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Lui e Maria contro Vanessa

By 11 Dicembre 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

 

 

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La tua aria da saputella mi attizza otto volte su dieci. Tranne quando esageri con la stessa ingenuità delle bimbe che non capiscono quando è l’ora di finirla e la stessa arroganza patronale della razza estinta delle aristocratiche. È nitroglicerina del nostro sesso. Lo sappiamo io, tu e Maria, la tua inseparabile amica. L’altra volta me l’hai confessato mentre sei venuta come una fontana. Le racconti tutto  di noi, come lo facciamo, come ti sculaccio come impazziamo per il sesso anale. Mi hai pure detto che quella stronzetta ci invidia, anzi ti invidia. È un rapporto morboso il vostro, tu sei la poliziotta cattiva, lei quella buona. Meno bella di te, più timida, meno esperta, probabilmente vergine di culo, la prendi velatamente in giro anche davanti a me eppure… Sotto la scorza di impacciata deve nascondersi una belva assetata e perversa. È la terza volta che usiamo le manette, ogni volta fai di tutto per provocarmi, per farti punire. È come una giostra una volta che partiamo non decidiamo noi quando fermarci. La giornata è iniziata bene, il sesso di prima mattina, appena svegli, sotto le coperte, nudi, col freddo attorno. Dovremmo essere sazi invece. A meta mattina quando Maria è passata a trovarci non resisto, del resto ho il dubbio che mi abbia provocato quando ti sei abbassata per raccogliere i panni dalla lavatrice giusto quando lei ha suonato. Metterti il perzoma di pizzo nero sotto la tuta da casa. Che troia che sei. Intrattengo Maria, ci diamo il cambio, giusto il tempo di scambiare qualche battuta con lei e sentirmi canzonato sul fatto che mi stima perché non mi ha in mezzo per casa, controbatto che la cosa ha i suoi pregi che conosci benissimo, calcando il tono in maniera da far arrossire Maria, ma non mi degni di risposta, mantieni un contegno indifferente odioso ed eccitante al tempo stesso. Sento che abbassate il tono di voce e ridete. Ti odio, non  te la faccio passare questa, te lo giuro. Con una scusa ti chiamo in cucina, ti spingo sul frigo, unisco i tuoi polsi le mani sulla testa tenendoli con una mano. Con l’altra scendo in mezzo alle tue gambe. Ficco a colpo sicuro due dita dentro te. Dentro una caverna liquefatta e calda. Lo sapevo, che  troia. Alle tue orecchie il mio sussurro ti suona come un ringhio, “cosa dicevate con quell’altra troia, ridevate di me? Mi rispondi con uno sguardo beffardo. Scappuccio il clito e impugno il pistillo tra indice e pollice, stringendolo a intermittenza, quasi sincronizzato con le parole insistenti.” Dim-me-lo, dim-me-lo” te lo ripeto sei sette dieci volte e sono tante strizzate per quante sillabe. Non demordi, le tue pupille sono accese di piacere e avverto minore resistenza nelle tue braccia. Ok – ti propongo – allora lo chiediamo direttamente a Maria. Ti rilassi, forse credi di essertela cavata, nella dialettica mi sei quasi pari, riesci spesso a vincere. Credi che nella discussione a tre avresti la meglio. “Fallo – mi rispondi con sufficienza – la verginella magari canta subito”. “Maria”  chiamo a voce alta, ma senza togliere le mie mani dai tuoi polsi e, soprattutto  dal tuo clitoride. Diventi rossa, sbuffi ma sento la tua figa contrarsi e, incredibilmente non smettere di bagnarmi le dita. “Maria, vieni, Sei di casa lo sai” sobbalzi e mi ripeti com voce concitata “cosa? sei pazzo, tu sei pazzo” ma ripetendolo il tuo tono si  colora involontariamente di caldo erotismo. Cambiarono diverse cose in pochi secondi, Maria arrivò con tranquillità e rimase ferma privandosi quasi di respirare per non rompere quel silenzio irreale. Io mi sono goduto lo sguardo spaurito eppure eccitato di Vanessa. E quello turbato di Maria, anche se un sorriso malizioso e perverso si allargava sul suo viso. “Allora, verginella, che te ne pare della tua amica” dissi a Maria con aria sfottente, sapendo benissimo che “verginella” non lo sopportava proprio come nomea. “Gliela diamo una bella lezione? – ripresi – facciamogli vedere che altro che verginella…”, Maria non ebbe bosogno di rispondere, un lampo di sadica gioia attraversò le sue pupille ed con un ghigno malefico andò a bloccare lei le braccia di Vanessa. In pochi secondi cambiò tutto lo scenario, Vanessa da dominante si ritrovo in minoranza, contro due complici crudeli, aveva paura, lo sentivo dal suo respiro, ma era trattenuta dal piacere e tutto sommato da una certa fiducia. Si fidava di noi, certo non avrebbe mai pensato a me e Maria nello stesso contesto, in “quel” contesto . “Maria, puoi farle quello che vuoi,  ricordi le seratw in cui ti prendeva in giro e io ti difendevo?” Vanessa rabbrividì, parve attraversata da una autentica scossa, eppure non smetteva di bagnarsi. “Ok, facciamo cosi proposi, ti aiuto, vediamo la signorina prepotente come viene. Guardala negli occhi, vediamo se li abbassa” . Vanessa comincio a tremare ripetendo una serie di “no” con la voce rotta dall’imbarazzo, dal pianto, dal piacere o da tutte queste cose insieme. Maria con un sadismo inaspettato la guardava fissa le stimolava i capezzoli con la mano non impegnata a bloccarle i polsi. Cominciai a picchiettare sul clito esposto di Vanessa alternando penetrazioni decise delle dita a colpetti sul clito. Maria taciturna come un killer straniero le strapazzava i capezzoli con rudezza impressionante. Vanessa era al culmine, così decisi di umiliarla ancora. “toccala anche tu” proposi a Maria senza staccare gli occhi da Vanessa, non volevo perdermi il suo sguardo impaurito. Vanessa urlò un inutile e prolungato” no”. Io tolsi le mani dal suo paradiso vaginale e osservai la maestria impareggiabile con cui una donna stimola la vagina di un’altra. “tesoro che troia che sei, stai venendo con le mani di Maria” Vanessa si bloccò, forse era troppo sentire a voce esplicitamente l’abisso di perversione in cui era sprofondata, cosi le accarezzai i capelli a teanquillizzarla a al contempo le ficcai un dito in culo, passando dietro la sua schiena e strappandole un urletto acuto sensualissimo. Era in una morsa, tra il mio dito dietro e quelle di Maria che la lavoravano davanti con più decisione di quanto immaginassi. Stava per venire, la conoscevo troppo bene, sembrava assurdamente acquietata invece era la quiete prima della tempesta. Stava resistendo a modo suo, quando Maria sorprese anche me: ficco due dita a uncino nella figa, piegandole verso l’alto per esporre il clito di Vanessa e… succhiarlo. Anzi risucchiarlo senza soluzione di continuità, mentre si portava una mano in mezzo alle gambe. Sentii le mie dita essere risucchiate dallo sfintere di Vanessa, l’anello di carnecominció a contrarsi come un sismografo impazzito. Vanessa venne con un rantolo, il tempo parve fermarsi, io contemplavo la testa di Maria china davanti a me, immaginavo la sua lingua accanirsi sulla carne di Vanessa e non so perché mi venne d’istinto di tirare giù i suoi pantaloni assieme agli slip, mi comparve il suo sedere burroso  e pallido, lo vidi sussultare, era venuta anche lei.         

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Il tempo parve fermarsi, Maria e Vanessa tremavano in preda all’orgasmo emettendo suoni gutturali e animaleschi. Maria gemeva e sfogava il suo piacere senza staccare la bocca salla carne di Vanessa. Vanessa teneva i denti stretti in un patetico tentativo di resistenza. Io ero durissimo ma non volevo avrei potuto innaffiarle, ci sarei riuscito in pochissimo tempo, ma visto che loro erano attaccate avrei dovuto fare da solo. Decisamente uno spreco. Rimasi a contemplarle finché i loro spasmi non andarono ad affievolirsi fino a farle afflosciare per terra. Maria rimare con la bocca sulla figa di Vanessa che era coricata a terra con lo sguardo perso verso il vuoto del soffitto. Maria rimase a pecorina con i buchi esposti. Osservai la figa pelosetta ma gonfia e aperta, così bagnata che controluce sembrava quasi vi fosse passato sopra dell’olio. Le chiappe abbondanti in quella posizione si aprivano come uno scrigno mostrando un buchino troppo piccolo in proporzione. La sua verginità anale era una via di mezzo tra una presunzione di Vanessa e un mistero dettato dalle negazioni imbarazzate e non troppo convinte di Maria alle domande pressanti di Vanessa. La cosa mi intrigava, ma era ancora il turno di Vanessa. Che peraltro era ormai entrata nel vortice del piacere perverso. Accarezzava i capelli di Maria con affetto. Gratitudine o voglia di non farle staccare la bocca dalla figa affamata? Ebbi gioco facile a mantenere quella atmosfera di estasi, mi serviva per plasmare Maria e soprattutto Vanessa ai miei progetti molto molto spinti. Il piacere a volte si nasconde dietro i sentieri più impervi. Accarezzai dolcemente il culo di Maria, e con l’altra mano liberai i suoi polpacci dal groviglio dei pantaloni intrecciati con gli slip. Slip tra l’altro ordinari, non doveva aspettarsi la clamorosa svolta erotica. Tirai via anche la tuta e il perizoma di Vanessa, senza resistere alla tentazione di annusare il tessuto bagnatissimo dei suoi succhi, ed io stesso mi tolsi i pantaloni rimanendo in boxer.  La dinamica sembrava cambiata, o meglio era tornata come prima della svolta perverso erotica. Vanessa sembrava una regina, deliziata devotamente nelle carni da un’ancella. Non andava bene, Vanessa doveva ancora passare dal cammino buio della dominazione lo volevamo tutti: io  Maria, ne ero sicuro, e le fighe di entrambe, ne ero ancora più sicuro. Scivolai verso il petto di Vanessa, accarezzai con vigore crescente i suoi capezzoli, e i suoi capelli dolcemente. Leccai con la lingua come un pennello la strada tra il suo petto e l’orecchio mentre le stringevo una mano. “tesoro, sei una sublime troia, non è finita- le sussurrai all’orecchio – ti farò godere, ma ti avverto sarà meno facile del previsto, ti farò male, ma sarò con te e soprattutto ribellarti sarà inutile. Sei la mia troia” nel fare questo la baciai teneramente sul collo. Ma con l’altra mano le stritolai un capezzolo crudelmente. Nel suo urlo c’era tutto, la rabbia paurosa della regina che sta per essere spodestata, il piacere subdolo, i suoi capezzoli rimanevano di pietra. Strinse per istinto le gambe soffocando Maria per qualche secondo. Poi in contemporanea io liberai il suo capezzolo, Vanessa la testa di  Maria che ora ansimava con gli occhi fuori dalle orbite. “vedi cosa ti ha fatto questa troia, ti aiuto io a punirla”. Alzai Vanessa, e la trascinai in cucina. Maria ci segui come un androide, il suo sguardo furente sulla sua faccia da ragazza secchiona era un’inno all’erotismo più raffinato e perverso al tempo stesso. Presi una sedia e mi sedetti, imponendo un silenzio carico di tensione. “Vanessa oggi subirà una lezione che non dimenticherà, gliela impartiremo assieme”. “Tesoro credi di essere tanto furba  invece alla fine sei una bimba viziata  e le bimbe così vanno educate, a suon di sculacciate”. “Maria – dissi battendo le mani sulle mie ginocchia – mettila qui”. Maria esitò un attimo, poi con la rudezza di una kapò nazista la strattonò, Vanessa accennò una reazione istintiva, ma Maria la tirò dai capelli. Ora era sulle mie ginocchia, adoravo il suo culo. Sodo, non troppo grande, le curve toste e sfacciate come il suo carattere. Lo avevo davanti, inerme tremava ancora un po Vanessa, paura credo e, sicuramente rabbia da orgoglio ferito  anzitutto dal suo stesso piacere, per inciso la sua figa mi stava bagnando le cosce. E la mia erezione marmorea sulla sua pancia doveva contribuire a ciò. La accarezzai, lentamente sulla schiena, l’avevo umiliata chiedendo a Maria di alzarle la maglia. Capelli, schiena di nuovo, il culo no, lo volevo “impreparato”. Maria guardava mentre con una mano tra le gambe si lavorava con lentezza e noncuranza “Vanessa deve dirti una cosa voglio che la guardi negli occhi, fissa, tienila ferma se necessario” le dissi. Lei si chinò davabti a Vanessa le afferrò i capelli alla radice e rimasero a pochi centimetri. Io accarezzai la schiena di Vanessa com una mano, con l’altra le diedi un deciso ceffone sulla chiappa destra. Il suo urlo fu più di sorpresa che dolore. Strinse i denti mettendo in campo il suo orgoglio e si limitò a ringhiare e divincolarsi. Tre cinque nove colpi decisi e ravvicinati e urlò un “ahia” infantile e femminilissimo. “Tesoro stai serena – dissi come parlassi con una bimba che deve subire una iniezione – siamo solo all’inizio, ma tranquilla ci siamo io e Maria con te”. Lo dicevo mentre accarezzavo il suo culo arrossato, teso, e caldo le mie mani fredde lo sentirono sussultare appena lo toccai. Era meraviglioso. Forse non sopportava questa sfottente tenerezza e tentò di alzarsi. Maria cercando il consenso nel mio sguardo la trattenne per i capelli. Io continuai, e cominciai ad attingere alla fonte inesauribile del piacere. Ficcai due dita nella sua figa scivolarono dentro di colpo da quanto era bagnato. Il suo dignignare i denti fu interrotto da un singulto e dalla sua figa che si contrasse di colpo, a b evo toccato un punto sensibile. Tirai fuori le dita e utilizzai i suoi succhi come un balsamo sulla carne colpita. Il suo odore di femmina colpiva le mie narici facendomi impazzire. Quel singulto però fu un’ispirazione, un dito tornò nella caverna liquefatta della sua figa. Smisi di accarezzarla e, con l’altra mano tirandola dai capelli la costrinsi a girare la testa indietro e guardarmi. Feci cenno a Maria di guardarmi. Non volevo perdermi lo sguardo di nessuna delle due. “Maria, ho le mani stanche, continua tu” lo dissi con consapevole e melliflua crudeltà. Le pupille di Maria  parvero attraversate da un lampo perfido e peccaminoso. Negli occhi di Vanessa c’era un piacere celato che solo io e lei conoscevamo  e una certa dose di odio, forse anche per quel mio dito che scavava nei meandri della sua figa che si contrasse come colpita da una scossa bagnando ancora di più  mie dita. Maria era pronta e squadrava la mano che avrebbe eseguito la punizione di Vanessa come fosse una racchetta.

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Per domande, suggerimenti, critiche e quant’altro scrivete a flash980@gmail.com   Maria aveva uno sguardo severo come una kapò nazista eppure mi sorprese l’apparente calma con cui si abbassò verso il sedere di Vanessa. Stette quasi a contemplarlo, le accarezzò la parte bassa della schiena e i capelli con una tenerezza che per me fu spiazzante. Eppure il suo sguardo rimanevo duro, l’espressione quasi pietrificata e con un ghigno niente affatto rassicurante. Scherzando dicevo spesso a Vanessa che avrei voluto essere lei, mi sarei toccato tutto il giorno. In quel momento non la invidiavo per nulla, seminuda, succube, esposta, in attesa di una punizione. La sentivo rigida anche se sembrava cedere alla carezze di Maria, doveva essere disorientata  dai due suoi atteggiamenti diversi, la durezza di Maria ormai diventata sua carnefice assieme a me e quella improvvisa tenerezza. Del resto non poteva vedere lo sguardo di Maria, io si, lo sguardo tetro ed un ghigno che si apriva sempre più. Ci guardavamo fissi, un po’ complici un po’ duellanti nello stabilire chi era più bravo ad addomesticare la preda umana che avevamo tra le mani nel vero senso della parola. Sempre guardandomi fisso e accennando un ammiccamento Maria iniziò ad accarezzare soavemente i glutei di Maria, li levigava facendomi inebriare con l’odore del miele della sua figa che avevo prima spalmato sulle natiche pronte al probabile martirio. Un odore sempre più forte, Vanessa evidentemente continuava a gocciolare di piacere. Poi si interruppe un attimo, accenno ad un bacio al culetto ancora arrossato di Vanessa, ma era per spandere della saliva, ci soffiò sopra provocando un brivido a Vanessa e facendole venire la pelle d’oca, da arrossata diventava irresistibile. Continuò a soffiare quando d’un tratto librò in aria la mano e le inferse un ceffone fortissimo sulla natica destra. Ho sentito lo schiocco, distintamente, forse anche per la pelle bagnata ed il contraccolpo del bacino di Vanessa sulle mie gambe. Oltre, naturalmente al suo grido strozzato e che di piacere, stavolta, aveva ben poco. Da lì inizio una sequenza di una decina di schiaffi veloci e ben assestati, accompagnati da  Vanessa la sentivo tremare, vedevo i suoi muscoli contrarsi, ed il suo respiro irregolare mi preoccupava da un lato ma aveva un misterioso fascino. Maria si fermò di nuovo e, con studiata lentezza tornò ad accarezzare la parte colpita aspergendola con la sua saliva. Bofonchiava tra sé e sé in un eloquio incomprensibile. Interruppe il massaggio e iniziò sommessamente a ridere appena sentì Vanessa irrigidirsi come ad aspettare un’altra gragnuola di colpi. Anzi iniziò a farlo apposta, faceva un ampio movimento del braccio per poi fare atterrare la mano delicatamente sul culo di Vanessa come le facesse una carezza ruvida. Vanessa sussultava inutilmente e Maria soggnignava in maniera davvero sadica. Avevo rimesso le dita nella figa di Vanessa cosi sentito i suoi sussulti “da dentro” sembrava un sismografo impazzito. Vanessa sembrava quasi in uno stato di incoscienza, si lamentava ma il suo sembrava un mugolio continuo di difficile interpretazione. Ogni tanto il ceffone di Maria non era simulato affatto e la mano impattando sulla carne gia sollecitata delle sue natiche le strappava urletti di autentico dolore. Eppure la figa di Vanessa colava costantemente soprattutto dopo le contrazioni per i colpi subiti o temuti. Dopo qualche minuto di calma e coccole quasi materne, Maria iniziò a infliggere un’altra raffica di colpi al culetto ormai rosso come un peperone di Vanessa, stavolta si trattava di colpi forti e ritmati, ne avrò contati una ventina , accompagnati molti da una sorta di didascalia, “questo è per i ragazzi che mi hai soffiato da adolescente” “questo per quella volta che mi hai abbassato il costume in spiaggia” “questo è per quella volta che hai detto a Roberto che ero vergine” “questo è per quando mi hai detto che non avrei mai saputo scopare bene”. Questo gioco andò avanti per un bel po’, Vanessa venne due volte manifestando il suo piacere in maniera coerente al trattamento che subiva. Un orgasmo squassante durante le sculacciate, tanto che dovetti tenerle una mano tra i capelli mentre tentava di liberarsi dalla stretta, ed uno dolcissimo e prolungato come una nenia ipnotica mentre era coccolata da Maria.  In tutto questo Maria approfittò della stato di prostrazione di Vanessa per impiastricciarle i capelli di una bizzarra pozione, la saliva e il sudore di Maria, i succhi vaginali di Vanessa ed il suo stesso sudore freddo. Vanessa appariva sfinita come se avesse faticato e non semplicemente subito dei colpi. Non si spiegava altrimenti la sua inerzia, del resto nel pieno dei sensi avrebbe ucciso chiunque osasse sporcare i suoi capelli. Non so definire quanto durò questa giostra perversa, ero uno spettatore gaudente, anche perché quasi tutto il tempo tenevo le mani nella caverna vaginale di Vanessa. So soltanto che ad un certo punto era scesa una calma irreale, Maria abbracciava Vanessa facendo attenzione a non sfiorare la pelle irritata delle natiche. Mi faceva paura la sia capacità di passare dalla tenerezza di un cucciolotto alla spietatezza di un torturatore medievale. Anzi la spiccata tenerezza delle coccole di Maria avrebbe dovuto insospettire Vanessa se fosse stata nel pieno delle sue facoltà mentali. La spregiudicatezza di Maria mi faceva paura, eppure non potevo dirmi diverso da lei. Anzi a pensarci la verità era un’altra: Maria realizzava ciò che da solo non ero riuscito a fare, per prudenza, timore p non so che cosa. So solo che certi limiti che superai quella mattina con lei, fino ad allora erano impensabili. Ci leggevamo nello sguardo come una coppia di sbirri con anni di servizio alle spalle o una coppia di  malfamati sgherri, fate voi. Il mio squardo segui il suo, sul tavolo della cucina. Non ricordo bene,  forse al contrario fu lei a seguire il mio, magari la mia voglia di autoassolvermi confonde la mia memoria, so solo che entrambi guardammo il tavolo con i residui della colazione, le fette biscottate aperte, le tazze vuote, la marmellata invece già tappata e quel panetto di burro con la confezione semiaperta e con lo spalmaburro adagiato li in maniera del tutto innocente. Fino a quel momento. Il manico dello spalmaburro sembrava la pantomima di un vibratore, più piccolo, leggermente meno bombato, ma dalla forma pericolosa se in mani perverse. Io e la mia complice ci guardammo negli occhi, poi come d’intesa calammo lo sguardo sul corpo nudo dell’ignara Vanessa, stavamo per scendere ulteriormente negli abissi della perversione erotica.

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