Skip to main content
OrgiaRacconti di DominazioneRacconti Erotici Etero

MANGIATA VIVA

By 17 Giugno 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Conto da stamattina le ore ed i minuti per terminare la giornata lavorativa, finalmente posso lasciare l’ufficio. Ho giusto il tempo per rincasare e fare una doccia veloce, poi mi dirigo alla mia auto quasi correndo, per quanto me lo consentano le mie scarpe a tacco alto e l’abito stretto. Mi sto recando all’aeroporto, dove sta per atterrare mio marito dopo un viaggio di lavoro durato quindici giorni.

DRIIN…oh no! il cellulare squilla proprio mentre sto imboccando l’entrata in autostrada. DRIIN…afferro la borsa e lo cerco spasmodicamente senza abbandonare il volante e mantenendo la concentrazione sulla strada. DRIIN…in mezzo alle mille cose utili e immancabili, che si possono trovare nella borsetta di una donna, il cellulare si &egrave disperso, come un ago in un pagliaio. DRIIN… oh cavolo, il quarto squillo!! Non sono riuscita a rispondere in tempo!

La regola del telefono: quando mi chiami ho tre squilli per rendermi disponibile a te, dopodiché scatta la modalità punitiva, che prevede dieci colpi di cane per ogni trillo andato a vuoto. Conosco bene la regola e purtroppo anche la punizione, talvolta non sono arrivata in tempo, nonostante il telefono sia diventato il mio compagno inseparabile, lo porto con me ovunque io vada, sul lavoro, in bagno, perfino a letto. Tu però sembri conoscere esattamente i momenti in cui abbasso la guardia, tipo questo, in cui non ho avuto il tempismo giusto. Afferro il telefono…DRIIN…premo il tasto di ricezione e piena di ansia rispondo: “Sono qui, Signore”.

Silenzio dall’altra parte, ti immagino gongolante, con il tuo sorriso sadico, mentre ti pregusti il tuo futuro divertimento: “Sono cinque squilli, tesoro. Sai vero cosa significa?”.

Deglutisco a fatica, so cosa mi aspetta…”Sì, Signore” rispondo con un filo di voce “significa che mi sono appena guadagnata cinquanta colpi di cane”.

“Esatto, ma non ti sto chiamando per il giochetto del telefono, anche se non nego che questa variante renderà tutto più eccitante” continui serio “stasera ho invitato alcuni amici per cena e ho bisogno di te per servire in tavola. Ti aspetto qui prima possibile”.

Ti interrompo senza quasi farti terminare la frase: “Non posso venire, sai che stasera torna mio marito, lo sto andando a prendere all’aeroporto”.

Silenzio assoluto…ma stavolta sento che non stai sorridendo. “Non ti ho chiesto se puoi, ti ho ordinato di venire e non vedo come tu possa avere scelta. Per questa tua irriverenza, tesoro, temo sarà necessario aumentare la dose di colpi”. Chiudi la comunicazione senza darmi il tempo di replicare, forse &egrave anche meglio così dal momento che ogni tentativo di tirarmi indietro diventerebbe ulteriore motivo di punizione. Devo essere pazza, ma imbocco la prima uscita, per poi ripercorrere la stessa strada all’indietro, diretta verso il tuo appartamento.

Arrivo a casa tua dopo circa un’ora piena di ripensamenti e sensi di colpa, fuori dalla porta si sentono le risate tipiche di un’allegra compagnia, suono il’

campanello e le voci calano notevolmente di tono. Apre la porta un uomo mai visto, che mi accoglie con un sorriso malizioso e accompagna alla frase “entra, accomodati” anche il gesto della mano. Ho disegnato sul volto un’espressione interrogativa, ciononostante ubbidisco ed entro nella sala dove il lungo tavolo &egrave completamente apparecchiato e sette uomini stanno già consumando le prime portate della cena. Non capisco perché mi hai chiamato con tanta urgenza, se poi avete preparato tutto da soli. Seduto tra loro c’&egrave il mio Signore, ti guardo sorpresa e incuriosita, rimango lì ferma in piedi in attesa dei tuoi comandi, mentre sono esposta allo sguardo indagatore e indiscreto degli altri uomini. “Questa &egrave la mia schiava” esordisci tu, sorpassando il brusio di fondo. Sono intimidita dagli sguardi e questa tua presentazione mi mette in grande imbarazzo, arrossisco e comincia a farsi strada nella mia mente un’idea che cerco di scacciare via. Se mi presenti come tua schiava, se la cena &egrave già servita, se mi stanno guardando senza ritegno, cosa mi verrà chiesto di fare?

Alzo la testa e pronuncio umilmente: “Buonasera Signore, e buonasera a tutti voi Signori” cercandi di rimediare all’insubordinazione telefonica. Cammino verso di te e mi inginocchio ai tuoi piedi baciandoteli. Ti vedo sorridere di compiacimento, almeno mi sto comportando bene.

“Rimani in ginocchio, vai in cucina e affetta la frutta che trovi sul ravolo”.

“Sì, Signore” prontamente mi giro e a quattro zampe esco dalla sala tra i commenti e le risate dei tuoi amici. In cucina mi dedico a tagliare a fettine le fragole, i kiwi, le albicocche, l’uva. Mi raggiungi che sono ancora indaffarata, in silenzio mi osservi, poi alzi una mano all’altezza del mio volto e con un dito mi sposti dietro l’orecchio una ciocca ribelle di capelli, questo gesto semplice mi fa venire i brividi e sancisce il tuo potere nei miei confronti.

“Spogliati completamente nuda”. Le tue parole mi fanno trasalire, la mia mente si rifliuta di obbedire con le persone che si trovano nella stanza accanto. Ti guardo sconvolta, con disegnato un no sul viso, ma senza il coraggio di pronunciare parola. “Ubbidisci a quanto ti ho detto…so che lo farai”. La tua mano scende sul collo e due dita si infilano sotto la spallina dell’abito e lo fanno scivolare sul braccio, abbasso gli occhi eccitata e deglutisco, poi aiuto le tue dita a liberarmi del vestito, poi del reggiseno e infine delle mutandine, mi tolgo le scarpe. Intimidita ti vedo sorridere malizioso, non so cosa stai macchinando ma sono certa che ne sarò la protagonista. Mi prendi per un polso e mi conduci verso la sala da pranzo, provo a fare resistenza, ma non molli la presa e mi trascini davanti ai tuoi amici. Nel frattempo il tavolo &egrave stato completamente sparecchiato, lasciando visibile il legno nudo, rimangono seduti attorno ad esso i sei uomini e non appena faccio ingresso nella sala sei paia di occhi mi divorano, mi scannerizzano, mi giudicano, mi cercano, mi desiderano. Averti al mio fianco mi dà coraggio e mi fa sentire sicura, anche se sei proprio tu che mi stai esponendo a loro. Mi conduci davanti al tavolo, mi fai piegare appoggiando su di esso il ventre ed il seno. Mani forti e rudi mi trattengono le braccia, altre mi divaricano le gambe. “Bella puledrina, vediamo se scalci mentre vieni battuta”. E in mezzo alle risate la prima bacchettata mi colpisce le natiche facendomi urlare dal dolore e dalla sorpresa. Mi ero completamente dimenticata della punizione, ma evidentemente non tu. Uno dietro l’altro i colpi si susseguono, impietosi, tra le mie urla e le mie lacrime. Ad un certo punto alcune dita mi sfiorano il sesso: “&egrave bagnata. Promette proprio bene la tua cagnetta”. Vorrei non esserlo, vorrei non dare a questi uomini motivo per umiliarmi o appellarmi in una certa maniera, ma il mio fisico non risponde ai comandi della mia mente. D’improvviso quelle dita ruvide mi penetrano, facendomi sussultare per l’intrusione non prevista e un gemito di piacere mi sfugge dalle labbra. Le bacchettate riprendono mordendo la mia morbida carne, so che non posso chiederti di smettere perché ne aggiungeresti altre, poi non posso sottrarmi perché sono bloccata da quelle braccia muscolose. L’unico modo per sfogare il mio dolore &egrave urlare e piangere, anche se &egrave umiliante, non riesco a trattenermi, il dolore &egrave troppo forte per rimanere impassibile. Noto che questo mio atteggiamento non fa che scaldare gli animi e far desiderare di perpetrare la punizione.’

Quando la gragnuola di colpi cessa, il mio sedere &egrave rosso, caldo e dolorante, porterò i segni per diverso tempo, avrò difficoltà a sedermi e non so ancora bene come li giustifichero’ con mio marito. Le mani mi spostano e mi fanno sedere sul tavolo, rinnovando così il mio dolore. Vengo sdraiata per tutta la lunghezza del tavolo, mi divaricano gambe e braccia. Ti avvicini al mio volto e mi dai un bacio sulla bocca, un bacio che mi fa assaporare il tuo possesso sulla mia carne e sul mio volere. Se sono qui non &egrave per mia scelta, &egrave perché tu lo vuoi. Ed io non posso più fare altro che realizzare i tuoi desideri. Mentre ancora sono ansimante e piagnucolante alcuni uomini usando delle bombolette mi cospargono di panna montata, un altro mi benda gli occhi. Posso solo sentire in contrasto con l’arsura del sedere, la panna fresca che sfiora la mia pelle…le piante dei piedi, le ascelle, l’interno delle cosce, le braccia, vengono disegnati due cerchi intorno ai seni. La sento sui capezzoli, sul collo, sulla bocca, sul sesso, sull’ombelico. Sopra la panna vengono posizionate le fettine di frutta da me preparate. Ora comincio a capire cosa sta per succedere e, mentre sto realizzando ciò che mi aspetta nell’immediato, ecco che mi sento succhiare sulla pancia, sull’alluce sinistro e sulla pianta del piede destro. Un altro paio di labbra mi stuzzica un capezzolo, mi sento leccare sul collo. Una bocca mi mordicchia l’altro capezzolo e un’ultima lecca la panna sul mio sesso. Sono al buio, ma odo il rumore di sette bocche che succhiano e leccano come fossero cani, che bevono dalla loro ciotola. Poi sento l’effetto di quelle labbra sulla mia pelle e sulle mie terminazioni sensoriali. Bocche che si aprono, labbra che succhiano, lingue che leccano, eccitano e fanno solletico, disturbano e fanno crescere il desiderio. Da rigida e bloccata l’azione di quelle bocche mi rende rilassata, disinibita e desiderosa di andare oltre il contatto orale. Il mio corpo si muove seguendo il ritmo del piacere, le bocche si spostano a stimolare altre zone sensibili, ma senza mai abbandonare il clitoride e i capezzoli, in un continuo crescendo di eccitazione. Dalle mie labbra escono gemiti di piacere, che richiamano una bocca sulla mia, che mi fa scivolare la sua lingua all’interno, esigente e possessiva. Mi ritrovo a rispondere con passione a questo bacio, mentre i miei fianchi ondeggiano strusciando alla ricerca di un maggiore godimento.

Poi la svolta: uno degli ospiti avvicina il suo membro alla mia bocca e lo infila dentro ed io faccio quello che finora &egrave stato fatto a me…lecco, succhio ed eccito. La bocca che mi stimola il clitoride lo abbandona per lasciare spazio alle dita di una mano, che lo tastano come fosse un interruttore, per poi scivolare nella fessura del mio sesso e muoversi dentro di me. Io sono impegnata a far scorrere la lingua lungo l’asta e ad accogliere il pene dentro la mia bocca fino a sfiorare la gola, mi sento penetrare da un grosso membro duro e voglioso, mentre i capezzoli sono ancora torturati da denti e lingue. Vengo montata da due uomini contemporaneamente, che mi riempiono con il loro liquido caldo. Sono poi sostituiti da altri due, finché non si sono svuotati tutti dentro di me, ansimando e gemendo il loro piacere. All’inizio mi sento sporca, poi mi trasformi in porca, mi piace essere dominata e desiderata, mi esalta sapere che sto procurando eccitazione e soddisfazione a più di un uomo. Cerco di ingoiare più che posso il pene che ho davanti, cerco di muovere il bacino assecondando il ritmo dell’uomo che mi sta scopando, facendolo entrare in me più profondamente che posso. Sono eccitata e raggiungo l’orgasmo, con il pene che ho in bocca che soffoca le mie urla.

Dopo essere stata riempita più volte e aver dato piacere a tutti gli ospiti, vengo sbendata, allunghi una mano a prendere la mia, mi fai scendere dal tavolo e con sguardo impenetrabile mi ordini: “Vai a ripulirti”. Ubbidiente mi rimetto a quattro zampe e mi reco al bagno. Mentre l’acqua della doccia scorre sulla pelle rivivo quanto &egrave appena successo, cosa tu hai voluto da me e cosa io ho accettato di fare e di essere per te. E soprattutto il piacere che &egrave scaturito dall’obbedire e dall’essere usata da te e dai tuoi amici. Stasera ho fatto cose di cui non immaginavo di esserne capace. Spengo l’acqua ed esco dalla doccia, ti trovo ad aspettarmi, mi avvolgi con il tuo accappatoio e mi asciughi. Comincio a sentire sul mio corpo le conseguenze di morsi e colpi di bacchette, sono dolorante in vari punti, ma principalmente sul sedere e mentre mi tocchi mi esce un guaito di disappunto. Mi togli l’accappatoio, con sguardo malizioso mi giri intorno e, soffermandoti sulle mie natiche, mi interroghi: “Cosa pensi di inventarti con tuo marito?”. Una risata di scherno mi sfugge dalle labbra…bell’interessamento, Padrone, ora che il danno &egrave fatto! Ma non sono certo queste le parole con cui ti rispondo: “Quando tornerò a casa troverò un uomo che ha voglia di sesso, quindi…non penso che avrò grossa scelta…farò sesso”.

“Vedrà i segni che porti”.

“Dovrò cercare di non mostrarli, Signore…gli farò un pompino anche se per stasera ne sono molto più che nauseata. Dovrò essere brava, anzi dovrò fargli un pompino con una tale foga, come se fosse l’ultimo che faccio nella mia vita”.

Mi accarezzi lussuriosamente con il tuo sguardo, appoggi le tue mani sulle mie spalle e mi spingi verso il basso, con un sorriso sadico e divertito mi sussurri sensualmente: “Non desideri forse farmi vedere come glielo farai?”

Sono esausta e incredula, speravo di conservare le mie ultime forze per dopo, ma mi sono scoperta troppo e come al solito te ne approfitti a favore del tuo divertimento. Sono in ginocchio con il volto davanti al tuo membro in piena erezione, le mie labbra si schiudono e inizio a leccarlo dolcemente, in tutta la sua lunghezza, ruotando molto lentamente attorno al glande con la lingua, per poi farlo scivolare dentro la mia cavità. Muovo la testa, lo infilo, lo faccio uscire poi di nuovo sparisce nella mia bocca, incalzando il ritmo. Alterno carezze leggere a movimenti più decisi, lo accolgo in profondità, fino a toccare il fondo della gola, a rischiare di provocarmi conati di vomito, a sfiorare il mio limite di ingoio. Le tue mani afferrano la mia testa e la premi contro il tuo bacino per cercare di penetrarmi ancora di più. E mentre il tuo pene affonda, le pareti morbide della mia bocca lo avvolgono e le labbra lo circondano, per raggiungere il punto di non ritorno. Mi inondi la bocca, bevo il tuo nettare e lecco ogni goccia residua.

Mentre mi ricompongo ti allontani e ti rivolgi a me dalla stanza accanto: “Ho un appuntamento, scappo o farò tardi. Sei stata brava. A presto”. E te ne vai senza darmi modo di proferire parola. Mi fai sentire una nullità, un oggetto…un tuo oggetto e questa sensazione mi fa rabbia e mi eccita al tempo stesso. Esco dalla tua casa ormai deserta e mi reco al mio appartamento.’

Varcata la soglia vedo lui, mio marito, un fisico statuario cinto solo di un asciugamano in vita. “Scusa per l’inconveniente…un’emergenza in ufficio” dico dirigendomi verso di lui. Arrivata davanti a lui mi inginocchio, sciolgo il nodo dell’asciugamano e, mentre le mani si impossessano del suo sedere, gli sussurro un istante prima di accogliere il suo pene in bocca: “Stasera saprò farmi perdonare…”

Leave a Reply