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PARENTESI

Arrivi al lavoro trafelata come sempre, è un mercoledì piovoso, la pioggia ti ha lasciato il viso ed i capelli umidi nonostante l’ombrello; apri la porta maledicendo il maltempo, il tuo orario settimanale e chi l’ha steso, ti scosti una ciocca bagnata dal volto e ti volti, i tuoi occhi si fermano su qualcosa che vorrebbero continuare a guardare e rimani bloccata.

Non sai chi sia ma devi sapere tutto di lui.

Controlli l’anulare, niente fede, potrebbe non essere sposato. Senz’altro una buona partenza.

Ha gli occhi del colore dell’innocenza e l’indole di chi potrebbe sbatterti al muro e farti sentire donna anche solo con uno sguardo.

“Ti piace l’avventura?” chiedi a te stessa; sì, a te che il gesto più coraggioso che hai compiuto in questi ultimi tempi, è stato non indossare la biancheria rossa a Capodanno sentendoti una ribelle anticonformista .

“Sì, ne ho bisogno” ed è fatta. In un attimo sei diventata quella che non sei. Ma ti piace e ti chiedi come sia possibile continuare a soffocare questo lato oscuro che t’imbarazza ma che ti fa sussultare fino alle estremità semplicemente pensandoci.

Fai pensieri peccaminosi, in un attimo siete entrambi sotto la pioggia, correte ridendo cercando un rifugio, alla prima rientranza vi fermate per ripararvi, è l’ingresso di un hotel, lui ti prende la mano e ti porta di sopra, in una camera d’albergo. Siete fradici, accaldati e complici. Tu ti siedi sul letto e lui si toglie il maglione.

Quello che fino a poco fa era un sorriso diventa uno sguardo di approvazione. Spogliati, fammi vedere quello che desideravo ancora primo di poterlo vedere – pensi dentro di te. Si siede accanto a te, ti sposta la solita ciocca bagnata dal viso e tu annuisci.

Ti voglio, prendimi.

Mi baci e mi spettini, mi lecchi il collo e mi mordi i lobi delle orecchie, non so più dove sono, so solo cosa voglio. ho voglia di sentirti ovunque, voglio essere toccata, baciata e leccata ovunque. Risvegliami ogni pezzo di pelle.

Tu che passi le tue mani in ogni pezzo di pezzo di me, non so più nemmeno dove prendere l’ossigeno. Si chiama istinto. I corpi si muovono da soli, non esiste il pensiero, è una danza che va via liscia. Un tango inaspettato. Tutto combacia.

La schiena che s’inarca per avvicinare i miei seni alla tua pelle, sento il bisogno di sentirti dappertutto. Voglio di scoprire il tuo piacere. Guardo il tuo petto così rassicurante, segui la linea dei tuoi peli che scendono come una freccia che conduce alla strada maestra. E alla fine una città segreta da scoprire.

Quello è il tuo mondo, mi avvicino per farmi conoscere, un po’ come si fa con gli animali che prima di prendere confidenza si devono fidare. Mi muovo ad istinto. La mia bocca lo accoglie. Ansimi, è il tuo benvenuto. Strofino la mia faccia sul tuo cazzo, lo scaldo col mio fiato. Lui è pronto a godere.

Lo esploro con la punta della lingua, lungo le sue vene turgide, fino a scendere nella tua parte più delicata, sa di uomo e di sesso. Sono devota a quello che mi stai permettendo di fare. Ti guardo negli occhi e tu mi guardi, come una danza di ringraziamento. La bocca si riempie fino in fondo, mi arrivi alla gola, poi risalgo e cerco il tuo sguardo appannato. Ce l’hai duro come il marmo, liscio come la pelle di un bambino e caldo come una torta appena sfornata.

Sei in un equilibrio d’estasi. Lo sapevo, non è una novità, conosco l’impegno che metto in quello che mi piace fare, non ammetto errori, sono una perfezionista. Il tuo sguardo di approvazione mi inorgoglisce, come un maestro borio di stima per quella studentessa che non si è mai persa in chiacchiere.

Sono tutto quello che hai sempre voluto avere.

Sono il tuo triangolo d’accoglienza, le due parentesi con al centro due piccoli monti intirizziti che bramano una lingua calda che li avvolga. Li hai davanti a te, sono tuoi.

Li faccio scivolare sul tuo viso, come se volessi lasciare l’impronta di qualcosa di mio nel tuo sguardo. I tuoi occhi sono lucidi e presenti. Mi ringraziano. Lecchi i miei capezzoli che in men che non si dica si alzano ancora di più, diventano ancora più duri e la mia schiena si protrae ancora più vicino alla tua bocca, come per offrirti il banchetto più estasiante che avrei mai potuto prepararti. Mangiami, mordimi, assaggiami, voglio sentire che sai di me.

Vuoi di più. Così mi alzo e ti avvicino tutto il mio piacere davanti alla faccia. Eccomi, guardami, sono pronta, il corpo parla e le tue dita se ne accorgono.

In mezzo alle mie gambe un lago di eccitazione, è calda ed arrossata, ansimante e pronta ad esplodere di piacere. Ti guardo con lo sguardo di chi supplica. Per favore prendimi, fammi diventare quella cosa di cui ti vuoi prendere cura. Tu sorridi e cominci a leccarmi avidamente, senti che sto per arrivare e ti fermi, poi riprendi e così ancora, ad un passo dalla mia esplosione ti blocchi, è una piacevole tortura, una montagna russa da cui non vorrei mai scendere.

Ti bacio, la tua bocca sa di me.

Prendo le tue mani grandi, lecco le tue dita, le succhio come fossero un membro tronfio di orgoglio. Mi giro e mentre io lo riprendo fra le mie labbra, tu infili le tue dita nella mia tana.

Vuoi entrare? Ti sto aspettando.

Mi alzo davanti a te per farmi guardare. Ti faccio guardare quello che si vede fuori, fra poco potrai assaggiare anche come si sta dentro.

Mi metto a cavalcioni su di te e scendo lentamente, fino a quando siamo perfettamente incastrati. Sono piena di te ed ansimo di piacere. Lo sento così forte da farmi venire la pelle d’oca ovunque.

Per favore non andartene, continuiamo per tutto il giorno, tutta la notte e poi ancora il giorno seguente. Non facciamo entrare nessuno, rimaniamo in questa bolla d’estasi.

Siamo il momento giusto, il posto giusto, la cosa che tutti cercano e pochi vivono. Godi insieme a me. Non c’è cosa migliore che potremmo fare.

La tua bocca cerca la mia lingua, io che non capisco più se quello che sto vivendo è reale o sono morta. E invece sono viva e lo sento ovunque, mi sento così piena di te e tu, mi guardi con eccitazione mentre gemo di piacere.

Mi sdrai e mi fai tua, mi prendi ed entri fino in fondo, comandi tu, guardami in faccia, trasudo piacere anche dagli occhi.

I tuoi fianchi si muovono con decisione, il tuo ritmo è il mio. E quello sguardo supplichevole che ti fa andare sempre più deciso dentro di me.

Ti tengo al caldo, al riparo da quello che c’è fuori, dal mondo ruvido che c’è fuori da quella porta.

Rimani.

Continua.

Fammi sentire la tua voglia.

Mi guardi, i miei occhi te lo chiedono, mi giri, mi prendi e mi stendi a pancia in giù, mi apri le gambe, ti inumidisci le dita con la saliva e mi bagni il mio buco più prezioso, prendi la tua asta e mi fai sentire tutta la tua voglia di avermi. Sono come un pezzo di plastilina che si plasma attorno al tuo piacere. Ti sento dappertutto.

Ti senti così orgogliosamente uomo, un uomo che sa come prendere una donna, che la possiede. Sono la tua proprietà. Il tuo rifugio, la tua camera d’albergo, il luogo dove sentirti uomo, istinto e piacere.

Io che mi tocco tutto ciò che è già stato assaggiato da te, poi parte l’onda calda, parte dal ventre e senti che sale, ti contorce le viscere e sale, sale fino alla testa, ti apre le narici, ti fa distendere le dita dei piedi che vogliono staccarsi per spiccare il volo, i capezzoli che s’inturgidiscono ancora di più e poi il fuoco in mezzo alle gambe, la tua parte preziosa che si contrae come per trattenere qualcosa che dura un attimo, e poi un attimo ancora e continua a pulsare.

Tu che mi sfiori ed io che ancora sobbalzo di piacere.

Ho fatto il mio viaggio. “Vuoi che ti faccia vedere dove si può arrivare?”

Il tuo membro è gonfissimo, sta per scoppiare, vorrebbe entrare in ogni strada, ogni passaggio, ogni sentiero che ti lascio esplorare. Passa pure, io ho ancora voglia di te.

Perché non possiamo farlo sempre? Facciamolo sempre, ti prego, continuamente, fino a quando sverremo sbronzi di orgasmi e fluidi dei nostri corpi.

Voglio il tuo succo, ho sete di piacere.

Spalanco la mia bocca e tu mi sazi, arrivi con la consapevolezza di chi sta donando qualcosa di intimo e prezioso. Io mi riempio di te.

Rimane qualche traccia di te sulle mie parentesi, non lo tolgo, voglio che rimanga come una cicatrice che mi ricorda costantemente quello che siamo stati capaci di fare senza sapere, senza studiare, guidando a naso, seguendo l’odore del sesso.

Poi suona la campanella. Cazzo, ho dimenticato di nuovo il pc in macchina, tu sei già sparito in qualche aula e tutto svanisce in un attimo.

Non rimane nulla. O forse sì ed i miei slip lo sanno. Ma non lo diranno a nessuno.

Ciao straniero, vieni a prendermi ancora nei miei pensieri. Tra le mie parentesi.

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3 Comments

  • Jules Maigret Jules Maigret ha detto:

    Davvero bellissimo. Romantico, erotico, interiore. Mente e corpo fusi in un unico blocco. Brava davvero. Scrivo anch’io racconti da poco su questo sito. Sono storie di vita vissuta definiti molto cerebrali da chi li ha letti e mi ha scritto. Se vuoi confrontarti julesmaigret60@gmail.com. Ancora complimenti Sofia, una rivelazione in tempi in cui secondo me la qualità delle storie sta scemando

    • SofiaC SofiaC ha detto:

      Grazie, questa è stata la prima stesa, l’ho ripreso ed è diventato forse un pelo meglio. È un racconto molto sentito perché i personaggi sono reali e questo spesso aiuta. Corro a leggere volentieri i tuoi 😊

  • Jules Maigret Jules Maigret ha detto:

    Grazie Sofia se ti hanno intrigato e vuoi scambiarci qualche esperienza come vedi ti ho lasciato il modo per farlo in modo tranquillo e garantito. Ti aspetto…

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