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LA FACILE VIA DELLA SOTTOMISSIONE

By 10 Febbraio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Alzo il braccio ma non oso colpirla. La frusta, sferza o cosa sia non so, pesa nella mia mano, quasi brucia. Irene, una schiava! Una stronza che ha cercato di farsi bella davanti al suo Padrone. Una schiava, soltanto una schiava. Una puttanella qualsiasi. Guardo l’ altra schiava, Gina, che con un cenno del capo mi incita a cominciare. Ha ammanettata lrene con i polsi in alto sopra il capo, molto in alto tanto che poggia solo la punta dei piedi, in attesa, imbavagliata. Dovete farlo…è una offerta del Padrone. Non ricevo ordini da lui, sono solo sua ospite, non una schiava. Aspetto la sua risposta che tarda.
Devo o non devo? Posso rifiutarmi? Lo chiedo anche per togliermi dal suo imbarazzante silenzio. Voi solo, Signora, potete deciderlo e…tace, china il capo. Ha fatto…Hagirho, una cosa grave, ha cercato di forzare la mano, la volontà del Padrone. Un tempo, in Giappone, per una cosa del genere si veniva costrette al suicidio. E perché mai lo facevano allora, le chiedo. Se una schiava otteneva in quel modo i favori del Signore, se non veniva scacciata, diventava una sua concubina, importante anche, altrimenti…La fisso ancora più perplessa. Non è giovane, gli anni marcano la faccia, ma gli occhi sono vivi, mi trapassano. E’ un onore ricevere l’ incarico che vi ha dato, un altissimo onore ed un onere accettarlo. Un mugolio dell’ altra. Mi sta fissando e sorride. Sorride quasi beffarda. La stronza pensa non ne abbia il coraggio. Ha ragione. Non oso, ma il sorriso di schiava Irene si fa più sfrontato, offensivo. Colpisco con tutte le mie forze inarcandomi all’ indietro, voglio farle male e gioisco nell’ inarcarmi e nel sentire prima il sibilo poi il colpo ed infine il grido di lei, tre suoni staccati ma quasi all’ unisono. Rabbrividisco di piacere.

Basta Signora, basta così. Fatico a trattenermi e solo ora capisco di aver ecceduto. La disgraziata pende scomposta e apparentemente semi svenuta. Quasi vomito vedendo ciò che ho fatto, vedendo i segni che ricoprono quel giovane corpo che avevo ammirato ed invidiato. Una pozza di orina si va allargando ai suoi piedi…
Devo essere impazzita. Non ha fatto niente a me. Mento a me stessa perché…ora so bene il perché.
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Una stanza, un salone anzi, arredato con una certa eleganza ma anche un gusto estremamente austero, maschile. Patrizia, una giovane castana e di bell’ aspetto, convenientemente vestita, stringe con forza dettata dall’ ira lo scudiscio che il dottor Enzo, il padrone di casa le ha chiesto di prendere da l’ armadio dei ‘giocattoli’. Una delle schiave coperta solo da una tunichetta che cela ben poco delle sue forme tutt’altro che spregevoli si è accostata a lui, il Padrone, seduto sul consueto divano e, quasi presa da un raptus di pazzia ha chinato il capo e forse posate le labbra, certo sorprendendolo, sulla patta dei pantaloni. Padron Enzo si scosta di colpo e la schiaffeggia due volte, con forza. I colpi risuonano secchi, la giovane donna cade riversa già in lacrime per poi rivolgere il volto dalla espressione disperata verso il Padrone, unisce le mani quasi in preghiera, poi, conscia della inutilità del tutto, china il volto, si immobilizza in attesa. Una iniziativa, quella della schiava, che secondo le regole è inammissibile e va immediatamente punita, la schiava lo sa bene.
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Pochi mesi prima, una eternità prima, Patrizia, elegante e bella, cammina lentamente lungo un marciapiede del centro. Guarda senza interesse le vetrine addobbate per il Natale, in pratica non vede quanto esposto e si commisera.
E’ sola. Tutti domani sera saranno attorno all’ abete addobbato a scambiarsi auguri, abbracci e doni, ma lei no, non ha nessuno. In qualche mese i pochi parenti che le restavano, due soltanto, la hanno lasciata. Erano anziani, vecchi anzi…dentro di sé è amareggiata, piange asciugando furtivamente le lacrime. Rientrata a Milano dopo anni di assenza non ha più amicizie o conoscenze, rare anche prima. Poi l’ incontro imprevisto con una vecchia compagna di scuola, non proprio una amica…Un aperitivo prima che quella, Anna, si involi. Non posso restare, si scusa, ho io i biglietti di teatro dei miei amici, di tutti. Ci sentiamo domani, ciao e non preoccuparti.

Poi il Natale insieme e la proposta di chiedere al padron di casa dove ceneranno la sera di fine anno…La aveva sentita appena titubante proponendole la cosa. Sai, le aveva detto poi, è un Master e ceniamo spesso con lui, spesso anche con alcuni suoi amici nel, ‘dungeon’. Le aveva spiegato cosa fosse un master e Patrizia aveva riso. Sei matta, ma tu vai con gente simile…viene sempre anche Giuliano, aveva risposto l’ altra, mio cugino, lo ricordi? Certo che lo ricordo! Lo stesso però…Ma no, credimi, quando ci siamo noi, quando ci invitano, sono sempre molto corretti, sono cene normali. Quasi normali… credimi. E’ bella Anna. Alta e formosa ma senza esagerare, aveva un viso regolare dal sorriso accattivante. Le è facile convincere la amica. Patrizia non chiedeva altro che essere convinta.

Dodici a tavola. In smoking gli uomini, correttamente vestite in modo appropriato alla ricorrenza, eleganti, le altre quattro donne. Sono padrone con tanto di schiave al seguito che assieme alle schiave di casa assicurarono un ottimo servizio. Inappuntabili. Neppure loro, le schiave, mostravano nudità sconvenienti o si comportavano in modo sconveniente. Che fossero schiave lo mostravano con il collare, uno strangolino di velluto o comunque stoffa intonato all’abito, con abiti più dimessi e con un comportamento serio e sottomesso. Ne fu quasi delusa. Veramente in un paio di occasioni una delle schiave scomparve per qualche momento sotto il tavolo…e, dopo cena, di tanto in tanto una coppietta si assentava… In quei giorni aveva letto qualcosa su padroni e schiave, e nulla di quanto vedeva corrispondeva alle descrizioni dei racconti. Il dottor Enzo poi, il padron di casa era un bel uomo sui trenta anni, cortese e gioviale, simpatico.

Senti Patrizia, le aveva detto il dottor Enzo mentre si congedavano, io spesso per non dire sempre, il venerdì od il sabato ho ospiti. Quelli di questa sera, altri, a volte. Sabato prossimo perché non vieni anche tu? Aveva accettato ma solo perché veniva anche Anna, e le cene del sabato erano divenute una consuetudine piacevole. Poco per volta aveva accettato qualche situazione che un tempo la avrebbero imbarazzata non poco, mai però cose esagerate. Uno schiaffo ad una ragazza, una schiava ovviamente, per una qualche manchevolezza, più avanti una sonora sculacciata vigorosa su un culetto nudo, qualche cosa di più col passare delle settimane mentre l’ abbigliamento si faceva sempre meno castigato e la conversazione più libera. Quando le prime volte, dubbiosa della piega che le cose prendevano, ne aveva parlato con Anna, l’ amica aveva riso. Ci sono cose peggiori a questo mondo pensò Patrizia nell’ accettare il suo punto di vista, ha ragione lei… A tavola sedeva sempre a lato di Padron Enzo, rispettando senza smorfie le abitudini del gruppo. Mi devi dare del Voi, cara, mentre io, come padrone di casa ti posso dare del tu. Poco male aveva pensato la giovane Patrizia, adattandosi anche a questa piccola deroga alle consuete regole del vivere civile.

Marzo inoltrato ed Anna era assente e Patrizia, Patti come la chiamava fin da l’ inizio il dottor Enzo, avrebbe dovuto fare a meno della sua presenza, essere la sola ospite normale. Aveva esitato non poco ma quelle serate le piacevano, la intrigavano ed aveva finito per accettare il solito invito. Ci teneva a quella compagnia di gente un poco fuori le righe. La faceva sentire…non sapeva come descrivere neppure a se stessa cosa mai sentisse, ma le piaceva immergersi in quella atmosfera sottilmente eccitante, quasi peccaminosa. Erano poi le uniche persone che frequentasse… Studiava tutta la settimana ed a quella compagnia ed a quelle cene non rinunciava. La intrigava, si, era questo il termine giusto, quel mondo di cui, lo capiva benissimo, scalfiva appena la superficie. Ed il dottor Enzo era poi una persona…una persona non dolce che anzi trattava le altre donne, le schiave, con qualche durezza…ma quali di quelle erano sue schiave? A che punto arrivavano nella loro sottomissione a padroni e padrone? E alcune delle padrone avevano schiavi, maschi. A l’ inizio aveva pensato trattarsi essenzialmente di una specie di gioco di ruolo. Ora ne era meno certa. Tutte comunque la chiamavano Signora, tutte e tutti erano cortesi ed anzi formali facendola sentire… una donna importante. Importante? No, non proprio ma, insomma…e ci sarebbe andata anche questa volta. Poi la rispettavano tutti e tutte. Per forza, aveva spiegato lui, il dottore, quello che pure lei chiamava con rispetto Padrone, gli amici e le amiche mi rispettano, ed ho chiesto che rispettino te. Che poi maschi e femmine succubi ti rispettino è semplicemente naturale, ovvio. Esiste una linea di demarcazione chiara ed invalicabile tra schiave e Padroni.

Stringo con forza lo scudiscio, la frusta o quel che sia. Sono oggetti diversi e ciascuno ha un suo nome, cosa sia questa non lo so proprio. Lei, la schiava è inginocchiata in una pozza di luce mentre nel resto del salone gli altri ospiti sono quasi in ombra, in silenzio. La fissano seri, assorti. Pure io taccio. Ho visto punire delle schiave, mai però per colpe come questa che suppongo grave. Non mi fa pena, è una sciocca, sapeva certo a cosa andasse incontro. Il Dottore, il padrone, la fissa corrucciato. Poi, di colpo si rasserena in viso. La perdona, penso e la cosa mi fa rabbia. E’ uno sbaglio, cosa impedirà a questa ed alle altre cagne di uggiolare e strofinarsi da cagne in calore quali sono…Mi chiedo d’ improvviso cosa abbia mai scatenato la mia rabbia, perché è rabbia. Una rabbia che forse mai ho provato. Sono gelosa? Mi chiedo con un sussulto interiore. Non dire scempiaggini, penso. Di cosa sarei gelosa poi, di chi? Non è la prima volta però che… immaginare lui con una delle schiave…mi da fastidio. Non ne ho ragione e tanto meno diritto…pensare che solo schioccando le dita possa…possa cosa non mi è chiaro. E questa poi non so neppure chi sia. Si chiama Irene…Una puttanella sfrontata, questo è certo. Per tutta la cena gli si è strusciata addosso…no, neppure questo è vero, ma certo ha cercato di farsi notare, spesso gli sorrideva…l’ unica…le altre erano più…serie, distaccate. Una piccola puttanella. Bella però, molto bella, ed adesso la passa liscia. Un gesto volgare, mai visto niente del genere. Dipendesse da me! Lui è in piedi, la sovrasta guardandosi attorno quasi a chiedere consiglio ai suoi ospiti e non è difficile percepire nel loro contegno cosa pensino. Ne sono lieta. Non la passi liscia, penso contenta. Va punita, non lo credi anche tu? Lui parla rivolto a me che a questo punto non so cosa dire. Un comportamento sconcio di certo, penso. Mi rifiuto di dirlo e lui ride, ha capito. Ha offeso me disubbidiente e costringendoti ad assistere a questo, ha disubbidito tenendo un comportamento sempre vietato. Ha offeso te, mia ospite ed amica…si ferma un attimo quasi sovrappensiero. Merita una punizione e la regola vuole che sia tu a punirla. Lo farai non qui in pubblico e Gina ti assisterà. Sono io che devo punirla? E come? Non ho, non mi sento…
Vorrei dire…Un conto è trovare disdicevole…ma far del male…sto per rifiutarmi ma colgo l’ occhiata di lei e vi leggo scherno, superiorità e chissà che altro. Si sente superiore? A chi? Lei poi che è una schiava! Stringo la sferza con tanta forza da farmi quasi male alla mano che ora sento sudata. Sono tutta sudata. Fa caldo, è vero ma…e sento anche gli sguardi di tutti i presenti su di me. Quelli di lui e quelli di lei poi…

Cosa…non ho mai punito nessuno, dottore, no volevo dire Padrone…neppure so cosa fare. Nel dirlo capisco benissimo che non basta. Non basta infatti e poco dopo seguo Gina che sospinge Irene giù per la scala. La piccola ha paura, è manifesto. Io probabilmente ho più paura di lei. Rifiutarmi? Cosa mai direbbe lui? Forse niente però. Ma non conosco più di tanto le loro regole…e poi la stronza…e non è la prima volta che…tempo fa ha forse riso di me. Mi lascio prendere di nuovo dalla rabbia. Si merita di certo qualche nerbata sul culo e glie le darò. Farò piano, insomma, piano no, ma neppure troppo forte…Anna e suo cugino poi, cosa diranno? Non sarà possibile tenere la cosa nascosta.
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Cara lettrice, scrivendo, mi è sempre difficile esprimere, quando la situazione lo richieda, quelle che possono essere le pulsioni ed i pensieri di una di voi. Cosa possa pensare e sentire cioè una donna, magari sposa fedele e madre affettuosa nel sentirsi corteggiata con garbo da un uomo non spregevole. Cosa può pensare e provare una donna nelle mille situazioni in cui può venirsi a trovare, magari critiche o spinte. Per questo ho abbozzato queste poche righe. Per cercare una soluzione a questa mia difficoltà. E’ impossibile a me uomo entrare nella mentalità di una donna.
Vorrei avere un contatto con una donna, che non vedrò mai, con la quale dividere alla pari onori ed oneri per la composizione di qualche lavoro. Ne decideremmo insieme la trama e collaboreremmo alla sua redazione. Alla pari, senza conoscerci se non via internet. Se la cosa apparisse troppo impegnativa potremmo discutere e trovare forme di collaborazione accettabili ad entrambi.
Posso essere contattato tramite Milu e conservereste il vostro completo anonimato. Sempre su Milu sono presenti una quindicina di miei scritti per eventualmente farvene una idea.
Speranzosamente vostro

Chiodino.

I RACCONTI DI ‘CHIODINO’ SU: I RACCONTI DI MILU
Padrone di schiave per forza?
Io, gigolò a settant’anni
E’ giovane… ma grande abbastanza.
Farsi scopare da uno schiavo, mai!
Gallina vecchia.
I sogni muoiono all’alba.
Il Circolo dei ‘Bastard’.
Incubo?
La bella estate quando divenni uomo.
La mia cagna da riporto.
Lei e Lui, Lei e Lei, Lui e Loro.
Mi piacciono i culi, tutti i culi, rigorosamente femminili.
Quattro uomini per una signora (Gli Dei vogliono risorgere).
Schiava o puttana? Schiava e puttana.
Tutto per i miei bambini.
Sedotto.
Le mie bambine ed io, rapite, addestrate per…
Ed altro ancora.
SOLO BACI AMICHEVOLI SULLA GUANCIA QUANDO ARRIVO.

Ormai è maggio. Supero con qualche difficoltà un esame in preappello e ne sono veramente felice. Un esame difficile che mi ha preoccupata per mesi.
Eravamo daccordo che gli avrei telefonato subito dopo e mi invitò per la sera anche se era martedì e non il fine settimana. Sotto la doccia, poi uno spuntino abbondante, non ero riuscita ad inghiottire quasi niente la sera prima e niente prima di andare all’ università.

Sono dimagrita un poco in queste settimane, devo cercare di mantenermi così, gli dico dopo i convenevoli consueti.

Faccio finta di niente ma sono un poco confusa. Da sempre, quasi da sempre, al mio arrivo e quando lo saluto per tornarmene a casa mi bacia la guancia. Un gesto consueto e privo di significati strani all’ inizio, che ha cominciato a piacermi, facendomi anzi tendere il viso con piacere innocente. Un gesto puramente amichevole, soltanto amichevole mi sono detta più di una volta. Lo dico pure ora anche se nel tempo l’ abbraccio che lo accompagna è diventato più…più cosa? E questa sera lo è stato più ancora del solito.

Più cosa? Me lo chiedo mentre il Dottor Enzo dedica qualche momento agli altri ospiti. Un paio li conosco o meglio li ho già incontrati alle cene del venerdì, altri forse li ho già visti, alcuni almeno, ed altri sono degli sconosciuti. Niente Padrone, donne cioè questa sera, solo uomini con le loro schiave. Il solito salone fin troppo austero con il tavolo da pranzo già pronto. Le varie porte sono tutte chiuse ed oltre quella che uso per andare in bagno se serve, oltre quella sotto cui passiamo tutti arrivando da fuori, non so dove portino e non mi importa. Neppure ricordo da dove sia passata per scendere al dungeon la sera che furibonda e fuori di testa ho punito su richiesta di Lui la schiava impertinente. Ero proprio fuori di testa e la vorrei vedere, chiederle scusa, sapere se i colpi abbiano lasciato conseguenze.

Continuo a seguirlo con gli occhi passare da un gruppetto all’ altro, curiosa. Mi è difficile staccare gli occhi dalla sua figura elegante stretta nell’ abito che lo modella. Spalle larghe, fianchi stretti…e quel dannato sorriso quasi beffardo che certe volte diventa di ghiaccio. Mai rivolto a me però. Mi piace essere stretta quando arrivo, sopratutto quando arrivo perchè lasciare la sua compagnia…mi fa provare sempre una leggera tristezza un vuoto…niente di ccezionale comunque per una come me che ha dovuto vivere per troppo tempo da sola…

Sei matta le ho detto quando ho saputo dove voleva farmi passare la serata e con chi. Cosa fosse master, un dungeon e chi lo frequentasse, lo ho letto su internet quando lei mi accennò a questa possibilità e quella prima sera non avvenne assolutamente niente di scandaloso; qualcosa è successo ed ho visto nelle settimane successive, ma in molti spettacoli televisivi, in alcuni film si va ben oltre…certo, ho frustata la stronza…eccolo, torna da me, mi prende per mano dopo aver posato con leggerezza le labbra sulle ultime falangi della mia mano e mi accompagna al mio solito posto, di fianco a lui.

Come sempre il movimentato è il dopo cena. Le schiave, tutte, oltre allo strangolino di velluto consueto che qui in queste serate fa le veci del collare, appuntato anzi allo strangolino stesso hanno una medaglietta. Mai visto niente del genere. Ne chiamo una con un cenno discreto.
Fammi vedere la tua medaglietta, cara. Ormai ho imparato come comportarmi. Sono seduta e la schiava sconosciuta si inginocchia protendendo il collo. E’ carina se non bella. Giovane e ben fatta, la fascia le copre solo per modo di dire il seno, scoperto, per me seduta, fino a mostrare i capezzoli. Vedendo lo sguardo si scopre ancora di più lanciandomi uno sguardo interrogativo. Siete la Ospite del Master signora, desidera qualcosa? Resto per un attimo allibita poi dubbiosa sul significato di quanto sentito e rispondo che voglio solo vedere la medaglietta.
Niente di che, una medaglietta dozzinale cha da un lato ha inciso un simbolo che non capisco e dall’ altro un numero. Non oso chiedere cosa significhi il tutto…solo più tardi capisco a cosa serva questa sera.

Nel mio letto, inorridita, penso alla serata andata ben oltre il consueto. Altre volte alcune donne sono salite con uomini dove suppongo ci siano camere e letti, oppure sono scese nel dungeon, dove avevo frustata la stronza. Non ci andavano a giocare a carte! Questa sera ha messo all’ asta, poi estratto a sorte le donne e fatto altri giochi. La posta erano sempre una od anche due di loro…Sono esterefatta ed anche disgustata…non ci vado più, ho deciso. Lo avevo però già detto un altro paio di volte ed ero tornata. Solo l’ idea di non sentirlo e non vederlo, mi infonde ansia. A te non è successo niente e non succederà niente, ha detto prima che i “giochi” cominciassero, ripetendolo poi nel salutarmi alla porta di casa mia.Si, per la prima volta mi ha accompagnata a casa.

Le cene costano e… mi finanzio così, raramente ma devo, mi aveva spiegato seduti in macchiana sotto la mia casa. Poi non mi dibatto, non provo neanche a respingerlo, cedo a quella bocca che a quel punto capisco di desiderare da tempo. Un solo bacio. Uno solo.

Oltre non vado neppure con la fantasia…ed il venerdì entro nella sua casa fingendo indifferenza, fingo indifferenza quando si fa accosto, non riesco più a fingere quando come ormai consueto mi stringe per il bacio alla guancia. Involontariamente chiudo gli occhi. E’ lui a farmi porgere le labbra? Si ma non mi oppongo.

Non obietto, neppure a parole o con me stessa, neppure riesco a fingere…e rabbrividisco di piacere al tocco delle sue mani che scendono lente e possessive dalla nuca alla vita lungo la spina dorsale. Un unico eterno brivido iinfernale e piacevolissimo che mi stravolge. Mai mi era capitato…per così poco…e…le mutandine…

Non devo assolutamente permettergli di andare oltre penso ma temo…e poi…un bacio si, qualche bacio soltanto.

Ho baciato altri ragazzi, non è successo niente di più, qualche bacio, qualche carezza persino un poco osè, ma una volta sola…erano ragazzi. Lui è un uomo, non un ragazzo. A tratti il cuore mi batte all’ impazzata, a tratti sento vampate di calore ed il sudore…per tutto il tempo della cena.

Ora sono seduta di fianco a Lui, sul divanetto che chiamano il suo trono. Mi solleva ponendomi a sedere sulle sue ginoccia. Non ho paura, non esiste la paura. Uno sfiorare di labbra, cui non mi sottraggo, accetto le carezze che sfiorano il petto… Ora ho paura. Si alza e tenendomi per mano…dove mi porta? Solo ad un tavolo dove si fanno due chiacchiere. Ad un angolo ove due Padrone parlano di qualcosa che neppure capisco, in giro per la sala, scendiamoanche nel dungeon, risaliamo. Mi stringo a lui, felice di esistere, felice che Lui esista. Non è successo niente. Paure e dubbi si presentano innumerevoli volte ma sembra sempre avvedersene, sempre sa fugarli. Siete…dolce. No cara, sono duro con tutti ma non so esserlo con te.

Si è allontanato a dirimere una piccola controversia. Gina mi si avvicina e mi fissa, china in modo quasi impercettibile il capo. Se sono stanca e penso di riposarmi un poco, posso fare fare anche una doccia prima di stendermi. Paonazza sto per reagire male ma stimo questa donna, ho quasi affetto per lei. Trattengo le parole e poi incredula cedo perchè sono sudata ed una sciacquata…rispondo che certo non passerò la notte qui e rido… od imito una risata. Però una sciaquata sotto la doccia e un minuto di riposo non mi dispiacerebbero, cara.

Cinque minuti soltanto, penso prima di addormentarmi. Mi sveglio tra le sue braccia, discinta, paralizzata, incapace di recriminare, oppormi, pensare persino. Ho paura eppure accetto le carezze ed i baci. Tremo solo di paura? Non lo so. Mi balena l’ idea di provare a scacciarlo da quella camera, scaccio invece l’ idea. Ho paura di quello che potrebbe succedere e contemporaneamente spero succeda, è questa la verità. Una verità che mi sconvolge, che mi atterrisce. Non sono mai stata di un uomo, ho sempre considerato…cosa? Ho sempre tenuto in poco conto le donne che avevano così poco rispetto di se stesse da concedersi ad un uomo per un capriccio soltanto.

Lo amo? Ma questo non giustifica…mi prende tra le braccia sollevandomi. E’ forte, così forte, e poso il capo sulla sua spalla. L’ accappatoio di spugna copre ben poco, mai…io…con i pochi ragazzi cui ho permesso qualche confidenza, qualche bacio, una carezza attraverso gli abiti, mai…non penso, esiste solo…ribellati cretina…tra un attimo gli dico…mi sugge un capezzolo mentre la mano scende…che cerco di serrare…sei prepotente mormoro rendendomi conto di quanto sia futile dirlo…

Sono…non lo ho mai fatto…una leggera risata. Ne ero certo ma ora sei mia. No, io…non proseguo, non ho forse il fiato per parlare o neppure voglio che smetta.

Non smette. Io smetto di cercare di sottrarmi. Resto assoltamente immobile, trafitta e dolorante, il dolore che ogni donna…poi il nulla. Piacere, forse, certo quiete. Ormai ogni perplessità, ogni ripulsa è inutile. E’ già successo tutto. Sussulto, dopo qualche attimo sussulto di nuovo. Poi di nuovo e di nuovo, sempre più spesso, sempre più forte, mi abbatto con un grido incredulo, ansimante ed ora vergognosa ma felice. Ho un amante, sono la sua amante. Sono la sua donna e mi piace esserlo. Sono esterrefatta ma felice. Dolorante li in basso ma felice, sono felice. Un poco interdetta, perplessa ma felice.

Non credevo che avresti goduto così, che avresti avuto un orgasmo. Ero distrutta ma piacevolmente stanca, stanchissima. La prima volta, e lo avevo sentito dire pure io, una donna ben raramente prova piacere veramente. Lo inibisce il pudore e la paura di provare dolore…delle chiacchiere tra donne…Invece io ho persino gridato, ma di flicità e piacere, sono stata incapace di trattenermi…

Sei mia, mormora almio orecchio, poi morde leggermente il lobo, lo bacia. Le mani percorrono di nuovo il mio corpo, non risparmia nessuna sua parte, scivola e carezza i recessi più nascosti ed “inviolabili”, e di nuovo i baci e le carezze mi trasportano in cielo. Mi apro di nuovo a lui, alla sua virilità senza le pur poche idiozie di prima perche qualche difficoltà avevo pure frapposto. Sei mia mormora di nuovo. E’ uscito di me, si china a baciarmi l’ inguine, sei mia…si caro sono tua. Protendo istintivamente il ventre, da come si posiziona non è difficile capire cosa voglia di nuovo: me.

Il membro percorre la mia fessura e mi piace. Si, mi piace, mi piace, mi piace. Le mie compagne, poche o molte non so, hanno cominciato a…farlo molto prima di me. Ho aspettato ma così ho trovato Lui e mi sono data a Lui…intatta e ne sono felice. Felice ed orgogliosa. Solo una cosa mi infastidisce. Accetterà di buon grado per amor mio di rinunciare alla sua mania di giocare al padrone di schiave? Non ho dubbi, se mi ama lo farà.

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