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Ho dolore ad ogni muscolo del corpo. Vacillo sulle gambe richiudendomi la porta del bagno alle spalle mentre l’aria fresca supera la barriera dall’accappatoio accarezzandomi la pelle. Rabbrividisco. Quando mi volto lui è lì, sdraiato a letto con un occhio chiuso ed uno aperto. Le lenzuola lo coprono fino a metà busto. Mi fissa domandandomi con voce assonnata:

– “Ma quanto ci hai messo? Credevo fossi scappata” sorride appoggiando la nuca sul cuscino, chiudendo gli occhi e tornando a dormire. Io dopo un sorriso mesto mi avvicino al letto, mi siedo e mi sdraio. Afferro il lenzuolo e mi copro. Non ho freddo. L’acqua calda della doccia ha reso la mia pelle calda ed umida, se poi ripenso a cosa è successo in quel bagno… lo divento ancora di più.

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Tre anni fa con la spensieratezza dei miei 20 anni mi sono lasciata alle spalle un piccolo paese della pianura padana per una grande città del nord Italia dove, dopo essermi iscritta alla facoltà di Giurisprudenza, ho trovato lavoro in un pub. E’ proprio qui che ho conosciuto David. Alto, moro, occhi azzurri ed un fisico scolpito da giocatore di rugby semi professionista. Veniva al pub insieme ai suoi compagni di squadra dopo ogni allenamento per bere e mangiare qualcosa. Alcune volte anche in compagnia dell’allenatore. Se per prestanza fisica potevano incutere timore, in realtà non erano altro che dei ragazzi timidi e rispettosi delle regole. Iniziai ad uscire con David sempre più spesso, la maggior parte delle volte in compagnia di altri ragazzi della squadra fidanzati o no. Mi divertivo. Si rideva e si scherzava. Alcune volte ero andata anche in trasferta con la squadra, occasioni in cui avevo approfondito la conoscenza di Alan, l’allenatore. Era un ex giocatore professionista che a causa di un infortunio serio aveva dovuto abbandonare riciclandosi come allenatore. Portava bene i suoi cinquant’anni. Capelli scuri, leggermente brizzolati, una mascella quadrata, due occhi piccoli e scuri, delle mani enormi ed un corpo grande ed asciutto che per nulla sfigurava accanto a quello dei suoi giocatori di trent’anni più giovani. Anche in occasione della trasferta per la semifinale di categoria mi aggregai a loro e per la prima volta ottenni il permesso di dormire in camera di David anche la sera prima della partita. Alan si fidava dei suoi giocatori e se chiedeva loro di astenersi dal bere o dal fare sesso, sapeva che loro per rispetto lo avrebbero fatto – recuperando la sera successiva, ovvio! -. Fu per questo motivo che dopo aver consumato la cena in albergo ognuno raggiunse la propria camera per riposare. Ammetto che ero eccitata per il fatto di trascorrere la notte con lui e non nascondo di averci anche provato a farlo cadere in tentazione. Tutto si era concluso con qualche caldo bacio e le sue dita dentro di me per provocarmi un orgasmo. Lui si era steso a letto ed io spenta la luce ero sgattaiolata nel bagno per lavare via la delusione con una doccia calda. Non volevo svegliarlo e così evitai di accendere la luce del bagno sfruttando la luce artificiale proveniente dalla finestrella che dava sul corridoio del piano in cui si trovava la nostra camera. Avevo aperto il rubinetto per far scendere l’acqua calda. Il vapore aveva ben presto appannato i cristalli e lo specchio davanti a cui mi stavo spazzolando i capelli. Ero lì lì per decidermi a ficcarmi sotto al getto bollente quando il tocco leggero di una mano mi aveva solleticato la natica risalendo lungo la schiena, infilandosi sotto ai miei capelli lunghi lisci e scuri fino a raggiungere il collo e la spalla. Qui le dita si erano aperte esercitando una pressione maggiore. Sorrisi. David aveva cambiato idea e dentro di me gongolai. Non dissi nulla rabbrividendo per quel tocco leggero quanto erotico. Lui, posandomi la mano libera sul fianco prese a discendere verso il ventre e poi più giù, scostandomi le labbra umide del sesso. D’istinto mi lasciai andare con la schiena contro il suo ampio petto, permettendogli di stuzzicarmi la carne. C’era qualcosa di diverso però. Su quei pettorali c’era un leggero strato di peluria che mi solleticava la pelle e quelle mani… quelle mani erano troppo ruvide per essere quelle di David. Mi irrigidii. Lui rendendosi conto della cosa mi sussurrò all’orecchio.

– “Sssssssshhhh” poi si spinse dentro di me con due dita. Afferrai il bordo del lavandino per non cadere mentre la sua mano dalla spalla correva alla mia bocca, bloccando quel gemito di piacere che spontaneamente stavo per lasciarmi sfuggire. Mi sentivo piena. Piena come mai mi era successo. Non era nemmeno da paragonare con quanto accaduto con David pochi minuti prima. Quell’uomo sapeva come e dove toccarmi per farmi godere. Arretrò di un poco con le dita, prima di conficcarsi ancora più profondamente dentro di me. Un’altra fitta di piacere mi sconvolse gli intestini prima che la sua voce calda tornasse a sussurrarmi all’orecchio.

♦ “Vuoi che continui?” non sapevo che fare. Ero tramortita, sorpresa ed anche un po’ spaventata. Lui se ne rese conto perché si affrettò ad aggiungere.

– “Non ti farò del male. Se dirai di no, me ne andrò e tu potrai farti la doccia come avevi programmato. Allora? Vuoi che continui?” deglutii allentando la presa sul lavabo e portando le mie mani a coprire i dorsi delle sue. Scostai di poco quella con cui mi tappava la bocca per sussurrare un flebile.

– “Si…” sussurrai. Lo sentii sorridere sulla mia pelle poi mi baciò il retro del collo.

– “Non te ne pentirai” bisbigliò tirando fuori le dita da dentro di me avvolgendomi il corpo da dietro con le braccia muscolose per sollevarmi da terra. Iniziò a muoversi verso una porta simile a quella che si affacciava sulla mia camera ed una volta aperta vidi lo stesso mobilio della mia. Ero in un’altra stanza, con un letto matrimoniale sfatto per metà, un armadio, una cassettiera e sopra di esso un enorme specchio. Fu lì, nella penombra della luna che filtrava dalla finestra che riconobbi l’uomo che mi stava trasportando come una bambola. Alan. Lucidai le labbra e quando mi mise a terra mi voltai. Lui sorrise. Richiudendosi la porta del bagno alle spalle, poi si avvicinò. Era nudo e la sua erezione mi sfiorò il ventre. Una folta peluria gli ricopriva il petto così come una barba di qualche giorno scuriva la mascella quadrata. Era la trasfigurazione della trasgressione in persona ed irrimediabilmente mi morsi il labbro inferiore. Lo volevo. Volevo ancora le sue mani ruvide, il suo respiro caldo, il suo corpo allenato e quell’affare enorme che si ritrovava tra le gambe dentro di me. Mi prese delicatamente le guance con entrambe le mani, avvicino il suo volto al mio e prese a baciarmi. Era delicato, all’inizio, poi non appena iniziai a rispondere cercando la sua lingua divenne più deciso. Ci baciammo volgarmente mentre le sue mani scivolavano sul mio collo e poi sulle spalle quindi mi spinse indietro sorridendo. Trovai il letto con il retro delle ginocchia, vi montai, poi le sue mani mi afferrarono la nuca ed iniziarono a spingere verso il basso. Voleva che glielo prendessi in bocca ed io non dissi no. Afferrai quell’asta alla base putando una mano sul letto per sorreggermi poi iniziai ad ingoiarlo. Lui gemette raccogliendomi i lunghi capelli in una coda di cavallo da cui prese a darmi il ritmo. Spingeva verso il fondo della bocca con forza gemendo di piacere ogni volta che sbatteva contro la mia gola provocandomi un conato di vomito. Aumentando il ritmo inizia a perdere bava dalla bocca mentre un sapore salato mi riempiva bocca e narici. D’un tratto prese a strattonarmi i capelli facendomi desistere dal succhiarlo ancora.

Vacci piano bambolina” borbottò sorridendomi quando i nostri sguardi si incrociarono. Mi tirai su con la schiena pulendomi dalla saliva che mi sporcava le labbra con il dorso della mani, poi ci baciammo ancora. Mi lasciò i capelli accarezzandomi le guance, il collo, le spalle e poi scendendo verso i seni. La mia seconda scarsa sparì completamente all’interno delle sue mani quando lì strizzò facendomi gemere.

– “Sei così bella e giovane…” bisbigliò prima di abbassare il viso ed andare a risucchiare uno dei seni all’interno della bocca. Gemetti di piacere inarcando la schiena ed offrendomi ancora di più a lui. Febbricitante cercai la mano con cui mi strizzava l’altro seno, facendola scivolare al centro delle mie gambe. Usando le sue dita inizia a toccarmi. Dio, ero gonfia e bagnata come mai lo ero stata prima. Lui sorrise lasciandomi andare il seno prendendo il controllo della situazione. Prese a pizzicare e stuzzicare quel misero pezzetto di carne all’apice delle mie labbra, scivolando poi indietro con tre dita e conficcandosi dentro di me. Tutti i muscoli del mio corpo si tesero per quella inaspettata invasione. Era magnifico, e quando prese a spingere e poi ritrarsi ad ogni colpo secco e deciso i miei piccoli seni sobbalzavano. Gemevo forte e senza ritegno, incurante di essere udita da qualcuno. Lo volevo, volevo quei colpi, quel piacere misto a dolore che lentamente mi andava stordendo. Lui grugnì uscendo velocemente da me, mi voltò come una bambola di pezza puntando il suo grosso cazzo sulla mia figa bagnata. Con un colpo secco che mi tolse il fiato fu dentro di me. Mi spinse le spalle giù, mettendomi a quattro zampe e poi conficcate le dita nelle mie anche iniziò a scoparmi forte. Ero così bagnata che lo accolsi senza fatica. Rialzando il capo per vedere il suo volto allo specchio mentre mi scopava. Aveva il viso contratto in una smorfia virile. Continuava a pompare e a pompare, senza dare segni di stanchezza. Poi alzò gli occhi sullo specchio ed incrociò il mio sguardo. Sorrise soddisfatto.

– “Sei pronta per il passo successivo bambolina?” prima che potessi rispondere o domandare che cosa intendesse le sue mani risalirono lungo la mia spina dorsale arrivando alle spalle. Me le afferrò sostenendo anche il mio peso quando mi fece raddrizzare il busto. Mentre tutto ciò avveniva continuava a scoparmi e quando le mie spalle furono contro il suo petto la sua bocca cercò la mia. Con la destra iniziò a masturbarmi. Io gemetti nella sua bocca prima di vederlo arretrare. Mi porse le dita sporche del miei umori. Io presi a leccarle, poi mi infilò le dita in bocca.

– “Succhia” bisbiglio con voce roca e profonda, lievemente affannata per la scopata. Esegui bagnando quelle dita di saliva come prima avevo fatto con il suo enorme cazzo. Una volta ben bagnate le sfilò facendole scivolare lungo la mia schiena, fino al solco delle natiche. Sgranai gli occhi intuendo dove sarebbero finite. Mi fece piegare in avanti e poi iniziò a premere sullo sfintere. Faceva resistenza ma alla fine si arrese, facendole entrare entrambe. Per me era la prima volta. Provavo fastidio e dolore, anche se continuavo a godere per quell’enorme cazzo che non aveva smesso un attimo di conficcarsi dentro di me. Le dita iniziarono ad uscire, poi a rientrare, poi ad uscire ad un ritmo sempre più regolare. I miei muscoli avevano iniziato a rilassarsi e ad esigere le attenzioni di quelle dita. Aumentò il ritmo e quando si rese conto che prendevo a muovermi con il bacino verso di lui per averne sempre di pù, sfilò il cazzo fradicio dalla mia figa, puntandomi il culo. Entrò di pochi centimetri, ma fu sufficiente per farmi urlare di dolore. Bruciava. Bruciava da morire. Lui corse subito ai ripari masturbandomi con le dita e strizzandomi un seno. Iniziai a rilassarmi e lui a spingere lentamente. Centimetro dopo centimetro si stava facendo strada in me. Quando l’ebbi preso tutto, si ritrasse fin quasi a farlo uscire poi spinse di nuovo. Ripetè l’operazione diverse volte fino a che non iniziai a gemere di piacere. A quel punto chinatosi in avanti ed afferrati i miei seni iniziò a scoparmi duramente il culo. Non capivo più nulla. Gemevo, gemevo forte spingendo indietro il sedere per averne ancora.

 “Si… ti prego. Ancora… scopami. Scopami il culo si… ancora ancora… dai… ancora… rompilo… riempilo… scopami…” inizia a parlare, a farneticare, ad incitarlo a scoparmi per la troia in cui mi ero trasformata. Vedevo rosso e prima che potessi svegliare tutto il piano con le mie urla mi tappò la bocca spingendosi dentro di me un’ultima volta prima di farcirmi con il suo sperma. Aveva finito, ma io ne volevo ancora. Ancora e ancora. Presi a roteare il bacino e lui sorrise contro la mia spalla. Bastò che mi masturbasse per un paio di secondi che venni in un orgasmo liberatorio. Crollai sul letto trascinandomi dietro il suo peso. Ero stata scopata come mai prima. Mi faceva male ovunque e quando uscì da me avevo il culo in fiamme. Non rimpiangevo nulla di ciò che avevo fatto con quell’uomo che sorridente mi osservava alla luce della luna.

E’ ora di dormire bambolinasi chinò su di me per baciarmi le labbra.

– “Torna dal tuo principe azzurro” mi fece l’occhiolino poi si diresse verso la porta che dava sul bagno aprendola. Constatato che il getto della doccia ancora scrosciava e che la luce era spenta mi fece un cenno con il capo. Mi alzai dal letto ancora mezza tramortita e quando gli fui davanti lo baciai a mia volta cercando la sua lingua. Non si fece pregare e dopo avermi strizzato il culo mi lasciò andare.

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