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Schiava del Dravor – Collana il Dravor Vol. II

By 27 Gennaio 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

Prologo

Nel 2030 ci fu una catastrofe nucleare di proporzioni mondiali e scomparve la maggior parte del vecchio mondo civilizzato. Solo alcune zone del pianeta si salvarono e tra queste l’Africa quasi per intero. Anche in Africa i morti furono decine di milioni, conseguenza delle radiazioni, in seguito di atre terribili calamità: siccità, inondazioni, infine delle guerre per bande che si scatenarono per più di dieci anni. Presto la tecnologia sparì, sparirono l’uso della corrente elettrica e delle macchine. Le armi tuonarono fino a che non furono sparati gli ultimi colpi, poi si ritornò all’uso di quelle più primitive, come le spade e le lance o le frecce e le balestre. Ne venne fuori una civiltà del tutto diversa ed arretrata, si ritornò alla schiavitù. E’ impossibile trovare una motivazione a quanto successe, anche perché se al nord gli scontri furono essenzialmente religiosi e nel centro del continente tribali, nel sud, dove la nostra storia si svolge, la guerra per bande si scatenò prima per impadronirsi delle ricchezze del paese e poi per dividersi quel poco che un paese devastato poteva fornire per non morire di fame. Ma non ci fu solo la guerra. Le atomiche produssero disastri inimmaginabili, nei primi mesi, che seguirono le esplosioni, piovve continuamente e le inondazioni fecero più vittime delle diverse guerre, quando poi smise di piovere ci fu siccità per diversi anni e così perirono molti altri milioni di uomini. Il risultato fu che dopo cinque anni, tra guerre, carestie, inondazioni e quant’altro, il continente regredì rapidamente di secoli. Alla guerra per bande parteciparono anche le donne che per sopravvivere diventarono dure come e più degli uomini. Divennero le compagne dei guerrieri e guerriere loro stesse.

La necessità di avere degli schiavi in quelle condizioni fu immediata. Le bande diventavano sempre più grandi ed ormai assomigliavano sempre più ad eserciti di diverse migliaia di persone. In quella situazione ci volevano donne ed uomini che si prendessero cura di chi combatteva e lavorassero per loro. Come sempre, accadde che gli schiavi vennero utilizzati anche sessualmente ed anche in questo caso le donne guerriere non rimasero indietro. Rapidamente caddero le inibizioni e le amazzoni si presero il loro spasso, anche quando avevano dei compagni, che dovettero smettere presto di essere gelosi. Mentre le città venivano rase al suolo le bande iniziarono ad impadronirsi di un territorio ed in modo primitivo lo difesero e si organizzarono.
Chi era fuori da queste bande o morì o fu reso schiavo, ciò capitò spesso anche a cittadini, a quel tempo, ricchi e potenti. La carestia fece una strage epocale, solo i più duri sopravvissero, sia tra gli schiavi che tra i guerrieri. Ci vollero dieci anni per raggiungere un equilibrio ed un nuovo ordine. Quando nel sud dell’Africa, le bande, che all’inizio erano migliaia si ridussero ad un centinaio di eserciti, fu possibile arrivare ad un accordo e fu fondato il Dravor.
Nessuno ci avrebbe scommesso un tozzo di pane che sarebbe durato, ed invece funzionò. I contrari furono sterminati. Koss fu uno dei fautori dell’accordo. Intanto la popolazione si era ridotta da alcune centinaia di milioni a pochi milioni, una stima diceva che gli abitanti del Dravor erano ormai solo poco più di otto milioni, ed ormai due terzi dei sopravvissuti erano schiavi. L’accordo era necessario se non volevano morire tutti e nonostante le devastazioni c’erano grandi ricchezze e tanto potere da dividere su un territorio immenso che era tutta l’Africa australe.

Tutto era distrutto, bisognava inventare tutto di nuovo. Il modello scelto fu semplice. Prima di tutto c’erano i dravoriani, ovvero i cittadini del Dravor, e poi gli schiavi. Tra i dravoriani c’erano i guerrieri e coloro che a vario titolo avevano fatto parte delle bande che avevano vinto e costituito l’impero. Quindi si dovette provvedere ad un minimo di organizzazione imperiale, con cariche di ogni tipo e quindi una conseguente burocrazia che però non divenne mai molto pesante. Tutti i guerrieri che c’erano al momento dell’accordo non erano poi necessari, ma ne servivano sempre tanti per sorvegliare tutti gli schiavi e venne così costituita una polizia, la guardia imperiale, e un esercito per difendere le frontiere, l’esercito imperiale.
Gli altri guerrieri ritornarono ai loro vecchi mestieri, quelli che nelle condizioni attuali erano possibili, lavori artigianali e commerciali. Le terre, ve ne erano in abbondanza per tutti, furono divise tra i guerrieri, naturalmente i capi si presero estensioni enormi, grandi quanto provincie, ma anche i cens semplici ebbero il loro appezzamento, dopo questa divisione il 90% del territorio era ancora libero e tornava a diventare selvaggio e vivo come secoli prima. Anche gli schiavi furono divisi di conseguenza, la grande maggioranza finì nei campi, ma altri furono mandati a servire la borghesia commerciale ed artigianale che si raccolse nei villaggi e nelle poche città che sorsero, altri ancora furono mandati a svolgere i lavori più umili, ma qualcuno tra i più capaci ebbe importanti incarichi nell’amministrazione, anche se mai decisionali.

Uno degli artefici del nuovo ordine fu Koss, capo di una delle bande più numerose e potenti. All’inizio del Dravor prese per sé oltre al ruolo di row (la carica più alta dell’esercito) che condivideva con altri nove, di cui tre erano donne, un feudo grande quanto una provincia, la zona che durante la guerra aveva controllato, che per attraversarlo a cavallo ci volevano due giorni, e una grande tenuta, dove costruì la sua casa, vicino a Kuanta, la capitale del Dravor.

All’inizio di questa storia tutto il patrimonio di Koss passa nelle mani del figlio Leao. Koss, infatti durante una missione al nord aveva scoperto, in presenza di un gran numero di testimoni, di avere generato, fino a quel momento non lo sapeva, un figlio con la sua schiava Saa di cui doveva ammetterlo era sempre stato innamorato. Questo figlio si chiamava Nur. Questo succedeva subito dopo una furibonda lite con il figlio naturale Leao.
In quelle condizioni, Koss sapeva di non poter ritornare a casa, per lui nel Dravor ci sarebbe stato l’ostracismo. Sul luogo della tragedia era presente, oltre allo stesso Leao, l’amante di Koss, Zuna.
Mentre Koss rimase in quelle lande desolate con Saa, Nur, il figlio fino ad allora sconosciuto, ed altri schiavi; Leao, Zuna e la loro compagnia ritornarono nel Dravor.

Alle origini

Koss aveva attraversato il confine e si era lasciato alle spalle il Dravor, l’impero che aveva contribuito a creare. L’impero che l’aveva fatto diventare ricco e potente.
Ora era a capo di una banda di scalcinati che vagava in lande desolate.
Tutto perché non poteva rinunciare alla sua stupenda schiava Saa. E non solo a lei, ma anche al figlio che aveva avuto con lei e di cui fino a qualche settimana prima non sapeva neanche che esistesse.
Saa l’avrebbe seguito dovunque, ma se suo figlio fosse diventato schiavo, la stupenda bionda sarebbe impazzita e Koss questo non poteva permetterlo. Quindi rinunciava a tutto per lei. Quando e come si era innamorato di Saa? Forse era successo la prima volta che l’aveva vista, o forse quando, la sua amante Kira, la stava addestrando a diventare la kalsna migliore del Dravor. Kalsna, una donna di piacere, una donna che sapeva dispensare piacere come nessuna altra.
– Brava piccola, così, agita il culetto, mostragli i genitali, fagli capire che sono suoi. Così, siii, vai avanti ed indietro. Lui è dietro di te e ti sta prendendo e tu lo vuoi, non vedi l’ora che ti prenda. Stai smaniando nell’attesa, lui deve capire che tu on desideri altro. –
Saa era rossa in viso, palpitante, si agitava come la sua Padrona le ordinava di fare. Era prona e pronta per essere presa, a quattro zampe, offerta, culo all’aria, fica alta ed aperta. La voce di Kira la teneva prigioniera di quell’incantesimo e lei non riusciva a sottrarsi non voleva sottrarsi. Immaginava che li ci fosse Koss, pronto a prenderla e si struggeva dalla passione come se lui da un momento all’altro la potesse penetrare. Ma Koss non era lì, lì c’era solo la sua Padrona che l’aveva soggiogata e l’addestrava a diventare il giocattolo sessuale del suo Padrone. Ma questo succedeva solo molto tempo dopo che era stata fatta prigioniera.

Koss era accucciato sulla cima di una collinetta, un’escrescenza dell’altopiano su cui viveva da quasi un anno. Accanto a lui c’era Muzi, un nero possente di due metri, il suo guerriero più forte ed abile, la sua ombra, che gli aveva più volte salvato la vita. Tutti gli altri stavano in basso, pronti e silenziosi, quasi tutti a cavallo. Era una banda di straccioni, ma in quei mesi erano diventati disciplinati e coraggiosi. Con il binocolo scrutava la savana. La carovana avanzava lentamente, un centinaio di persone ed una dozzina di carri. Carne da macello. Erano quasi tutti armati con spade e lance, ma si vedeva lontano un miglio che non avevano la minima idea di come si usassero. C’erano donne, molte donne, qualche bambino e uomini di tutte le età.
Koss stava per scendere dalla collina e mettersi alla testa dei suoi uomini per l’attacco, quando l’attacco iniziò sotto i suoi occhi increduli, ma non erano i suoi uomini ad attaccare.
Un’altra banda, non li aveva visti, si erano nascosti ai margini della pista nell’erba alta ed erano rimasti immobili per lungo tempo tanto che né lui, né Muzi avevano notato niente. Erano una cinquantina, meno dei suoi, ma erano guerrieri terribili e ben addestrati, il fatto che né lui, né Muzi li avessero notati era il segno di un ottimo addestramento. Le urla degli attaccanti erano belluine, quelle che venivano dalla carovana piene di orrore. Fu un massacro. Quando Koss vide che la banda aveva quasi finito di portare a termine lo sterminio e stava per iniziare il saccheggio si precipitò giù dalla collinetta e guidò l’assalto.
Kira galoppava accanto a lui sulla sinistra e Muzi era alla sua destra. Li presero di sorpresa, molti erano con le brache calate mentre stavano violentando le donne.
Saa correva impazzita tra di loro cercando di scamparla, ma ormai correva in cerchio era circondata e non poteva fuggire. Dove poi? I suoi genitori erano già morti, si erano difesi, ma non erano preparati minimamente a quell’orrore. E neanche lei.
Arrivò prima Kira e con lo spadone fece saltare la prima testa, la giovane donna era terribile. Dopo un attimo di smarrimento, gli uomini si riorganizzarono ed attaccarono Kira, lei era a cavallo e si difendeva bene, ma non per molto, iniziava a cedere, poi arrivò Koss che ne fece fuori subito uno e sullo slancio un secondo. Gli altri tre scapparono, ma anche in questo caso non avevano dove andare. Furono presto fatti prigionieri.
Saa era in ginocchio stremata e piangente quando Koss si avvicinò sul suo cavallo e le fece segno di alzarsi. La biondina, che al tempo aveva i capelli lunghi, che le scendevano oltre le spalle, si mise in piedi continuando a piangere e singhiozzare. Piangeva per l’orrore, per i suoi e per il suo destino.
Koss non voleva perdere tempo, lì erano allo scoperto, e non voleva farsi sorprendere da una banda più grossa della sua, era molto improbabile, ma era appena successo. In ogni caso se ne voleva andare. Kira e le sue ragazze, era un compito che le donne sapevano svolgere meglio degli uomini, razziarono tutto, raccolsero gli schiavi e le schiave ed i cavalli, mettendoli al centro della colonna. Per i guerrieri fatti prigionieri la sorte era sempre fortuita. Se il vincitore aveva bisogno di schiavi diventavano schiavi, altrimenti poteva venire offerto loro di unirsi alla banda come guerrieri. Quelli erano buoni guerrieri e Koss offrì loro la possibilità di unirsi a loro e questi accettarono di buon grado.
Koss tese la mano alla biondina che impaurita ed esitante la prese. Koss le fece poggiare il piede su una staffa e se la tirò sul cavallo dietro di lui. Saa cercò di tenersi a distanza, quell’uomo non era proprio rassicurante, ma quando il cavallo si mosse, per non cadere, si strinse a lui.
Piangeva e tremava, ma man mano che andavano avanti iniziò a calmarsi e si afferrò a lui. Era esile ed impaurita, lo stesso Koss non avrebbe saputo dire perché non l’aveva ammassata con gli altri schiavi, fino a quel momento non aveva mai mostrato pietà per nessuno. Non era cattivo in assoluto, ma aveva capito che in quel mondo, se voleva sopravvivere, doveva essere spietato. Se non lo fosse stato avrebbe perso il rispetto delle canaglie che comandava e poi sarebbe finita.
Koss era alla testa della colonna quando Kira che aveva organizzato la marcia lo affiancò.
– E di quella che ne vuoi fare? –
Koss improvvisò. – Penso d tenerla per noi, mi sembra abbastanza capace da mettere ordine nella nostra tenda. Sarà una buona serva. –
Kira era perplessa, ma era vero che non avevano una schiava capace di sistemare le loro cose, a quelle che si avvicendavano nella loro tenda bisognava dire tutto ed anche se glielo dicevi facevano lo stesso le cose male. Questa a prima vista sembrava avere un po’ di testa, ma chi sa se era capace.
Kira si affiancò al cavallo di Koss, si protese sulla sella e allungò un braccio verso il viso della biondina. La prese per il mento e la guardò negli occhi.
– Hai capito piccola? –
La guancia destra di Saa tremolò, ma non spiccicò una parola.
Kira la schiaffeggiò. – Rispondi quando ti faccio una domanda! –
Saa era inebetita, era la prima volta che una persona alzava la mano su di lei, ma non osò ribellarsi, aveva appena assistito ad una strage, non voleva sapere cosa sarebbe successo se si fosse ribellata. Tremò e rispose belando e singhiozzando. – Sì, ho capito. –
Devi rispondere – sì, ho capito, Signora. Chiarò? –
Saa tremò, singhiozzò e riprese a piangere, ma ripeté esattamente le parole di Kira cercando di non guardarla, Kira però la stringeva per il mento e il suo sguardo non la mollava.
– Come ti chiami – volle sapere Kira.
– Saa, Signora – rispose la biondina come se la stessero torturando.
– Bene piccola Saa, io sono Kira la tua Padrona – disse lasciando la presa sulla biondina, – e lui è Koss, il tuo Padrone. D’ora in poi comportati bene e andremo d’accordo, altrimenti ti dovrò punire. –
Kira non attese la risposta, spinse il cavallo avanti e si mise accanto al suo uomo per discutere di cose più importanti.
Saa pianse in silenzio per tutto il tragitto, aveva bisogno di essere consolata, ma non c’era nessuno, l’uomo davanti a lei, un giovane duro, e lei immaginò spietato, non disse mai niente. Dal momento che l’aveva fatta montare a cavallo l’aveva ignorata.
Saa era addolorata ed inconsolabile, ma non poté fare a meno di osservare i suoi padroni. Erano giovani, potevano avere solo qualche anno più di lei, ma erano duri, violenti, spietati, anche la donna, anzi forse più la donna dell’uomo.
Lei era alta e voluttuosa, un bel corpo morbido e pieni di curve, un bel viso, pieno come una luna, i capelli corvini e gli occhi di ghiaccio. Il corpo era morbido, ma anche scattante, allenato, muscoloso, cosce e bicipiti forti, Saa l’aveva vista all’opera. Aveva visto come maneggiava la spada e tagliava teste.
Vestiva in modo strano, ma lì erano tutti vestiti in modo strano. Portava un giubbotto di pelle senza maniche e sotto solo un reggiseno anch’esso di pelle, molto morbido, più giù pantaloni di tela grezza e stivali.
Saa non osava neanche interrogarsi sulla sua sorte, non c’era più nessuno a proteggerla, suo padre, il suo caro padre era appena stato ucciso e così anche la sua bella madre, neanche si erano presi la briga di seppellirli. Era rimasta sola.

Anche lui era alto e muscoloso, ma non aveva un filo di grasso, solo nervi e muscoli, i capelli lunghi, fini e neri, un viso scavato e lungo, occhi grigi, un falco. Bello e spietato. Anche lui indossava un giubbotto di pelle senza maniche e sotto una camicia, poi pantaloni e stivali.
Il cavallo la spingeva continuamente contro le sue spalle e la sua schiena. Saa si ritraeva, ma quando veniva a contatto con lui sentiva un corpo duro come l’acciaio.
Lei teneva le mani sui suoi fianchi per mantenersi in equilibrio, non ne poteva fare a meno, non sapeva come altro fare, ma lui sembrava che neanche se ne accorgesse. Lui non le aveva mai rivolto una parola, sembrava che avesse delegato la sua compagna a trattare con lei, però non le aveva torto un capello, anzi era stato gentile, mentre Kira l’aveva schiaffeggiata.

In effetti la tenda di Kira e Koss era molto grande ed era una grande schifezza. Sporca, puzzolente e disordinata, polvere e resti di cibo dovunque e chi sa quante bestiole in circolazione. Kira le indicò un angolo e le disse – sistemati lì per la notte, domani mattina verranno due ragazze a darti una mano per sistemare la tenda e cucinare. Tu sei responsabile anche per loro. – Koss continuò ad ignorarla.
Non c’era neanche una coperta e Saa si sdraiò sul terreno ed in posizione fetale cercò di prendere sonno, pianse ed ebbe gli incubi, si svegliò e gridò, nessuno le rivolse una buona parola. Cercò di riprendere sonno. Dall’altro capo della tenda, nel loro giaciglio, sotto le coperte i suoi padroni sospiravano, gemevano, grugnivano. Si premette i palmi delle mani sulle orecchie e cercò di riprendere sonno.
La mattina dopo era uno zombie. Si guardò intorno… lo squallore di quella tenda era senza pari. Qualche minuto dopo arrivarono due negrette, erano le cameriere che la guardarono in adorazione aspettandosi che Saa dicesse loro cosa fare. Saa era inerte, stanca, non voleva vivere. In quel momento si sarebbe lasciata andare e che succedesse quello che doveva succedere a lei non importava niente. Ma quelle due scemette che la guardavano aspettando che dicesse loro cosa dovevano fare l’imbarazzavano. Le sorse il dubbio che Kira avrebbe punito non solo lei, ma che per colpa sua sarebbero state punite anche quelle due stupidine mezze nude.
Iniziò a dare ordini. Non che fosse esperta, a casa sua lei sistemava solo la sua camera e dava una mano a sua madre…, ma in quello schifo non c’era bisogno di nessuna esperienza per sapere cosa andava fatto. Le due stupidine, come lei, erano giovanissime, magre, ma sane ed energiche.
Saa le guardò e disse – mi devo lavare, mangiare e poi parlare con la padrona. –
Le due ragazze la presero per mano e la portarono fuori. Il sole era abbagliante ed accecante. Saa strizzò gli occhi e si guardò attorno, il campo era messo meglio della tenda, decisamente meglio, per fortuna. La sera prima erano arrivati tardi, era buio e lei, per altro presa dalle sue angustie, non aveva visto niente, non ne aveva avuto neanche voglia. Ora mentre le due morette l’accompagnavano alla mensa si guardò intorno e vide tende ben disposte e una certa pulizia intorno a sé.
Si trovavano su un grande promontorio di diverse decine di ettari, circondato su tre lati da un fiume e accessibile solo da una lingua di terra. Il promontorio era alto diverse decine di metri sul fiume raggiungibile attraverso un paio di sentieri. Il campo ne occupava solo una piccola parte, poi c’erano campi, prati per i cavalli e gli animali. Tutto quello che poteva servire ad una piccola comunità.
La mensa era ricca, c’era cacciagione, pesce, carni affumicate, verdura, frutta, uova, latte, pane e ciambelle. No, al campo di Koss non si soffriva la fame. Saa bevve latte e mangiò ciambelle, tutto il resto le faceva rivoltare lo stomaco, ma notò che il cibo era ben cucinato. E quella era la mensa degli schiavi. Quella dei guerrieri doveva essere ancora meglio. Poi le due nerette l’accompagnarono dalla Padrona. Kira stava per uscire ed andare a caccia, ma ascoltò attenta cosa aveva da dire la sua nuova serva. Poi diede alcuni ordini e quello che Saa aveva chiesto si materializzò immediatamente. Quindi Kira montò a cavallo ed uscì dal campo con una pattuglia.
Saa aveva chiesto, saponi, stracci, un giaciglio per lei, un falegname e l’aiuto, almeno per quel giorno di altre due serve. Queste ultime arrivarono subito, erano più mature delle due morette ed erano bianche.
Saa le portò alla capanna, le caricò di tutti i vestiti, le lenzuola, le coperte… e le spedì con il sapone al fiume a lavare. Le nerette rimasero con lei.
Al falegname disse che doveva sistemare tutti i mobili e fare un letto per lei. Quello di Koss e Kira poteva andare, era solo da pulire. E fu quello che fece aggredendo, con le due nerette tutta la sporcizia che c’era in casa.
Fu un lavoro duro, ma prima che i padroni rientrassero la casa era pulita ed odorava di pulito. Anche i vestiti, le lenzuola e le coperte erano asciutti e stirati, il sole implacabile aveva svolto egregiamente il suo compito. Saa aveva diviso con della tela grezza e pesante lo spazio interno di circa cento metri quadri. Aveva ricavato una cameretta per sé, una per i Padroni, un grande soggiorno ed uno spogliatoio all’ingresso. Non voleva che si entrasse in casa con gli stivali, Subito fuori, la cucina ed il tavolo da pranzo. Fuori c’era anche un piccolo bagno per i bisogni notturni che sversava in un pozzo nero verso il fiume. Le latrine stavano a mezza costa, anche queste sistemate verso il fiume, un canale portava tutto via verso l’acqua.

Saa attese Kira e Koss all’ingresso. Arrivò prima Koss e Saa gli spiegò quali erano le nuove regole della casa. Koss fece spallucce, ma si spogliò e si lavò prima di entrare in casa. Quando entrò non disse niente, ma ne fu compiaciuto.
Con Kira Saa cercò di essere più diplomatica. Kira la prese ancora una volta per il mento, la scrutò freddamente negli occhi e le disse – mi stai dicendo cosa devo fare a casa mia piccola? –
Saa stavolta scrutò Kira attentamente reggendo lo sguardo, le passava solo due o tre anni, ma effettivamente di fronte a lei si sentiva piccola. Kira era più alta, più grossa e soprattutto più muscolosa ed aitante. Il tic si manifestò appena sentì la parola piccola, fu ancora diplomatica, ma inflessibile. – Signora, se vuole che la sua casa sia tenuta pulita ed ordinata… –
Kira la lasciò, andò nel bagno, si lavò e poi nello spogliatoio si cambiò prima di entrare in casa. Saa la seguì, era intimorita e preoccupata, ma sapeva che aveva fatto un buon lavoro. Kira si guardò intorno, la casa era irriconoscibile, in silenzio ispezionò tutto, poi si girò verso Saa e le sorrise. – Bene piccola Saa, sei stata brava. –
Saa pianse ancora per diverse notti, ebbe gli incubi ancora per un po’, ma poi si rese conto che voleva vivere e riprese a vivere.
Era una schiava, ma per ora la trattavano bene, non era neanche stata violentata come si aspettava che accadesse, anzi Koss, il suo Padrone, la ignorava e lei si domandava perché visto che era abbastanza sicura che non fosse da buttar via. In quel campo tutti scopavano con tutte. Padrone con Padroni e schiavi e viceversa. Le schiave non si potevano sottrarre, ma di solito non c’era una vera e propria violenza, semplicemente i Padroni e le Padrone si prendevano quello che pensavano fosse un loro diritto e le schiave e gli schiavi lo accettavano. A Saa non succedeva. Molti ragazzi nella precedente vita l’avevano corteggiata, ma lei era ancora vergine. Negli anni 30 del 2.000 non erano poi molte, a diciotto anni, le ragazze vergini.

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Koss e Saa

Piano, piano Saa conquistò il suo spazio ed il suo ruolo in quell’accampamento di primitivi.
Erano primitivi, ma molto disciplinati, quindi nessuno osava infrangere le regole. Koss esigeva che tutti si comportassero bene, chi veniva meno alle regole veniva punito e, se era un guerriero, per gravi infrazioni, espulso dal campo. Gli schiavi non ci pensavano neanche ad infrangerle, erano generalmente trattati bene, ben pasciuti, ben vestiti e, se si facevano male, ben curati. Su nessuno venivano esercitate violenze gratuite. Venivano puniti solo quando non ubbidivano o erano negligenti e dopo che il consiglio del campo aveva decretato che lo meritavano.
Di solito la punizione consisteva nel lavorare qualche ora in più, ma se l’insubordinazione era grave venivano frustati. Negli altri campi gli schiavi erano vessati e la frusta veniva usata di continuo. Gli schiavi del campo di Koss lo sapevano e quindi raramente si ribellavano. Qualcuno scappava, ma finiva presto preda delle bestie feroci o di altre bande. Quindi succedeva raramente. Se veniva ripreso veniva punito molto severamente ed impastoiato con delle catene alle caviglie che doveva tenere per mesi. Koss non si impegnava molto a ricatturarli, non lo diceva, ma era contento che gli elementi rognosi se ne andassero. A volte riportava all’accampamento qualche corpo sbranato dalle fiere come monito. Altre volte, dopo aver sconfitto delle altre bande, mostrava loro come erano trattati gli schiavi negli altri campi e ciò bastava a scoraggiare la fuga dei suoi. Di quasi tutti, perché qualcuno che ci provava c’era sempre.
Saa non ci provò mai. Aveva capito che quello là fuori era un mondo spietato, dove sarebbe finita male rapidamente, ma non era ancora sicura del suo posto in quella società primitiva e quindi era continuamente preoccupata.

La mattina, presto, subito dopo aver mangiato, gli schiavi uscivano dall’accampamento ed andavano a lavorare nei campi. Quasi tutti, molti rimanevano nell’accampamento per le attività lì richieste: pulizia, cucina, lavori artigianali, stallieri…
Saa era una di quelle che rimaneva all’accampamento, appena sveglia preparava da mangiare per Kira e Koss e per lei stessa. Per Kira e Koss la colazione era abbondante, loro stavano, quasi sempre, via tutto il giorno. Saa no, Saa rimaneva all’accampamento e quando aveva voglia piluccava, quindi la mattina beveva una tazza di latte e mangiava qualche fetta di pane e qualche frutto. Poi si metteva all’opera.
Dopo gli schiavi uscivano anche i guerrieri, per andare a caccia o a pesca, ma spesso per qualche scorreria come quella in cui Saa era stata fatta prigioniera.
Le due morette arrivavano presto, ma dopo i primi giorni in cui c’era stato un gran da fare, ora che la grande tenda era stata riordinata, in tre riuscivano a mettere tutto a posto in poche ore. Poi le due morette iniziavano a chiacchierare tra loro, sembrava che avessero argomenti inesauribili su schiavi, schiave e soprattutto padroni e padrone.
Saa si annoiava, era una ragazza giovane ed intelligente e l’ultima cosa a cui era interessata erano i pettegolezzi delle due ochette. Di solito a mezzogiorno aveva finito, e avrebbe iniziato a cucinare per i Padroni solo verso le cinque del pomeriggio, aveva un sacco di tempo libero che non sapeva come usare. I primi giorni se ne era andata in giro per l’accampamento a curiosare, poi era anche uscita fuori facendo con le due morette lunghe passeggiate, ma una volta che aveva conosciuto i dintorni le sue curiosità erano state soddisfatte. Faceva sempre delle passeggiate, ma cinque ore al giorno erano tante.

Non prese neanche in considerazione di parlarne con Koss, lui aveva delegato Kira ad occuparsi della giovane schiava. Quindi si rivolse a Kira.
– Signora… – esordì, poi si fermo non sapendo bene come continuare.
– Dimmi piccola – l’incoraggiò Kira. Il tic fu immediato e Kira sorrise, la schiava non si era resa conto dell’effetto di quella parolina, ma la sua Padrona sì. Kira aveva notato che quel tic si manifestava anche quando Saa era sotto stress, buono a sapersi pensò Kira, questo &egrave il nostro piccolo segreto meditò Kira, che per altro conosco solo io perché la piccola schiava non &egrave neanche consapevole.
A Kira piaceva metterla in soggezione e farla sentire a disagio, ma la trattava sempre bonariamente. Trovare quella ragazza era stata una benedizione, la sua vita e quella di Koss era notevolmente migliorata. Vivevano in una tenda pulita e profumata e mangiavano molto meglio a casa che alla mensa, dormivano in letti comodi ed era tutto merito di quella giovincella.
– Signora, ho tutti i pomeriggi liberi e non so cosa fare. –
Kira era seduta al fresco nella grande tenda e Saa era in piedi di fronte a lei.
Kira la guardò attentamente, era bella, in quelle settimane aveva messo su qualche chilo e la tristezza sembrava averla lasciata, ogni tanto sorrideva, ma più spesso era ancora preoccupata. Non la sentiva più gridare la notte e forse gli incubi l’avevano abbandonata. Di sicuro la mattina quando si svegliava era riposata e sprizzava energia da tutti i pori. Vestiva in modo castigato, gonne lunghe e camicioni con maniche lunghe, ma si potevano facilmente intravedere ed immaginare forme desiderabili. D’altra parte lei l’aveva vista nuda più volte.
Ogni tre o quattro giorni Kira faceva un bagno completo al fiume e si faceva accompagnare da Saa. Fin dalla prima volta Saa si rese conto che se doveva insaponare la Padrona doveva spogliarsi anche lei e fare il bagno pure lei. Cosa che non le dispiaceva, piaceva anche a lei essere pulita, profumata ed in ordine.
Kira aveva visto che Saa era davvero bella, le piaceva, se voleva poteva averla, Kira era bisex e se l’era spassata più volta con schiave o con donne libere che fossero. Ma Koss, senza mai parlarne, aveva chiaramente fatto intendere, a lei ed a tutti, che Saa era off limits, nessuno la doveva toccare. Quello che a Kira risultava indecifrabile era che poi Koss la ignorasse. In quanto all’off limits poteva valere per tutti, ma non per lei, ma la prima mossa toccava a Koss.
Con la piccola Koss non aveva mai avuto un approccio, se voleva poteva prenderla con uno schiocco di dita, come per altro poteva facilmente sedurla, ma non aveva fatto né l’uno né l’altro. Quello, per Kira, era un mistero.
Kira comunque, per il momento, non ne approfittò, si faceva insaponare dalla schiava soprattutto di dietro, poi si lavava e ricambiava anche. Kira apprezzava le forme di Saa, davvero belle, ma non l’accarezzò mai intimamente e non le richiese mai niente del genere.
Kira riemerse dai suoi pensieri e ordinò ad una delle due morette, – Vai a chiamare il dottore. Presto. –
Il dottore era un uomo distinto di circa cinquanta anni, brizzolato, pulito e curato. Vestiva con una tunica e dei pantaloni di tela grezza. Era uno schiavo.
Il dottore si presentò dopo qualche minuto e fece un inchino verso Kira mormorando – buongiorno rendna. – Rendna era il femminile di rend, ovvero capo.
Kira rispose al saluto con un – buongiorno dottore, – ed indicando Saa che era rimasta lì in piedi, in attesa, – le presento la mia schiava personale, si chiama Saa. –
Il dottore guardò Saa e le sorrise, Kira continuò, – ho pensato che non sarebbe male se Saa imparasse qualcosa di medicina. Lei d’altra parte ha sempre detto di non avere a disposizione un’infermiera capace ed istruita a cui poter insegnare e che la potesse aiutare… Saa &egrave capace ed istruita. – Kira dava del lei al dottore, c’era molto rispetto.
– Bene, – rispose il dottore, – accetto volentieri l’aiuto, cominciamo domani. –
– Saa può aiutarla tutti i pomeriggi. –
Così Saa diventò l’aiutante del dottore. Tutti i pomeriggi il dottore riceveva nel suo ambulatorio schiavi e Padroni e per quello che gli era possibile nelle condizioni date li rimetteva a posto. Saa aiutava tutti volentieri e visto il lavoro che faceva, la disponibilità che offriva e la gentilezza del suo carattere, tutti iniziarono a volerle bene. La ragazza iniziava a sentirsi bene.

Koss fu ferito in un agguato, ne uscì vivo per miracolo, non perché la ferita fosse grave, una freccia in una spalla, ma perché la situazione era stata difficile. La sua squadra stava percorrendo una gola e gli avversari, in cima alla stessa, li avevano tempestati di frecce. Fu Kira a salvarlo prendendo la cavezza del cavallo e portandolo fuori dalla gola a spron battuto, mentre Muzi ne aveva coperto la ritirata. Koss riuscì a reggersi sulla sella, si permise di svenire solo quando era ormai fuori dalla gola, ormai in salvo.
Il dottore, assistito da Saa dovette estrarre la freccia, medicarlo e cucirlo. Non era grave, ma la freccia era penetrata a fondo ed il dottore gli prescrisse due settimane di assoluto riposo a letto ed altre due settimane di riposo prima di poter rimontare a cavallo o fare qualunque sforzo. Per fortuna che si trattava della spalla sinistra.
Kira se ne prese cura per due giorni, ma non era da lei stare ferma per tanto tempo. Le sue abitudini variarono di poco, la mattina andava via un po’ più tardi e la sera rientrava un po’ prima, per il resto aveva una banda da governare, bisognava cacciare e depredare come sempre, in più bisognava dare la caccia a quei predoni che avevano invaso il loro territorio e sgominarli una volta per tutte. Lo fece.

Toccò a Saa prendersi cura di Koss.
Koss era debole e comunque non poteva fare sforzi neanche per girarsi nel letto. Saa era sempre intorno a lui e per non disturbarlo aveva proibito alle due ochette persino di entrare nella tenda, dentro faceva tutto lei. Le due ochette andavano a lavare i panni al fiume e cucinavano fuori.
Koss non era un paziente modello, stare fermo non faceva per lui, però non era in grado di mettersi in piedi e quindi dipendeva da Saa in tutto, anche per i suoi bisogni fisici.
Koss si vergognava indecentemente, ma se doveva pisciare o defecare doveva chiamarla. Lei invece era felice di rendersi utile e non provava nessuna repulsione. In quei primi mesi lavorando con il dottore ne aveva viste tante di situazioni simili e le affrontava con il dovuto distacco, quindi ora infilava la padella sotto il suo corpo, poi si allontanava per lasciarlo solo e ritornava dopo qualche minuto, lo faceva girare e lo ripuliva. La mattina a mezzogiorno e la sera lo imboccava come un bambino e stava attenta a servirgli cibi freschi e leggeri. Ogni ora lo rigirava nel letto facendogli cambiare posizione ed ogni giorno, almeno all’inizio quando per la febbre alta sudava continuamente, cambiava le lenzuola. Koss, a letto, riposava nudo, di giorno ricoperto solo da un lenzuolo, di notte anche da una coperta.
Koss, dopo le iniziali ritrosie e ribellioni, si arrese e si consegnò nelle mani della sua schiava. Il risultato era che lei lo vedeva continuamente nudo, mentre lui, di lei, aveva visto solo qualche caviglia e qualche braccio, oltre al viso. Sapeva da Kira, che aveva un corpo snello e flessuoso, con tutte le curve desiderabili, anche se il seno non era molto grosso. Secondo Kira, Saa aveva belle gambe ed un culetto stupendo.
I contatti erano molto ravvicinati, ma lui sembrava di ghiaccio, almeno così pensava Saa. Non era così, Koss si controllava e non sapeva fino a quando, meno male che la notte Kira, nonostante il suo stato, non gli dava tregua.
Koss si limitava anche nelle parole, chiedeva più che ordinare, ma anche le sue richieste più gentili sembravano ordini. La padella, per favore, oppure, aiutami a tirarmi su. Ecco così, grazie. Era laconico, ma Saa era sempre lì felice di esaudire ogni suo desiderio. Lui le sorrideva e poi ripiombava nei suoi pensieri. Non aveva voglia di fare conversazione. In effetti Koss era cupo, aveva già rischiato la vita, ma mai era stato ferito seriamente. Non era introspettivo, ma l’immobilità lo costringeva a pensare mentre lui di solito faceva. E poi non voleva incoraggiare la ragazza, gli piaceva, ma ne voleva fare il suo trastullo? E Kira dopo come l’avrebbe trattata? Meglio che ci pensi quando almeno avrò le forze per gestire la situazione si disse.

Solo la notte Kira riprendeva possesso del suo uomo e Koss nonostante fosse debole e stremato diventava languido e immancabilmente al suo contatto si eccitava. Una settimana dopo che Koss era stato ferito, Kira faceva sesso con lui, con le mani e con la bocca, delicatamente. Kira lentamente lo montava mentre Koss stava sdraiato supino ed immobile. Faceva tutto lei, Koss si limitava a rizzare e mugolare, a volte gridava il suo piacere, poi si addormentava come un bambino.
Le tende davanti ai rispettivi giacigli impedivano a Saa di vedere, ma non di sentire. Saa aveva compiuto da qualche mese diciotto anni, era una donna giovane e di sani appetiti e di quell’uomo, di soli ventuno anni, si era infatuata sin dal primo momento. Sentirlo gemere e godere era per lei una tortura incredibile.
Saa era vergine, ma non era una santarellina, caso mai era pudica, bastava vedere come si vestiva. Saa era rimasta vergine perché non aveva trovato l’uomo che voleva, i ragazzini che le ruotavano intorno non le interessavano e nell’ultimo anno aveva avuto altro a cui pensare. Dagli uomini era attratta, ma allo stesso tempo la spaventavano.
Koss aveva solo qualche anno più di lei, ma era un uomo e lui ormai non la spaventava più.
Lo desiderava e come se lo desiderava, mentre lui gemeva e Kira con lui, lei si toccava e mordeva il cuscino per non farsi sentire. Lui non l’aveva mai sfiorata e come aveva scoperto poteva farlo senza nessun problema. Anzi l’aveva protetta senza chiedere e volere niente in cambio. Saa era gelosa di Kira, da morire, irrimediabilmente. Ma cosa voleva? Koss era solo il suo Padrone. Un Padrone amabile e protettivo, ma il suo Padrone. E Kira era la sua Padrona, anche lei l’aveva protetta e quando era stato possibile l’aveva anche accontentata nei suoi desideri. Ma se avesse insidiato il suo uomo cosa avrebbe fatto?

Quella mattina Koss stava decisamente meglio, Saa l’aveva aiutato ad adagiare le spalle contro la testiera del letto. Koss aveva la barba lunga ed ispida, lui di solito si radeva ogni giorno, anche se solo dopo qualche ora le guance erano di nuovo scure, di un colore tra il nero ed il blu. Saa gli insaponò il viso con il pennello, quel lavoro le piaceva, poteva liberamente toccarlo sul volto e guardarlo negli occhi, anche se lui distoglieva lo sguardo, lo poteva prendere per il mento dirigerlo verso di lei e scrutarlo… solo per vedere se aveva fatto un buon lavoro.
– Fatto. – Saa era soddisfatta di quel lavoro.
Koss le sorrise, quella mattina stava decisamente meglio pensò Saa, Era bello pensava la ragazza, il mento era sfuggente, ma per il resto i tratti di quel viso erano virili ed al tempo stesso delicati, duri e gentili. Quanti contrasti pensava mentre desiderava baciarlo. Il Padrone. Si ritrasse e scostò il lenzuolo, era ora della spugna. Lui era nudo e ormai non ci faceva più caso, quella ragazza l’aveva visto nudo e lavato già parecchie volte. Volente o nolente era la sua infermiera, era così che doveva vedere le cose.
Saa rigirò Koss sulla pancia, avrebbe iniziato da dietro. Per girarlo sotto sopra serviva forza, si aiutò con tutto il corpo e ci riuscì strusciandosi su di lui. Koss sentì il suo morbido seno sulle spalle ed il suo fiato sulla schiena. Lei si scostò una ciocca di capelli dalla fronte e immerse la spugna nel catino, la strizzò e iniziò a frizionare, era accaldata e non solo per lo sforzo.
Saa riprese fiato, discese dalle spalle larghe e forti alla schiena, ai fianchi e poi insistette sulle natiche. Scese da queste alle cosce di marmo, dure, lisce e potenti, quindi ai polpacci ed ai piedi, strofinando e massaggiando. Koss mugolò di piacere. Gli scioglieva i muscoli ed i nervi contratti. Neanche lui si era accorto di quanto stressanti fossero stati quei mesi, quanto grave fosse la responsabilità che aveva sentito su di sé.
Saa era invece in estasi, prendersi cura di quel corpo, potergli dare piacere le procurava un immenso piacere. Non riuscì a trattenersi e sfiorò le sue spalle con le labbra, non fu un vero e proprio bacio, ma un sospiro, un lievissimo contatto. Per baciarlo all’ultimo istante le era venuto meno il coraggio. Koss invece vibrò.
– Saa… – non sapeva cosa dirle.
– Sì, – rispose lei, rossa in viso, risvegliandosi da quello stato.
– Girami e lavami davanti. –
Riportarlo supino fu più facile. Saa fece quello che il Padrone chiedeva. La sua voce ancora una volta era decisa, ma non arrogante, non chiedeva per favore, ma era gentile.
I loro sguardi si incontrarono. Lei era rossa in viso e confusa, gli occhi sfuggenti ed annebbiati, non osava sostenere il suo sguardo. Lui era perplesso, per un attimo pensò di esserselo sognato, ma ora voleva vedere cosa succedeva, lui non le avrebbe impedito di fare quello che voleva, ma non l’avrebbe neanche incoraggiata. L’avrebbe lasciata confusa ed imbarazzata, ora dentro di sé ridacchiava, ma cercò di non farlo trasparire.
Ricominciò dal petto tenendosi lontana dalla fasciatura. Il pene era floscio e abbandonato tra le cosce dell’uomo. Lei sbirciò continuando a frizionare, lui non ebbe reazione, era sempre così, mentre lei si sentiva languida ed umida giù in basso. Continuò a frizionare con la destra mentre la sinistra era posata sul suo petto. Saa aveva dita lunghe ed eleganti, leggere e delicate. Mentre frizionava, con il pollice lo toccava sui capezzoli, casuale, molto casuale. Scese sulla pancia e l’altra mano si poggiò ancora più giù, su una coscia. Koss socchiuse gli occhi rilassandosi, ma l’osservava. Saa era molto bella ed aveva un buon odore, da cucciola.
Anche Kira, aveva un buon odore, muschiato e di sesso. Che paragoni stava facendo, ma lei scese ancora più giù e stavolta qualcosa lì si mosse. Lei ora non lo guardava, il suo sguardo era sperso mentre le sue mani sembravano impacciate, ma la spugna girava lì attorno e qualche volta la mano lo toccava. Era accalorata, il respiro ansante, lo sguardo vacuo e pensava, fa qualcosa ti prego. Koss ne ebbe pietà e se la tirò addosso cercando di non farsi male. Lei si afflosciò su di lui allungando il collo e la bocca verso la sua. Le labbra si toccarono e lei le dischiuse, lui fu tenero, molto tenero, e lei si sciolse. La guardò, lei aprì gli occhi, era seria e compressa, spaventata di non piacergli, di essere rifiutata. Non le diede modo di pensare.
– Farei volentieri io, ma non ci riesco. –
– Cosa? – rispose lei con la voce roca in un sussurro desiderosa di compiacerlo in qualunque modo.
– Spogliarti. –
Saa arrossì, poi iniziò a sbottonare quel camicione informe che portava e che aveva lavato tante volte da diventare liso ed informe, quasi trasparente. Kira le aveva dato un sacco di vestiti suoi, ma erano grandi e comunque non adatti a lei, anche se si riprometteva di sistemarne qualcuno ed usarlo.
Sotto il camicione era nuda, niente reggiseno e per il resto faceva troppo caldo per indossare dell’altro.
La pelle di Saa non era bianco latte, tendeva all’avorio, mentre i capezzoli erano rosa, non molto grandi, ma eccitati e puntuti. Sotto il suo sguardo le venne la pelle d’oca, era rossa in viso e non lo guardava, teneva gli occhi bassi, modesta e pudica.
Poi fece scendere gonna e mutandine ai piedi, con un gesto fluido ed elegante, scavalcò gli indumenti e si consegnò al suo sguardo timida ed eccitata. Teneva sempre gli occhi bassi. Lui la guardava e le piaceva quello che vedeva. Quella ragazza era davvero bella e, con il tempo, sarebbe diventata ancora più bella.
– Avvicinati Saa. –
Saa si avvicinò dal lato del braccio buono. Lui l’accarezzò sulle cosce, la ragazza tremò e le venne la pelle d’oca.
– Siediti Saa, sul letto, qui accanto a me. –
Saa si sedette, cercò di dominare il nervosismo, lui l’accarezzò ancora sulle cosce, lei le teneva chiuse.
– Per me questo non &egrave il momento migliore, ma… in queste cose non si può scegliere. –
– Sì – rispose incerta lei, mentre lui cercava di tirarsi su, appoggiando le spalle alla testiera. Lei si precipitò per aiutarlo e lui l’attrasse a sé baciandola. Le labbra si Saa erano morbide, l’alito caldo e profumato, il corpo nudo bollente, Koss rizzò non appena iniziò a baciarla ed accarezzarla lungo tutto il corpo. Le labbra di Saa si dischiusero e lui le mordicchiò, la ragazza avvampò e mugolò, lui le succhiò la lingua e lei impazzì, poi la penetrò con la sua e la rigirò dentro di lei. Saa non capiva cosa le stesse succedendo, non aveva mai immaginato che un semplice bacio potesse scombussolarla così tanto.
Koss le pizzicò i capezzoli e lei gemette, poi glieli leccò, mordicchiò e succhiò e Saa sentì che le mancava l’aria. Lei era a cavalcioni su di lui e si lasciava toccare dove e come voleva lui. Non faceva niente, si offriva. La mano buona di Koss finì tra le sue cosce e lei al contatto sussultò, era fradicia. La mano si strinse possessiva sulla vulva e lei poggiò le mani alla testiera per non accasciarsi sull’amante. Poi un dito si mosse sul clitoride e le si morse le labbra per non gridare, ma dopo qualche secondo gridò. – Koss, oh Koss, ti amo. –
Seguirono frasi sconnesse che Koss non capì. Poi le passò la mano buona dietro le chiappe e la spinse ancora verso di sé.
Koss voleva che la fica di Saa arrivasse a tiro della sua bocca e della sua lingua.
Quando Saa capì si spinse avanti sulle ginocchia fino a sbattergliela sul naso. Capiva cosa il suo Padrone voleva fare e lo desiderava tanto, desiderava qualsiasi cosa lui volesse fare.
– Accarezzati il seno, strizza i capezzoli con decisione e con dolcezza. –
Saa eseguì e quando Koss vide che lo faceva dandosi piacere iniziò a leccarla in basso.
Saa teneva la sua micina sospesa un paio di centimetri sopra la bocca di Koss e tremava sulle ginocchia. Quando Koss riuscì a penetrarla con la lingua Saa venne immediatamente, un lago che straripava. Saa sussultava sulle ginocchia, gemeva e gridava, ma continuava ad offrirsi.
Lui la leccò sul clitoride e la mordicchiò sulle grandi labbra e sul clitoride stesso. Saa si muoveva istintivamente con piccolissimi movimenti offrendosi e senza neanche saperlo indicando i punti in cui voleva essere leccata.
Saa venne più volte, era in estasi. Era difficile controllarla, per fortuna di Koss si dimenava in medo misurato e senza gesti sconsiderati.
Dovette pizzicarla sulle chiappe per ottenere di nuovo la sua attenzione.
– Sì Koss, dimmi quello che devo fare – riuscì a dire.
– Ritorna in giù, prendimelo con una mano ed indirizzalo sulla tua fessurina. –
Saa perse così la sua verginità, calandosi sul cazzo del suo Padrone, era talmente scivolosa che praticamente non se ne accorse. Poi danzò sul cazzo di Koss e guardandolo come lui le aveva imposto negli occhi.
– Guardami Saa! –
Occhi velati e torbidi che in realtà vedevano poco mentre viso e corpo erano in fiamme, la fica un fiume in piena e gli orgasmi non si contavano più.
Quando lui venne dentro di lei Saa esplose, quando sentì il potente schizzò dentro di lei si inarcò sulla schiena, urlò e poi si accasciò sul corpo di Koss tramortita dal piacere.

Erano sdraiati nudi uno accanto all’altra. Saa era accucciata accanto a lui con la testolina adagiata sul suo ampio petto, pienamente soddisfatta e felice di essere diventata donna, ma allo stesso tempo preoccupata del suo futuro.
– Cosa ne sarà di me? – Sussurrò quelle parole senza guardarlo.
Koss la guardò come un punto interrogativo. – Tu sei mia, penserò io a te. –
– Sono la tua schiava. – Lo disse desolata. Al contrario che con Kira, a Koss Saa dava del tu, era anche vero che fino a quando non era stato ferito non avevano scambiato molte parole, ma anche prima Saa con lui era stata informale, anche se sempre rispettosa. Ora era anche in confidenza.
– Sì sei la mia schiava, – rispose lui questa volta, – questo &egrave un fatto che non possiamo cambiare. –
Saa era angustiata, lei era nata libera, adorava quell’uomo, il suo Padrone, ma non voleva essere la sua schiava.
– Sono solo il tuo giocattolo per fare sesso. –
Koss la prese per il mento e la guardò negli occhi, duro. – Non mi sembra che ti sia dispiaciuto, l’hai voluto tu, anche se immagino che prima o dopo sarebbe successo. Quello che devi sapere &egrave solo che io ti proteggerò e con me sarai al sicuro. Ora basta con questi stupidi discorsi. –
Ma Saa, testarda, non voleva chiudere il discorso. Sapeva di rischiare e che in quel mondo le sue erano pretese belle e buone. Rischiava anche perché lui non era stato, ancora una volta, categorico, tutto sommato la stava ascoltando, mentre poteva semplicemente ordinarle di stare zitta.
– E Kira? –
– Kira? – rispose lui.
– Hai me ed hai Kira, – rispose ingenuamente lei.
– Kira &egrave la mia amante, &egrave una donna libera e può fare quello che vuole. Tu sei invece la mia schiava. – Koss si stava chiedendo cosa ancora Saa non aveva capito.

– Ma che bel quadretto. – La voce arrivò dall’ingresso ironica ed allo stesso tempo minacciosa.
Saa fece per sgusciare fuori dal letto. Lesta e coprendosi con le mani le intimità cercava di raggiungere i suoi vestiti e sparire. Koss invece esclamò – Kira! Da quanto sei lì? –
Kira non badò a lui. – Ferma dove sei puttanella. – Saa si bloccò cercando sempre di coprirsi con le mani, quelle parole l’avevano ferita mortalmente perché le riconosceva vere. La Padrona l’aveva trovata a letto con il Padrone.
Rimase immobile e senza fiatare, non sapeva bene cosa aspettarsi, ma temeva il peggio.
– Koss si &egrave dimenticato di dirti che non solo sono una donna libera e faccio quello che voglio, ma che sono anche la tua Padrona. Tutto quello che c’&egrave in questo campo mi appartiene al 50%, te compresa. –
Saa rimase zitta chiedendosi cosa sarebbe successo ora.
Koss guardava la sua donna e non diceva niente, anche lui voleva scoprire cosa sarebbe successo. Kira non era mai stata gelosa di altre, schiave o libere che fossero, ma con Saa aveva manifestato qualcosa di diverso, come se sentisse anche lei che agli occhi di Koss la giovane schiava bionda fosse diversa dalle altre. Forse l’aveva capito prima dello stesso Koss.
Kira si avvicinò al letto spogliandosi e mostrando il suo corpo generoso e voluttuoso, molto diverso da quello di Saa, snello e nervoso. Capezzoli grossi e scuri, areole larghe e rugose, tutto il contrario della biondina.
Poggiò un ginocchio sul letto e guardando la piccola macchia rossa sul lenzuolo commentò. – E così la nostra santerellina &egrave diventata donna. –
Poi si rivolse a Koss. – Lei &egrave mia quanto tua. Sei d’accordo? –
Koss si agitò e la guardò scornato senza risponderle.
Kira scostò Saa che finì in un angolo del letto muta ed impaurita. Kira era molto aggressiva e Koss, anche se stava meglio, era debole ed immobilizzato. Sapeva che in quel momento e in quelle condizioni non aveva senso discutere, ma a suo tempo le avrebbe spiegato che con Saa aveva dei limiti. Non in quel momento però,
Lei gli prese il cazzo in mano e lo strinse lievemente, ma con decisione. – La piccola si &egrave presa qualcosa che &egrave mio – affermò.
– Ti sbagli – rispose Koss scuotendosi dal torpore, – sono stato io a prendere lei. –
– Me lo auguro Koss, me lo auguro – rispose la rendna, – lei &egrave una schiava e spero che sia stato tu a prendere lei e tu ne abbia avuto soddisfazione. Sapevo che sarebbe successo e non mi dispiace. – Kira sorrise e si chinò sul cazzo di koss prendendolo in bocca.
Koss rizzò, anche in quella situazione difficile, Kira era Kira e lui non sapeva resisterle. La rendna glielo fece diventare duro rapidamente e poi lo montò godendo di lui.
Selvaggiamente, anche in questo molto diversa da Saa che fino a qualche minuto prima si era calata dolcemente e delicatamente struggendosi nell’amplesso con l’uomo che adorava già come una divinità.
Saa non si mosse dal suo angolo, orripilata ed eccitata al tempo stesso. Aveva visto con quanta abilità la sua Padrona aveva risvegliato il suo Padrone e come si stava prendendo il suo piacere. Lei non sarebbe mai stata capace di essere così spudorata e predatrice, lei sentiva di essere nata per dare piacere.
I suoi padroni scopavano davanti a lei come se lei non esistesse. Era solo la prima volta che succedeva, sarebbe successo tante altre volte.
Vennero insieme gemendo e godendo. Poi Kira si rivolse a Saa. – Prendi saponi ed asciugamani, ho bisogno di un bel bagno, andiamo al fiume. –

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https://www.kobo.com/it/it/search?Query=koss
https://www.amazon.it/Koss/e/B06WVH29MD Nelle grinfie di Kira

Kira era nuda e seduta sul margine di un grande e piatto masso, al centro di una larga pozza. Quello era il luogo che Kira preferiva per le sue abluzioni. Kira era abbronzata ed il suo corpo generoso perfettamente in forma.
Saa, anche lei nuda, era bianca, visto che stava sempre coperta sotto i suoi straccetti ed il suo corpo era delicato. Era posizionata alle spalle di Kira, la insaponava sulle spalle e la ripuliva con la spugna. Kira se la godeva.
– Sei pallida come un cadavere – la provocò Kira.
– Signora… –
– Non sei brutta, a Koss piaci, ma dovresti prendere un po’ di sole, altrimenti penseranno che sei malata e che non mi prendo cura di te. –
Saa era confusa, cosa stava cercando di dirle la sua Padrona, cosa voleva? Nel dubbio non disse niente. Kira si distese supina sul masso, lei era bella abbronzata, nei pochi punti, molto intimi, in cui il sole non l’aveva colpita la sua pelle era bianco latte.
Kira si stirò come una gatta. – Ora lavami davanti piccola. –
Il tic fu immediato e Kira sorrise, Saa passò la spugna sulle grandi tette della Padrona e scese verso il basso, il cespuglio nero era grande ed incolto.
– Una volta ero molto curata là in basso, ma poi non ho più avuto modo di tenerlo in ordine. Tu invece ti sei trattata bene. –
Finalmente Saa poté rispondere. – Se me lo permette Signora… posso sistemare. –
– Sì, dopo a casa, ora lavami e massaggiami. Sono stanca ed ho bisogno di rilassarmi. –
Kira ora dava le spalle a Saa che nuda era a cavalcioni sul suo corpo e la stava massaggiando sulle spalle sciogliendole i muscoli e facendola sospirare di piacere.
Poi Saa scese verso le natiche della Padrona, belle, divise perfettamente e pure loro, come tutto il corpo di Kira, esuberanti. Le lunghe e nervose dita di Saa impastavano quei due succulenti meloni facendo ancora sospirare Kira che allargò leggermente le gambe. Saa accolse l’invito passando alle cosce, sotto le belle forme lei sentiva muscoli forti e guizzanti. Malgrado tutto ammirava quella donna, bella, forte, potente.
Kira si rigirò ancora mettendosi supina e Saa continuò a massaggiarla sulle cosce, mentre le sue mani erano sulle gambe di Kira, il suo nasino era a dieci centimetri dalla sua fica pelosa e sotto il cespuglio si intravedevano due labbra tumide, rosse e carnose. Anche questa volta tutto il contrario di come era lei: pochi peli, due labbra graziose, ma piccole e quando era eccitata, leggermente sbocciate come un bocciolo. Saa era persa nelle sue meditazioni e non si accorse neanche che Kira le stava stringendo i polpacci intorno al collo e la stava attraendo a sé.
– Signora… – riuscì a dire mentre la sua testa ed in particolare la sua bocca veniva costretta verso quelle grandi labbra.
Kira le disse una sola parola. – Lecca! –
Saa non voleva, ma la sua bocca era ormai a pochi centimetri da quella gran fica pelosa e lei si sentiva soffocare perché Kira aveva continuato a stringere. Saa cercava di resistere, ma Kira stringeva, era forte e lei non osava usare le mani ammesso che potessero servire a qualcosa contro quelle cosce possenti e quei polpacci muscolosi.
La bocca si poggiò sulla fica e Saa si sentì mancare. – Lecca! – sentì ancora e Saa leccò.
Dopo il primo guizzò Kira allentò la presa, ma la mantenne ancora sul collo della schiava. Solo quando Saa iniziò a leccarla decisa lei la mollò.
Al posto dei polpacci sul collo Saa sentì una mano forte e prepotente sulla sua testolina rossa.
Saa era soggiogata, incapace di disubbidire. Lei era forte e la voleva e Saa leccò. Kira venne rapidamente stringendo la testolina bionda sulla sua fica e non mollandola fino alla fine.
Poi l’attrasse a sé e la baciò sulle labbra. – Buona – disse.
Saa era inerte e sottomessa, Kira la toccò tra le gambe e la trovò bagnata, la masturbò e Saa arrossì e si lasciò andare. Si sentiva una puttana, come aveva detto Kira, ma non provò neanche a resistere, si aprì e morì gemendo su quel dito che la penetrava mentre un altro si strofinava sul clitoride. Chiuse gli occhi per la vergogna e godette.
– Brava la mia piccolina – mormorò Kira baciandola sulle labbra, – mi piaci. Questo, per ora, sarà il nostro piccolo segreto. Non diremo niente a Koss. Vero? –
– Sì signora – mormorò Saa in risposta vergognandosi come una bimbetta che aveva rubato le caramelle. Ma quelle caramelle erano buone, tanto buone.
Kira le montò addosso baciandola e facendola fremere, le difese di Saa furono rapidamente annientate e la schiava si abbandonò inerme tra le sue braccia. Saa non aveva mai pensato che le piacesse fare l’amore con una donna, ma Kira, almeno nella prima occasione, fu dolcissima, esperta e la seppe toccare sapientemente come e dove neanche lei sapeva che il suo corpo potesse provare piacere. Quella prima volta fece quasi tutto Kira, Saa tenne gli occhi chiusi e si mosse solo quando Kira la sollecitò, quasi sempre solo toccandola, ad assumere le posizioni che la Padrona desiderava. Saa non contò neanche gli orgasmi che raggiunse e quando la Padrona smise lei era molle e debole, incapace anche di mettersi in piedi. Fu Kira che la dovette sollecitare. – Torniamo a casa piccola. – Quello per Saa fu un giorno indimenticabile. Koss l’aveva resa donna e lei lo adorava, Kira l’aveva iniziata alle pratiche saffiche e lei ne era estasiata.

Da quel giorno Koss la prese ogni volta che gli fu possibile rendendola sempre più femmina e desiderabile.
Da quello stesso giorno Kira lentamente, ma inesorabilmente la rese sottomessa nell’anima e nel corpo. Raramente la punì e raramente la sgridò, ma continuamente la sollecitò a servirla sempre meglio.
Saa non fu mai in grado minimamente di resisterle, cedette su tutta la linea, d’altra parte le piaceva il suo Padrone e le piaceva quello che Kira le faceva. Infine si accorse che in quel mondo, lei, la schiava, era diventata una privilegiata. Non poteva ordinare niente a nessuno, ma aveva imparato a chiedere e aveva scoperto che le sue richieste, espresse con garbo e gentilezza, venivano sempre esaudite, anche dai suoi stessi Padroni. Sapeva, ovviamente, che aveva dei limiti e si impegnava a non superarli mai.

Naturalmente Kira trovava sempre più spesso Koss affaccendato con Saa e in quelle occasioni non manifestava più nessuna scena di gelosia, tanto che Koss non si preoccupò più di doverla prendere di nascosto.
Kira si limitava a qualche battuta sarcastica. – Ti piace la tua schiavetta, eh! –
Saa si girava dall’altra parte per non guardarla ed arrossiva cercando di coprirsi.
Koss a volte le rispondeva. – Non &egrave male. Sei gelosa? –
– No, – rispondeva Kira, – se la prendessi io tu saresti geloso? –
– No, non sarei geloso se la mia amante si volesse fare la mia schiava, ma di altri, soprattutto se uomini, potrei esserlo. –
Kira sorrise, stava per dirgli tutto, ma poi decise che non era ancora il momento e comunque ora sapeva per certo che Koss non avrebbe fatto scene se lei avesse preso Saa.
Kira ancora prendeva Saa solo quando erano soli, ma evidentemente non poteva durare a lungo.
Koss li scoprì in una radura vicino al campo. Saa era inginocchiata tra le gambe di Kira che in piedi la dominava platealmente mentre si faceva leccare come una dea, prima davanti e poi di dietro. Koss li spiava dal boschetto.
Dal loro comportamento Koss capì che la tresca durava da un bel po’. Kira la faceva muovere con pochi gesti e nessuna o quasi parola e Saa sapeva bene quello che la sua Padrona desiderava ed era pronta a esaudire. La piccola Saa era completamente sottomessa a Kira. Le stava leccando il culo con devozione e la sua lingua saettava sapientemente tra le chiappe della Padrona. Poi Kira fece volteggiare una gamba sulla testolina bionda e le presentò la fica ben depilata, solo un ciuffetto scuro in alto, davanti alle labbra, e Saa pronta ricominciò a leccare. Incredibile pensò Koss, neanche con lui Saa era così pronta, anche se con lui era molto più calorosa. Di quello Koss era sicuro, con Kira Saa era pronta e sottomessa, ma con lui era anche entusiasta di soddisfare ogni suo bisogno.
Koss decise di uscire dal boschetto.
Kira sentì il rumore di frasche e gli sorrise. – Così ci hai scoperto. –
Saa arrossì, era affranta, sapeva anche lei che prima o dopo sarebbe successo, quello che non sapeva era come lui avrebbe reagito, anche lei aveva sentito quelle parole su amante e schiava, ma non sapeva cosa sarebbe davvero aspettarsi all’atto pratico. Più volte si era detta che lei era una schiava e doveva obbedire. Si era chiesta cosa sarebbe successo se lo avesse detto a Koss, una frase del tipo Kira mi costringe…, lui cosa avrebbe detto? Probabilmente che doveva servirla e comunque non era cosa fare litigare i padroni per lei. L’unica a rimetterci da quel conflitto, se mai ci fosse stato, sarebbe stata lei e solo lei.
Koss si avvicinò rispondendo a Kira. – E così ti piace! –
– E’ la migliore che abbia mai avuto. E’ bella ed impara rapidamente. Diventerà una ottima kalsna. –
– Kalsna? –
– Una cosa che ho in mente, la metterò in atto quando avremo un po’ di respiro da queste stupide guerre e se non moriremo prima. La metterò in atto e Saa &egrave la mia migliore cavia. –
Saa ascoltava afflitta, quello era il lato peggiore di Kira, si fosse limitata a farsi servire sessualmente non le sarebbe neanche dispiaciuto, stava dimostrandoglielo in tutti i modi, ma lei voleva estendere il suo dominio su tutto.
Saa non osava guardare verso Koss, come la considerava, una puttana pensava.
– L’hai costretta o l’hai sedotta? – volle sapere.
– All’inizio ho dovuto forzare un po’, ma si &egrave arresa facilmente. –
Saa arrossì ancora, purtroppo sapeva che era vero, ma aveva ceduto solo perché impaurita, poi sorprendendo se stessa si era resa conto che fare sesso con Kira non era per niente male.
Koss, si inginocchiò accanto a lei, le prese il viso tra le mani e lo rivolse verso di sé, si rese conto che la schiava era turbata e la baciò. Saa quasi pianse per il sollievo.
Anche Kira si abbassò su di loro e presto finirono tutti sdraiati sull’erba.
– La piccola vuole essere rassicurata, soprattutto da te. Dimostrale che &egrave sempre tua e che tu la desideri. –
Koss la prese davanti mentre Kira la stringeva da dietro e Saa pianse felice.

Quella notte Kira uscì dal campo per una missione e Saa dormì con Koss.
– Come ti trovi con Kira? –
Saa non voleva rispondere, si vergognava, poi sfrontatamente rispose.
– Sono la sua schiava, no? Ubbidisco e le faccio quello che desidera! Come lo faccio a te! Sono la vostra schiava e la vostra puttana! –
Koss si maledisse per aver affrontato quell’argomento, ma ormai erano in ballo e tanto valeva farlo fuori.
– Sì, – rispose a muso duro, – sei la nostra schiava e la nostra puttana. Ma mi sembra che ti trovi bene. –
Saa gli diede le spalle e pianse.
Lui l’abbracciò da dietro e non disse niente.
Lei tra i singhiozzi dopo un poco. – Prometti. –
– Cosa devo promettere? –
– Prometti! –
– Come faccio a promettere se non so cosa vuoi. – Era esasperante.
– Prometti!! Ti chiederò una cosa che puoi promettere! –
– Ok. Prometto! –
– Mi sono rassegnata ad essere la schiava tua e anche di Kira. E non mi dispiace neanche. – Per Saa era un’ammissione che le costò parecchio fare.
– Ma – interloquì Koss.
– Ma temo per il mio futuro, sono terrorizzata, ho sentito che gli schiavi vengono venduti, barattati, ceduti, anche per fare sesso… – Saa non trovò il coraggio di andare avanti.
Koss la strinse a sé, un altro po’ e l’avrebbe soffocata e Saa si sarebbe fatta soffocare volentieri.
– Prometto che finché vivrò sarai la mia schiava e che non ti cederò a nessuno, mai e per nessun motivo. Naturalmente la mia amante sarà, come &egrave ora, la tua Padrona, ma le regole che ti ho appena enunciato varranno anche per lei. –
Saa si girò verso lui e lo baciò con tutta la passione che sentiva per lui. Immensa.
Koss la penetrò e se la fece, ma rimasero così allacciati e così si addormentarono e si svegliarono la mattina dopo.
Doveva essere quello il momento in cui Koss si era legato indissolubilmente a Saa, ma doveva essersi innamorato ancora prima, forse dal primo momento che l’aveva vista.

Kira fu messa al corrente delle decisioni di Koss proprio la mattina dopo e non ebbe nulla da eccepire. Koss era molto deciso ed era inutile contrariarlo, d’altra parte lei aveva campo libero sulla piccola e l’avrebbe addestrata per il suo piacere come aveva già in mente di fare. Solo per il suo piacere, quello era il limite che Koss le aveva dato e lo avrebbe rispettato, ma la biondina, e neanche Koss, poteva immaginare quanto alto sarebbe stato quel prezzo.

Due eventi sconvolsero, almeno per l’immediato, i piani di Kira.
Lei rimase incinta e la sua voglia di sesso scemò drasticamente, anche con Koss, oltre che con Saa. Koss ebbe così la scusa per fottersi ancora di più Saa. Ai suoi occhi la schiava diventava ogni giorno di più attraente.

Quando si avvicinò l’ora del parto un esercito dieci volte superiore a quello di Koss invase la regione. Koss non ci pensò neanche un minuto. Non si poteva resistere. Stava su un promontorio, facilmente difendibile di fronte ad una banda o un esercito due o tre volte superiore al suo, ma quelli erano diecimila uomini e si muovevano come un esercito ben addestrato. Sicuramente li guidava un ex militare.
Fece sgombrare il campo e si rifugiò sui monti. Nella ritirata perse qualche schiavo e un sacco di comodità.
Kira era preoccupata, stava per partorire e non le piaceva farlo in quella situazione, ma così partorì.
Però non era possibile crescere un bambino in quella situazione disperata. Koss e Kira decisero che dovevano affidare il bambino a qualcuno che viveva in un posto sicuro e tranquillo, la loro per il momento era una vita troppo avventurosa per potersi preoccupare di un neonato.
Conoscevano una coppia che viveva in una città fortificata e sicura, ad un centinaio di chilometri da lì. Città sicura per quanto in quel mondo si poteva essere sicuri. Lì Kira si diresse accompagnata da Muzi e da un piccolo drappello di uomini, Saa era con lei. Kira fu ben accolta dalla coppia che non aveva figli e che non vedeva l’ora di avere un bambino da curare.
Kira rimase con loro per qualche giorno, doveva ritornare da Koss e, anche se era legatissima a quel figlio appena nato, fare da madre non era nelle sue corde.
Lasciò Saa con la coppia – vi darà una mano con il piccolo – disse e diede loro una lauta ricompensa per il disturbo.
Saa partorì tre mesi dopo che Kira era andata via, fino a quel momento nessuno aveva notato la sua gravidanza e gli unici che ne seppero qualcosa furono quella coppia di amici di Kira.
Saa sapeva che il destino del suo bambino sarebbe stato completamente differente da quello di Leao, il figlio di Kira.
La coppia si fece avanti e l’accordo fu raggiunto, il neonato divenne figlio della coppia senza figli e che non ne poteva avere. Nur, il figlio di Saa, sarebbe cresciuto come uomo libero con quella coppia che voleva un figlio disperatamente.
– Lo potrai vedere quando vorrai – disse la donna a Saa abbracciandola teneramente.
– Ma dovrai essere molto prudente – aggiunse il marito. – Immagino chi sia il padre, &egrave un nostro amico e vogliamo proteggere te, il bambino ed anche il padre. Inoltre penso che Kira non prenderebbe bene questa notizia. Se venisse a saperlo se la prenderebbe con te, ma anche con noi e non sarebbe piacevole. Quindi non deve trapelare niente. –
– Nessuno deve sapere niente. Mai, – concluse Saa.

Passarono ancora alcuni mesi, quindi Kira ritornò a prendersi Leao e Saa.
Il grande esercito che aveva occupato la regione non poteva rimanere a lungo lì. Se ne andarono lasciando un avamposto nell’ex campo di Koss.
Koss sterminò quell’avamposto e si riprese il campo. Kira nella nuova situazione smise i panni della guerriera e divenne una grande organizzatrice trasformando il campo in una città fortificata, con case di pietra, strade e piazze, Una città inespugnabile anche da un grande esercito, non aveva più voglia di ripetere l’esperienza appena trascorsa, ora aveva un figlio. Quella città, un giorno, sarebbe diventata Valsa, la capitale della regione dei Grandi Laghi. La sua città. Lì fece costruire il palazzo della città ed il suo palazzo personale.
Koss ebbe il suo da fare per procurarle altre migliaia di schiavi, ingegneri ed architetti, legname e pietre, mastri ed operai specializzati, ma il risultato fu che lui, da semplice guerriero a capo di una banda di straccioni, diventò in pochi anni capo di un esercito e di un territorio tra i più progrediti e stabili di tutta l’Africa australe. Quando si avviarono le trattative per la costituzione del Dravor poté fare pesare il suo potere.
Kira aveva un gran da fare, ma non si dimenticò che doveva riprendere il suo progetto su Saa. La biondina era diventata ancora più donna ed attraente. Sarebbe stato piacevole addestrarla. Ci mise lo steso entusiasmo che nella realizzazione della città e fu molto piacevole.

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