hai fatto casino! Come al solito!
‘Non è la prima volta che vado a trovarla!
‘Si! Ma gli altri giorni ci andavi al mattino, quando lui era a scuola! Ma che cazzo ti ha preso! Poteva scoprire quello che facevi con sua sorella!
‘Avevo voglia di scopare! Cazzo! Tra noi c’è un accordo? Io non ti rompo le palle fino a quando scopo con lei! Mi sono trovato alle tre di notte con il cazzo duro! L’impulso di chiavare era così forte che non ho resistito! Così sono andato da lei a sfogarmi!
‘potevi farti una sega!
‘A me non piace soddisfarmi con le seghe! Quando ho la possibilità di chiavare!
‘sei un animale! Cazzo ma sei proprio un maniaco! Ti devi controllare! Potevi andare nella stalla e scoparti l’asina! Mi pare che tu l’abbia hai già fatto?
‘Si! lo facevo prima, quando tu non mi davi la figa! Ma ora, da quando mi scopo Anna, se permetti preferisco lei all’asina!
‘Adesso la finisci di andare in camera sua! Se devi chiavare, fallo in campagna! Qui è meglio che gli giri a largo! Hai capito?
‘Va bene! Va bene!
‘E vedi di fare attenzione a non metterla incinta!
‘Si!

Quelle parole all’epoca mi sembravano senza senso. La mamma sapeva quello che succedeva la notte in camera di Anna.
Tuttavia mi chiedevo che cosa facessero papa e Anna? E perché Anna rischiava di restare incinta? Il mistero si stava infittendo, come la mia curiosità.

Un pomeriggio del mese di ottobre. Dopo aver pranzato. Dissi alla mamma che sarei andato al ruscello, a caccia di rane.

‘Tommaso, mi raccomando! Fai attenzione! Stai attento a non cadere in acqua!
‘Si mamma!

Papà e Anna erano andati alla tenuta dell’uliveto, in località la rupe. Dovevano preparare i teli per la raccolta delle olive. La settimana successiva sarebbero giunti gli aiutanti.

Così, invece di andare al ruscello, appena uscito dalla sua visuale, ho imboccato la mulattiera che portava alla rupe.
Dovevo coprire un chilometro abbondante. Di buona lena mi misi a camminare veloce e, in alcuni tratti, anche a correre. Dopo venti minuti arrivai sul posto.
Fu il desiderio di conoscere la verità che mi portò laggiù, come un ladro, in incognita. Volevo spiare per scoprire il segreto che legava Anna a papà, capire che cosa facesse con lei, durante le visite notturne in camera nostra.

Trovai un punto di osservazione perfetto. Mi ero messo defilato, dietro alti arbusti.
Notai il carro e l’asina, che stava rodendo l’erba secca. Anna e papà, erano intenti a stendere i teli. Li osservai per circa mezzora, senza che succedesse nulla.

Ad un tratto scorgo papà che si tira fuori il cazzo e inizia a pisciare.
Il gesto sarebbe stato un atto naturale, ma quello che lo rese scandaloso fu che lo fece alla presenza di Anna.
Anna, senza scomporsi, guardò il cazzo di papà, sorridendo stupidamente. Quel gesto non l’aveva per niente impressionata. Anzi sembrava che fosse abituata a vederlo.

Lo scenario che seguì fu ancora più sconvolgente.

All’epoca le donne portavano gonne lunghissime, che arrivavano fino ai piedi. Anna, con disinvoltura, si alzò la gonna e si abbassò i mutandoni giù, fino ai piedi. Poi si chinò sul terreno a pisciare, con le gambe spalancate davanti a papà.

Papà, divertito da quell’atto sfacciato, invece di rimettersi dentro il cazzo, si fermò a fissare Anna e la sua figa pelosa, dalla quale usciva uno scroscio di urina, come una cascata.
Nello stesso istante, notai che la sua mano cingeva il grosso cazzo, come l’elsa di una spada, ed iniziava a muoversi lentamente lungo l’asta.
Rimasi colpito da quell0 atto osceno. Inoltre, notai che il cazzo di papà, stimolato da quel gesto, stava diventando lungo e grosso.
Anna, nonostante avesse finito di pisciare, se ne stava accosciata sul terreno, come una rana, con le gambe aperte, ostentando divertita la sua figa pelosa allo sguardo allucinato di papà. Anzi, con una mano si accarezzava il pelo nero in modo lascivo, separando le piccole labbra.

Anna e papà, continuarono per un po ad osservarsi, senza distogliere lo sguardo, intanto che le loro mani si muovevano frenetiche nelle parti intime.
Papà, ad un tratto, con il cazzo che spuntava oscenamente dai suoi pantaloni, si avvicina a Anna e l’aiuta ad alzarsi in piedi.

Anna, tirandosi su, lascia i mutandoni calati attorno alle caviglie, e mentre si tiene sollevata la gonna, con una mano continua ad accarezzarsi la fica.

Le gambe erano pallide come neve ed erano coperte da lunghe calze di lana nere, tenute su con elastici allacciati a metà coscia.

Papà, muovendo solo il capo, la scrutava, dalla punta dei piedi fino alla testa, poi si mosse veloce verso di lei, agguantandola dai fianchi, e quindi se la strinse con forza a se, incuneando il grosso cazzo tra le sue candide cosce.
Iniziò a baciarla con foga, sul collo, sul petto e sulla bocca, mentre le sue mani scendevano giù, ghermendo le natiche bianche ed impastandole con forza; sembrava che le dita affondassero nella tenera pelle.
Anna, in quei momenti, teneva la testa appoggiata sul petto di papà, lasciando libertà all’azione frenetica di papà, che continuava ad accarezzare e toccare il culo e le gambe. Anna, non era neutrale, anche lei partecipava a sua volta, con il movimento delle anche verso di lui, stimolando il grosso cazzo che era sparito tra le cosce.
Dopo alcuni atti ondulatori, si pose di fianco a papà, gli afferrò il pene e lo agitò in tutta la lunghezza, lentamente, spostando solo il polso.
Più tardi, imparai con mio gaudio che si trattava di una pugnetta.

Papà, stimolato dalla mano di Anna, si dimena per alcuni istanti, poi ferma la sua azione, gli afferra una spalla e la costringe a rannicchiarsi a terra, come una pecora.
La fissò come un lupo affamato, quindi gli va dietro, gli alzò la lunga gonna, spingendola oltre i fianchi, fino a scoprire un sedere bianco e rotondo.
Lo scruta ancora per alcuni secondi, scaricando la brama che gli bruciava dentro con forti colpi di mano sul cazzo. Si lasciò cadere sulle ginocchia, dietro di lei, quindi si avvicinò con il bacino verso le natiche candide di Anna.
Proprio in quel frangente intravedi la punta rotonda del suo grosso cazzo che sparisce tra i glutei di Anna. Papà, assunta la giusta posizione voluta, si accostò ulteriormente fino a farlo sparire completamente dentro lo scoscio peloso.
Non ero molto distante, perciò lo vidi bene, mentre lo infilava dentro quella nicchia nera. Subito dopo mi giunsero le loro voci concitate.

‘Mmmmmmm si papà mmmmmm ficcamelo tutto dentro mmmmm è bello!
‘Anna mmm hai un culo come quello delle prostitute! Ne ho visti tanti al bordello a Firenze? Anzi il tuo è più bello! mmm
‘Si papà! Scopami! Mi piace sentire il tuo cazzo nella fica mmmmmm Scopami come facevi con le puttane!
‘Sei un dono prezioso! tesoro! E pensare che fino a due mesi fa per scopare dovevo andare a Firenze, dalle prostitute del bordello! Mmmm
‘la mamma mi ha detto che soffrivi! Mi ha chiesto di farlo per te! Ti confesso che mi piace molto anche a me! E lo faccio volentieri!mmmm Perché non vieni più la notte a chiavarmi in camera? Mm
‘Tesoro, non possiamo più chiavarti in camera! Tommaso ci ha sentito! Ha detto tutto a tua madre!
‘O madonna! E mo?
‘Chiaviamo qui! O a casa quando lui è a scuola mmmm Anna Anna mmmm sto godendo mmm
‘mmmm si papà mmmm anche io mmm ficca ficca più forte mmmmm

Vedevo papà che si muoveva esagitato dietro il culo di Anna, facendo leva sulle sue ginocchia, mentre lei, come una pecora, gemeva con forti acuti, in risposta ad ogni affondo di papà. Mi spostai i pantaloncini per guardare il mio cazzo.
Ero incuriosito, anche io avevo un cazzo, ma era ancora piccolo, mentre quello di papà era grande e grosso.
All’epoca mi sembrava strano vedere papà ficcare il suo pene tra le cosce di Anna.

Tuttavia la mia curiosità non fu ancora appagata, perché non capiva il motivo che spingeva papà ad infilare il suo grosso cazzo in mezzo alle gambe di Anna; perché si muoveva e perché Anna si lamentavano in quel modo.

Anna iniziò a latrare come una cagna, un singulto simile a quello che emetteva nella notte, quando papà veniva a trovarla, ma stavolta i gemiti avevano una tonalità più alta. Papà grugniva come un maiale e aumentava gli affondi man mano che il tempo incalzava, imprimendo più forza al movimento del suo bacino.
La scena mi ricordava quello del cane pastore Buck, quando si attaccava alle natiche di Laika, una cagnetta bastarda.

Mia sorella, infatti, era piegata in avanti come Laika, e papà la montava da dietro, come faceva Buck.
Anna, in quei momenti, se ne stava rannicchiata, con la testa insaccata nelle braccia, poggiate con i gomiti al suolo, sembrava che pregasse, muoveva a scatti il sedere indietro, urtando contro il corpo di papà.
Papà, invece, spostava il bacino in avanti; e tenendola ferma dai fianchi, si muoveva veloce verso Anna, alternando una serie di rapidi colpi, con affondi secchi e profondi.

Ad un tratto sento un urlo di papà:

‘Anna mmmm sto per sborrare mmmm non ce la faccio più!
‘mmm papà sto godendo mmmm non fermarti mmmm
‘Lo sento Anna! Lo sento mmmmmm to to to mmmm

Papà si aggrappò dai fianchi stretti di Anna e, appiccicandosi al suo sedere, iniziò a tremare come se fosse stato investito da una scossa elettrica. Poi sento la voce sconvolta di Anna.

‘Madonna! Papà sei venuto dentro!
‘Porco Cane! No! E mo?
‘E mo? Speriamo che non s’ingrossi la pancia! Sarebbe una tragedia!

Papà scattò in piedi. Il suo cazzo era ancora duro. Muovendosi lo faceva oscillare in aria, come la coda di un cane, e brillava alla luce del sole, come se fosse bagnato. Dalla figa di Anna scendeva un liquido bianco, che gocciolando cadeva sul telo.
Papà era agitato, quindi prese il fazzoletto che teneva legato attorno al collo e cominciò a pulire la figa. Addirittura costrinse Anna a chinarsi come una rana, come se stesse pisciando, e la incitava a dare dei colpi verso il terreno.

‘Dai! Continua così! sta scendendo tutto! Mi sono distratto! Porca miseria!
‘papà speriamo! Sennò la mamma ci ammazza!

Erano preoccupati per qualcosa che, in quello istante, sinceramente non avevo capito; l’ho compreso alcuni mesi dopo, quando, vidi che quella la preoccupazione iniziava a concretizzarsi. Anna stava ingrossando il ventre.

Papà e mamma, in quel periodo, non facevano altro che litigare, costringendomi ad uscire di casa. Non volevano che sentissi quello che avevano da rinfacciarsi. Poi un giorno, nascosto sotto la finestra della cucina:

‘Lo sapevo che eri una testa di cazzo! Ti rendi conto! Hai messo incinta tua figlia! Come cazzo si fa ora? a giustificarlo agli occhi del paese? Solo a pensarci mi viene l’angoscia! E quella cretina non poteva staccarsi! Gli piace il cazzo? E ora è incinta!
‘io una soluzione ce l’avrei!
‘Anche io! La portiamo subito da quella strega di Matilde!
‘No! è pericoloso! Anna potrebbe anche morire! Ho pensato al figlio di Agostino lo storto! Sarebbe un marito perfetto!
‘Chi? Lo scemo?
‘Non la faccio abortire! Il figlio di Agostino è l’unico che potrebbe sposarla, sennò mi dici chi se la prenderebbe con il pancione?
‘Tutto questo non sarebbe successo se avessi tirato fuori il cazzo! Non dovevo fidarmi di te! Sei un animale!
‘E’ successo! Ora basta! Io vado a parlare con Agostino!

Alcuni giorni dopo ci fece visita Agostino lo storto con il figlio Angelo, un ragazzo semplice che i paesani trattavano ingiustamente come lo scemo del villaggio.
Come al solito fui costretto a uscire.

‘Compare Agostino! Ti domanderai perché sei qui?
‘Be si!
‘Tu hai un problema e noi pure! Insieme potremmo risolverli tutte e due!
‘Già – accarezzando la testa del figlio, che rideva senza capire quello che stava succedendo ‘ ma il vostro quale è?
‘Tre mesi fa, durante la raccolta delle olive, un aiutante ha approfittato di nostra figlia Anna!
‘Accidenti! Anna è stata compromessa e mo?
‘Già è un grosso guaio! Ma non è il solo! E’ rimasta anche incinta! E sai bene come finiscono certe disgrazie!
‘Caspita! E già, i paesani fanno presto a dire che tua figlia è una puttana! Lo so come finiscono certe cose! Anche mio figlio è vittima della maldicenza del paese! E voi sapete che è un gran lavoratore! Anche se è un ragazzo semplice!
‘Lo so compare! Lo so! Io una soluzione l’avrei! Con il vostro consenso!

Agostino alzò gli occhi, e sì mese in posa di ascolto delle parole di papà.

‘Maritiamo i nostri figli! Prendo tuo figlio in casa e lo tratto come se fosse il mio! Cosa ne pensate?

Agostino guardò suo figlio. Lo accarezzò con dolcezza. Una moglie per suo figlio? Lo avrebbe riabilitato davanti agli occhi dei paesani. Anna era una bella ragazza; Angelo sarebbe stato invidiato dagli uomini del paese. Dopo alcuni minuti di silenzio:

‘Accetto la vostra proposta! E vi confesso che, anche se Anna non è più illibata, la vostra offerta mi fa molto piacere ed è un onere concedere mio figlio a vostra figlia!

Si accordarono sulla data del matrimonio, fissandola prima che la pancia di Anna si manifestasse palesemente agli occhi dei paesani.

Dopo il matrimonio, ho dovuto lasciare la stanza da letto, poiché divenne l’alcova di Anna e Angelo.

Anna partorì una bambina che fu chiamata Teresa, come la mamma. Papà, dopo il parto, riprese nuovamente la tresca con lei; non era cambiato nulla.
Angelo era un marito perfetto, perché la sua ingenuità permetteva a papà di approfittarne per fare i suoi porci comodi con Anna. Infatti, quando Angelo non era a casa, papà abusava di lei in ogni angolo della casa.
Anna rimase ancora incinta, e partorì altre due bambine, Agnese e Maria, tra queste, credo, che Agnese fosse la figlia di Angelo, perché era bionda con gli occhi azzurri come lui.

Nel 1941, all’età di diciannove anni, cominciai ad interessarmi ad Anna. La mamma, per evitare un eventuale conflitto d’interessi tra me e papà, cercò di convincermi a stare lontano da lei; ci riuscì, per un breve periodo, solo prendendo il suo posto’.

Continua….. la seconda parte si intitola: Una mamma comprensiva (vi lascio immaginare come)

Guzzon59

Così va la vita.

Il secondo capitolo è già pubblicato sul mio blog:
http://raccontieroticidiguzzon59.blogspot.it/2013/02/la-casa-nelluliveto-una-mamma.html?zx=6cc12d9db9838860
Ovidio:”Casta è solo colei cui nessuno ha mai fatto proposte oscene”

All’età di diciannove anni, iniziai ad avere i primi rapporti sessuali con le donne. Ero inquadrato nei giovani fascisti. Durante le adunate, che facevamo a Firenze, con un mio amico fraterno frequentavo le case di tolleranza.
La sua famiglia era potente e per questo, prima di compiere i ventuno anni, riuscì a farmi entrare nei bordelli.
L’esperienza acquisita nelle case chiuse, e il piacere che ottenevo dalle prostitute, cominciò a farmi apprezzare le donne, soprattutto quelle di facili costumi, la loro generosa missione nel dispensare senza alcun limite, il piacere agli uomini. Così quando ero a casa iniziai a guardare Anna con occhi diversi. Mi appariva come una donna sensuale, spregiudicata e conturbante, non diversa dalle puttane che avevo frequentato. A venti cinque anni aveva tenuto un fisico magro, nonostante le gravidanze patite, anzi i parti gli avevano aumentato splendidamente il volume delle tette e del culo, piacevoli a guardarsi. Inoltre m’infastidiva l’idea che fosse solo papà a godersi le sue grazie.

L’interesse morboso per lei era esploso già all’età dell’adolescenza. In quel periodo cominciai a capire il tipo di rapporto che c’era tra Anna e papà, quindi, mi resi conto che anche la mia sessualità era trasgressiva ed incestuosa, come la sua.
Le volte che la sorprendevo in atteggiamenti maliziosi, o mezza svestita, mi eccitavo subito. L’impulso di masturbarmi era così forte che dovevo correre nei campi a sfogare quell’energia incontenibile, che non dava tregua ai miei sensi.

Nel 1941 la mamma si era accorto dell’interesse morboso che nutrivo per Anna e anche l’atteggiamento civettuolo di lei, compiacente di quelle attenzioni.
Così, una mattina, preoccupata per le conseguenze funeste che potevano scaturire da quelle attenzioni innaturali, mi diffidò a prendere le distanze da Anna. Una mattina nella stalla:

‘Tommaso! Smettila di giocare con il fuoco! La devi finire di guardare tua sorella come una puttana di bordello! L’ho capito che stai escogitando un piano per scopartela! Hai la tua puttana in paese e sfogati con lei!

La guardai basito. La mamma sapeva che frequentavo Teresa, la puttana del paese, una vedova che si manteneva facendo le marchette. Fu la prima volta che si rivolgeva a me con quel linguaggio così triviale.

‘Non fingere di non capire! Sai benissimo di cosa sto parlando!Anna è l’amante di tuo padre!
‘Certo che lo so! E sapevo che tu eri anche condiscendente!
‘Bene questo facilita il mio compito! Non voglio che per colpa dei tuoi impulsi sessuali, che la tua giovane età non controlla, ti metti contro tuo padre! No so come la prenderebbe se cominciasse a sospettare che quella troia di tua sorella è cedevole alla tue lusinghe!
‘Be! Visto che parliamo francamente! Mi dici perché io dovrei rinunciare ad Anna, mentre lui ne ha abusato da anni?
‘Non ha abusato mai di lei! Anna è sempre stata consenziente! Rassegnati! Tuo padre è molto geloso, lui è vecchio e ha le fisime, perché ha paura che Anna, prima o poi, lo lasci, e non vorrei che avvenisse per colpa tua!
‘Ti posso fare una domanda?
‘si!
‘Perché hai smesso di far sesso con papà? E perché hai lasciato che Anna e papà si mettessero insieme? è un dilemma che mi ha tormentato per anni!
‘Va bene! è giusto che tu sappia la verità! Ti voglio raccontare com’è cominciata questa storia! Visto che siamo in vena di confidenze!
‘Ti ascolto!
‘Venti anni fa ero l’amante del Marchese.

Colpito e affondato. Non avevo mai pensato che la mamma fosse una troia.

Lo so cosa stai pesando! che non sono molto diversa dalle donne che frequenti nei bordelli! In ogni modo, al vecchio porco gli piacevano le donne giovani. Mi fece una corte sfacciata, poi, una mattina, si presentò in casa e mi prese. Pensai che sarebbe finita lì. Mi sbagliavo. In seguito, prese l’abitudine a venire tutte le mattine, ed io ho dovuto cedere alle sue brame, anche per non compromettere la concessione della mezzadria. I primi tempi era lui a venire in casa, ma poi m’impose di raggiungerlo alla sua villa. Col passare degli anni diventò possessivo, mi voleva solo per lui, così un giorno mi ordinò di smettere di andare con tuo padre. Diceva che gli faceva schifo sentire sul mio corpo il suo lezzo! Mi ordinò di smettere di avere rapporti con lui, perché altrimenti avrebbe interrotto la relazione. Capì che era in pericolo la sicurezza della nostra famiglia. Così una sera confessai il tradimento a tuo padre. Lui si arrabbiò come un toro inferocito e stava quasi per picchiarmi. Ma si bloccò all’istante, quando gli ricordai che la terra e la casa erano di proprietà del Marchese. Non potevamo rischiare di perdere tutto. Alla fine si rassegnò al suo destino di cornuto ed accettò le condizioni del Marchese. Così la sera, invece di venire a letto con me, andava a dormire nella stalla. Tuo padre era ancora giovane e virile, quindi ebbe molte difficoltà a tenere a bada i propri bollenti spiriti. Così, iniziò a frequentare le puttane del bordello. Col tempo i vizi si rivelarono esosi per le nostre finanze. Intanto Anna si era sviluppata, diventando una ragazza avvenente e con tutti gli attributi femminili giusti. Tuo padre, affamato com’era di figa, la notò subito e cominciò a guardarla con occhi libidinosi. Una mattina l’ho sorpreso, mentre si masturbava spiando tua sorella in camera sua. Quella circostanza mi fece venire un’idea brillante per risolvere il problema delle spese. Pensai che se lui avesse sfogato i suoi istinti con Anna avremmo risparmiato i soldi del bordello. Così fu! Quella soluzione mi tolse anche un peso, perché mi consentiva di continuare a incontrarmi con il Marchese senza sensi di colpa, visto che anche tuo padre in un certo senso mi tradiva.
‘Come mai Anna ha accettato una proposta così indecente, e senza batter ciglio?
‘In pratica avevo sfondato una porta aperta! Perché tua sorella, nella fase dello sviluppo, aveva maturato una attitudine esagerata al sesso. Un giorno l’ho trovata in camera sua, mentre si stava stimolando la figa con un cetriolo, molto voluminoso, ficcato interamente nella vagina. Pensai che un cazzo vero l’avrebbe soddisfatta meglio dandogli più piacere. Infatti, quando gli ho proposto la mia idea incestuosa, non ha esitato nemmeno un minuto, era entusiasta a tal punto che raggiunse subito tuo padre nella stalla. Dopo tre ore abbondanti rientrò a casa cantando come un usignolo. Tuo padre invece era completamente distrutto, mi confidò di essersi scontrato contro un violento uragano. Ad Anna gli era piaciuto così tanto che nei giorni successivi, incontentabile e vogliosa, si era accanita come una grande troia. Una vera puttana di bordello. Non gli bastava mai.

Quella storia mi aveva stimolato i sensi. La personalità trasgressiva di Anna e della mamma mi avevano eccitato. Il cazzo si era ingrossato subito, pulsando voglioso nelle mutande. Mi venne un forte desiderio di scopare. Guardai la mamma con occhi libidinosi. Era ancora una donna piacente. Pensai al suo amante.

‘Il marchese è morto, quattro anni fa!
‘Si!
‘Sei ritornata con papà?
‘Tentai ma lui mi rifiutò categoricamente, rinfacciandomi che non ne volava più sapere di me! Ora c’era Anna che soddisfaceva le sue voglie, perché, di fatto, la considerava come una moglie!

Fissai mia madre. Era molto disinvolta nel parlare di argomenti di sesso e questo aspetto mi faceva girare la testa, quindi mi eccitai così tanto che iniziai a fissarla come uno stallone in procinto di saltare addosso alla sua giumenta. Avevo intuito che anche lei era di natura selvaggia e trasgressiva. Non avevo dubbi.

Riemersero i ricordi del passato, quando andavamo a trovare il Marchese. All’epoca si vestiva con abiti leggeri e profumava come una rosa. Le serve mi prendevano in custodia, mentre lei seguiva il Marchese nel suo eremo privato.

La guardai con ammirazione perché era ancora una splendida esemplare di quarantenne. Si era sposata giovanissima e aveva avuto Anna a soli quindici anni. Papà doveva essere un idiota ad ignorare una donna ancora piacente e sensuale come lei! Ostentava tuttora una bella presenza e le linee del corpo erano provocanti! Un vero schianto di femmina.

Quei pensieri mi scossero i nervi. Non riuscivo più a sopprimere un’idea che si stava insinuando come un tarlo dentro di me: Un desiderio osceno di possederla lì, nella paglia.

La mamma intanto mescolava il pastone dei maiali, e mi era impossibile ignorare il grosso seno.
Papà non la scopava da anni. Il marchese era morto. Mi chiedevo come facesse a soddisfare le sue voglie, in considerazione che era ancora una donna sensualmente attiva e nel pieno delle forze.

Stavo in piedi. La sua testa era esattamente all’altezza del mio grembo, con i capelli neri legati con un fazzoletto.
Serrava un bastone che usava come mestolo. Le sue tette si notavano perfettamente, voluminose e candide come la neve, così, mentre agitava il petto, a causa del vestito scollato, e del movimento delle braccia, si allargava svelando il suo contenuto conturbante.

La passione esplose nelle mie vene. Mi trovai eccitato e con il cazzo duro come la pietra. Mia madre mi aveva turbato i sensi. Il cazzo ebbe un sussulto impressionante.
Pulsava e spingeva duro come la roccia, nutrendosi dei pensieri libidinosi, che stavano alimentando un desiderio carnale immenso, anche per colpa di quell’inedita intimità, che si era creata tra noi.
Dentro di me alitava una brama cosi possente, che mi stava bruciando l’anima. Era lo stesso sentimento che sentivo, quando frequentavo il bordello.
Un giorno Elisa, la Maitresse del bordello, mi ha confessato che lei apparteneva a quel genere di donne dagli istinti fragili che, appena vedevano un cazzo grosso e duro, palpitargli davanti agli occhi, rimanevano ipnotizzate, lasciandosi sedurre dal suo potere virile.

Quelle parole mi rimbombavano nella mente. Così accadde che la ragione venne meno e tutto avvenne in pochi secondi, senza che potessi capire i meccanismi che mi avevano indotto a farlo.

Ho tirato fuori il cazzo, agitandolo borioso e duro davanti al suo viso.

‘Mamma!

Lei, sentendo la mia voce, alzò il capo e la cappella urtò contro una guancia, impregnandola di liquido seminale.
Appena lo vide, lo fissò intensamente, senza dire nulla. Poi mi guardò negli occhi.

‘Ti sei eccitato? ‘ guardò di nuovo il cazzo – sorrise in modo lascivo – ‘Perché no? Mi prometti che poi lasci in pace Anna?
‘Si!

Senza perdere di vista il cazzo, come ipnotizzata, gettò via il mestolo nel pastone dei maiali e si impossesso del mio.
La sua mano lo cinse con un tocco delicato, muovendo solo il polso per stimolarlo in tutta la sua lunghezza.

Iniziò a segarlo con foga, mentre mi fissava intensamente negli occhi per lunghi istanti, ostentando uno sguardo eccitato che mi faceva venire i brividi alla schiena.
Elisa aveva ragione, con quel gesto osceno avevo scoperto che mia madre apparteneva al genere di donna fragile o semplicemente troie.

Chissà cosa pensava, nel toccare un cazzo in carne, che vibrava voglioso nelle sue mani! Il Marchese era morto da quattro anni, era un lungo periodo di astinenza che andava colmato in fretta. Quell’idea mi faceva tremare le membra.

Da giovane fascista, durante le adunate in Firenze, frequentando i bordelli, avevo scoperto i lati più sensuali delle donne e alcune avevano pressappoco l’età di mia madre. Fu Elisa a svezzarmi, insegnandomi le tecniche più raffinate per far godere una donna, fu grazie a lei che apprezzai quelle mature, le più esperte, come la mamma.

Appena le labbra della bocca avvolsero l’intero corno, le gambe mi stavano quasi per cedere. Ero emozionato ed eccitato. La mamma si rivelò una brava pompinara, un’esperta a succhiarmi il cazzo. Mi stimolava in ogni parte. La sua bocca sembrava una calda ventosa che aspirava tutto, compresi i coglioni. Dovetti sedermi su un covone di fieno per cercare di controllare le forti emozioni, che mi facevano traballare la schiena, come un fuscello.
La mamma, che mi aveva seguito nella caduta, mi venne dietro e come una sanguisuga non perse il contatto con il mio cazzo; anzi, si era inginocchiato tra le mie gambe spalancate, continuando con accanimento a succhiare e a leccare l’uccello, senza trascurare alcun particolare. Lo faceva con molta forza. Sembrava in preda alla follia dei suoi desideri.
L’energia che imprimeva al pompino era tale che dovetti serrare le mani e stringere le fasce di fieno per non perdere i sensi. Avevo le vertigini, la schiena mi tremava tutta e sui lombi avvertivo delle sensazioni di vertigine.

‘Sei stato al bordello? Fammi vedere che cosa hai imparato?

Così dicendo, si tolse il vestito, si sfilò le mutande; sganciando il reggiseno espose due meravigliose e grosse tette bianche.
Fu la prima volta che potevo contemplarla completamente nuda e guardare il suo seno con intenzioni morbose.
Il suo spogliarello, come quelle delle puttane del bordello, mi aveva scaldato il sangue portandolo ad ebollizione estrema, come la lava di un vulcano.
Si tenne solo le lunghe calze di lana nere, tenute su con elastici fino a metà cosce, che esaltavano una pelle sublime e candida come la neve.

Tuttavia, quando, la vidi senza veli, per la sorpresa, dovetti deglutire e ingoiare la saliva con alcuni colpi di tosse. Le donne del bordello erano sensuali, ma lei era uno spettacolo straordinario. Una bellezza genuina e senza trucco. Il corpo, forgiato dalle fatiche della terra, era sodo e longilineo.

Stese il vestito sulla paglia e si allungò sopra, invitandomi a raggiungerla. Mi adagiai subito al suo fianco e tremolante, iniziai ad accarezzarla in ogni parte. Le membra erano caldissime e piacevole al tatto. Gli toccai tette, il ventre, le anche, le cosce e infine la figa, corpulenta e calda.
La ghermì con il palmo della mano, e poi c’infilai alcune dita dentro, facendomi strada nel folto pelo li feci scivolare lungo i solchi bagnati. S’impregnarono subito dei suoi umori secreti in abbondanza, era il segno che anche lei era eccitata.
Il seno bianco e rotondo fu subito preda della mia bocca, come facevo da bambino, quando mi nutrivo del latte materno.
Mentre succhiavo i capezzoli turgidi e scuri, le sue mani mi accarezzavano le spalle e il capo.
Da bambino erano solo tenere coccole, ma in quel momento erano la manifestazione di un’intenzione libidinosa, fatte ad un uomo adulto per trarre piacere dalla sua azione.

Lentamente scesi con la bocca giù, percorrendo il ventre, il monte di venere dal folto pelo nero, fino a trovarmi davanti la calda figa. Provai un’emozione indescrivibile, quando con la lingua varcai la fonte della mia vita. Fremevo come un pulcino infreddolito.

‘mmmmmm tesoro mmmm tranquillo! Stai facendo del bene alla tua mamma! Mmmmmmm
‘Si mamma!

L’origine della mia vita. La nicchia che mi aveva generato alla fine, reclamava un ritorno del figliol prodigo. C’immersi la bocca lasciandomi stordire dalla forte fragranza di lavanda. La mamma non aveva perso l’abitudine di aromatizzare la figa, sebbene il suo amante era morto da anni.

continua.. qui troverete l’epilogo di questo episodio.

http://raccontieroticidiguzzon59.blogspot.it/2013/02/la-casa-nelluliveto-una-mamma.html?zx=7f39f57520ca50fc

Così va la vita!

Guzzon59
Nel 1941 le adunate dei giovani fascisti diventavano sempre più frequenti. C’era vento di guerra e si diceva che anche quelli della mia classe presto sarebbero stati incorporati nell’esercito e inviati al fronte. Portare la divisa divenne ormai un’abitudine.

Mia sorella col passare dei mesi diventava sempre più attraente; e si dimostrava anche disponibile a farsi corteggiare da me, facendomelo capire con comportamenti maliziosi. La mamma, avendo notato l’atteggiamento civettuolo di Anna, non perdeva occasione per dissuadermi a non incoraggiare quella condotta lasciva. Avvertendo di tenermi a debita distanza da lei.
Alla fine, Papà se ne accorse e in preda alla gelosia, in un impeto d’ira aveva minacciato di rompermi la testa, anche se mi avesse visto sfiorarla solo con un dito. Era in discussione il ruolo di maschio dominante.

Le mie furono promesse da marinaio. Non solo perseveravo negli atti di provocazione, per attrarre l’attenzione di Anna, ma quando mi capitava di trovarla da sola in casa, l’acchiappavo dai fianchi e la strattonavo con carezze, baci e profondi ditalini, che lei gradiva, senza respingermi.

Alla fine dell’estate del 1941, stavo ritornando da un’adunata, durata una settimana. Mentre percorrevo la strada che collegava il paese alla casa negli ulivi, in bicicletta, cento metri prima di arrivare, notai Anna. Stava camminando lungo il margine della via sterrata, insieme a Teresa e Agnese. Le bambine quando mi videro, esplosero in un grido di gioia e urlando il mio nome, corsero verso di me, facendomi le feste. Le abbracciai e le baciai con affetto. Trassi dalla tasca una stecca di cioccolato, la spezzai in due e ne diete a ciascuno una metà.

‘Su! Ora, correte a casa, la mamma vi raggiungerà dopo!

Quando Teresa e Agnese sparirono oltre la curva, afferrai i fianchi di Anna tirandola a me con una forza tale da farla urtare contro il mio petto.
Lei ricambiò l’abbraccio vigoroso con un bacio passionale. In quei momenti le mie mani scivolarono lascive sul suo corpo, e intrufolandosi sotto la gonna s’impossessarono dei suoi glutei. Non portava le mutande. Lo sapevo.
La relazione che aveva intrecciato con la mamma aveva turbato Anna, avvicinandola ancora di più a me.

‘Tuo figlio nascerà il prossimo mese!
‘Già! Un incidente di percorso! La mamma era come impazzita dal piacere! Ha perso il controllo del suo corpo e mi ha coinvolto in un girone infernale! Era impossibile liberarsi dalla morsa delle sue cosce, e mi teneva serrato con una forza impressionante!
‘Mi fa sballare l’idea che ti scopi la mamma! Mmm non sai quante volte ci penso al giorno!
‘aahahah sei eccitata? Papà non ti basta più?
‘papà mi fa schifo! è sempre ubriaco! Puzza come una carogna! Tu invece, sei bello, giovane e mi ecciti?
‘Ti sei dimenticato Angelo?
‘Non gli tira più! Ormai con lui ho perso ogni speranza! Io sono giovane e non voglio vivere come una suora di clausura!
‘mmm Hai la perversione di una prostituta di Bordello! Pensaci! Potresti andare a lavorare in una casa di tolleranza! Li non avresti problemi di cazzi! Ahahah
‘Dipende da te! Fratellone! Comincia tu a fottermi come una puttana! E fammi vedere che stallone sei diventato! Se hai soddisfatto la mamma!
‘Hai notato vero? Ora è una donna appagata! Altro che papà! Era solo chiacchiere! Ahahah
‘Mmmm dai fammi vedere cosa sai fare’.

Così dicendo, mi afferrò dalle spalle baciandomi con una forza incredibile. Da come gli fremeva il corpo, si intuiva che aveva una voglia arretrata di sesso.

‘toglimi una curiosità da quanto tempo non scopi?
‘con papà ho chiuso! L’ultima volta è stato un mese fa! Era ubriaco e mi ha vomitato sulla faccia! Le ho dato un calcio nei coglioni e le ho gridato che da quel giorno l’unico uomo che poteva toccarmi saresti stato tu!
‘adesso capisco perché non mi rivolge più la parola! Mmm sorellona mettiamo in pratica i tuoi propositi! è una settimana che non metto il cazzo in una fica! E mi pare che la tua sia affamata ahahaha
‘affamata? Fratellone se non la riempi immediatamente con il tuo pane muore di fame hahahahah

Quelle parole mi incitarono all’azione, così l’afferrai da una mano e la trascinai con forza nel campo attiguo, l’erba secca era alta, e dopo pochi passi, siamo scomparsi oltre quella barriera gialla.
Ridevamo come bambini, e in piena euforia ci siamo gettati a terra abbracciandoci, mentre le nostre bocche si fondevano senza alcun limite. In quella confusione di baci e carezze, le mani correvano sul corpo come se volessero penetrare nella pelle. Ridendo ci siamo rotolati e urtati più volte con i nostri grembi.
Il mio cazzo era diventato duro e pulsante e si era incastrato piacevolmente nel suo scoscio bollente.
Era talmente in tensione che sembrava quasi che volesse esplodere dall’euforia del momento.
Anna, dal canto suo, era una furia della natura, prese ad accarezzarmi il pacco con forza, stringendo lo spessore del pene, come se volesse stritolarlo attraverso la stoffa della divisa nera.
Avevo i pantaloni alla zuava e la camicia nera. Il fez era sparito da qualche parte.
Con la mente alterata dalla libidine, si abbassò sulle ginocchia, e con mani fremente prese a sganciarmi la cintura e ad aprirmi i bottoni della patta dei pantaloni. Stava quasi per strapparli. Quando riuscì a tirarmi fuori il cazzo i suoi occhi brillarono come le luci di una lanterna.

‘mmmm fratello mio! Non sai quanto ho desiderato questo cazzo! Non poteva essere solo la mamma a goderselo? E No ahahah

La frase le morì in bocca, quando la cappella le riempì le gote. Era in preda all’eccitazione, perché lo segava, lo leccava e lo succhiava, con grande partecipazione emotiva.

Con il cazzo duro le saltai addosso, finendo in mezze alle sue cosce spalancate. La gonna era già piegata oltre i fianchi. Non portava le mutande quindi la punta del cazzo finì dritta contro la fenditura della figa. Era sotto di me e mi guardava fissa.

‘Be? Che fai non entri?
‘Ei sorellina! Il piacere può attendere! Prima te la voglio mangiare! Ahahah

L’epiloto della storia lo troverete qui:

http://raccontieroticidiguzzon59.blogspot.it/2013/02/la-casa-nelluliveto-finalmente-mia.html

Così va la vita.

Guzzon59

Tommaso racconta:

La vita alla casa nell’uliveto riprenderà con i vecchi ritmi di un tempo.
Lavoro e sesso senza limiti.

Anna rimase nuovamente incinta.

Gli impegni di lavoro agreste furono equamente distribuiti, con Angelo e le figlie, Teresa e Agnese, ormai donne fatte.

Era l’autunno del 1949, Teresa era diventata una bella ragazza, aveva diciotto anni ed esprimeva un atteggiamento sfacciato, ed interessato a me.
Agnese aveva solo sedici anni, ma ne dimostrava molti di più. Lei era più pacata, ma vivendo in perfetta simbiosi con la sorella maggiore, la imitava emulando ogni sua azione, e così anche lei approfittava delle stesse occasioni per esprimere una pari malizia.

Del resto, avevo solo venti sette anni ed ero nel pieno delle mie forze.

Quando Anna giunse all’ottavo mese di gravidanza, i rapporti s’interruppero e cominciò una nuova fase di astinenza forzata da figa, che mi provocarono qualche tormento notturno.

Era una fortuna che ci fosse una giovane donna in paese, discretamente attraente, che avendo perso il marito in guerra e per mantenersi in vita, faceva le marchette; ricordo che partorì cinque figli concepiti da uomini diversi, uno dei quali, credo, sarebbe stato il mio.

La frequentazione della puttana, quindi, diventò una necessità fisiologica perché anche con la mamma c’era stato un giro di vita totale, e gli incontri diventarono sempre più inconcludenti.
La gente, del resto, sospettava sulla natura dei nostri ritrovi, per cui era meglio non incoraggiarla. Per certi aspetti fu lei a prendere le distanze da me, avendo ceduto alle lusinghe del raffinato e forbito farmacista.

Ricordo che in quel periodo le donne disponibili erano tante. La guerra aveva decimato la maggior parte degli uomini validi, e quindi c’era abbondanza di femmine, e tutte in cerca di consolazione.

Anche alla casa dell’uliveto le donne non facevano difetto, Teresa e Agnese erano belle e sensuali, ed avevano ereditato dalla madre una mentalità trasgressiva e libertina.
Erano ragazze molto disinibite, quasi selvagge, e non si vergognavano di mostrarsi nude.
Infatti, presero l’abitudine di lavarsi in una tinozza di legno, senza curarsi della mia presenza.

Si viveva in un ambiente domestico, completamente promiscuo, e per questo, a volte, le ragazze si spogliavano senza tanti problemi.
Tuttavia, era un piacere poterle ammirare, senza veli, mentre si divertivano a giocare con l’acqua, ridendo in modo lascivo.
In quei momenti suscitavano un naturale sentimento di libidine. Belle e disinibite, avvolte come un sogno dal vapore dell’acqua, le ammiravo incantato come due ninfe immerse nella fonte dell’estasi.
Una era bionda e l’altra mora, un contrasto cromatico che si fondeva in una sintesi meravigliosa.

Anna, in quello autunno del 1949, dovendo partorire nel mese di novembre, si limitava a fare lavori leggeri, per evitare eventuali minacce di aborto.

Teresa e Agnese, si sobbarcarono gran parte del lavoro nei campi.
Per raggiungere la località della Rupe viaggiavano entrambe con me, a bordo di una moto, un sidecar.
Una motocicletta con la carrozzella attaccata da un lato, un modello tedesco, abbandonata in un dirupo, durante la ritirata dell’esercito teutonico. Angelo, ormai solitario, percorreva la distanza con il carro trainato dall’asina.

Durante i lavori di raccolta delle olive, qualche volta mi soffermavo ad osservare le mie nipotine.
Quasi sempre sorprendevo Teresa, che era la più audace, intenta a fissarmi con un sorrisetto malizioso, subito imitata scioccamente dalla sorella.

Non era facile controllare quello uragano di adrenalina, che mi aggrediva i sensi, facendomi fremere le membra. Per questo, molto spesso, mi soffermavo affascinato ad ammirarle, alimentando la mia fervida fantasia.
Era questione di poco, e sicuramente avrei ceduto alle loro insistenti provocazioni.

Così fu.
Accadde una mattina di ottobre.
Quel dì fu il principio dell’iniziazione delle care nipotine alle prime ed elementari pratiche di sesso.

Ricordo che mi ero allontanato per soddisfare un bisogno fisiologico. Teresa e Agnese, con passo silenzioso, mi raggiunsero comparendomi davanti. Fui sorpreso dalla loro audacia, quindi incapace di sottrarmi a quello agguato, con naturalezza ho continuato a pisciare in loro presenza. Le ragazze, senza alcun imbarazzo, si alzarono la gonna e poi, con disinvoltura, si abbassarono sul terreno ed iniziarono a pisciare liberamente, sotto il mio sguardo basito. Mi ricordavano Anna, quando lo faceva davanti a papà.

Era uno spettacolo stupefacente. Le ragazze si erano piegate sul terreno, con le gambe oscenamente spalancate, ostentando la loro intimità, senza alcuna vergogna. La figa di Teresa era scura come la pece, caratterizzata da un folto pelo riccio, mentre quella di Agnese era bionda e riverberava i raggi luminosi del sole, sembravano tanti fili d’oro.
Mi fissavano divertite, senza alcun timore, anzi sostenevano il mio sguardo, con un’intensità tale da farmi venire i brividi alla schiena.
Fu Teresa, la più spregiudicata, la prima a prendere l’iniziativa. Si mosse come un felino, gattonando sulle ginocchia, fino ad avvicinarsi sotto il mio cazzo. Si sedette sui talloni fissando divertita la cappella del cazzo. Sorrise, quando, con un gesto spontaneo, afferrò il pene ed iniziò a spostare la pelle, lentamente, scoprendo la grossa cupola e poi, su e giù, con mano sicura. Era determinata a realizzare i suoi propositi lascivi.

La situazione si scaldò immediatamente, diventando rovente come le fiamme dell’inferno. La mente andò subito in tilt, mentre il cazzo s’ingrandiva nella mano di Teresa, diventando duro e palpitante. Lei invece, come una bambina curiosa, seguiva quelle evoluzioni della natura con molto interesse.
Agnese, non si era ancora mossa, ma osservava intrigata l’azione di Teresa, che continuava con disinvoltura a praticare una piacevole sega.
Alla fine anche lei cedendo alla tentazione della sua morbosa curiosità, piano piano, vincendo l’iniziale timidezza, si accostò, guardando divertita la scena, fino ad arrivare sotto la punta del cazzo.

Stavo in piedi, agitato e succubo di quell’azione turbolenta ed imprevista, quando Agnese, con sorpresa, per spirito di emulazione, si avventa sul cazzo, lo cinge alla base, e poi accosta le labbra della bocca alla cappella.

Mi è sembrato un gesto puerile. Lo lambiva appena, dandogli dei baci, sembravano tentativi goffi di un pompino. Non aveva alcuna pratica.
Da buon maestro intervenni:

‘Tesoro! Devi aprire la bocca e succhiare la cappella! Come se fosse un gelato gustoso!

Ricambiò lo sguardo con un’espressione stupita, poi sorridendo, riprese a baciare il cazzo che stava agitando Teresa. Improvvisamente apre la bocca e ghermisce la cappella, come un guanto vellutato. In quel modo andava meglio.

Si trovarono affiancate e genuflesse ai miei piedi. Il cazzo era diventato il trastullo del loro divertimento, e lo menavano come un giocattolo, divertendosi a stimolarlo a vicenda, con la bocca e le mani. Un po’ alla volta iniziarono a produrre qualche effetto. Lo leccavano e lo succhiavano seriamente, alternandosi, in modo turbolento e selvaggio,.

‘Ei’ fate attenzione, ai denti, pungolano la cappella! La bocca deve essere aperta di più! e i denti non devono graffiare!

Si guardarono sorridendo all’unisono La lezione fu subito recepita. Quando ripresero, infatti, tutte e due, si impegnarono a fare di meglio. Il pompino era migliorato in poco tempo ed iniziò a darmi un reale effetto sintomatico all’inguine, un piacevole godimento che partiva dalla radice dei coglioni.

Mmmm, brave! Così va meglio!

Le ragazze impararono in fretta. Avevano un vero talento nel dare piacere, si accanivano sul cazzo con grande slancio, credo che fosse puro istinto animale.

Era lo stesso istinto che caratterizzava le attitudini delle puttane. Le loro lingue seguivano i contorni della cappella, come se assaporassero un gelato gustoso e, a volte, si toccavano tra loro fino a fondersi un bacio lesbico.
Indubbiamente si rivelarono due demoni, che non si fermarono davanti a nulla, dimostrando di non avere alcun limite morale.
Del resto erano cresciute in ambiente trasgressivo, come due selvagge e conoscevano solo il linguaggio e l’istinto generato dal loro corpo, voglioso di sperimentare nuove emozioni.
Energia allo stato puro. Del resto avendo vissuto in pieno lo stile di vita vizioso, che aveva caratterizzato il rapporto della loro madre con i maschi dominanti della famiglia, conoscevano benissimo il rimedio per soddisfarlo.

Giocare con il cazzo divenne un vero accanimento terapeutico, per la loro fantasia. che si evolveva continuamente in meglio, fino a dare piacere vero che mi fece arrivare al punto estremo, nel quale gli stimoli della sborra stavano già sollecitando la base del cazzo, impazienti di esplodere all’esterno.
Le ragazze sembravano invasata dal demone dell’eros, perché trattavano il pene come uno simbolo sacro, lo segavano, lo succhiavano e lo strattonavano a turno, con grande partecipazione emotiva. Era impossibile resistere oltre a quel turbinio di sensazioni.

‘Mmmm ragazze sto per sborrare mmmmm

Detto e fatto. Afferrai la prima che in quel momento mi stava succhiando il pene. Era Agnese. Gli chiavai la bocca per alcuni secondi, poi, stringendo le natiche, gesto indotto dell’ebbrezza provocata dall’orgasmo, ho estratto il cazzo dalla cavità orale e gli ho scaricato sul viso una densa colata di calda di sborra, fu la prima di una lunga serie.

‘Mmmm siete terribili mmmmmmmm

Teresa, indispettita perché era toccato alla sorella prendere lo sperma in faccia, la spinse da parte, e con foga prese a succhiare la cappella, sporcandosi le labbra con le ultime gocce di sborra.

Mentre le ragazze mi stavano pulendo il cazzo, mi sono accorto che Angelo ci stava spiando, nascosto dietro ad un albero, Si stava sparando una sega. Non amava scopare, ma gli piaceva guardare. Col tempo quella mania, diventò un’abitudine.

Da quel giorno le ragazze approfittarono di ogni occasione per succhiarmi il cazzo. Col tempo diventarono sempre più esigenti e sfacciate. Inoltre avevano migliorato la pratica del pompino, diventando vere esperte come le puttane dei bordelli.

Tuttavia, non si vive di soli pompini.

Teresa e Agnese, non avevano ancora avuto rapporti sessuali completi. Pensai che primo o poi dovessero fare quell’esperienza straordinaria. Non mi sarebbe dispiaciuto interpretare il ruolo del mecenate del sesso. Del resto erano due allieve volenterose e disposte ad imparare tutto.

Era apprezzabile il livello di bravura raggiunto nella pratica del pompino, ma alla lunga lasciava l’amaro in bocca a tutti, perché si sentivo il bisogno di sensazioni più forti, che solo una scopata poteva dare.

Anche Teresa e Agnese, scalpitavano quando mi succhiavano il cazzo ed insistevano sull’argomento supplicandomi di andare oltre.
Era anche il mio desiderio perché era passato parecchio tempo dall’ultima volta che avevo ficcato il cazzo in una calda fica.
Anna era gravida e non se la sentiva di far sesso con quel pancione.
In cuor suo non gli sarebbe dispiaciuto se avessi rivolto quel tipo di attenzione alle figlie.
Con la mamma non c’era più nessun tipo di rapporto intimo, perché era diventata la moglie del farmacista.

Le puttane del paese, col tempo, non mi davano più alcuna emozione. Erano diventato anche un onere che non potevo permettermi. Tuttavia, sentivo il bisogno di sensazioni nuove e forti.
Quindi, la gran voglia di scopare le dolci nipotine, cominciò a fare solide radici dentro di me, diventando un desiderio che mi stava tormentando assiduamente. Un desiderio che andava soddisfatta a qualunque costo. Così decisi di passare alle vie di fatto e di cambiare programma. Volevo affrettare i tempi creandomi un’occasione.

Teresa era la più spigliata, mi sembrava quella più adatta per essere la prima a sperimentare la via alternativa al piacere del pompino per quello dell’incesto. Così, una sera l’ho invitata a fare un giro in moto, ma la vera intenzione non era quella di fare una gita amena, ma di portarla da qualche parte, in posto tranquillo dove poter scatenarmi tre le sue cosce.
Non avevo fatto i conti con la cocciutaggine di Agnese che, come una ombra, condivideva tutto con sua sorella. Pertanto, non accettando l’idea di essere esclusa dalla gita, s’impose con la forza, ho dovuto riadattare la strategie a quella nuova situazione. Del resto non potevo fare altrimenti, perché si era seduta nel sidecar con le mani incrociate.

E cosa sia! pensai. L’idea di una scopata in tre non mi dispiaceva, anzi.
Avrei potuto farlo alla fattoria, ma la presenza della giovane Maria, di tredici anni, sempre più curiosa, e del piccolo Giovanni, di otto anni, sempre in mezzo ai piedi, consigliava di andare altrove.

La mamma mi aveva messo a disposizione una casa di proprietà del Marchese, che si trovava in un paese vicino. Era un luogo speciale, una vera alcova, dove ci eravamo incontrati tante volte, per sbrigare le faccende della Mezzadria. l’avevo utilizzata anche con qualche puttana del paese.

La casa era priva di corrente elettrica. C’erano in ogni caso dei lumi a petrolio.

Arrivati nel cortile, dissi a Teresa e Agnese di seguirmi in casa.

Le accompagnai subito in una delle stanze da letto. Mi sentivo euforico ed impaziente di realizzare le fantasie che avevo nutrito per le care nipotine nei piacevoli preliminari.

Il cazzo, infatti, pulsava dal desiderio, voglioso di interrompere la lunga astinenza da fica. Era inutile perdersi in chiacchiere. Inoltre, la possibilità di aprire nuovi orizzonti alle mie care nipotine, mi entusiasmava, e la tensione era tutta concentrata nel mio inguine, con una possente erezione.

Dopo aver acceso i lumi a petrolio del corridoio e della camera da letto, mi sedetti sul lettone matrimoniale, lo stesso che aveva accolto le fatiche sessuali con la mamma, anzi mi sembrava di sentire nell’aria ancora il suo aroma.
Teresa e Agnese erano ancora in piedi, in mezzo alla stanza, mi guardavano sorridendo stupidamente, non so se avessero capito la situazione.

‘Avvicinatevi! Tutte e due!

Appena le ho avute a portata di mani, le ho infilato frementi sotto i loro vestiti, toccando con gusto il sedere sodo e liscio come la pelle della pesca. Erano toniche e straordinariamente rotonde. Era un piacere accarezzarle.

‘Zio! Non staremmo più comodi se andassimo sul letto?

Continua’ il quinto capitolo… finalmente le nipotine e Teresa la regina del Bordello è qui:

http://raccontieroticidiguzzon59.blogspot.it/2013/09/la-casa-nelluliveto-5-teresa-la-regina.html

Così va la vita

Guzzon59

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