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Nuocere alla salute altrui

By 25 Ottobre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

“Tu sei come il Mc Donalds, la coca, le sigarette: sei terribilmente buona, nuoci alla salute e crei dipendenza”. Il messaggio che Massimo mi ha mandato stamattina è probabilmente il più bello che abbia mai ricevuto. Mi descrive alla perfezione: come sono, come sembro, come voglio essere. Indipendente, stronza, irresistibile. Sono fatta così. Massimo, povero, lo sto facendo diventare matto. Lo conosco da pochi giorni, fa parte del gruppetto allargato che frequento in questi prime settimane di università. E’ interessante, ma non sarà mai uno di cui mi innamorerò; detto questo, è esteticamente gradevole, moderatamente colto, e ha difetti tollerabili per un’amicizia. Una trombamicizia. Venerdì scorso ci siamo visti per un aperitivo dopo la palestra: abbiamo chiacchierato come due persone che sono all’appuntamento. A un certo punto l’ho baciato. Non so perché, e ci siamo baciati per un minuto buono. Poi, come se niente fosse, abbiamo ripreso a fumare sigarette, a parlare, e a bere il nostro Spritz Aperol (che qui a Milano costa come un coktail, assurdo). Vabbè. Salutandoci gli ho detto: “Magari diventiamo trombamici”, sorridendo maliziosamente. Lui però pensava scherzassi. Il giorno dopo, e anche domenica, mi ha tempestato di messaggi, a cui non ho risposto: non mi va di essere messa sotto pressione, odio star lì a dover rispondere perché come obbligata. Domenica sera gli ho scritto (senza nessuna scusa per i mex a cui non avevo risposto): “Ci vediamo domani?”. E così ieri ci siamo visti. Io avevo qualcosina in testa. Non che sia in astinenza eh, chiariamoci, i weekend sono fatti apposta per noi studenti universitari. Ma quella di venerdì per me non era una battuta. Così mi sono preparata come per un appuntamento di quelli che sai già come va a finire. Truccata ma non troppo; una maximaglia con leggera scollatura asimmetrica, dei leggings a tre quarti e gli stivaletti con il tacco. Accessori: la borsa e la cintura di Guess coordinate, una pashmina colorata ma non circense. Un po’ di lucidalabbra. Sotto push up d’ordinanza e perizoma dello nero e rosa dello stesso completino. Quando ci siamo visti (strategicamente in un bar vicino a casa mia), lui era impacciato. Si sentiva forse in colpa per i messaggi dei giorni prima, chissà. O forse perché parlavo di ragazzi. Così ho incominciato a stuzzicarlo come solo io so fare: voce impostata, ricerca del contatto fisico, chiari inviti a sfiorarmi le gambe, addirittura un: “Ti piace il mio culo?” detto da seduta, in maniera da dovermi alzare e girarmi per mostrarglielo bene. Al secondo Mojito (con un bacio leggero in mezzo), gli ho detto che abitavo a due passi e che non mi andava di far pipì in quel postaccio, che sarei salita e poi magari andavamo da qualche altra parte. Gli ho detto se gli andava di venire su da me. Ci siamo accomodati sul divano a farci un po’ di coccole, un massaggio, un bacio rubato. Ma niente di così hot. Così sono tornata in bagno, con la scusa di dover far pipì di nuovo. E invece sono uscita dal bagno con i soli leggings, il bra, la maximaglia e la cintura. Scalza, chiaro sintomo che non volevo più uscire. E senza perizoma, che nascondevo chiuso in una mano. Ho spento la luce. Lui pensava a qualche scherzo. Mi sono avvicinata a lui e l’ho baciato, quindi gli ho detto di aprire la mano. E gli ho dato il mio peri, dicendogli che andava prima annusato per capire cosa era. Già, era da un bel po’ che aveva preso un bell’odore, merito e frutto di tutti i miei pensieri delle ultime due ore. Finalmente si è svegliato. Mi ha coricata abbastanza dolcemente, forse troppo, sul divano. Si è strusciato e finalmente ho sentito che sotto c’era esattamente quello che desideravo, e pure di discrete dimensioni. Mi ha messo la mano in mezzo alle gambe, e i leggings sono diventati tovaglia quando ci versi sopra del vino, irrimediabilmente. Ha indugiato un po’ con le dita lì, prima di entrare dentro il leggings da sopra, e io, troia, dicevo “no ti prego” mentre tiravo in dentro la pancia. Non sapeva se ascoltare il mio “no” oppure se assecondare il mio linguaggio del corpo. Esplorando, ha detto “oooh” quando ha sentito che ero andata dall’estetista da pochi giorni. Io ho chiuso gli occhi, ho sperato che ci sapesse fare; così è sceso lungo il mio monte di venere con la mano destra, mentre con la sinistra mi accarezzava il culo. E’ arrivato dove le dita iniziano a far rumore se tocchi, specie se sei ben bagnata. E’ rimasto un po’ ad armeggiare, entrando poco e toccando punti giusti ma non giustissimi. Così ho levato la sua mano dalla mia zona hot, mi son tolta i leggings e gli ho tirato via la maglia, mentre lui si calava precipitosamente i jeans:a parte il fatto che portava degli orribili slip, era esattamente come lo immaginavo. Mi son sdraiata su di lui, mi son tolta la maglia, gli ho levato gli slip e ho incominciato a segarlo: discrete dimensioni, buon diametro. Gran addominale. Così sono scesa. Labbra. Lingua. Palato. Certo si fosse sciacquato sarebbe stato meglio, ma ho iniziato un bel lavoretto. Un minuto di mugolii suoi. Un altro minuto di respiro affamato. “Debora fermati”. Io pensavo fosse uno stop finto, come quelli che dico io. Io dico fermati per dire “continua così cazzo”. Ho dato altri due colpi con la lingua, due giuro. Mi ha scostata, inizialmente pensavo per resistere; invece è venuto. Tanto, fuori. Mi sono alzata e ho acceso la luce piccola: aveva sporcato anche il divano su cui tra l’altro solitamente siedono le mie coinquiline per guardare la tv. Io ero ancora accesa. Io volevo ancora. Si è ripulito con un fazzoletto, e ha incominciato a toccarmi, ma il momento ormai era andato. Non che non avessi goduto eh, era stato bello, e oggettivamente far venire un ragazzo così velocemente con la bocca è per me un motivo di orgoglio, però, cazzo’ “Posso dormire qui Debbie?”. “No”. “Come no?”. “No”. “E io volevo’ continuare”. “No”. Ho acceso una sigaretta e mi son rimessa le mutande. Non ero nè incazzata nè delusa, ma lui deve avermi percepita così e ha provato a farmi le coccole, la cosa più sbagliata che un uomo può fare in certi momenti. In certi momenti un saluto, un leggero bacio sulla bocca e andare via è la cosa migliore. “Non stiamo assieme, lasciami sola”, ho detto senza nessuna vena di cattiveria. Così l’ho fatto rivestire, l’ho accompagnato alla porta, e ha capito. Stavo bene. “Max sono stata bene”. “Non devi dirmi così per forza”. “Max, buonanotte”, e ho chiuso la porta. Mi ha mandato un messaggino, ma non l’ho letto. Ho sentito il drin dalla borsa. Sono andata in doccia, mi son seduta nell’angolo e ho direzionato il getto dove volevo io. Piove sul bagnato, dico alle amiche quando spiego questa tecnica. Piove sul bagnato, e penso a quando entrerà Max e mi farà godere fino in fondo. Un minuto, e arriva il sospiro classico che solo noi donne conosciamo. A Max, inutile dirlo, non ho ancora risposto. Ma la prossima volta che lo vedo, al di là del fatto che spero resista un po’ di più, gli dirò quando siamo ancora in giro, magari parlando d’altro, “Guarda che puoi venirmi in bocca'”

Deb

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