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Ma che bel castello….

By 10 Settembre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

 

La marchesa di Pompadur ritornò alla villa tenendo il suo cavallo al passo anzi al canter.

Il canter come la maggior parte di voi lettori ben saprà, è quel particolare tipo di andatura del cavallo che sta tra il passo ed il trotto. Avendo bardato il cavallo con la sua sella preferita, quella con il vibratore incorporato, la marchesa oramai esausta tenne quel particolare passo che minimizzava la penetrazione data dal movimento della cavalcata. Non voleva sfiancarsi troppo per quel giorno avendo in mente altre occupazioni che le avrebbero sicuramento sfibrato le sue energie.

Quella mattina la sua colazione era stata particolarmente abbondante aveva abusato di wurstel e banane e le carote ahimè le dovette assumere spremute. Avendo così fatto un pantagruelico pieno di energie le poteva sperperare in ciò che era la sua massima passione: cavalcare!.

Arrivata che fu, preferì optare per l’argano per scendere dal cavallo.L’argano altro non era che una imbracatura fatta di cinghie le cui due principali avevano il compito di cingere le cosce mentre le restanti avviluppavano il busto, ed il tutto agganciato ad un argano azionato da uno dei stallieri preferiti dalla marchesa, la sollevo con estrema facilità dal cavallo, rimanendo poi sospesa a mezz’aria, in attesa del “ leccatore “.

Unico rumore che si sentì durante l’operazione fu quando estraendosi dal vibratore della sella si sentì distintamente un PLOP ! dato dal risucchio sul fallo irrorato dalle sue venute.

Il leccatore, un giovine ragazzotto di campagna, il suo preferito, aveva il compito dopo le sue cavalcate di leccarle per bene tutto il suo basso ventre onde asportare ogni stilla del suo nettare. Va da sé che l’essere scelto per questo compito portava egli maggior punteggio della sua valutazione, oltreché dargli il sommo piacere di leccare una passera di nobile casata.

Finito che ebbe il suo compito, la Marchesa fu depositata a terra con delicatezza, dove una delle cameriere personali, una giovinotta carina e di bell’aspetto, l’aiutò a disfarsi dell’imbracatura e l’accompagnò nelle sue stanze. La Marchesa si accorse solo allora dell’avvenenza della giovine, e chiestole il nome lo memorizzò pensando di poter usufruire della ragazza per alternarla al suo leccatore, sarebbe stato un grazioso diversivo di tanto in tanto l’aver la giovine a leccarla oltreché far andare su di giri lo stalliere addetto all’argano. Il solo pensiero la ringalluzzì invogliandola ad essere già al giorno successivo.

Si fece preparare un bagno tiepido ove avrebbe sonnecchiato per un po’ prima del massaggio ed asciugatura da parte della cameriera.

Una ventina di minuti dopo il sonnellino ristoratore la cameriera entrò nell’ampia sala da bagno e si prodigò a massaggiare con una spugna naturale l’intero corpo della marchesa. Sapeva bene la ragazza che tutte le mansioni subivano un valutazione in fatto di punteggio che la potevano far accedere ad incarichi più qualificati.

Inoltre la sua origine elvetica ben la predisponeva nell’accudire coscienziosamente ogni incarico datole, e fu con vera maestria che rallentò vistosamente quando si trattò di massaggiare il monte di venere della Marchesa ed anche la sua “valle dorata”. Riuscì a strappare alla nobile un piccolo gemito che la ripagò dei suoi sforzi nel cercare di soddisfare al massimo la Marchesa. Al termine aiutò la nobile padrona ad uscire dalla vasca per poi prodigarsi nella minuziosa asciugatura del corpo ancora tonico ed alquanto desiderabile della Marchesa.

Accompagnò la nobile nella sala massaggio, ove una addetta qualificata prese in carico la Signora Marchesa.

Questa venne fatta sdraiare a pancia in giù sul particolare lettino che venne aperto ad x, così da permettere alla massaggiatrice di poter lavorare sul corpo stando all’interno delle gambe divaricate del paziente. La massaggiatrice manipolò sapientemente il corpo abbandonato della sua paziente che di tanto in tanto ad occhi chiusi esalava qualche gemito ripagatore per l’estetista.

Al termine, quest’ultima lavorò parecchio sulla vulva della Marchesa per predisporla ad un successivo orgasmo. Venne delicatamente titillata aperta e richiusa più volte sino al sentire un rumore di sciacquettio dato dalle labbra, belle irrorate, e quando fu al punto giusto, la massaggiatrice dopo l’aver calzato una cintura fallica, con un pene di grosse dimensioni, e posizionato che lo ebbe esattamente all’entrata della grotta del piacere della Marchesa, penetrò sino in fondo e d’un sol colpo la figa della Marchesa.

Le strappò un grido inspirando a fondo per la sorpresa della penetrazione, anche se sapeva in cuor suo che questo determinava il completamento del suo massaggio. Estratto l’enorme fallo con un forte rumore di risucchio, l’estetista asciugò delicatamente la passerina della Marchesa e gliela profumò con una salvietta dedicata.

Quando più tardi si rialzò, la sig.a Marchesa si sentì decisamente in perfetta forma, e pensò che dopo un fresco succo di frutta avrebbe potuto sedurre qualche stalliere e farsi sbattere su qualche balla di paglia, a lei piaceva così tanto quel lato bucolico (pensò che il termine meglio non si addiceva alla situazione) dell’incontro nel fienile.

Decise di fare un salto nel salone a far quattro chiacchiere con il signor Marchese, ma ivi giunta vide che si stava trombando una serva. Questa distesa a pancia in giù su di un ampio tavolo veniva penetrata con regale calma e tranquillità dal suo blasonato consorte intento com’era a leggere le notizie dal giornale poggiato sulla schiena della ragazza.

Pensò ammiccando tra sé: quando vi è la cul-tura….

E sorrise in cuor suo alla sua improvvisa battua.

Decise di cambiar attività e dunque si recò nella sala della servitù per farvi un controllo, era troppo tempo che non lo faceva. Dovette desistere però, appena aperta la porta vide il valletto soprannominato “boccadoro” nel mentre si prodigava ad una lentissima fellatio ad un cameriere il quale in piedi si stava degustando ad occhi chiusi una marmellata.

Banana notò la Marchesa sull’etichetta. Cavolo pensò tra sé e sé dovevo assumerli molto più macho, se continua così me ne rimarranno pochi per i miei passatempi. Passò nella sala stireria dove vide la responsabile con la gonna tirata su in vita, seduta sulla faccia di una novella cameriera assunta da poco, che sdraiata sotto lei espletava come poteva il suo meritarsi il posto di lavoro. Era una regola imposta dal Signor Marchese che aveva il ruolo di selezione del personale per quanto riguardava quello femminile. Per quello maschile, la competenza invece era tutta sua e di questo se ne sentì alquanto fiera anche se rabbuiandosi un pò, rivide nel pensiero la scena di poco prima.

Tornò nel suo boudoir, si sentiva inappagata aveva un desiderio di qualcosa ma di qualcosa di speciale. E d’improvviso sentì un brivido lungo il corpo, le era venuta un’idea. Scese velocemente nelle scuderie a curiosare l’andamento e l’operosità degli addetti. Come al solito trovò due stallieri che si ingroppavano l’un l’altro. Che fessi, pensò, ancora devono capire cosa si intende al castello per “montare”. Peccato però, sarebbero stati altri due candidati per qualche cavalcata, e sospirando per il rammarico andò oltre. Pocoo dopo sentì nitrire un cavallo, subito lo identificò, quel verso possente deciso non poteva essere che Black King, lo stallone nero, una delle chicche delle scuderie del Marchesato. Si avvicinò lentamente ed appena sportasi rimase folgorata dalla scena. Una delle cameriere era china sotto allo stallone e si stava facendo ingroppare dal nero cavallo. Osservò con occhio clinico il viso della giovine che rasentava l’estasi.

Le venne l’acquolina… anche in bocca, dalla voglia d’esser al posto della serva, ma rimase ad osservarla fin quando la spruzzata esplose inondando la cameriera che fu sbattuta a terra dalla potenza del getto, le gambe aperte da cui colava la venuta dello stallone. La ragazza riuscì a rialzarsi e camminando con grande difficoltà ed a gambe larghe se ne tornò in camera sua.

La Marchesa ravvedendosi pensò che per ora era meglio rimanere con i calibri della servitù, filosofando in cuor suo che meglio tanti ed uno dopo l’altro che uno solo che rischia di tenerti poi ferma per mesi ed a digiuno.

E ricacciando dentro sé tutte le sue inappagate voglie, tornò ai suoi appartamenti. Avrebbe completato la sua giornata con i suoi godemichets preferiti, e dato che la sua collezione ne vantava oltre un centinaio, la giornata era alquanto propizia.

Chiamò la sua cameriera personale, avrebbe avuto bosogno di prepararsi ed allora chi meglio se non lei?

Un languore la invase, che bello pensò tra poco inizierò a godere ed intendo farlo almeno per ore!.

Ma soprattutto tappata dappertutto.

E con questa sua rima preferita si predispose mentalmente a quanto stava per succederle.

Ma decise che ve lo narrerà in un prossimo racconto, per adesso… sognate!

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