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La pioggia sopra i tetti

By 19 Ottobre 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Il rumore delicato della pioggia che aveva appena iniziato a cadere interruppe per un attimo il flusso dei ricordi e le considerazioni che stava facendo.
Provvidenziale interruzione, a volte tutto quello che ci serve &egrave togliere il focus da quello che stiamo facendo, soprattutto quando siamo in una sorta di loop.
Smise di camminare distrattamente e senza meta per la casa e si avvicinò alla finestra dello studio, la aprì. Gli piaceva l’odore della pioggia, quello che ti annuncia il suo arrivo quando ancora non hai la possibilità di accorgerti delle goccioline che danzano, scendendo dall’alto e che dura per qualche istante prima di scivolare via anche lui.
Restò perso a guardare quel gioioso balletto, respirando e gustando il profumo che gli arrivava, notando come i tetti degli edifici del centro storico dei quali godeva il panorama dalla sua posizione privilegiata stessero cambiando colore diventando lucidi e splendendo dei riflessi della luna.
Aveva sempre guardato volentieri i tetti, considerandoli delle specie di tappi di vasi di pandora di quotidianità diverse e di eventi fuori dall’ordinario, cercando di farli parlare, di farsi raccontare i segreti più inconfessabili. Tante volte ci era riuscito, certo, con l’aiuto fondamentale di qualche confidenza… Ma ci era riuscito. Aveva costruito con loro mille storie, a volte veritiere, molto più spesso davvero ai limiti dell’incredibile, in qualche caso in maniera sorprendente aderenti alla verità.
Si chiedeva, in quegli istanti, se fosse l’unico a rilassarsi così e nel caso non lo fosse si divertiva ad immaginare i racconti del proprio tetto, quello che poteva toccare dal soppalco fatto costruire apposta sopra alla sala, togliendo un pezzo di soffitto, solo per guadagnare qualche metro quadrato e ricavare un angolo relax.
Mai spesa ingiustificata fu più felice! Vero: il rapporto tra costo ed effettivo guadagno di superficie era stato altamente sfavorevole, ma il guadagno in attimi di eterno vissuti in quel piccolo spazio aveva compensato il lato economico. Certo, non sarebbe servito a coprire i costi in caso di vendita, ma non tutto dev’essere quantificabile in termini monetari, no?

Come solo i felini sanno fare il suo gatto si materializzò sul davanzale, appoggiando delicatamente una zampa sul suo avambraccio mentre un ‘meow’ tra richiesta e curiosità gli usciva dalla bocca, spezzando l’incantesimo. Non aveva ancora capito se i gatti fossero specializzati nell’interrompere momenti come quello per semplice egoismo o perché fosse esattamente il momento esatto per interromperli lasciando un’aura di magia.
In ogni caso interpretò il gesto come una richiesta di cibo, confermato dal pedinamento del compagno peloso al suo dirigersi verso la cucina. Soddisfatte le esigenze del piccolo amico tornò verso la sala, si incamminò sulla piccola scala in acciaio e legno e raggiunse il soppalco, si accomodò sul futon, prendendo due cuscini ed appoggiandoli ad una vecchia testiera da letto che fungeva da schienale in modo da essere semisdraiato e si mise a fissare il legno delle travi del tetto.

Ridendo iniziò nella sua mente a parlare con il suo tetto, canzonandolo gli disse: ‘Vecchio mio, potreste raccontarne tante ma non questa, sono troppi i particolari che non conosci!’.
Una risata di buon gusto, gioviale, tenera e bonaria introdusse la risposta: ‘Noi tetti sappiamo sempre tutto, in questa zona siamo qui da molto prima di voi e lo saremo a lungo anche dopo di voi. Come voi parliamo, sentiamo, vediamo, non giudichiamo e ci riportiamo a vincenda i fatti dei nostri ospiti. Non siamo guidati da impressioni, preconcetti e pregiudizi, per noi esiste solo la storia in sé. Ed i pezzi mancanti della tua mi sono arrivati, quasi in diretta, quasi come se avessi vissuto anche quelli su quel futon.’ Ed aggiunse: ‘Dovresti saperlo!’.
Se avesse potuto avere un’espressione sarebbe stata qualcosa di molto simile a quella di un personaggio di un film di spionaggio quando guardando con aria di vittoria il rivale pronuncia due parole: ‘Scacco matto’, per lo meno lo immaginò così.
Sorridette divertito, ribattendo: ‘Allora tu come la racconteresti?’, conoscendo la risposta.
‘Dall’inizio e con ordine, ovviamente’

La pioggia l’aveva davvero aiutato, così come il dialogo fantasioso con il suo tetto.
Staccare un attimo dai pensieri serve, eccome se serve. Non sapeva se voleva raccontare questa storia, non sapeva come avrebbe voluto raccontarla, adesso aveva le risposte.

Ci sono storie che vogliono essere raccontate, questa &egrave una di quelle.

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