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La supplente di matematica – 2

La supplente di matematica

Capitolo 2

Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, scrivete a william.kasanova@hotmail.com. Il mio profilo Telegram è @williamkasanova

Isabella prende dal tavolo il suo Samsung Galaxy che squilla e spegne la sveglia con un movimento del pollice.
«Si è fatto tardi,» sospira e chiude il quaderno. «Devo andare».
I nostri pomeriggi di studio insieme non sono più produttivi di quelli che passo da solo, se escludo il passaggio a letto, ma non sono più contento di lei che siano giunte le cinque. «Peccato…» Mi alzo in piedi, prendo la sua giacchetta e gliela tengo aperta. «Quando ci vediamo di nuovo?»
Sorride infilando un braccio in una manica. «Ma per fare qualcosa vestiti o…»
Fingo di pensarci un paio di secondi. «O».
Mi bacia prima di infilare anche l’altra manica. «Scemo».
L’accompagno alla porta, quasi tentato di dirle che sarebbe più utile controllare che le mie palle non si siano riempite per non rischiare che mi venga in mente di svuotarle in una qualche altra figa, quando il suono di una chiave che fa scattare la serratura dell’ingresso mi fa irrigidire. I miei genitori non possono essere già di ritorno dal lavoro! Non voglio che conoscano già Isabella, è troppo imbarazzante come mia madre si comporti con tutte le ragazze che porto a casa. Mi intimorisce il pensiero della situazione di imbarazzo che vissi in passato durante la presentazione delle mie fidanzatine, nelle battute di mia madre su quanto fossero carine, le domande su come si comportassero quando erano vestite e, peggio ancora, quando non lo erano, e i consigli di mio padre su come comportarmi con loro.
Da dietro la porta, invece, sbuca Daniele che rimane sorpreso nel vederci. Rimane sorpreso soprattutto nel vedere la mia ragazza. Un sorriso compare sul suo volto.
Anche Isabella, non potrei non notarlo, pare passare da uno stato di spavento ad uno di stupore. Il suo sorriso si apre ancora più di quello di mio fratello.
Daniele chiude dietro di sé la porta con un piede, sbattendola. «Ehi, ciao».
La ragazza non pronuncia una parola, incantata.
La fisso per un istante, chiedendomi come comportarmi, poi decido di presentare l’un l’altra. «Daniele, questa è Isabella, la mia ragazza. Lui è…»
La mia ragazza fa un passo avanti, fissando il nuovo venuto come se stesse vedendo una star del cinema. «Ciao, sono Isabella».
Daniele, quasi imbarazzato, forse la prima volta che lo vedo in quello stato, annuisce. «C-ciao, sono Daniele, il fratello di… di Gabriele». Per essere quello che si è fatto spompinare e si è scopato una che adesso è una star della tv, sembra non aver mai visto una donna: allunga una mano e dà una pacca sulla spalla a Isabella.
Cala il silenzio nel corridoio, con noi tre fermi, solo Isabella sposta in continuazione il peso da una gamba all’altra, come se fosse intenta a fare attività fisica a bassa intensità.
Daniele si passa da una mano all’altro un sacchetto di quelli in tessuto e riutilizzabili del supermercato. «Beh, vi lascio, statemi bene», e scivola tra di noi e si avvia verso la cucina. Si mette in punta di piedi per non rischiare di toccare la ragazza.
Isabella lo segue con lo sguardo, i suoi occhi luccicano e le sue labbra sono appena aperte, finché sembra avere la sfortuna di ritrovarmi nel suo campo visivo: a quel punto pare tornare alla realtà. L’espressione che trova sul mio volto la fa arrossire.
Stringe le labbra e si tortura le mani. Si avvicina al mio orecchio sinistro. Lancia un’ultima occhiata alla porta della cucina, assicurandosi che Daniele non sia in vista. «Tuo fratello è davvero bello…» sussurra, come se avesse scoperto che le voci che girano sono vere. «Quanto te, Lele,» si affretta ad aggiungere.
Non c’è bisogno che Isabella mi dica che mio fratello è bellissimo: lo sostiene chiunque, e, in passato, diverse ragazze hanno attaccato bottone con me solo per arrivare a lui senza troppi problemi e rischiare di beccarsi un due di picche in faccia, per quanto Daniele non abbia mai rifiutato una nuova amante se non per motivi di bruttezza. A lui basta la propria presenza per essere il soggetto dell’attenzione di qualsiasi donna, non so se per il suo fisico slanciato, gli occhi castani o i folti capelli, e per quanto io abbia avuto la fortuna di assomigliargli, la natura doveva aver consumato buona parte della figaggine con lui, in famiglia.
Per quanto sia abituato a questo, non voglio lasciar passare un comportamento simile proprio alla mia ragazza. «Meglio se vai o trovi traffico».
L’espressione di meraviglia sul volto di Isabella cede un po’ sugli angoli della bocca e nel luccichio degli occhi a quelle parole, e trattengo a stento un moto di dolore nel rendermi conto di quanto l’abbia colpita dolorosamente.
«Hai ragione,» dice con un tono piatto. Mi dà un bacio privo di calore su una guancia ed esce di casa senza aggiungere una parola.
Arrivo in cucina con la sensazione di essere una merda, pensando a come abbia trattato una ragazza che ha ancora nello stomaco la sborra che ha succhiato dal mio cazzo. Non mi comporterò mai più in questo modo così villano, lo prometto!
Trovo Daniele mentre fruga, di nuovo, nel frigorifero, una confezione di prosciutto crudo a fette in mano di cui sta controllando la data di scadenza o la marca. Mi lancia un’occhiata, un ghigno di soddisfazione sulle labbra, quindi lascia cadere la busta nella borsa e si allunga verso di me, scompigliandomi i capelli come faceva sempre quando era orgoglio di me.
«E bravo il nostro nanetto che si trovato una gran bella figa come fidanzata!»
Mi trattengo dal fargli notare per l’ennesima volta che ci separano forse un paio di centimetri per quanto riguardava l’altezza; è ben altro che ci separa, e mi spiace davvero parecchio. «Sì, Isabella è una ragazza bellissima… ma sono sicuro che non arriverò mai ai tuoi livelli per quanto riguarda le fighe che ti sei scopato…»
Daniele muove una mano come a scacciare una mosca fastidiosa. «Ma va là: alla tua età mica mi fottevo delle fighe come la tua Isa».
«Sì, ok, ma poi te ne sei fatte di gran gnocche». Sento una morsa al mio petto. «Come la Tadini».
Mio fratello si solleva, tenendo in mano un barattolo di maionese che cade lungo il fianco, e sospira. «Ah… Francesca… cazzo, che scopata che fu, quella…». Tace, ma da come socchiude gli occhi e sorride è evidente che l’esperienza vive, arde ancora nella sua memoria. «Ti ho mai raccontato di quando mi sono scopato quella figa galattica?»
Potrei descrivere quell’episodio come se avessi assistito tante sono le volte che me l’ha raccontato. Sono sicuro di essermi pure sognato di essere stato io quello che veniva cavalcato dalla ragazza che ora è una presentatrice televisiva tanto vivide erano le sue descrizioni, sia della scopata che del pompino alla gara. In effetti, la Tadini che, improvvisamente, smetteva di frequentare mio fratello doveva essere la più grande delusione della sua vita.
Daniele annuisce lentamente, i suoi occhi si chiudono appena. «Era mia, quella puttana…», quasi parla tra sé e sé, quindi pare prendere coscienza di dove si trova. Senza nemmeno guardarlo, getta il barattolo di maionese nella borsa e mi guarda. «Sai come sai che una donna è tua? L’ho scoperto dopo anni che ho scopato ragazze».
Faccio spallucce. So che Isabella mi ama, ma… beh, il concetto che una donna possa essere di qualcuno è qualcosa che non capisco, che va contro tutto quanto mi hanno insegnato. Però, la cosa, sotto sotto, mi incuriosisce e attira.
«Lo capisci quando manda giù dopo che ti ha fatto una pompa». Daniele alza un dito. «Se una donna inghiotte la tua sborra… Quella puttana… come l’aveva inghiottito dopo quella pompa…» e di nuovo si perde nei ricordi, stringendo le labbra e gonfiando il petto.
Attendo qualche secondo, lasciandolo naufragare nella memoria di quel pompino, il mio sguardo che passa da mio fratello al frigorifero aperto e di nuovo a mio fratello, immerso nel momento in cui Francesca era inginocchiata di fronte a lui, a dimostrare quanto fosse brava nell’arte del succhiare davanti agli studenti delle quarte e delle quinte della scuola superiore di Caregan. Sono sul punto di parlare quando torna di nuovo alla realtà.
«Isabella te lo succhia?»
Se me lo avesse chiesto chiunque altro sarei rimasto in imbarazzo. Ma è Daniele, e come lui mi racconta ogni sua migliore scopata, io gli confido ogni mia piccola vittoria e dubbio nel campo del sesso e della seduzione. Non posso trattenere l’orgoglio per come sa usare la bocca Isabella. «Sì, ed è fantastica. Finiamo sempre con un pompino incredibile!»
Annuisce soddisfatto. «Bene, bene, nanetto… Hai trovato una gran figa e una gran porca. E si beve la tua sborra?»
I miei genitori non si sono mai dimostrati fieri di me per qualsiasi cosa abbia fatto in vita mia come lo è Daniele per la mia vita sessuale. «Sì, tutte le volte, e dice che le piace il gusto».
«Beato te, nanetto! Avere la sborra saporita ti aiuterà ad avere tue molte donne! Una volta che l’hanno bevuta, non smetteranno di pensare a te!»
Una parte della mia mente non può evitare di farmi notare che la Tadini beveva il seme di mio fratello e poi lo ha mollato lo stesso. Cerco di scacciare quella che doveva essere, come si dice, l’eccezione che conferma la regola. Poi che ne so, magari si ditalina pensando a Daniele anche se è a Roma e lavora in tv.
Mio fratello torna a ravanare nel frigo. Prende una lattina di birra, ne controlla la gradazione alcolica e fa una smorfia. «Perché cazzo continuano a prendere questa merda? A Viola non piace così leggera…» mormora. Solleva le spalle e la mette comunque nella borsa.
L’orologio da parete segna pochi minuti alle cinque e mezza. «Se aspetti un momento, i nostri vecchi arrivano dal lavoro».
Daniele chiude lo sportello del frigorifero con la stessa grazia con cui ha chiuso la porta d’ingresso e solleva la borsa. Il contenuto emette una cacofonia di tintinnii e vetro che cozza. «Non voglio disturbare. Saranno stanchi quando tornano. Meglio che vado».
Lo accompagno alla porta. «Ci vediamo».
Mi fa un cenno con il capo. «Ciao, nanetto,» e trascina dietro la borsa fino alle scale. Si gira. «E ricorda…» e fa un gesto che a chiunque non abbia seguito la nostra discussione in cucina penserebbe che mi stia consigliando di bere fino ad ubriacarmi.
Aspetto che scompaia scendendo le scale, quindi mi chiudo in casa, ripetendo sottovoce: «Una donna è mia se beve la mia sborra…»

Continua…

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