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Samanta continua 7

By 6 Settembre 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Il mattino seguente Sam si svegliò con un certo languore in corpo. Avvolta dal lenzuolo si girò sull’altro fianco e aprì gli occhi. Fece un profondo respiro cercando di calmarsi, ma qualunque cosa avesse sognato le aveva messo in corpo una certa voglia. Stirò la schiena, le braccia e infine le gambe. Si passò una mano sulla pancia, salendo fino a un seno e trovando il capezzolo turgido.
Aveva voglia, senza bisogno di scendere tra le gambe per saper di essere bagnata. Era davvero tanto tempo che non le capitava così.
Il giorno prima aveva ufficialmente accettato il suo ruolo di cagna e Alberto non aveva perso occasione per umiliarla e farla godere. Già’ lei aveva goduto. Aveva goduto del piacere di farlo per lui, di sottomettersi alla sua volontà. E dall’eccitazione del suo nuovo padrone, lei ne aveva ricavata la sua.
Alla fine avevano scopato ed era stato così intenso e sconvolgente che quando le era esploso l’orgasmo aveva pianto. E, per la prima volta, l’odioso, arrogante, insopportabile Alberto l’aveva abbracciata e l’aveva coccolata finché non si era calmata, dandole anche un bacio dolce e tenero.
Dopo tutte le umiliazioni che le aveva fatto passare, quel comportamento l’aveva messa in crisi.
Lentamente si massaggiò un seno. Sospirò di piacere. Fosse stata da sola avrebbe già rimediato, ma ora non poteva più farlo. Allungò una mano e prese il telefono. Era presto, c’era ancora tempo prima che suonasse la sveglia.
‘Buongiorno padrone’, scrisse. Poi si fermò, esitante e cancellò.
‘Padrone, più che una schiava posso essere una cagna?’
Non era quello che aveva chiesto lei stessa poche ore prima?
‘Bau.’
Invio.
Era presto, troppo presto e, con ogni probabilità, il suo padrone dormiva ancora. Samanta si morse un labbro pensando alla sua voglia e al fatto che quello sarebbe stato un momento perfetto per toccarsi. Si morse un labbro. Se l’avesse fatto lo stesso non se ne sarebbe accorto. Per un attimo allungò una mano verso il basso, aprì le gambe e sfiorò il sesso. Un brivido di piacere le scaldò tutto il corpo.
Sì, poteva farlo’ e poi avrebbe taciuto l’accaduto. La mano scivolò accanto al sesso, giocando con le curve della sua pelle là dove era più delicata. Era una carezza, una coccola, ma non aveva nulla di innocente. La mano si avvicinò alle labbra, le accarezzò e sentì l’umidità del proprio sesso. Aveva voglia. Desiderava godere.
Le tornarono alla mente le parole di Alberto. Non poteva più toccarsi liberamente.
‘Sono una cagna’ obbediente”, sussurrò a se stessa.
Però’ anche il cane più bravo di questo mondo, ogni tanto, combina dei maestri. Si girò sull’altro fianco, con il viso verso il muro e chiuse le gambe. Sperava, in questo modo, di riuscire a calmarsi. Aveva già vissuto situazioni simili, in passato. E, potendosi toccare liberamente, si era sfogata senza alcuna difficoltà. Ora, invece, era tutto diverso. Tutta quella situazione, invece di umiliarla e calmarla, stava trasformando il suo sangue un fuoco e faticava a calmarsi.
Ma se chiudendo le gambe pensava di risolvere la situazione si sbagliava. In quella posizione, infatti, schiacciava il suo sesso, il clitoride, e, muovendo il bacino, riusciva a masturbarsi ugualmente. Si portò la mano sulla pancia, a sentire gli addominali lavorare, traendo piacere anche da quel semplice gesto.
‘Bau”
Sussurrò da sé, cercando di concentrarsi sul suo essere cagna e trovare così l’autocontrollo.
No, non poteva farcela e non era sicura di voler trasgredire alle regole. Si alzò di scatto, sedendosi sul bordo del letto e prendendo un bel respiro. Doccia. Si sarebbe fatta una bella doccia. Guardò l’ora. Aveva ancora tempo prima di andare in università.
Già nuda e pronta a infilarsi sotto l’acqua quando sentì il telefono suonare. Corse a prenderlo e si tuffò sul letto aprendo il messaggio. Era Alberto.
‘Buongiorno cagnetta.’
Veder scritto quell’appellativo e provocò uno strano garbuglio di emozioni. Da una parte la vergogna e l’umiliazione, dall’altra l’eccitazione di qualcosa di perverso e proibito.
‘Buongiorno padrone!’
Sorrideva. Quel gioco, se così si poteva chiamare, le piaceva.
‘I cani parlano?’
Samanta rimase un attimo di stucco a quella domanda, non capendone il senso.
‘No’ non direi, padrone.’
‘Allora perché stai parlando?’
Quella domanda le gelò il sangue nelle vene. Non se l’era aspettata, tanto meno che dovesse rivolgersi sempre abbaiando al suo padrone. Rimase immobile a fissare il display, come incapace di agire. Mille domande le vennero spontanee, ma non ebbe il coraggio di porle. Fece per scrivere, ma le arrivò un altro messaggio di Alberto.
‘Sei una cagna?’
Sam non aveva bisogno di controllare per sapere che quella domanda le aveva fatto inturgidire i capezzoli. Seppe cosa rispondere.
‘Bau.’
‘Molto meglio.’
‘Bau!’
‘Ora voglio che mi dimostri di essere la mia cagna.’
Samanta si guardò: era nuda, stesa sul letto e con il sesso umido. Che altro doveva fare?
‘Bau?’
‘Mi fa piacere vedere che impari in fretta. Sei fossi lì ti darei un premio.’
Le venne da chiedere che premio, ma prima di inviare il messaggio ebbe il sangue freddo di cancellare tutte le parole. In fondo doveva riconoscere che si stava divertendo.
‘Bau!’
‘Abbiamo già parlato delle posizioni che devi tenere quando te le ordino. A cuccia e attenti. Le ripasseremo insieme. Voglio che ti siano ben chiare e non doverti riprendere perché non le tieni nel modo giusto.’
‘Bau.’
‘Ora però, voglio che sia chiara una cosa. Quando sei in casa e ogni volta che non potrai fare diversamente devi stare a quattro zampe.’
Sam rilesse il messaggio. Cosa voleva dire ‘ogni volta che non potrai fare diversamente’? Quella frase la metteva a disagio e aveva il sentore che celasse una brutta sorpresa. Tuttavia rispose l’unica cosa che poteva rispondere:
‘Bau.’
‘Cosa sei Samanta?’
E ora? Come doveva rispondere? Pensò di abbaiare ancora, ma le venne il dubbio. Decise di rischiare.
‘Io sono la tua cagna, padrone.’
‘Avresti dovuto abbaiare, ma la tua risposta ti salva. Dillo con un vocale.’
Samanta sentì un brivido attraversarle la schiena. Se Alberto voleva eccitarla, umiliarla o, più semplicemente, farla colare, ci stava riuscendo perfettamente. E, per quanto lei si vergognasse da morire, non riusciva a sottrarsi a quel gioco perverso.
Premette il tasto della registrazione e parlò con la voce più calda che riuscì a fare.
‘Alberto, io sono la tua cagna. Bau.’
Pronunciare quelle parole l’eccitò ancora di più. Un effetto che si verificò anche sul suo padrone.
‘Meravigliosa. Riesci a farmelo venire duro solo a parole.’
‘Grazie padrone.’
‘Ora voglio che mi mostri come sei a quattro zampe.’
‘Padrone, scusa, non capisco. Mostrarti’?’
‘Con una foto.’
La richiesta mise a disagio Samanta. Una foto’ una foto non era un gioco tra loro due. Una foto era una prova concreta e tangibile, che sarebbe rimasta. E che sarebbe potuta diventare pericolosa. D’altra parte, però, poteva sottrarsi a un ordine del suo padrone? E poi’ come farsi una foto a quattro zampe?
Si guardò attorno pensando a quale potesse essere la soluzione migliore. Le ci volle un poco di tempo, ma alla fine decise come fare. Impostò la fotocamera del telefono su autoscatto e mise cinque secondi di tempo. Poi mise il telefono a terra, appoggiato all’armadio, in modo che stesse quasi verticale. Verificò con precisione l’area che veniva inquadrata finché non si ritenne soddisfatta.
Infine, dopo aver premuto il pulsante, si mise in posa.
Passarono diversi minuti prima che Alberto ricevesse una foto sul suo whatsapp.
Era Samanta. A quattro zampe, di profilo, con tutte le curve bene in vista, i seni puntati verso il basso, i fianchi leggermente curvati verso il basso, il culo tondo che scendeva nelle cosce e nelle ginocchia piegate a novanta. I lunghi capelli castani le coprivano il volto, rendendola irriconoscibile.
Era una foto terribilmente erotica.
Sia per Alberto che l’aveva ricevuta, sia per Samanta che ne era la protagonista.
‘Va bene padrone?’
‘Questa foto &egrave un capolavoro. Ti faccio i miei complimenti.’
‘Sono davvero contenta che ti piaccia. Posso chiederti una cosa?’
‘Dimmi.’
‘Tra poco devo andare in università. Prima’ posso’ toccarmi?’
‘La mia cagna ha voglia?’
‘Sì, padrone. Tanta.’
‘Mi spiace non essere lì a poterti soddisfare. D’accordo, toccati. Visto che sei stata brava ti lascio libera di farlo come preferisci. Ma sappi che &egrave l’ultima volta.’
‘Grazie padrone.’
‘Metti la gonna. E ricorda di non unire mai le ginocchia.’
‘Ma’ devo andare in università”
‘Come deve essere la tua figa?’
‘Sempre a tua disposizione.’
‘Gonna e ginocchia distanti.’
‘Bau.’

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