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Sotto gli occhi di Sara

By 20 Settembre 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Feci una cazzata. Quella volta che caddi vittima del piacere autoindotto (o in altre parole, quella volta che mi tirai un raspone). Ancora adesso, nella confusione che abita la mia testa, mentre ripenso a ciò che è stato col senno di poi, non riesco a decidermi se quella mail abbia segnato l’inizio dei miei tormenti o della più bella esperienza che potessi sperare di vivere. Non riesco a decidermi se la temo, o se la amo.
Sara.

La guardavo. La contemplavo. Attraverso lo schermo del monitor, nient’altro che una sequenza artificiale di numeri, ciò che mi avvicinava di più al concreto. Contemplavo i suoi occhi verdi, incastonati come smeraldi in quel visino sorridente, e abbellito da tratti di trucco. I capelli castano chiaro ricadevano sulle spalle, e accarezzavano i suoi seni raccolti dietro una scollatura non molto pronunciata. Intravedevo le sue cosce, le sue calze nere. Mi osservava al fianco della sua amica, che io non guardavo. Si chinava verso il monitor e sembrava rivolgersi proprio a me. E mi sorrideva immobile, mentre io nel pieno del sentimento che provavo per lei, allargavo le gambe e mi menavo il pene duro. Sotto i suoi occhi oltre il monitor, glielo mostravo con soddisfazione.
Avrei potuto concludere così. Sarebbe stato sufficiente a farmi pompare un orgasmo intenso come al solito. Ma quella volta non mi accontentai.
Cedetti. Ovviamente. Dovevo fare di più, accidenti a me. Ero lì, con i pantaloni abbassati e le gambe aperte davanti al computer, di fronte alla foto ingrandita di lei, Sara: il mio pube che sussultava immaginando di strofinare le gambe accarezzate dalle calze, che facevano capolino da quel raffinato abito da sera nero. Così assorto ‘ e instupidito ‘ nella mia eccitazione, aprii una nuova scheda, entrai nella mia casella di posta e clickai su ‘nuovo messaggio’. Tanto, pensai lì per lì, lei la mia mail non ce l’ha mica.

Da: daniele.erre@xxx.it
Data: 14-gen-2014 11:56
A: Sara-milka@xxx.it
Ogg: grazie di esistere!
Mi ecciti, m sto masturbando sulla tua foto. Immagino che tu mi osservi, immagino di leccarti le cosce, il culo, la passerina. Oj sara, sapessi quanto mi eciti. Il tuo ammiratore segreto

E così, neanche corressi gli errori di ortografia: spedii il tutto e conclusi l’operazione. Il mio sperma colò a fiotti, uno schizzo imperioso coronò il mio tributo per lei. Mi morsi le labbra, chiusi gli occhi e sospirai, godendomi quegli attimi di orgasmo che Sara mi aveva regalato… ancora. Sì, ancora. Avevo ormai perso il conto delle volte che mi sono masturbato sulle sue foto.
Mi ripulii il membro colante con un fazzoletto, feci un respiro profondo e mi alzai dalla sedia per tirarmi su i pantaloni. Non mi sentivo ancora completamente svuotato, probabilmente in mattinata avrei fatto il bis.

Ora, non ricordo molto bene cosa ho fatto subito dopo: credo di essermi messo a studiare per un esame o forse a scrivere una relazione, sempre per l’università. Ciò che invece ricordo è la notifica rossa sulla mia home page di facebook, che segnalava l’ingresso di un messaggio privato. Pensai che fosse Mirko che mi dava indicazioni per l’uscita di quella sera… e invece il mio cuore sussultò quando lessi il nome di Sara e vidi la sua foto profilo a fianco.

Sara M.
Che diavolo ti sei calato?

Un messaggio del genere lasciava ben poco spazio ai dubbi. Sara aveva capito che il mittente della mail ero io. Impiegai qualche attimo per cogliere il senso della frase. Poi, il mio cuore cominciò a battere all’impazzata e rimasi paralizzato di fronte alla realtà che prendeva forma. Cominciai a respirare affannosamente e il mio cervello, già di per sé in pappa, non riuscii a costruire una risposta logica su come era potuto succedere.

Daniele R.
Come hai fatto a capirlo?

Sara M.
Daniele Erre…! Sei l’unico Daniele R che conosco, non è stato difficile, fava!

Non fu difficile neppure realizzare quanto ero stato idiota. Era ovvio che Sara avrebbe capito subito chi ero semplicemente guardando l’indirizzo del mittente.

Sara M.
Sei un porco daniele non riesco a credere a quello che mi hai scritto!!!

Daniele R.
Scusa non volevo offenderti… lo giuro, mi sono lasciato andare, scusami, ti scongiuro.

Sara M.
fottiti!

Daniele R.
non dirlo a nessuno, ti prego!

Messaggio visualizzato. Nessuna risposta. Il mondo mi precipitò addosso.

Vissi le giornate che seguirono nel panico. Avvertivo il cuore che batteva nel petto a ritmo accelerato, ed uscivo di casa con la sensazione che le energie mi fossero state spazzate via. Non avevo appetito, e lasciavo gran parte di ciò che avevo nel piatto. I miei sogni mi tormentavano la notte, con immagini di Sara che mi guardava schifata e le sue amiche che ridevano di me. Vedevo la mia vita completamente stravolta per un’unica, maledetta sega.
Fino al giorno in cui… accedendo a facebook per leggere le notifiche, non vidi spuntare di nuovo il pallino rosso sulla chat. Visualizzai con un gesto automatico. Ebbi un piccolo sussulto nel leggere ancora il nome di Sara. Per un attimo rimasi a fissare la sua foto profilo, cercando fare ordine nella mia mente. Poi, armandomi di coraggio, lessi il messaggio.

Sara M.
ciao

Rimasi interdetto. Cosa stava a significare… ciao? Dopo quanto era successo? Scossi la testa, e dopo un attimo di incertezza portai le mani alla tastiera.

Daniele R.
Ciao.

Sara M.
ti devo chiedere scusa x l’altra volta

Daniele R.
‘ ti devo io chiedere scusa per il messaggio che ti ho scritto.

Sara M.
no fammi finire. Non c’è niente di male in quello che hai fatto, ma lì x lì sono rimasta un po’ sconvolta, capisci?

Daniele R.
Certo che capisco… non avrei dovuto scriverti, mi sono fatto prendere dal momento.

Sara M.
no, anzi… a modo tuo sei stato carino… mi ha fatto piacere sapere di eccitarti.

Rimasi interdetto, a fissare quelle parole, come se non ne avessi colto il senso.

Daniele R.
Lo hai detto a qualcuno?

Sara M.
no no stai tranquillo

senti… non fraintendere quello che dico, ma se ti va mi piacerebbe parlarne un po’ a tu x tu.

Daniele R.
‘ Sei seria?

Sara M.
Certo… in fondo.. sei il mio primo ammiratore :)

Rilessi il messaggio più e più volte. La mia mente suggeriva che ci fosse qualcosa, dietro ad un invito così esplicito. Quando mai una ragazza carina e in gamba come Sara mi aveva chiesto un incontro? Forse rimasi a fissare quella scritta per troppo tempo, perché Sara aggiunse:

Sara M.
ti va bene questo venerdì pomeriggio? Io non lavoro…

Sapevo, sapevo dentro di me che tutta la faccenda suonava troppo bella per essere reale… Ma quale costo avrebbe comportato un mio rifiuto? Curiosità, e senso di colpa. No… Ero già stato stupido una volta, inviandole la mail: non volevo esserlo due volte.

Quel venerdì pomeriggio, davanti allo specchio curavo gli ultimi ritocchi del mio abbigliamento. Jeans sbiaditi sulle ginocchia, scarpe da ginnastica e una t-shirt grigia sotto una giacca nera. Formale, ma non elegante. Il cuore mi batteva all’impazzata: da una parte mi sentivo agitato all’idea di incontrare Sara, dall’altra ancora sospettavo che fosse in atto uno scherzo del quale mi sarei vergognato per il resto della vita.
Palazzo di Sara. Suonai al campanello. Salii le scale per i tre piani che mi separavano dal suo appartamento. La porta era socchiusa. La spinsi.
– E’ permesso?
Lei mi accolse con un sorriso allegro, radioso sul volto come un raggio di sole, che sciolse tutta la mia tensione e mi rese di nuovo capace di respirare. Indossava dei jeans e una magliettina grigia a maniche lunghe. I capelli raccolti in una coda di cavallo.
– Benvenuto. Accomodati- mi disse.
Mi fece sistemare su un divano dal copertone azzurro, in quel salottino un po’ all’antica, decorato con soprammobili ottocenteschi alle pareti.
– Prendi qualcosa da bere?
Agitai la mano con un sorriso per respingere l’offerta. Lei prese un succo di pesca e si sedette su una poltrona di fronte a me.
-Su, Daniele- mi disse, con un sorriso che lasciava trapelare dell’imbarazzo, -Raccontami per bene cosa è successo quella mattina.
Arrossii e distolsi lo sguardo.
– Non ti chiederò mai scusa abbastanza… Ero preso dal momento…
-Ti stavi masturbando sulla mia foto?
Mi sorrise. Io riuscii solo ad annuire.
– Sì, mi dispiace.
-Te l’ho detto, non c’è niente di cui dispiacersi. Anzi, mi fa piacere essere… desiderata da un uomo. Anche se tra me e te non ci potrà mai essere niente, lo capisci questo?
Per un attimo, sentì lo stomaco appesantirsi per la delusione di quelle parole. Annuii, per evitare di darlo a vedere: -Ma certo, non l’ho mai neppure pensato.
-Però…- aggiunse lei. Si morse il labbro, chinò lo sguardo. Mi parve di vederla arrossire.
-Però cosa?- feci io.
Lei non rispose. C’era qualcosa che intendeva dirmi e che eppure non riusciva ad esternare. Mi aveva appena detto di non essere interessata a me, dunque mi era difficile farmi illusioni. E allora perché questa incertezza?
-Non so come dirlo- mi disse infine. Mi guardò e ridacchiò imbarazzata.
-Be’, prova a dirmelo. Non credo che possa essere peggio di quel che ho detto io.
-Sì, beh… Mi ha un po’ eccitato questa cosa.- Sobbalzai per la sorpresa di quelle parole. Ora le sue guance avevano il colore di un peperone. -Scusami, mi imbarazza molto.- Si affrettò ad aggiungere.
-No, no, è ok. Mi fa piacere parlarne, se ti va. Prenditi il tuo tempo.
Lei tamburellò con le dita sul ginocchio. Il mio occhio cadde sulle curve che la sua coscia delineava, procedendo verso il sedere. Lei se ne accorse e mi sorrise. -E’ questo che mi piace. Mi piace sapere di eccitarti, in qualche modo.
-E’ un inizio- risposi io.
-Vorrei sapere… Sì, cioè. Su quale foto ti stavi masturbando, quando mi hai scritto quella cosa.
-Quella di copertina. Dove sei insieme a Gioia, per il suo compleanno.
-Ah. Perché proprio quella?
-Perché… Non so. Ti trovo molto femminile. Mi piace il modo in cui mi osservavi, leggermente inclinata. Mi piace immaginare che tu mi veda, mentre mi masturbo per te.
Le sue labbra si inclinarono in un sorriso. -Ah, sì, eh?
Annuii. -Sì. E’ quello che pensavo lì per lì. Ecco perché ti ho scritto.
Lei si morse il labbro, un gesto automatico, come a degustare per la prima volta il sapore delle mie parole. La vedevo curiosa, un po’ intimidita, ma compiaciuta.
-E’ da molto che ti masturbi pensando a me?
Ridacchiai, -Sara, io praticamente ti ho sposata nel mio mondo fatto di seghe.
Mi sorrise, i denti perfettamente allineati come tasselli di un mosaico. Mi sentivo confortato, e profondamente eccitato, dal fatto di poter parlare così apertamente con lei senza essere giudicato. Al contrario, sembrava che apprezzasse la mia sincerità.
-Hai detto che ti piace immaginare di masturbarti mentre ti guardo. Mi piacerebbe vederti mentre lo fai.
Per un attimo, il mondo mi crollò addosso e dubitai di aver sentito bene. Tacqui, il mio sguardo incrociò i suoi occhi verdi che ora non accennavano a cedere. Il mio cuore cominciò a battere forte. Un po’ per la sorpresa, un po’ per l’emozione.
-Stai parlando sul serio?- Lei annuì. -Cioè… Vuoi che mi masturbi… adesso?- Lei mi sorrise, ed annuì di nuovo. -Ok…
Mi portai le mani alla cintura e con movimento lento, e che leggermente tremava, la slacciai. Sbottonai il jeans e abbassai la cerniera della toppa, lasciando intravedere il bianco dei miei boxer e il bozzo che il mio membro già eccitato formava dietro di essi. Insinuai i pollici sotto l’elastico dei boxer, e mandai un ultimo sguardo incerto verso Sara, la quale… mi sorrideva. Quel suo sguardo tenero mi sciolse come burro e mi convinse a compiere in un colpo quel passo per me enorme. Mi calai i boxer. Il mio membro saltò fuori già gonfio, pulsante. Vidi Sara emettere un piccolo sobbalzo nel vederlo così, forse non si aspettava di trovarlo già in erezione. Aprì la boccuccia in una smorfia di sorpresa, e se la coprì con una mano imbarazzata.
-Vuoi che lo faccia?- cercai conferma.
-Sì…- mi rispose in un tenue sibilo.
E così cominciai. Con la mano che ancora tremava per condensare il miscuglio di sensazioni che provavo in quel momento, strinsi la mia asta. Il respiro mi si fermò in gola, mentre cominciai a pompare su e giù sotto gli occhi ammirati della ragazza dei miei sogni. Lei rimase immobile, impietrita di fronte al mio tributo. Io aprii le gambe e mi protesi verso di lei, adagiandomi con la schiena sul cuscino del divano. Socchiusi gli occhi. Nei pochi attimi che seguirono, la mia eccitazione spazzò via ogni timore ed imbarazzo che provavo. Il mio membro rispondeva con piccoli sussulti di piacere, e nel tempo di un minuto avvertii la sensazione di un orgasmo imminente.
-Sto per venire- la avvertii col respiro mozzato.
-Fallo- rispose lei imperiosa.
Non me lo feci ripetere due volte. Chiusi gli occhi come reazione automatica. Sollevai il bacino, e subito dopo uno schizzo si sollevò nell’aria. Lo sperma, il frutto del mio godimento, si riversò copioso ovunque: sul pavimento, sulla mia mano, sui miei jeans, sulle mie scarpe. Il mio pene eruttò altri piccoli schizzi di assestamento, e subito dopo il mio corpo fu percosso da un tremito di piacere.
Quando riaprii gli occhi, vidi Sara nella stessa identica posizione. Gli occhi sgranati, la boccuccia nascosta dietro la mano pudica. Rimase a fissare il mio operato per alcuni attimi, e io, con la consapevolezza della mia esposizione ora lucida, arrossii.
-E’ stato meraviglioso- disse poi, con gli occhi che mi squadravano ora in faccia, ora tra le gambe esposte. Mi sentii rincuorato.
-Sono contento che tu l’abbia presa in questo modo.
-Vorrei rifarlo.
La fissai, interdetto. -Intendi… adesso?
Lei alzò lo sguardo e sorrise. -Perché?… Sapresti rifarlo adesso?
Sorrisi compiaciuto e ripresi daccapo la manovra.

Se il gioco fosse finito allora, il mio ricordo risplenderebbe di luce e di gioia. Ma la mia eccitazione, il mio desiderio per lei e, soprattutto, il bisogno fisiologico di avere il corpo di una donna vicino, mi portò ad accettare un secondo invito. E poi un terzo. E poi un quarto. Le giornate della mia settimana scorrevano nel pensiero di lei, nel pensiero dei suoi occhi, e il suo solo nome era sufficiente ad allargarmi il cuore. Amavo salire le scale del suo palazzo e giungere alla porta del suo appartamento, già socchiusa per me. Amavo la sensazione di sorpresa che provavo nel vedere come aveva deciso di acconciarsi per me. A volte si presentava elegante, con golfini aderenti e gonne, altre volte con un attire più sportivo, in jeans e t-shirt. Una volta mi si presentò addirittura in tuta da ginnastica.
Ma a me non importava come vestiva. A me importava di lei. Mi importava ciò che si nascondeva nella sua testa, il piacere che provava nel mio modo di adorarla. Non mi permetteva di toccarla, ma a me bastava guardarla. E non sempre mi faceva venire. A volte, per mancanza di tempo, per non sprecare il carico con un gioco fatto di fretta, rimandavamo alla volta successiva.
Ma di tutte le volte che ci siamo incontrati… io ne ricordo una in particolare.
Erano già quattro giorni che non venivo, e mi sentivo pazzo di piacere per lei.
Mi ricevette con un elegante abito da sera nero, con una scollatura appena pronunciata che lasciava intravedere la linea che separava i due seni. Portava calze di nylon con la cucitura nera che ne tracciava sottocoscia e polpaccio, e che terminava in un bel paio di tacchi neri. Ai lobi portava due orecchini rotondi, e le labbra luccicavano decorate da un rossetto rosa.
La riconobbi subito: quella era la Sara della foto sulla quale mi masturbavo quando le inviai la mail. Lì per lì le sorrisi e la ringraziai per aver scelto un vestiario così provocante, ma… se ci ripenso oggi, vorrei tornare indietro e complimentarmi con lei per l’ottima strategia che aveva messo in atto. Ancora ignoravo ciò che aveva in mente.
Mi fece spogliare completamente nudo, il mio membro già eretto per lei. Mi fece sedere sul divano e mi disse di cominciare, mentre lei si sedeva sulla poltrona alzando una gamba e poggiandola sull’altra. Come la prima volta, il mio sguardo cadde sulle sue curve, ma questa volta potevo ammirare la rosea pelle del suo sedere fare capolino oltre il velo della calza. Se non fosse che ormai mi ero abituato a quel tipo di sedute, sarei venuto nel giro di pochi minuti.
Mentre lei mi fissava nella mia manovra, io aprii le gambe come per farle implicitamente capire di essere abbandonato a lei. Sara avvicinò la poltrona a me, e fece una cosa che non aveva mai fatto prima. Sfilò il piede dal tacco e me lo pose sotto i testicoli. Avvertii la sensazione della sua calza sotto di me, e subito dopo il suo sguardo ammiccante che penetravano nei miei occhi.
-Non ti dispiace, vero?- mi chiese maliziosa. Scossi la testa.
Sentivo le sue dita che si muovevano sotto di me, sotto i miei testicoli. La sensazione del suo piede indiscreto che nel mezzo del mio momento più intimo, sotto il suo sguardo di Donna, fece sì che ogni mia resistenza crollasse in frantumi. Chiusi gli occhi e mi rilassai sullo schienale, pronto per il getto.
-Non venire ancora- mi disse lei.
Riaprii gli occhi. Mollai la presa, prima che fosse troppo tardi. Riuscii a contenermi. Lei mi sorrideva. -Oggi voglio strapazzarti un po’.
-Ok, sono tuo.
Lei annuii come a dire ‘ci siamo capiti’. Si alzò dalla poltrona, -Apri bene le gambe- mi rivolse la schiena e si sedette di fronte a me. Avvertii subito il suo dolce profumo di pesca. Si voltò verso di me, spostando i lunghi capelli di lato. -Non ti toccare.
-Non lo faccio, prometto.
-Sei comodo?
-Sono in Paradiso.
Lei venne ancora più indietro. La mia asta quasi tangeva il suo sedere, e la mia mente si tormentava all’idea di quanto soffice potesse essere.
-So che vorresti toccarmi…
-E’ vero. Lo desidero più di ogni altra cosa.
Lei portò indietro la mano e mi accarezzò la guancia. -Cucciolo…- Mi rivolse le spalle. -Fammi un massaggino, fammi sentire quanto mi desideri.
Io non me lo feci ripetere due volte. Le mie mani calde le accarezzarono le spalle, e si riunirono sulla nuca. Lei emise un gemito di piacere, e la cosa mi rese felice. Con i pollici uniti le massaggiai la schiena procedendo lungo la colonna vertebrale, prima verso il basso, e poi tornando verso la nuca. I palmi le massaggiarono le spalle, e la cervicale.
-Ti meriti un regalino- mi disse con voce rilassata. Si alzò dal divano e si voltò col busto verso di me. Si portò le mani al bordo del vestito e lo sollevò aderente sino a metà coscia. -Puoi accarezzarmi le gambe.
Era un passo in avanti. Non mi aveva mai permesso di toccarla così intimamente, e io pensavo che certe cose fossero riservate solo ai fidanzati. Io per lei non ero che un segaiolo, e la sorpresa che mi aveva riservato, lì per lì, mi rese tanto felice che avvertii una piccola scossa nel pene, come se all’improvviso stessi per schizzare senza neppure toccarlo. Mi trattenni. Non volevo per nessuna ragione al mondo perdermi quell’opportunità. Allungai allora le mie mani verso le ginocchia, e da lì risalii poco a poco sui bordi esterni delle cosce. Poi, più temerariamente, posai il mio palmo sulla sua pelle e cominciai a massaggiare avidamente. Lei, dall’alto, mi sorrise, con quei suoi maliziosi che monitoravano ogni mia sensazione, ogni momento in cui i miei sensi cedevano per amore di lei. La toccavo, la desideravo. La accarezzavo. Le mie mani strisciarono verso l’interno coscia, ma lei me le prese e dolcemente le allontanò.
-Non nel mezzo- mi disse, ed ogni suo diniego mi accendeva di desiderio. Poi ridacchiò e aggiunse: -Hai mai toccato una donna come stai toccando me?
-Be’…- risposi. -Una volta sono stato in un night club per spogliarelliste.
Lei gettò il capo all’indietro e rise. -Ma io non sono una spogliarellista.- Mi accarezzò i capelli. -Hai mai avuto una donna che non hai dovuto pagare?
-Be’…- La sua domanda mi mise un po’ a disagio. Chinai lo sguardo. -No. Io non ho mai…
-… Mai? Proprio mai?
Scossi la testa, imbarazzato per quella piccola confessione. Lei si morse il labbro. Sollevò le gamba e pose di nuovo il piedino sotto i miei testicoli. Con le mano che accarezzava i capelli fece pressione sulla mia testa affinché mi avvicinassi. Le mie labbra baciarono il suo ginocchio.
-Non hai mai avuto un’amica vera? Una ragazza con cui poter parlare?- Io non risposi e continuai a baciarle il ginocchio, con soffici contatti delle mie labbra. -Passi le giornate a masturbarti sulle foto delle tue amiche, vero? Immagini di poter essere con loro…
-No. Solo sulle tue.
-Bugiardo…
-E’ vero- risposi, -Sei sempre stata tu la ragazza a cui ho dedicato le mie seghe. Nessun’altra.
-E chissà cosa immaginavi di fare con me, vero?
Quel suo tono malizioso e provocante mi riempiva il cervello di confusione. In quel momento ero totalmente suo, sentivo dentro di me che avrebbe potuto dirmi e farmi qualsiasi cosa. Io non desideravo altro che lei.
-Immaginavi di leccarmi… me lo hai scritto nella mail.
Come risposta, senza neanche pensarci, passai la mia lingua sul suo ginocchio e la lappai in ogni suo lato. Sentivo la seta della calza al contatto con la mia lingua, e dal basso incrociavo il suo sorriso che mi parve quasi commosso per quel mio atto di sottomissione.
-Sei proprio un bravo cagnolino…- E in risposta io la leccavo, adorante sotto il suo sguardo di regina. -Aspetta…
Si separò da me. Mi volse le spalle e si portò le mani sui fianchi, afferrando i bordi del vestito. Rimasi lì, in attesa della sua successiva mossa.
-Mi stai guardando il sedere?- mi chiese.
-Sì…- mormorai a mezza voce. Lei allora si sollevò il vestito, e per la prima volta da quando avevamo cominciato le sessioni, mi mostrò i suoi glutei nudi, pudicamente nascosti da un paio di mutandine nere di pizzo. Rimasi a contemplare quelle natiche come uno stoccafisso, la boccuccia aperta per lo stupore, e quella forte sensazione di dover venire da un momento all’altro.
-Vorresti baciarmi il sedere, vero?
-Sì, Sara…
-Vorresti leccarmi?
-Sì, Sara… Non hai idea di quanto lo desideri…
Avvicinai la testa verso di lei, ma la sua mano mi fermò. -Lo desideri proprio tanto?
-Sara, ti prego… Potrei mettermi a piangere dal desiderio, ti prego… Sarei disposto a tutto!
-A tutto?
-Sì, sì, a tutto!
Le si riabbassò il vestito, lasciandomi di stucco. Fu per me come prendere in faccia una porta. Si sistemò sulle mie gambe, e avvicinò le labbra al mio orecchio. Con voce soffice, cominciò a sussurrare:
-Tempo fa mi dicesti di avermi presa in moglie nel tuo mondo di masturbazione…- Il mio naso al contatto col suo collo era inebriato dalla dolcezza del suo profumo. -Voglio che questo diventi reale. Voglio essere la tua moglie di seghe.
-Ma…- sussurrai, -Che significa?
-Significa che da oggi in poi tu sarai mio. Mio e di nessun’altra. Non voglio che ti masturbi per altre donne, non voglio che vieni per loro. Non voglio che tu abbia rapporti sessuali con nessuna donna al mondo. Mai, capito? Voglio che tu sia mio, mio e basta.- E pronunciando queste ultime parole, la sua mano si insinuò tra le mie gambe e afferrò i miei testicoli. Sobbalzai. -Me lo prometti?
-Io…- risposi. Non sapevo cosa dire. La sua proposta mi eccitava, eppure mi spaventava. Capii che non stava scherzando, le sue non erano metafore. Mi stava proponendo di sposarmi davvero, di dedicarmi a lei come avevo fatto sino ad allora… ma io ero disposto a concedermi totalmente? Senza più possibilità di toccare altre donne, neppure a pagamento, senza possibilità di godere con nessun’altra? Ero disposto… a rimanere vergine?
-Io non sono come le altre, tu lo sai… Non ti piace restare duro per me?
La sua voce suonava come una dolce musica per le mie orecchie, come l’incanto di una sirena da cui avrei preferito essere sordo.
-Io amo restare duro per te…
-Vorresti baciare il mio sedere, vero?
In quel momento, non desideravo altro. -Sì… Lo vorrei tanto…
-Allora prometti. Accetta di essere il mio segaiolo e ti farò masturbare fino a farti impazzire.
La presa si saldò sui miei testicoli. Il mio bacino ebbe un sussulto, e dal mio pene colò un gioioso schizzo che, in quel momento, mi fece realizzare che era quel che davvero desideravo.
-Lo prometto, Sara.
-Dimmelo ancora.
-Lo prometto. Sono tuo, adesso. Tuo, te lo giuro. Tuo e basta.
Sara mi accarezzò la guancia e mi diede un bacino sull’orecchio. La sentii sorridere: -Bravo, il mio segaiolo.
Si alzò e mi volse le spalle. Si sollevò il vestito e mi mostrò ancora le sue natiche. Mi prese la testa e mi fece avvicinare… io le schioccai un bacio che rimbombò tra le quattro pareti del suo salottino.
Con quel bacio, io diventavo il suo sposo.

*

A volte mi chiedo se ho preso la decisione giusta. Mi è difficile dare una spiegazione chiara delle sensazioni che ho provato da quel momento a oggi. Persino per me, è difficile capirlo. Sono due settimane e mezzo, che Sara non mi permette di venire, neanche per lei. Il mio membro è perennemente gonfio ed eccitato, e vivo le mie giornate avvertendo l’orgasmo sulla punta del glande. Ovunque io vada, ormai provo attrazione per qualsiasi esemplare di sesso femminile che incrocio. La mattina scorsa, per esempio, una ragazza mi ha guardato sull’autobus, e io ho quasi rischiato di venire nei pantaloni.
Mi basterebbe dirle che non ce la faccio più. Mi basterebbe venire, farmi una sega come forma di tradimento, per far finire tutto… Ma poi penso a lei, e tutto il dolore passa in secondo piano. Vivo ogni momento come se fossi collegato a lei, come se un filo invisibile unisse i nostri due cuori. Mi sembra a volte di sentire il suo buon profumo di pesca, e i suoi occhi che mi fissano dall’alto come una presenza magnificente. E sono sicuro che lei lo sa. Lei sente che il mio pensiero è sempre rivolto a lei. L’astinenza che mi ha imposto è un incantesimo che non riesco a sciogliere. Vorrei, ma non riesco. Non lo so. Non so più cosa voglio.
Ricevo un messaggio sul cellulare. Sul display è segnato il nome di Sara.

Vieni da me stasera dalle 21 in poi. Baci8

E allora il mio membro si impenna, e il cuore si allarga d’affetto per lei.

va bene

con un sorriso dipinto sul volto di sincera adorazione, mi preparo per l’incontro.

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