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Sguardi e promesse

By 19 Aprile 20232 Comments

E’ stata davvero incredibile e sorprendente quella sensazione, perché è bastato sfiorarle solamente la mano per avvertire distintamente un brivido. Il suo sguardo mi parla più di mille parole avvalorando e confermando che è condiviso da lei, per il fatto che è come una scossa, una corrente tra di noi della quale siamo entrambi consapevoli, poiché è una domanda interrotta e sospesa nei nostri occhi che s’incontrano per un attimo dato che s’arresta, così quando l’uomo del parcheggio mi consegna la macchina io le apro la portiera. Lei si china lentamente, aiuta il vestito a salire un po’ e di nuovo per un attimo soltanto si gira e mi sorride, si rende conto che la sto guardando, poiché si ferma giocando con la mia testa e con la mia voglia. Io me lo merito, dal momento che io ho fatto lo stesso con la descrizione del mio Martini. In quell’attimo le gambe salgono lentamente e ogni momento sembra dilatarsi, in macchina mi racconta di lei, del suo lavoro, m’indica la strada d’incrocio in incrocio, adesso sarebbe senz’altro più facile dirmi il nome della via, tuttavia questa piccola caccia al tesoro è di certo più divertente.

Lei sorride con gli occhi e questo mi piace moltissimo, visto che è un qualcosa di gioioso, eppure basta che li stringa un po’ come sta facendo adesso mentre accavalla le gambe sfiorando per un attimo la mia mano appoggiata sul cambio, per far diventare in tal modo il suo sorriso improvvisamente molto più allusivo e malizioso. E’ però un attimo, in quanto ritorna aperto e giubilante. La parte di Imperia in cui abita è molto bella, le case sono quelle d’una volta con l’anima, con il sentimento e con la vitalità, tenuto conto che sono belle da guardare, perché sanno raccontarti e rivelarti quello che hanno permesso e visto nel tempo.

“Sono arrivata, grazie. Guardi è quel portone lì, lei è stato veramente gentile” – mi dice, sfiorando apposta il dorso della mia mano per avere il massimo dell’attenzione e della considerazione per poi ritrarsi immediatamente.

Imperia in quest’istante sembra fare da cornice a questo bizzarro momento. La luce soffusa che passa tra gli alberi testimonia il tramonto appena finito di questa bella serata d’estate, il vociare dei ragazzi in bicicletta rende tutto ancora più incoerente, sbalestrato e surreale. Il mio primo impulso sarebbe di chinarmi e di baciarla sul collo in questo momento in cui è piegata sulla borsetta per prendere le chiavi, però mi trattengo. Io esco dalla macchina e mi dirigo alla sua portiera, lei è perfetta, mi guarda e mi sorride, aspetta che sia io ad aprirla e non so perché mi piace ancora di più, dal momento che in quell’occasione io le porgo la mano e lei mi ringrazia con un sorriso.

“Io abito qui” – mi dice abbassando gli occhi. Non so chi sia al momento in scacco, se io oppure lei, indubbiamente c’è abbastanza tensione.

“Vorrei invitarla a cena” – rispondo io d’impulso. Lei mi sorride:

“Devo tornare all’Esagono per un cliente. M’immagino già una cosa molto noiosa e sinceramente se già avevo poca voglia prima, adesso ne ho ancora di meno”.

“All’Esagono? Ma eravamo già lì” – mi dice lei molto meravigliata.

“Certo, però non si fa mai andare una bella donna a casa da sola”. Io prendo dalla tasca interna della giacca la penna e senz’aspettare scrivo sul bordo del giornale il mio numero di telefono:

“Mi scusi, nondimeno in quest’occasione sono irriguardoso. Ritengo probabile che sia interessata d’essere a conoscenza di come stia procedendo il mio banchetto serale. Distingue il simbolo degli SMS?” – le chiedo facendo una faccia alquanto arguta e spiritosa.

“Scostumato e pure sfrenato, di questo andare mi sta affibbiando della vecchia?” – mi riferisce lei, appoggiando di nuovo la mano sulla mia.

“Non lo farei mai, sul serio” – le dico io allontanandomi.

“A presto, spero a prestissimo”.

Lui è attivo, intraprendente e solerte, eppure si comporta da gentiluomo penso io, mentre salgo i miei tre piani di scale. Io non utilizzo quasi mai l’ascensore, perché anche il minimo esercizio fisico è prezioso per mantenere tonica la muscolatura in questa società tecnologica nella quale quasi ogni tipo di lavoro si svolge premendo dei semplici pulsanti. A casa posso liberarmi finalmente dei vestiti e rimango a lungo sotto la doccia godendo a occhi chiusi i getti dell’idromassaggio. Ho in mente i suoi occhi verdi dal lampo ironico e il timbro pastoso della sua voce, il suo accento leggermente ligure, ma con un fondo straniero indefinibile, indistinto. Ha delle belle mani, erano calde quando le ho sfiorate, sì, mi piace, credo che userò quel numero di telefono.

Io m’avvolgo nell’accappatoio morbido, però prima ho gettato uno sguardo alla mia figura riflessa nello specchio a parete che divide il bagno in due zone: mi piace guardarmi, rendermi conto ogni volta che il mio corpo non abbia cedimenti e che dimostri almeno dieci anni di meno. Sorrido a me stessa intanto che m’asciugo i capelli, poi mi preparo la cena: stasera filetti di pesce persico e un’insalata con la salsa d’avocado, nel tempo in cui sto spruzzando il limone sull’avocado uno schizzo va a colpire il giornale appoggiato sul tavolo della cucina, proprio lì, dove lui ha segnato il suo numero, così dico a me stessa:

“Perché non adoperarlo immediatamente quel numero?” – e compilo inviandogli un breve avviso al cellulare:

“La sua cena di lavoro è soddisfacente? Porta a termine convenienti e fruttuosi affari?”. Samuela. Il messaggio è veramente insulso, ma serve a far sì che il mio numero rimanga memorizzato sul suo telefonino, in tal modo vediamo quando e come lo userà.

Io sono di nuovo in quel bar, mi siedo, ma davanti a me non c’è lei, eppure mi basta chiudere un attimo gli occhi perché appaia. Il piede che dondola, la faccia che sbuca da quando in quando dal giornale e quelle labbra che mordono dolcemente il cannoncino. Quella è una rievocazione che mi lascia un delizioso brivido, chissà che cosa starà facendo adesso, sennonché la voce del mio cliente interrompe questa sorta di sogno a occhi aperti. La sento d’un tono troppo alto e non devo essere l’unico a essermene accorto, dato che non mi convinco di come alcune persone non sappiano comportarsi nel modo giusto in certi posti; l’unica nota positiva è sua moglie, sempre compiacente e piacevole come la ricordavo. Andando verso il tavolo lui mi batte vigorosamente una mano sulla spalla, dicendo che ha accettato la mia proposta e che è felice d’aver concluso un interessante accordo internazionale con la mia struttura. Io non sono una persona particolarmente formale né rigida, però certe effusioni e delle espansività da cowboy in vecchio stile non mi piacciono molto.

Appena ci sediamo a tavola, sua moglie incomincia a raccontare di come si sia divertita in giro per Imperia e di come abbia gradito il bagno e il massaggio da poco finito nella suite. Lei è un po’ vanitosa e si nota da come pone l’accento nel suo racconto su ogni più piccolo particolare del suo corpo, sottoposto a frequenti manipolazioni dal giovane ed esperto massaggiatore tunisino. Suo marito sembra compiacersi di questa velata esibizione, improvvisamente però la trovo molto meno bella e di certo molto meno interessante di come la conoscevo. Non mi sto divertendo e continuo a pensare all’immagine di Samuela, che mi sorrideva da dietro il finestrino aspettando che le aprissi la portiera, così nel momento in cui il cameriere lascia sul mio piatto la tagliata di tonno, sento il cellulare suonare. Guardo il messaggio e improvvisamente il mio temperamento cambia, ovviamente fingo e accennando a un problema di lavoro chiedo se possono scusarmi un attimo, rispondo veloce quasi sapessi da qualche tempo che cosa volevo scrivere.

“Affare felicemente concluso, cena molto noiosa. Al contrario della serata, visto che avrei preferito continuare con una splendida signora che ho lasciato qualche ora fa davanti a un portone, senza peraltro riuscire né a invitarla a cena né a bere qualcosa con me”. Pigio il bottone e inoltro il messaggio, lascio scorrere un secondo e poi stilo di nuovo:

“Non so oggidì coscienziosamente che cosa mi capiti: di nuovo mi scopro impertinente, scortese e spudorato. Le è mai capitato d’avere improvvisamente la cupidigia e la tentazione di contattare una persona anche se l’ha appena conosciuta? Spero che le sia successo questa sera, perché faccio assegnamento d’essere io questa persona, perché con lei io ho questa decisa e netta sensazione” – cliccando il bottone per spedire i messaggi.

Io ho arrischiato, ho osato, lo so, mentre i miei commensali continuano a ridere e a scherzare, io ho in mente solamente lei. Non so che cosa m’abbia stregato, se il suo sguardo dolce o quello malizioso, se dipende dal suo modo di camminare elegante e terribilmente provocante, oppure alla maniera in cui ha abbassato gli occhi quando le ho detto che avrei voluto cenare con lei. Adesso spetta a lei, chissà se mi sorprenderà ancora. Al momento io sto sorseggiando il mio Pinot mentre il gatto sotto il tavolo mi sfrega le caviglie con deboli miagolii per indurmi ad allungargli bocconcini di pesce, quando il cellulare m’annuncia l’arrivo d’un nuovo SMS:

“Mi affibbia dandomi della splendida signora. Che galanteria e che lusinga”.

Io sono ancora occupata nella lettura, ed ecco che giunge un secondo messaggio, stavolta si butta certamente senza rete, auspicando che io abbia la stessa impellente voglia d’incontrarlo e che cosa provi lui nei miei riguardi. Un bel tipo penso, uno che non ama perdere tempo.

“Perché non m’invita al cinematografo, appena ultimerà il suo banchetto serale?”. Io compongo la reazione e aspetto, lui controbatte subito:

“Bene, sarò da lei all’incirca tra una mezz’ora. Grazie”.

Il tempo giusto per truccarmi di nuovo, pettinarmi e vestirmi. Ho un abito sottoveste di seta, una stampata fantasia con motivi di fiori su d’un fondo rosso che ho messo poche volte e che mi sta molto bene. Di questo andare levo dal cassetto della biancheria quel completino rosso di seta e di pizzo formato da uno slip e il reggiseno, indosso il mio abito e lo arricchisco con un morbido copri spalle nero e un paio di sandali di vernice nera con il tacco alto, alla fine una spruzzata di profumo e sono pronta. Il citofono suona mentre sono allo specchio. Sì, è tutto a posto, mi sento soddisfatta del mio aspetto, per concludere una carezza al micio sul divano e scendo per le scale. Lui è nell’atrio ad attendermi con una rosa in mano, immagino che sia una di quelle che i venditori pachistani offrono ai clienti dei bar e dei ristoranti, perché a quest’ora i fiorai sono chiusi. Io la prendo con un sorriso, mentre lui mi guarda ammirato e usciamo diretti alla sua auto parcheggiata lì davanti. Lui mi dice che è rimasto piacevolmente sorpreso della mia proposta e che adesso vorrebbe conoscere i miei gusti per sapere quale film desidero vedere. A quel punto mi propone alcuni titoli di film in visione chiedendomi di scegliere. Sono tutti mediocri, d’estate è sempre così, perciò io gl’indico un cinema che si trova nella zona centrale e accanto a un parcheggio. In auto parliamo, lui mi racconta della sua cena di lavoro, io della mia cena in compagnia del gatto, ridiamo spesso e gli occhi s’incontrano con dei lampi complici, ci sentiamo distesi e a nostro agio come se ci conoscessimo da qualche tempo.

La sua presenza mi carica, io mi sento effervescente, anche lui è spiritoso, proteso con la mente, lo sento verso di me, così quando entriamo nel cinema ci sorridiamo guardandoci. Lui m’agguanta la mano dopo aver acquistato i biglietti alla cassa, io lascio fare, perché mi sembra una cosa disinvolta e naturale. Il locale è quasi vuoto, così occupiamo posto nelle ultime poltroncine lontane dallo schermo. Nel sederci, le nostre gambe inavvertitamente si toccano e io provo una deliziosa scossa che si propaga dal ginocchio al resto del corpo. Il film è una commedia insignificante e scialba, a bassa voce facciamo di tanto in tanto dei commenti scherzosi sulle situazioni rappresentate, a un certo punto il protagonista bacia una ragazza con un bacio rapido a fior di labbra e lui dice:

“Io saprei fare di meglio”. Non so che cosa mi prenda in quel preciso secondo, così immediatamente io gli rispondo:

“Sono curiosa se è davvero così fondato?” – e sporgendomi in avanti appiccico la mie affamate labbra alle sue.

Ecco, finalmente il gioco ha tirato fuori la sua parte bizzarra e per di più imprevedibile. Seduti qui nelle ultime file del cinema quasi vuoto, due persone si baciano come dei ragazzini che hanno trovato un posto dove nascondersi e stare tranquilli, due persone si baciano come degli adulti che hanno fame uno dell’altro. Sentire la sua mano nella mia, la sua gamba contro la mia aumenta la mia voglia, le mie mani seguono l’istinto, sfiorano delicatamente, però in maniera decisa una gamba. E’ un attimo, io sento la sua mano appoggiarsi in una reazione di piacere sulla mia testa, così il bacio diventa più profondo, più caldo. Un istante dopo sento le sue gambe aprirsi, questa è una resa volontaria, un invito voglioso. Le mie mani non si fermano, salgono sfiorando la pelle morbidissima, poi quando le mie dita toccano il bordo degli slip sento la sua bocca lasciare la mia e con piccolissimi baci scendere lungo il collo. Io non voglio darle piacere immediatamente e così faccio scivolare le dita su e giù lungo il bordo delle sue mutandine, spingendolo ogni volta di un millimetro in più verso le sue labbra, ma senza mai giungere a toccarle. Io voglio la sua bramosia, ambisco a quel desiderio che brucia la mente, le vene e il sesso.

“Toccami, dai, toccami adesso – mi dice con una voce che non sembra appartenerle.

“Non ancora, non è giunto il momento” – le sussurro io, senza smettere quest’indolente e placida tortura.

“Mi gira la testa, sì, ho voglia di sentirti dentro, ti prego” – mentre dice questo io percepisco la sua mano premermi sul sesso costretto dentro i calzoni.

Adesso le mie dita s’appoggiano sulle sue labbra aperte attraverso la stoffa sottile degli slip, che da impedimento sembrano diventare uno strumento d’accrescimento del piacere. Lei è leggermente scivolata in avanti con il bacino, il vestito è salito scomposto sulle gambe, però continua a massaggiarmi da sopra i calzoni mentre io mi chino su di lei, sento chiaramente che me li sbottona, la mano entra, afferra con decisione il cazzo, lo estrae e si muove lentissima. Lei lo osserva, lo stringe, sente le mie vene pulsare e vede la cappella gonfiarsi, mi guarda, mi sorride e scende con la bocca, io sento la sua lingua appassionata e umidiccia, l’avverto giocare e disegnare sulla mia pelle per poi passare sotto il glande all’altezza del frenulo, infine sento le sue passionali labbra che lo ingoiano. Impensabile e imprevedibile, siamo qui nel cinema e l’eventualità d’essere visti aumenta a dismisura l’eccitazione scaricando l’adrenalina nel sangue, mentre la sua testa accarezzata dalle mie mani si muove convulsamente su di me. Io voglio proseguire questa pazza corsa iniziata per gioco.

“Vieni” – le dico io con la voce perseverante e statica.

Lei mi guarda perplessa non sapendo che cosa passi nella mia mente, la faccio alzare, le sue dita stringono le mie curiose osservando dove la stia conducendo. Sono soltanto due passi, giacché ci troviamo nascosti tra le tende dietro all’uscita di sicurezza, però un attimo prima di chiudere le tende vedo i suoi occhi brillare in un lampo famelico di desiderio, in seguito rimaniamo illuminati unicamente da una luce rossa d’emergenza all’altezza del pavimento. Lei fissandomi con uno sguardo eccitato fa scivolare lentamente gli slip per terra, si china senza staccare lo sguardo dal mio, li raccoglie e li mette nella tasca della mia giacca. Sembra che il tempo proceda al rallentatore, pare che quel rapido gesto duri un’ora, in cui ho tempo di scoparla mentalmente e lei sa di fare esattamente la stessa cosa con me. Lei sa giocare e sapeva scrupolosamente quello che voleva ottenere, poi si gira con la faccia al muro e con le mani di nuovo si tira su il vestito.

Io mi sento così eccitata dai suoi gesti, dal suo modo di procedere, dal momento che sono così piena di voglia, infatti, non mi limito a sollevare l’abito fino alla vita, no, lo arrotolo fino alle spalle appoggiandomelo così avvolto sul collo scoprendo tutto il corpo su cui è visibile da dietro solamente quell’esigua striscia rossa del reggiseno, perché sono totalmente galvanizzata da questa situazione e con la voce roca gli ordino:

“Levami il reggiseno”.

In questo modo sparisce anche lui nella sua tasca per fare compagnia agli slip, le sue mani percorrono il mio corpo che si offre completamente nudo al suo sguardo, lo sento riempirsi dei miei seni, scorrere sui fianchi, accarezzare il ventre, allargarmi le cosce, stropicciarmi i glutei e massaggiarmi le spalle. Avverto le sue dita che mi stuzzicano i capezzoli che si rizzano percorsi da fitte di piacere, poi mi sfiora le labbra bagnate di desiderio, si gusta il clitoride gonfio di voglia bruciante e lo massaggia delicatamente per penetrarmi. Lo sento scorrere sul perineo, insinuarsi nel solco, solleticare ed entrare nel mio orifizio. Un gemito comincia a uscirmi dalla gola riversa all’indietro e giro verso di lui il viso, mentre mi bacia la schiena desiderosa d’incontrare le sue labbra. Io voglio i suoi baci nella mia bocca e la sua lingua sul mio corpo, sul mio sesso, adesso lo sento ansimare di desiderio dietro e sopra di me, e mentre sono percorsa dagli spasmi dell’orgasmo e dalle secrezioni di piacere, quasi fuori di me gli sussurro:

“Sì leccami, non resisto più, perché crollo dal piacere”.

Forse è il gesto d’arrotolarsi il vestito fino al collo, può darsi che sia l’atmosfera riscaldata dai suoi gemiti e da quella strana luce rossa che crea ombre e bagliori sulla sua schiena, secondo come le mie mani accarezzano la pelle, il risultato è però una voglia che scorre dalla mia testa fino al mio corpo come la lava incandescente che vuole lasciare il segno.

“Leccami, adesso” – è un ordine, è una richiesta, è uno schiaffo di piacere che mi colpisce in pieno stomaco.

Senza staccare le mie labbra dalla sua pelle scendo lentamente, poiché è un bacio senza fine, vertebra dopo vertebra. Quando arrivo all’attaccatura del sedere continuo solamente con la punta della lingua, le mani s’aggrappano ai glutei, li aprono con forza mentre con la lingua proseguo il cammino. Io tasto il suo buchino, ci passo sopra delicato, ci giro intorno, ascolto i suoi gemiti nel momento esatto in cui spingo con la lingua ed entro. Il corpo s’irrigidisce, il busto si schiaccia contro la parete, immagino la sensazione dei capezzoli eccitati che sfregano contro il muro freddo. Sono in preda alla voglia, l’afferro per i fianchi e tiro verso di me il suo bacino, io voglio continuare a baciarla e lei lo capisce, dato che si spinge in fuori e un attimo dopo la mia lingua è avvolta nel suo sapore. E’ bagnata, è dolce, è un odore forte e aggressivo che ti entra nella testa, ti dilata i vasi e tu ti perdi. Le dita s’alternano alla lingua, dentro e fuori, un attimo dopo sente entrare due dita davanti e due di dietro. Un gemito più profondo, una contrazione più forte e poi tante piccole onde m’avvisano che il piacere la sta allagando. Io non voglio però che sia adesso, voglio di più, allora m’alzo appoggiandomi dietro di lei lasciando che il mio cazzo rigido si sfreghi lungo la sua gamba, quando finalmente le mie mani stanno di nuovo giocando con i suoi capezzoli durissimi la mia bocca è di fianco alla sua. Non ci baciamo, però sentiamo il nostro respiro sulle labbra carnose eccitate e sensibili, infine appena sente il mio sesso sbattere contro il suo lei mi morde dolcemente.

Lei si muove sul mio cazzo, non lo fa entrare, si strofina però sopra come un gatto che fa le fusa, lo sente scivolare sulle labbra aperte del suo sesso e poi sul buchino dietro. Ogni volta il suo movimento diventa più forte, più veloce, per gioire di questa pressione in una sorta d’estasi come in una danza che cresce ogni momento di ritmo. In questo momento vorrei tutto da lei, vorrei scoparla, vorrei incularla a fondo, vorrei che i miei occhi bruciassero nei suoi, perché m’esalta e m’eccita la sua voglia di giocare, io sono stupito, voglio che sia lei a lasciarsi andare. Io sto per venire un’altra volta e già avverto le ondate di piacere che si susseguono, con piccole fitte quasi dolorose di godimento. Il clitoride gonfio sussulta quando il cazzo fremente di lui mi scorre sopra e il vuoto che avverto nel ventre me lo fa desiderare dentro per riempirmi tutta della sua forza. Allungo all’indietro le braccia e accarezzo il cazzo fra le mani, poi lo introduco fra le piccole labbra risucchiandolo in profondità e stringo forte i muscoli vaginali per rinserrarlo in una morsa dolcissima, dopo lo rilascio e lo stringo finché non sento il gemito di lui contro il mio orecchio.

Io volevo questo da lui, sennonché mi tocca con il glande proprio in quel punto, dentro di me da cui sgorga più forte il piacere che ora m’esplode incontrollato in un orgasmo poderoso, potente. Allora gemendo mi ritraggo facendo uscire il cazzo da me e di nuovo lo accarezzo con le dita, poi lo dirigo nel solco dei glutei che allargo con una mano, dopo poco per volta entra di nuovo dentro di me per riempirmi le viscere. Mentre sto ancora godendo di quel vigoroso orgasmo muovo il bacino, prima lentamente e poi sempre più veloce in un ritmo ossessivo, giacché avverto il delirio del mio uomo che sta per inondarmi con il suo bianchissimo seme. Sgarbatamente mi strappo da lui, m’abbasso a tal punto che la mia schiena si trovi sotto il suo getto, poi lo ricevo potente e a più riprese sul corpo nudo da cui cola appassionato e abbondante mentre noi soffochiamo i nostri rantoli di piacere, alla fine mi rialzo lentamente:

“Sì, così, dai spalmamela tutta addosso, la tua nobile e pregiata crema afrodisiaca” – gli manifesto io sfavillante.

Lui la spande con le mani massaggiandomela sulla pelle mentre la sua lingua entra nella mia bocca. E’ stato meraviglioso quest’incontro, con un singolo gesto lascio scivolare il vestito dal collo e mi ricopro, intanto che lui s’abbottona i calzoni, in seguito usciamo da dietro la tenda e poi dal locale. In auto in quell’attimo si diffonde un consistente profumo di sesso: l’odore del suo sperma si è sapientemente confuso e si è mescolato con quello della mia pelle, dal momento che le sue mani lasciano un’impronta appiccicosa sul volante e sul cambio.

Il bordo dei miei slip s’intravede dalla sua tasca della giacca, nel momento in cui noi due ci scambiamo uno sguardo carico d’impegni e di promesse.

{Idraulico anno 1999}

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