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Schiava, succube o che altro? Scrivo per capire me stessa, aiutatemi se potete.

By 19 Maggio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Adelina (Adele).

Per cominciare e farmi conoscere.

Di diari ne ho cominciati non so quanti. Tanti comunque. Però strappavo tutto, subito o dopo qualche giorno. Ero ragazzina le prime volte e avevo paura che nonna trovasse le pagine sciolte od il quadernetto su cui scrivevo a biro. Sarebbe stato un guaio. Nonna ci sapeva andare con la mano molto pesante su certe cose e leggendo quel che facevo sarebbero state di sicuro botte e castighi. A dire la verità non facevo proprio niente ma leggevo sul PC che era stato di mamma e poi, ecco, ho sempre avuto una fantasia molto fervida e scrivevo fantasticando e ricamando sul tema. Fantasticavo parecchio. Altre volte strappavo tutto perchè me ne stancavo. Una volta avevo deciso persino di smetterla di ‘scrivere idiozie’.

Di quel periodo ricordo poco, solo qualche lettura: una donna che voleva conoscere ragazze come me e che scriveva nel suo blog di come fosse bello essere in confidenza, volere bene ad una cara amica, stringersi, coccolarsi e raccontarsi tutto. Aspirazioni, speranze, affetti. Doveva essere una furba della miseria e stavo per cascarci, si chiamava Alice, ed il suo sito era ‘Il paese delle meraviglie felici’. Forse ci sarei cascata ma nonna mi sorvegliava come un’ aquila ed avevo troppa paura. Ho continuato ad averne paura anche dopo che si è rotta l’ anca e non poteva più salire su per le scale fino in camera mia che, grandicella, potevo rassettare da sola. Allora stavo al PC più a lungo, e leggevo molto. Scrivevo anche ma cancellavo ancora. Ho cancellato persino le centinaia di messaggi oltre a mie cose del l’ ultimo periodo, quando nonna stava già male. Adesso sto male io, sono al l’ ospedale e ci resterò per qualche settimana. Niente di grave, solo noia. Non voglio ricostruire quei diari, gli ultimi prima che nonna morisse.
Mi propongo di rivivere, per me sola, i fatti salienti che mi hanno portata ad essere quello che sono ora, felice di come sono.

Necessariamente sarà il linguaggio di una donna che si finge poco più che ragazzina ma non posso fare altrimenti. Non sono più una bambina e posso solo fingere, immaginarmi di esserlo.

Primo episodio.

Non credevo sarei arrivata a tanto, non lo credevo mesi fa quando, dopo mille incertezze la Signora mi ha convinta a comunicare tramite un ‘indirizzo’ diverso dalla chat consueta senza che altri o altre potessero sindacare quello che dicevamo o mettersi di mezzo. Anni fa, per qualche tempo ho creduto che racconti del genere, tutti, fossero veri. Poi sono cresciuta e non credevo più, e da tempo, alle favole. Sapevo pure che i ‘ lupi cattivi’ c’ erano e ci sono, eccome che ci sono. Tuttavia, leggendo quei racconti, guardando quelle foto o le immagini che scorrono dei video, ancora adesso e nonostante tutto, vorrei essere al posto di quelle donne…

Mettermi in ginocchio davanti ad un possente e splendido Padrone, soffrire per Lui, esserne innamorata al punto di fare e subire quello che fanno e subiscono. Immagino di spogliarmi ubbidiente e felice, di esitare nel togliermi la camicetta e la gonna, sono sempre vestita così, ora indosso solo le mutandine ed il reggiseno rosa con i pizzi, bellissimi. Li ho ammirati e desiderati inutilmente, in una vetrina del centro. Il Lui di turno, ma è sempre lo stesso uomo, un uomo ancora giovane, mi fissa con un leggero sorriso soddisfatto. Bello, giovane ma non giovanissimo, biondo e volitivo. Non voglio che pensi a me come ad una puttana e fingo di esitare, troppo persino e Lui si scurisce in volto, il sorriso scompare. Schiocca le dita. Un brivido di paura e di eccitazione. Lentamente ma senza fermarmi porto le mani al gancetto tra le scapole, scopro il seno perfetto. Lentamente le mutandine scendono lungo le cosce, e poi giù oltre le ginocchia fino alle caviglie… Roteo su me stessa mostrando i fianchi ed il sedere perfetti, orgogliosamente e senza vergogna. Senza che me lo chieda sono in ginocchio. So già cosa dovrò fare a questo punto…il più delle volte, almeno a l’ inizio, mi fermavo qui. Il resto non mi era del tutto chiaro, non mi convinceva del tutto.

Volevo, dovevo ‘appartenere’. Ho esitato a lungo, per anni incerta se preferire, se possibile scegliere, un Padrone od una Padrona. Certamente i Padroni hanno quello che alle altre manca, ma condividevo…insomma avevo, almeno a l’ inizio non poche paure in merito. Paure dettate dalle mie scarsissime e troppo confuse idee in materia.

Mi vedevo la eroina di un cineromanzo, purtroppo in francese, che ho guardato una infinità di volte.
Conoscevo discretamente bene il francese, le suore me lo avevano fatto studiare per cinque anni alle elementari. Capivo quello che era scritto inframezzato ai brevi filmati, e le parole che le suore non mi avevano insegnato le guardavo sul dizionario online. Più difficile, quasi impossibile capire il sonoro, ma col tempo, ascoltando e riascoltando…

Si chiamava Jolie e Jolie sono io. Salgo con il cuore in gola le rampe di scale fino a l’ ultimo piano del vecchio palazzo. Sul ballatoio si apre solo una porta a doppio battente, suono, compare Lui. Sei venuta in ritardo, sarai punita. Non è vero ma taccio perchè è’ terrore puro che sovrasta persino la felicità di essere finalmente ai suoi piedi. Si, è bello, bellissimo ed io sono inginocchiata sullo zerbino con le mani dietro la schiena. Punge lo zerbino, non bado neppure a cosa ci sia oltre la porta interna…si, rispondo, accetto qualsiasi cosa, sono la vostra schiava. Imparerai a comportarti come una brava schiava? Si Padrone. Ho chattato con Lui abbastanza da sapere almeno come rivolgermi al Padrone e ad interpretare il cenno imperioso. Ho dato con successo in questi giorni il mio bacaloreat, la maturità. Non sono una bambina. Slaccio la vestaglia scostandone i lembi e mi appare la sua mascolinità maestosa che bacio. Poggiarvi le labbra è la prima parte della mia investitura di schiava ma non basta, la ‘accolade’ la consumo sullo zerbino prima ancora di entrare.

La fronte poggiata sugli avambracci gli offro in segno di sottomissione le reni nude. Il glande bagnato solo della mia saliva mi forza ed il dolore è tanto da farmi quasi svenire, deve reggermi, ma non si arresta, penetra sempre di più incurante dei miei gemiti e della mia sofferenza.
Indifferente alla mia sofferenza la verga segna il mio corpo, a lungo. Insiste sui seni, ne l’ interno delle cosce, sulle natiche. Coglie la primizia, la mia verginità, con indifferenza. Capisco in quel momento di essermi conservata per Lui. Sarò sua per sempre.

Le mie conoscenze della lingua si sono accresciute di parecchio ma è cresciuta la paura di dover sopportare le esigenze di un Padrone. La paura del pene.
Sullo schermo uno schema geometrico compare al centro, cresce fino ad occuparlo interamente per poi essere sostituito…

Pazienza, sempre pazienza, a volte una pazienza di molti minuti, come oggi.

Padrone o Padrona? Padrona. Immedesimarmi in Jolie mi piaceva; quando per la ennesima volta ho cercato la mia eroina, non la ho più trovata ed ho pianto. Non ho trovato più Lui, non ho più trovato Jolie. Altre ‘eroine’ si, ma non era la stessa cosa. Siti americani, francesi od italiani…preferisco questi…per la lingua. Giro per i diversi siti, racconto palle ben costruite, son diventata brava in questo, ma non è la stessa cosa. Frequento i siti in cui donne come me… non esageriamo, ragazze, si offrono come schiave, poche a dire la verità, sono molto più numerosi i maschi che cercano una schiava. E’ come si presentano questi aspiranti padroni a preoccuparmi. Sono tutti stalloni da monta, presuntuosi. Ce lo hanno tutti lunghi un chilometro, grosso come un paracarro. Promettono tutti di farti godere fino ad urlare…eccola, è lei, la Padrona.

Forse la Padrona, ma, a questo punto…si, la mia Padrona.

Sorrido un poco, non le ho reso le cose troppo facili. Mi corre dietro da mesi. CON LEI.
………

Una via come tante a Milano. Una ragazza come tante, normale, carina, formosetta, bella sopratutto dei suoi diciotto anni, della sua giovinezza. Veste forse con più cura di altre: impiegate in pausa o studentesse in pantaloni che come lei si trascinano appresso i libri dopo una mattinata a scuola. Sa dove andare. C’ è già stata, ha esplorato il terreno la sera prima, ora però è titubante. Un conto sono le fantasie costruite sul niente, solo fantasmi elettronici, fantasie appunto, un conto… Spegni l’ interruttore si era detta più volte nel recente passato in situazioni non molto diverse e portate troppo avanti, quando temeva che la cosa le sfuggisse di mano o diventasse pericolosa. Non hai più dodici o tredici anni come ai tempi delle prime scorribande su internet e non hai più la beata incoscienza di allora. Qualcosa ho pure imparato si ripete da giorni. Ora però vorrebbe dire spegnere tutto, rinunciare a tutto. Vuole ma non vuole, anzi vorrebbe ma ne è intimorita. Teme che l’ interruttore in seguito non sia più a sua disposizione. Dopo la ultima ora, ginnastica, nello spogliatoio femminile si è lavata e cambiata. Indossa biancheria nuova, appena passabile si dice con un accenno di rabbia ed il meglio del suo guardaroba non è certo nuovo, e si vede. Nessuno la nota più di tanto, a parte un ragazzo che le sorride. Un bambino, pensa lei con sufficienza e quasi disprezzo, troppo giovane, venti anni o poco più. Ora però deve decidere. O dentro o fuori.

Nel suo letto profumato, e mi piace. Tra le sue braccia che mi stringono dolcemente, e mi piace, mi esalta, mi fa tremare incredula. Mi piacciono le mani che carezzevoli mi sfiorano, le sue labbra, i baci. I primi baci della mia vita. Mi irrigidisco, ma è solo un attimo, quando scorre tra le grandi labbra e trova il mio puntino. Una sensazione nuova e diversa anche se mi sono toccata per anni e spesso. Si ferma, troppo a lungo per la mia incipiente frenesia ed io socchiudo gli occhi, la spio per capirne il perchè. Poggiata su un gomito con il capo poggiato sull’ altra mano, anche Lei mi guarda e sorride. Mi abbandono di nuovo sul lenzuolo, chiudo gli occhi. Non penso a nulla, persa in quel momento tanto…infinitamente bello, dolcissimo, magico. Ho già superato tutte le mie paure, tutte. E’ bello ed è bellissima Lei. Perché? Perché non continua? Perché…Di nuovo spalanco gli occhi e Lei quasi ride, almeno un sorriso accentuato e posso ammirare i denti bianchissimi, le increspature del volto, adorabili, e gli occhi, anche loro sorridenti eppure attenti. Non so trattenermi ed alzo le braccia ad allacciare il suo collo per attirarla, voglio baciarla…la bacio ma lei dopo un attimo si sottrae, di nuovo sorridendo.

Ti voglio cucciola, sarai mia per sempre. Nel dirlo, seria, ancora si china a cercare la mia bocca, mi spinge sulle coltri, preme i seni contro i miei e mi porta in alto, tra le nuvole, in paradiso. Io sussulto incredula e persa, più e più volte e per un tempo senza limiti. Ricorderò per sempre la mia voce mormorare e poi quasi gridare che sono sua, Sua, SUA! Per sempre e solo la sua schiava. Ho imparato a dare e ricevere il bacio di venere. Ho capito di essere infinitamente fortunata ad essere femmina, ad appartenere ad una femmina.

Avevo deciso di non raggiungerla, di non vederla di persona. A casa sua poi! Certamente no. Ormai ne conoscevo l’ aspetto. Sia pure celata da una maschera si era mostrata, più volte; pure io, cedendo alle reiterate richieste mi ero mostrata. Mascherata sempre, ma alla fine senza niente altro. Solo nei sogni sono bellissima, perfetta anzi. Non molto alta, ho un corpo normale, ne troppo ne troppo poco dappertutto. Normale, come tante. Ho però un viso veramente bello, così dicono in tanti, ho anche gli splendidi occhi di nonna. Avevo ceduto anche in altre cose, ma sempre e solo davanti a l’ occhio indifferente della cam. Vi amo Padrona, dicevo per contentarla. Sono vostra, Padrona…molto scettica dentro di me. Padrona o Padrone? Il dubbio non scompariva. Chattavo anche con un certo M. King. Chiedeva, voleva le stesse cose di Lei e con ancora maggiori mie esitazioni le aveva ottenute…si faccia tutte le pippe che vuole se ha registrato. Maschera grande e costume a due pezzi.

Ero al limite. O lui o lei, oppure nessuno dei due. Avevo tirato la corda sin troppo con entrambe e sentivo che la loro pazienza era ormai al limite…Lui certo era un maschio con le pretese di tutti i maschi che non nascondeva. Diceva che ero primipara, il che è una idiozia. Novizia, vergine, voleva dire ma per questo mi voleva ancora di più. Avrebbe insegnato alla sua schiava la dolcezza dell’ amore. Ti farò donna con la delicatezza che meriti, la mia donna prima ancora che la mia schiava. Vedrai quanto sia dolce dare piacere e ricevere piacere dal tuo uomo e padrone. Un padrone esigente ma comprensivo…mi aveva quasi convinta, ma Jolie…le stesse promesse…
Nessuno dei due. Era una decisione presa ormai, definitiva. Non avrei più risposto. Anzi, due righe di commiato era meglio. Le avevo spedite a King. Poi, Lei…il mio si Padrona.

Un palazzo di qualche pretesa. Mi ero letteralmente precipitata nel l’ androne fino al’ ascensore ma uscendone e cominciando a salire l’ ultima rampa di scale, un deja vu, un già visto dalla ‘me altra’, Jolie.

Identico o quasi il ballatoio, simile la porta. Esito quasi paralizzata davanti al pulsante. Percepisco un trillo su diversi toni, aspetto, quando temo…la porta si apre, entra cara, vieni.
E’ più alta di quanto credessi, bionda tinta. E’ andata dal parrucchiere, per me! Non entri? Forza, mica ti mangio, e ride. E’ contenta di vedermi, è persino un poco nervosa? Poi devo spingere tra i battenti stretti la valigia a ruote con i libri ed il resto. Per qualche istante abbiamo altro cui pensare.

Abbiamo finito di rigovernare. Lei è solo un poco più alta di come la vedessi con la Cam. Identica ovviamente per il resto e cioè bella. Distolgo gli occhi dal suo viso un poco pallido ora. Prima, per qualche momento era quasi arrossato. Io fremo un poco, siamo sedute su un divanetto e percepisco il suo calore. Hai mangiato abbastanza? Vuoi un altro caffè? Si, è nervosa, un poco almeno. Se fossi
da l’ altro, da King, probabilmente sarei già nuda ed in lacrime, col suo cazzo almeno in gola se non peggio…forse già appesa ed imbavagliata mentre assaggio le prime frustate della mia vita di schiava. Ma questa, la Signora Valeria cosa pretenderà? Per ora niente. Mi parla di lei, cose vecchie, già sentite, e cose nuove. Mi fa ripetere di me, di mia nonna, descrivere la mia casa che dice di voler vedere. Mi interessa, voglio capire, capirti povera cara. Senza mamma per tutti questi anni quando crescevi, ti facevi donna…

Dopo il caffè mi ha posto il braccio sulle spalle, leggero, e non è andata oltre. Ora mi sta stringendo un poco e la mano, premendo sulla spalla mi spinge a girarmi un poco verso di lei, delicatamente, quasi invitandomi soltanto. Il timore iniziale che avevo scacciato ritorna, ma alzando il viso la vedo sorridente, dolce. Mi si allarga il cuore, la paura poi si dilegua ascoltandola. Sei tanto cara, non ti succederà nulla che tu non voglia. Assolutamente nulla. Dice che si è accorta di volermi bene, pian piano, poco per volta ma sempre di più. Ci conosceremo ed imparerai ad avere confidenza. potrei come età essere la tua mamma, lo sai, non è vero? Su, abbracciami, stringimi cara. Ma che fai, piangi? Si piango silenziosamente e grossi lacrimoni mi rigano le gote. Mi stringo a lei in un abbraccio convulso, poso il capo sulla sua spalla mentre singhiozzo in un pianto liberatorio.

Mi ha tenuta tra le braccia quasi cullandomi, mi accarezza il capo ed io ne sono felice; mi sento leggera, non so come altro definire quel momento: leggera. Anch’io…sto per dire: Vi voglio bene, ma esito. Sono incerta tra il Voi ed il tu. Anche tu mi vuoi bene. Almeno un poco mi vuoi bene, lo so, lo vedo, lo sento. Un cenno di assenso col capo è la mia risposta. Mi stringe con forza, mi bacia le gote, asciuga le ultime lacrime con il fazzolettino che profuma di lei. Qualcosa cresce dentro di me, urge, vuole uscire ed infine prorompe inarrestabile. Vi amo Padrona, Vi amo. Sarò, sono anzi, la vostra…quel che volete Voi, da adesso…per sempre.

Ti rendi conto di quello che stai promettendo sciocchina? Di nuovo solo un assenso muto, ancora lacrime.
Un bacio, un vero bacio. Il primo tra noi dice piano. Il primo in senso assoluto della mia vita, mormoro tanto piano che per un momento penso non abbia inteso. Mi guarda, mai, il primo…o cara dolce bambina. Non lasciamolo solo, diamogli tanti fratellini. Non si ferma ai baci, alcune carezze, anche queste sono novità che mi lasciano senza fiato. Adesso mi spoglia o mi fa spogliare e poi in ginocchio…solo letture di donne con donne padrone. Forza, al lavoro, devi sistemare le tue cose. La adoro di già.

Insieme, ridendo come due ragazzine, riponiamo in alcuni cassetti che svuota le cose che ho portato, per questi tre giorni. Devi fare molti compiti per martedì? No, rivedere mate, e ripassare qualcosa. Guarda che il tuo primo dovere è la scuola. Sarò intransigente su questo. Ho cercato di portarmi avanti. Per me? Oh cara, vieni, dammi un bacio. Poi ride. Mi carezza la testa. Imparerai anche a baciarmi. Non le ho detto che mi sono lavata un paio di ore fa, facciamo il bagno insieme. Lavati bene anche li in basso, anzi allaga le gambe, ti lavo io.

Mi ha dato i brividi spogliandomi e poi mentre mi lava come fossi una fantolina. Devi essere sempre pulita ma lavarti bene sopratutto qui, noi donne altrimenti… Si, meglio una Padrona.
Mi asciuga accuratamente ed io contraccambio. Ha le tette grosse e lo sapevo. Non sapevo fossero così sode. Lavata e profumata la seguo senza paura in camera sua. E’ stata fin troppo paziente. I Padroni ti ‘fanno’ già sullo zerbino od al massimo in sala, appena entrata.

Sono felice. Sono una succube felice. Succube felice, schiava felice. Lo ha detto lei che non voleva sentir parlare di schiave, ma poi mi chiama spesso schiava. Va bene, succube. In latino voleva dire dormire sotto, e si riferiva anche a due maschietti. Per legge un cittadino poteva farsi tutti gli schiavi che voleva ed anche qualsiasi straniero, ma non da succube. Lui doveva stare sopra. Questa la teoria. In italiano sappiamo tutti cosa voglia dire. Ubbidire. Fare quello che vuole l’ altro…o l’ altra. Comunque a me sta bene. Mi batte il cuore solo ad avvicinarmi alla porta tornando da scuola. Non devo però farla incazzare. Ho preso qualche schiaffo fin da l’ inizio. Fa male, sa darli sulle orecchie, dove non si vedano i segni, ma ti rintronano, ti fanno fischiare le orecchie e bruciano mica da ridere. Devi imparare quale sia il tuo posto, mi dice quando le è passata e per fortuna le passa in fretta; tutti i salmi finiscono in gloria, cioè tra le lenzuola. E lì, passa tutto. Dimentichi tutto. Viene una donna a fare le pulizie una sola volta la settimana e per il resto facciamo quasi tutto insieme. Mi ha portata a casa a prendere le mie cose. Non mi sovraccarica di lavoro anche perchè è estremamente esigente riguardo allo studio, alla scuola. Esigente e severissima. Tra poco finisce l’ anno. Poi l’ anno prossimo ho la maturità. Devi avere voti migliori, dice. Quando riporto a casa un voto sufficiente che però non sia buono come vuole lei usa la verga. Fa male quel dannato coso ed i segni mi restano a lungo. Sto imparando però ad ubbidire. C’ è una cosa che non sopporto. Sono gelosa e quando fa la svenevole con qualche amica non riesco a trattenermi, non abbastanza bene da evitare che mi scopra perchè pianto un muso lungo così. Eppure…le voglio bene, tanto, sempre di più. Anche Lei mi vuol bene. Non lo dice spesso ma si vede ed io mi sciolgo. Sono felice nell’ aiutarla nelle tante piccole incombenze di casa. Sono fiera mi dica che sono una brava cuoca, vado in estasi se mi loda davanti a qualche ospite. Le amiche sanno ovviamente di me e lei. A l’ inizio me ne vergognavo ed in certe situazioni me ne vergogno ancora adesso. Ha meno riguardi adesso, nasconde sempre meno cosa io sia per Lei.

L’ estate sta finendo. Tra non molto torneremo in città, a casa nostra. E’ cambiata e sono cambiata anche io. Seguirla nelle sue bizzarrie non mi è stato facile e diventa ogni giorno più difficile. Ora dice che sono una amica ed amante più che la sua succube. Qualche ora più tardi sono la sua schiava, mi calpesta, mi tratta come…una serva, anzi tratta la serva meglio di me. Mi abituo e cerco di compiacerla. Nel letto, quando facciamo l’ amore comincio chiamandola Padrona per poi scendere a compromessi, sia Lei che io. Dice che sono una amica, la sua amante. Mi dice di chiamarla per nome…Ma sono solo momenti. Vorrei tornassero i primi giorni, quando non era così dura, con tanti salti di umore…Fuori dal letto ed in casa è la Padrona. Una padrona che si può permettere tutto e che amo fino alla pazzia. Ho detto che la amo, non che le voglio bene. Lo ho detto di proposito. La amo. Ho capito in fretta la differenza tra voler bene ed amare. Amare è voler bene al quadrato, al cubo anzi. In nessun caso potrei fare a meno di Lei. Neanche adesso che mi sto spugnando le striature rosse che mi traversano le cosce. Tre sole, ma fanno male per mille. Fanno male dentro.

Era già successo ma speravo fosse una cosa, non so neppure io cosa. Una sbandata, una cosa passeggera. Col passare delle settimane ne ero diventata quasi sicura. Soltanto una sbandata, ed invece oggi di nuovo. La chiamava Sibilla, quella de l’ altra volta intendo. Cinquanta anni almeno e neppure ben portati. Un mento aguzzo e due occhi da vipera. La pelle vizza ed i capelli stopposi. E questa chi è? Caruccia però, molto caruccia. Al primo momento avevo pensato ad una delle tante sue amiche svanite .

La ho dovuta lavare nella vasca, era fradicia di sudore, una specie di fanatica delle grandi camminate. Servendole a tavola continuava a far cadere le cose, di proposito ed io chinandomi avevo due possibilità: chinarmi di fronte a lei con l’ abitino scollato e floscio tanto da mostrarle tutto fin sotto o darle la schiena e mostrarle il resto. Poi ha detto con tono autoritario di togliermi ‘lo straccetto che indossavo’. La Padrona non ha esitato neppure un attimo a confermare l’ ordine. Non me ne sono di certo dimenticata ma la ferita si sta rimarginando quando arriva la seconda Questa se la porta a letto.

A metà pomeriggio mi hanno fatto servire in camera da letto il caffè…Ed adesso ci risiamo. Ribellarmi? No certo. Ho piantato il muso e mi ha frustata.

Sono la tua Padrona, mi hai fatto fare una figura di merda con la mia amica. Ti avevo avvertita l’altra volta. Non aveva mai usato quelle parolacce. Non aveva mai usato quello scudiscio che avevamo comprato insieme, solo la verga leggera. La sua amica Lilli la ha convinta a fermarsi, a soprassedere. Preferivo prenderne dieci volte tante che doverle essere grata e persino doverla ringraziare. Quella sera mi ha fatto dormire sul tappetino di fianco al letto. Tutto sommato sapevo fin dal primo giorno che cose del genere sarebbero certamente successe. Nei giorni successivi me ne faccio una ragione, le chiedo scusa più volte. Alla fine mi faccio perdonare e riaccogliere nel nostro letto. Suo, specifica secca di nuovo. Mi aveva perdonata però. Mi aveva già spiegata la sua ‘filosofia’ sulla disciplina. Una mancanza comporta una punizione. Devo dimostrare il mio pentimento e subito dopo, se sono convincente vengo perdonata e non se ne parla più.

Le piace seguire con i polpastrelli i segni dello scudiscio. Invisibili ma percepibili al tatto. Piace anche a me. Inoltre si eccita e dalle cosce raggiunge punti poco distanti e molto soddisfacenti. La amo. Cosa posso dire di diverso e di più? Sono la sua schiava da sei mesi e ne sono felice. Potevo trovare una Padrona molto peggiore, poteva essere molto più fraschetta, molto più amante delle punizioni, della frusta. Non è certo una sadica, qualche schiaffo, una dozzina, la verga tre o quattro volte soltanto e pochi colpi per volta. Lo scudiscio una volta sola. Sono la sua schiava, ma in questi giorni è nella fase di ‘succube’. Quando mi abbandono a qualche lacrima, sempre senza farmi vedere, mi consolo pensando a Jolie, a tutte le Jolie del mondo, alle brutalità che subiscono dai loro Padroni cazzuti. Sono fortunata penso e me ne consolo. Che la Padrona di tanto in tanto si prenda qualche svago è naturale, è un suo diritto mentre io non ho il diritto di sindacarne le azioni, mai, in niente. Piango di nuovo. Non lo accetterò mai. Almeno non lo accetterò senza torcermi di gelosia. Senza stramaledire quelle dannate, senza odiarle. Alternative?
Nessuna, posso dirle che non la amo più, minacciare di andarmene…e se poi mi dice di andarmene pure, cosa faccio?

Non posso vivere senza di Lei, lontana da Lei. Amo sentire la sua mano che mi sospinge o mi frena nel percorso di questa vita che ho intrapreso liberamente, di mia volontà. Sempre presente, assidua, talvolta apprensiva persino. Una Padrona che amo, una guida che apprezzo. Una guida che in parte mi è venuta meno con la morte di mamma e peggio con la morte della nonna. Mamma non mi picchiava quasi mai, qualche scapaccione al massimo. Troppo grande per gli sculaccioni, la nonna mi fulminava con le sue occhiatacce ferendomi con parole taglienti; raramente arrivava ad uno schiaffo. Aveva le mani ossute e dure. Lei è la mia padrona ed usa i mezzi correttivi adatti, consueti nella nostra situazione di Padrona e schiava. Con prudenza, senza esagerare, moderandosi molto e questo me la fa amare ancora di più. Un filo d’ aria fresca giunge dal mare e muove le tende. Nel sonno cerca il tepore del mio corpo in un gesto involontario che indica la raggiunta comunione, la consuetudine…resto immobile temendo di disturbare il suo sonno, felice di esserle utile anche solo in questa piccola cosa. Più tardi, già sta facendo chiaro mi sveglia, senza una parola, guidata dalla sua mano imperiosa mi metto in posizione.

E’ di nuovo la Padrona, dolce, esigente. Forse la preferisco così. So cosa fare. La bocca, il viso ed ancora la bocca, poi giù, i seni turgidi di desiderio che ben conosco e so soddisfare. L’ incavo delle cosce dopo aver giocato con l’ ombelico sensibile.
Il traguardo finale: lentamente si bagna, geme piano carezzandomi il capo. Così cagnolina, così, siii.
E’ troppo buio per vedere, per poter ammirare la meravigliosa conchiglia, ma la conosco a memoria e lambendola godo del suo sapore, del suo profumo. Il cazzetino si è già svegliato e pretende le mie attenzioni. Lo lambisco con tenerezza, poi la lingua puntuta riesce persino a penetrarla un poco. Ci tento almeno. A lei piace…

Aspetta cagnolina, vieni… Non ci speravo più. Sono sopra di, la testa tra le sue gambe e la sua bocca sulla mia cosina intatta e destinata a rimanere intatta. Dopo pochi attimi meravigliosi fatico a proseguire scossa dai crescenti fremiti del piacere imminente, non devo, non devo assolutamente, è lei che deve godere, è lei…è Lei che gode con gemito quasi un gorgoglio che ben conosco, poi…mi abbatto a mia volta esausta. Non ho goduto ma non importa. Proprio non importa.

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