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La supplente di matematica – 7

La supplente di matematica

Capitolo 7

Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, scrivete a william.kasanova@hotmail.com. Il mio profilo Telegram è @williamkasanova

Isabella, sulla porta d’ingresso dell’appartamento dei miei genitori, mi guarda preoccupata. «Cos’hai, Gabri? Mi sembri molto giù di morale».
Mi sposto per lasciarla entrare. Non so se piangere prima o vomitare. Di sicuro non si possono fare contemporaneamente. «Non è nulla, cucciola…».
La ragazza fa un paio di passi, quanto basta per permettermi di chiudere la porta. La sua voce pigola quando mi chiede, prendendomi le mani tra le sue: «Non sei felice di vedermi?»
Non avevo intenzione di vedere nessuno dopo l’ennesima palata di merda che Sandra mi ha gettato addosso durante la lezione di matematica, il risentimento che cova dentro di me è troppo, e Isabella è la prima persona che eviterei di incontrare in quel momento perché lei mi dona sensazioni troppo piacevoli e non voglio siano corrotte dall’ombra che grava sul mio petto. Ma, nell’istante in cui il calore delle sue mani tocca il mio cuore, sento che una briciola di desiderio di abbracciarla nasce in me.
Mi esibisco in un sorriso malinconico. «Certo che sono felice di vederti. Accomodati».
Lei esita un istante, poi mi dà un bacio sulle labbra e mi accarezza la guancia. Sento un brivido caldo scuotere via un po’ di dolore.
«Dimmi cos’hai,» sussurra. Mette una mano nella tasca della giacca ed estrae una lattina azzurra. «A proposito, guarda cosa ti ho portato: è il mio gusto preferito, ti avevo promesso che te l’avrei fatto provare»,
Ha in mano una lattina di Monster al mango. Da come me ne ha parlato in più occasioni, dev’essere la bevanda più buona al mondo. L’appoggia sul tavolo insieme ad un’altra. «Assaggiala!»
Le restituisco il bacio sulle labbra. «Grazie, piccola». Strappo la linguetta e mi siedo davanti a lei, al tavolo del salotto. «Facciamo a metà».
Lei alza una mano, sorridendo. «Ne ho già bevuta una prima di arrivare: se esagero, poi questa notte non dormo». Le sue labbra perdono quella gioia che adoro vederle in viso. «Ma tornando a noi, cos’hai, Gabri?»
Bevo un sorso. Mi fa prudere il naso e, ha ragione lei, il sapore è fantastico: diventerà la mia bevanda preferita. «Non ho niente, te l’ho detto».
«Non mentire. Hai qualcosa che non va», dice, ancora preoccupata. «Lo sento».
Mi sfugge un sorriso di scherno. «E come? Mi leggi la mente?»
Isabella mi guarda come se avessi appena detto una stupidaggine colossale mentre si sfila la giacchetta e la appende allo schienale della sedia. «Dal tuo odore, è ovvio».
«Cosa? Che… che centra il mio odore?» Mi sono lavato, questa mattina, e non ho fatto attività fisica a scuola.
L’espressione di Isabella passa da “davvero devo spiegartelo?” a “ma hai vissuto su Marte fino ad ora?” «Trascorro tanto di quel tempo con la faccia in mezzo alle tue gambe a succhiarti il salsicciotto, Gabri, che respiro boccate di odore dei tuoi genitali quando sei eccitato: ormai riconosco a naso, e letteralmente, intendo, quando hai voglia di fare l’amore, e lo sei sempre quando mi vedi. E in questo momento non ne hai voglia».
Contemplo per l’ennesima volta il suo viso, i suoi occhi azzurri e i suoi lunghi capelli rossi. Fulvi, sono fulvi… Non ho difficoltà a immaginarla nuda, considerando il numero di volte che ho stretto il suo corpo al mio mentre la scopavo. Con un moto di sorpresa e di paura, mi accorgo che non ho ancora avuto un’erezione, da quando è entrata, cosa che mi succede sempre e che spesso lei afferra appena supera la porta, proponendomi di fare l’amore ancora prima di chiedermi come sto.
«Quindi, cosa c’è? E quella che risponde “nulla” sono io, quindi racconta».
Chiudo gli occhi, lasciando defluire il fiato dal naso. Non mi va di confessare cosa mi è successo, ma forse… «Sto avendo problemi con la nuova supplente di matematica». No, continuo a sentirmi una merda sotto una scarpa.
Quando riapro gli occhi, Isabella si è appoggiata allo schienale della sedia, le braccia incrociate sulle sue morbide tette. «Chi, la Nobili? I miei compagni di classe si dimostrano molto entusiasti nei suoi confronti. Hai problemi perché vorresti fartela, Gabriele, ma non te la dà?» Un sorriso di scherno e uno sguardo di dolore accompagnano quelle parole.
L’immagine della Sandra onirica sdraiata sulla cattedra mentre la scopo appare nella mia mente con l’intensità di un faro nella notte, e solo con uno sforzo riesco a dissolverla, aiutato dal timore che i miei coglioni, a quel pensiero, inizino a odorare di sesso, svelando alla mia ragazza che non ha l’esclusiva delle mie seghe. «No,» mi affretto a rispondere, «mi… tratta male».
Lo sprezzo scompare dal viso di Isabella. «Gabri, sappiamo entrambi che la matematica non è il tuo punto forte…»
Sospiro. «Sì, ma mi tratta come una merda ogni volta… mi manda pure a prenderle il caffè, nemmeno sia l’unica cosa che posso fare nella vita».
«Beh, sì, te lo concedo: questo è molto cattivo». La ragazza solleva le spalle. «La prossima volta, sputale nel caffè».
Le lancio uno sguardo severo. Già devo stare calmo in classe e comportarmi bene per non lasciar credere che sono come mio fratello, manca solo che mi metta a scatarrare nel caffè della supplente bella ma stronza… «Non sei di grande aiuto…»
Lei sorride. Porca puttana, quant’è bella… «Oh, sciocco, stavo scherzando. Ho io un’idea che ti migliorerà l’umore». Si alza in piedi, si prende con entrambe le mani il fondo della maglia e se la solleva.
Sorrido a mia volta. Cosa può scacciare il malumore che mi ha provocato Sandra se non scopandomi Isabella? Il cazzo è già in tiro: dubito che la ragazza possa comprendere, anche attraverso il suo infallibile olfatto, che si era messo in posa per l’insegnante e non per la mia fidanzata, e non farebbe comunque storie per funzionare per la ragazza e non per la donna.
Isabella è già nuda dalla cintola in su: non indossava il reggiseno e le sue belle tette sono davanti a me, i capezzoli ancora privi della rigidità dell’eccitazione, ma mi considero pronto a risolvere quel problema. Sposto indietro la sedia e Isabella si siede sulle mie gambe, abbracciando la mia testa mentre io inizio a succhiare i suoi capezzoli.
«Mmh…» fa, mentre li sento diventare più turgidi sotto l’azione della mia lingua. Afferro la tetta con entrambe le mani, morbida e calda, massaggiandola come farebbe un gatto mentre impasta. Ha sbattuto contro qualcosa: ha un livido bluastro. Deve far male sbattere una tetta…
Il lungo gemito di Isabella mi riporta alla realtà.
La ragazza mi bacia sulla testa. «Gabri… leccami la micia… sono tutta bagnata».
Il profumo di sesso che sale dal suo inguine mi sta facendo arrapare sempre più, rendendomi impaziente di scopare ogni buco del suo splendido corpo, riempirla di sborra al punto da farla colare.
Lei si alza da me, i suoi capezzoli rigidi che luccicano per la mia saliva. Fa un paio di passi indietro e si abbassa i pantaloni e le mutandine, scalzandosi le scarpe con i piedi e abbandonandole poco lontano con un paio di pedate. Si siede sul tavolo, sollevando le gambe: le afferro i pantaloni, le mutandine e le calze e glieli sfilo. Isabella apre le cosce, lasciandomi vedere la sua fica gocciolante di desiderio, sovrastata dal ciuffo ben curato di pelo rosso…
Un tuffo al cuore. L’immagine della Sandra onirica, con lo stesso cespuglio castano sopra la sua passera, prende possesso della mia mente. La professoressa, anche lei su un tavolo, con io che la possiedo, sembra prendere il posto della mia ragazza davanti a me.
Scuoto la testa, sbattendo gli occhi.
«Ti sto aspettando…» cinguetta Isabella, un paio di dita della mano destra che discostano le labbra della sua fica, imperlata di umori, mettendo bene in vista l’imbocco dell’utero e dell’uretra. La ragazza si morde il labbro inferiore. Una nuova ondata di eccitazione mi toglie il fiato. «Vuoi restartene lì a guardare o vuoi fare le coccole alla mia micia?»
Mi avvicino, sbottonandomi i pantaloni. Li lascio cadere sui piedi e, privo di scarpe, li scalcio via. Ho maggiori difficoltà con le mutande, impuntandosi nel mio cazzo in tiro.
Isabella lo contempla con un sorriso. «Oh, sono felice di piacerti tanto… Chissà se te lo fa tirare tanto anche la Nobili…»
«Che stronza che sei…» ribatto. «Mi piaci solo tu».
Lei ride. «Come no. Sono sicura che pensi alla sua passera quando è in classe». Allunga una mano e afferra il mio cazzo appena sotto la punta, muove il polso e mi scappella. Il polpastrello del suo pollice si appoggia sul glande e comincia a spargere il liquido che è uscito dal meato per l’eccitazione.
Un brivido di piacere esplode nella mia mente e il bisogno di sborrare cresce fino a diventare un malessere simile al mal di pancia. Le palle cominciano ad indurirsi. «Stai per farmi venire, Isa…»
La mano della ragazza comincia a muoversi su e giù lungo l’asta. «Ah, quindi per avere un orgasmo con me devi mettermelo dentro e spingere, ma se parliamo di quella basta il pensiero? La cosa è preoccupante».
Stringo le gambe, come se stessi trattenendo una pisciata. Non voglio sborrare mentre parla di quella troia… Capirebbe che mi arrapa per davvero pensare a lei… «Isabella, finiscila!»
La ragazza lascia il mio cazzo come se si fosse trasformato in un viscido serpente. Mi fissa con rabbia. «Non si può nemmeno più scherzare?»
Un’ondata di stordimento mi stringe lo stomaco. Una di rabbia lo fa ribollire. Sollevo le mani come a mostrarle che sono disarmato. «Senti Isabella, mi spiace…»
«No!» Lei volta la testa da una parte per non guardarmi, si stringe le braccia sui seni e chiude le gambe. «Voi ragazzi, come si parla della Nobili, perdete ogni inibizione, vi comportate come dei pervertiti. Fate schifo».
Il ricordo della scopata immaginaria di ieri scorre nella mia mente come un video, io che immobilizzo la Nobili, le apro le gambe, la possiedo contro il suo volere, la insulto. Ho uno degli orgasmi migliori della mia vita…
Lo stordimento e la rabbia abbandonano il mio stomaco per lasciare posto allo stimolo a vomitare.
Apro la bocca per ribattere che mi sto comportando all’esatto opposto, ma lei non mi lascia pronunciare una singola parola. Si alza dal tavolo e va a raccogliere i suoi vestiti dal pavimento. Quando si abbassa, le sue chiappe si spalancano sul buco in cui ho trovato un piacere sconvolgente diverse volte. «Pensavo fossi migliore di loro, Gabriele». Si infila le mutandine con movimenti decisi, come se stesse rivestendo il suo inguine con una lastra di metallo inossidabile. «Volevo un uomo accanto a me, non un ragazzino che pensa alla sua prof tettona e…» Mette una mano a tubo e la muove come se fosse intenta a shakerare qualcosa.
Adesso cosa porca puttana ho sbagliato? Sono affranto mentre rindossa i pantaloni e la maglia, si mette le calze in una tasca della giacchetta, dalla quale cade il reggiseno. Mi fissa come se fosse colpa mia, si abbassa a raccoglierlo e lo mette nell’altra tasca. Indossa la maglia; quando la sua testa esce del buco nel tessuto, mi guarda con astio. «Ero oberata dagli impegni, oggi pomeriggio, ma ho deciso di dedicare un po’ di tempo alla persona che amo e mi ritrovo a sentirlo parlare di quella…» Il viso di Isabella è puro, semplice disgusto, e sembra sputare un boccone avvelenato quando dice: «…troia di un’insegnante per tutto il tempo».
No, adesso basta. Faccio un passo avanti, e solo in quel momento mi accorgo che ho ancora il cazzo all’aria, ormai moscio. «Ma se ne hai parlato solo…»
La ragazza è arrivata alla porta d’ingresso, i vestiti messi male. Si gira, scoccandomi un’occhiata colma al tempo stesso di tristezza e risentimento. «Una volta mi dicevi sempre che ero la ragazza più bella al mondo, ma a quanto pare non lo sono più, ai tuoi occhi», e gli stessi le luccicano. Apre l’uscio, fa un passo fuori casa e, con la porta socchiusa, aggiunge con la voce rotta: «Pensa a come mi hai fatta sentire, Gabriele, oggi pomeriggio. La prossima volta, cerca di trattarmi meglio, o non avrai il diritto per una successiva».
La porta si chiude sbattendo, lasciandomi con la bocca aperta per ribattere, per quanto sia troppo stordito per avere anche solo idea di cosa dire a mia discolpa.
Resto come un coglione in salotto, nudo dalla cintola in giù, con il desiderio che si sta trasformando in altro malessere che alimenta la rabbia che già provavo prima. «Vai a fare in culo anche tu…» sibilo. «Ma chi cazzo riesce a capirvi, voi dannate donne?»
Mi rivesto pieno di rancore, indeciso se tornare a studiare, passare ai videogiochi o sfogare la rabbia sul fotomontaggio di Sandra nuda… vada per Sandra. Dopotutto è quella zoccola che mi sta facendo passare un periodo di merda, non solo a scuola ma anche nella mia vita privata. Sul tavolo, accanto al mio telefono, dove ho la foto modificata, c’è la lattina di Monster quasi intonsa, se non per il sorso che ho bevuto.
Prendo la lattina, vado al lavandino a svuotarla.
Mi trattengo all’ultimo istante. Lo berrò davanti a Isabella, quando tornerà la prossima volta: voglio vedere che faccia farà, ripensando a come si è comportata oggi lei, e non io.
Appoggio la lattina accanto ai fornelli, prendo un pezzo di pellicola trasparente e ve lo avvolgo, quindi la sistemo nel frigorifero.

Continua…

Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, scrivete a william.kasanova@hotmail.com. Il mio profilo Telegram è @williamkasanova

4 Comments

  • Rebis Rebis ha detto:

    E si comincia… Riuscirà il nostro eroe a ottenere la sua vendetta?

    Davvero un ottimo racconto, come sempre. Di contro, ancora il mio non è stato pubblicato

    • Grazie, Rebis. Volevo che Gabriele si ritrovasse a dover gestire sia la sua attrazione verso l’insegnante gnocca che il rischio di perdere la sua ragazza con la sua particolare abilità (non per altro la storia si apre con loro due che fanno sesso e lei dimostra di saper usare la bocca, proprio per far intendere cosa rischiar di perdere Gabriele nel correre dietro allla prof).

      Ho letto il tuo racconto. Davvero ottimo. Spero sia letti da più persone possibili.

      • Rebis Rebis ha detto:

        Grazie mille! Sono davvero felice che tu abbia apprezzato! La mia speranza è che piaccia anche ad altri.
        Intanto aspetto sempre il seguito di questa tua storia, che mi ricorda alla lontana le fantasie di molti miei compagni su una certa prof d’inglese…

        • Un peccato che poche persone commentino i racconti / capitoli, sarebbe utile avere feedback dai lettori riguardo al gradimento della trama, personaggi, scene di sesso e via discorrendo.

          Per il mio racconto, dovrebbero mancare altri sette capitoli. Considera che ne pubblico uno alla settimana, quindi se vuoi leggere tutto in una volta, mandami pure una email o un messaggio su Discord.

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