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Racconti Erotici EteroTrio

Straordinari in trasferta

By 17 Maggio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

 

 

Questa seccatura non ci voleva: un viaggio a Torino per venti minuti di lavoro. Mi avevano assunto da un mese, quindi non potevo tirarmi indietro: le tre ore di treno non me le avrebbe tolte nessuno. Ieri sono passato in ufficio, Monica mi aveva preparato il biglietto sulla scrivania fermato con un cioccolatino. Per addolcirmi, forse. La prossima volta, cascasse il mondo, in trasferta di sabato ci andrà lei.

Così eccomi qua, in auto alle cinque e trenta del mattino. Ho trovato parcheggio nella zona gratuita fuori dalla stazione, a quest’ora mattutina non è difficile, ma sono comunque soddisfazioni. In compenso hanno appena annunciato un ritardo di venti minuti. Giusto il tempo per un cappuccino con uno, anzi due cornetti. Non ho ancora fatto colazione.

Saluto la ragazza al bancone e vado al binario. Per fortuna i venti minuti non diventano trenta e i posti sono comodi. Tiro fuori dallo zainetto la guida di Torino: è uno di quegli inserti che davano l’anno scorso con il quotidiano. Devo decidere cosa fare nel pomeriggio. Il giro del centro l’ho già fatto quindi una visita al museo egizio è d’obbligo, sarebbe la seconda volta che vado in città senza passarci. È anche vicino alla trattoria che il capo mi ha consigliato. Dì che ti mando io, aveva detto. Non lo farò, se anche si ricordassero di Luca, non sono convinto sarebbe un ricordo positivo. Però è una buona forchetta, quindi se dice che si mangia bene, si mangia bene. E a buon prezzo, altro requisito fondamentale a soddisfarlo. La mattina invece? Il collaudo che devo fare è una pura formalità e porterà via mezz’ora al massimo. Al diavolo la guida, chiederò in azienda se hanno qualche idea.

Ecco il controllore, anzi, la. Carina, ma quello chignon strettissimo non le dona, la fa sembrare antipatica. Con un caschetto e magari senza quelle calze sarebbe una bomba. Si avvicina accennando un sorriso:

-Il biglietto, per favore.-

Cazzo, il biglietto, potevo sapere che me l’avrebbe chiesto. Dove sarà. Se non mi fossi perso a guardarla l’avrei già trovato. Nella tasca della giacca non c’è, nemmeno nell’altra. Eccolo nello zainetto, tra le pagine della guida.

-Trovato-, le dico porgendoglielo. La osservo ancora mentre i suoi occhi scorrono rapidi sulla data e con un movimento distratto della mano pinza poco sotto. È alta, chissà che tette nasconde sotto la giacca.

-Ecco qua. Ciao ciao-, mi saluta questa volta producendo un vero sorriso.

Ciao ciao? Avrò indugiato troppo a guardarla? Mi esce un ciao a mezza voce mentre si allontana. Sto per rimettere via il biglietto quando mi accorgo che sul retro c’è un post-it rosa, riconosco la grafia di Monica.

Non ti ho preso il ritorno, magari vuoi incontrare quei tuoi amici, Elena e… non ricordo. Prendilo tu, ma portami il biglietto per il rimborso. Divertiti.

Mattia! Elena e Mattia, come ho fatto a non pensarci prima. Gli scrivo subito.

-Ehi! Come siamo, passo dalle tue parti oggi. Pomeriggio libero.-

Speriamo abbia il telefono spento, penso, sono appena le sei e mezza, non vorrei svegliarlo. In due minuti mi arriva la risposta. Come non detto.

-Che fai in piedi a quest’ora di sabato? Il pomeriggio non ci sono, però stasera ho la casa libera. Chiamo Elena e ti fermi da noi. Senza discutere. C’è anche Laura?-

-Sono solo. Ma dai, non voglio disturbarvi, vediamoci a bere qualcosa in centro.-

-Nessun problema, cucino io. Passo a prenderti, conosci qualcosa qui?-

-Museo egizio?-

-Alle diciannove. A dopo.-

È quasi un anno che conosco Elena e Mattia, ma ci siamo visti solo una volta l’estate scorsa al mare. Ventitré anni anche loro, leggevano i miei racconti e mi hanno contattato, così abbiamo iniziato a scambiarci qualche idea e qualche foto. Fino a ferragosto scorso, quando ci siamo incontrati assieme a Laura, la mia ragazza per una granita. Finalmente interi e vestiti. Elena è molto carina, sul metro e sessantacinque, piuttosto magra, capelli castani lunghi. Poi, vedendola nelle foto, è una che si dà da fare. Laura mi ha sempre detto che anche Mattia non è male. A dirla tutta non mi ha mai nascosto che ci andrebbe volentieri a letto.

-Biglietto prego-, una voce cortese mi riporta alla realtà.

-Biglietto?- no, perché ancora? Dove sarà finito di nuovo? Fisso smarrito la ragazza che ora mi riconosce.

-Ah scusa, te l’ho già visto prima. Il biglietto. Ciao ciao!-

-Ciao ciao!-, rispondo pronto questa volta guardandola allontanarsi. Saluto pure con la mano, non si sa mai.

 

 

Sono a Torino da un po’. In stazione mi aspettava Giorgio, l’addetto dell’azienda con cui avevo parlato al telefono. Anche lui è felicissimo di fare straordinari di sabato mattina. Aveva già programmato una gita al lago con moglie e bambini, mi racconta contrariato. Parliamo per quasi tutto il viaggio della nuova attrezzatura che hanno acquistato da noi e gli spiego cosa dovrò controllare: una sciocchezza che potevano fare anche loro dietro istruzioni telefoniche, ma che visto il costo della macchina, devo fare io per la garanzia. Quando gli dico che massimo in mezz’ora finisco, si illumina. Ma allora ho il pomeriggio libero, esulta. Arriviamo finalmente in azienda, tiro fuori il portatile dallo zainetto e in dieci minuti calibrazione e collaudo sono fatti. Metto timbro e firma sul modulo e, visto che rimane del tempo, spiego a Giorgio le novità del modello e come usarlo al meglio. Mi riaccompagna a Porta Nuova felicissimo, telefona anche alla moglie dicendole di prepararsi che, in effetti, la gita al lago si può ancora fare.

 

Il pomeriggio è passato veloce, la trattoria ha superato di gran lunga ogni mia aspettativa, dovrò dirlo a Luca. Ho fatto un giretto in centro, una passeggiata fino alla Mole Antonelliana, giusto per poter dire che ci sono stato. Al ritorno, puntando al museo egizio, mi sono perso. Per fortuna dopo una ventina di minuti sono sbucato in piazza San Carlo. Una coppia cinese mi ha domandato se potevo fare loro una foto col cavallo di bronzo. Fatta. Arrivare dalla piazza al Palazzo dell’Accademia delle Scienze dove c’è il museo egizio è stato un gioco da ragazzi. Il tempo all’interno è volato, gli egizi mi hanno sempre incuriosito, così sono uscito giusto in tempo per l’appuntamento, c’era già Mattia ad aspettarmi. Credevo venisse in auto, invece eccoci qui, stiamo camminando da circa un quarto d’ora verso casa sua. Mi indica un palazzo, lo raggiungiamo e saliamo al terzo piano. Non prende le chiavi, suona: deve esserci qualcuno in casa. Ci apre Elena infatti. Si stava cambiando, ha la felpa della tuta ma indossa ancora la gonna ed è truccata.

-Ciao-, mi saluta raggiante e mi abbraccia. -Come stai?-

-Benissimo! Voi? Siete appena arrivati vedo, mi dispiace disturbare.-

-Non dire sciocchezze, Mattia aveva preparato tutto stamattina, è bravo sai. I suoi non ci sono fino a lunedì. Finisco di cambiarmi, voi preparate la tavola, ho una fame… –

Vado al gas e inizio ad alzare i coperchi per curiosare: l’acqua bolle, un sugo all’amatriciana è a fine cottura, nella padella invece ci sono delle polpette, un delizioso odore di rosmarino mi avvolge.

-Dove trovo la tovaglia?- chiedo.

-Secondo cassetto, nel primo trovi le posate e, nel pensile appena sopra, i bicchieri. Al resto ci penso io.-

Preparo in un attimo la tavola. Intanto arriva Elena che ha legato i capelli e si è tolta il trucco. La pasta è pronta e ci sediamo al tavolo. Ottima. Come anche le polpette e l’insalata di pomodori. Mentre mette su il caffè, Mattia mi dice che ha letto gli ultimi capitoli del mio racconto sulla gita. Mi racconta cosa gli è piaciuto, Elena segue curiosa e ogni tanto dice la sua. Metto via qualche idea per i prossimi capitoli. A un certo punto Mattia mi dice:

-Certo che trovarne di ragazze così… -, mi fa anche l’occhiolino, come a dire: vedrai.

Infatti, Elena si scalda subito e indispettita si lancia all’attacco:

-Perché? Cos’ho io meno di loro?-

-Beh, innanzitutto meno tette-, le dice.

-Che vuol dire, anche voi avete il cazzo normale, e poi ti sono sempre piaciute le mie tette.-

Continuano per un po’, non stanno litigando, più che altro si prendono in giro. E continuano a tirarmi in ballo. Per fortuna ho abbastanza confidenza con loro su questi argomenti così quando Mattia dice che le ragazze nei miei racconti sono molto più porche della sua, azzardo:

-Scommetto che non avresti il coraggio di guardarmelo mentre è qui Mattia. Figurati di toccarmelo.-

Avevamo più volte fantasticato sul fatto di farlo in tre tra noi, ma non mi ero mai spinto così oltre.

-Attento a fare scommesse con lei-, mi dice Mattia mentre si alza per raggiungere il bagno.

Lo guardiamo allontanarsi e chiudersi la porta alle spalle. Elena si sporge puntandosi sui gomiti, si avvicina e, guardandomi negli occhi, mi sussurra:

 -Vai in camera, ti faccio vedere io se non ho il coraggio- e mi fa un gesto con la testa, come a incoraggiarmi ad andare. Vado. Il letto e fatto, mi tolgo i pantaloni e la felpa, non mi va di sporcarlo, sono stato in treno. In più così metà lavoro è fatto.

Passa qualche minuto e sento dei passi, Elena si avvicina alla porta dalla cucina e la apre un po’. Infila solo una gamba, credo per farmi vedere che si è messa i tacchi. Fa sul serio la ragazza. Però i tacchi in vernice con i pantaloni della tuta. Ora spalanca la porta, entra del tutto senza mai smettere di fissarmi con un mezzo sorriso, ma non dice nulla. Si scioglie la coda, passa veloce le mani tra i capelli e getta indietro la testa. Ora le ricadono morbidi sulla schiena, ma qualche ciuffo sfugge e rimane davanti. Passa alla felpa. Sembra proprio che con la scommessa mi sia guadagnato un vero spogliarello. Prende la zip, la abbassa lentamente fino in fondo. Si gira, la fa scivolare giù dalle spalle e la felpa cade a terra. È nuda, e poi mi dice che descrivo ragazze troppo maiale, non aveva il reggiseno! Prima di girarsi verso di me porta le mani davanti e si copre le tette. Ritiro tutto, i pantaloni della tuta vanno benissimo: è terribilmente sexy anche così. Sento che le mie mutande iniziano a tendersi. Elena intanto fa due passi verso il letto, toglie un braccio. Cavolo, non vedo ancora nulla, l’altro copre la sua prima perfettamente. Si gira ancora, inserisce il pollice nell’elastico dei pantaloni, li abbassa un po’, sculetta. La sento ridere, probabilmente è la prima volta che fa una cosa del genere. Mattia in bagno maledirà di aver deciso di fare la doccia proprio ora. Saltella un po’e i pantaloni finiscono a fare compagnia alla felpa. Un perizoma scarlatto incornicia quel culetto che avevo visto solo in foto. Allarga lentamente le braccia, come fosse un movimento di danza, si dà lo slancio e fa un giro su se stessa. Si ferma di fronte a me fissandomi soddisfatta. Finalmente vedo anche le splendide tettine. Noto che il suo sguardo scende a sbirciarmi il pacco, ormai in piena erezione. Si riprende subito, va all’angolo opposto del letto e appoggia le mani al materasso. Agita una gamba alla volta, fa cadere le scarpe. Ora è ora a quattro zampe sul letto, gattonando si avvicina, mi appoggia una mano sul cazzo e mi sussurra all’orecchio:

-Hai visto che il coraggio ce l’ho?-

Quanto mi eccita, vorrei infilarle la lingua in bocca. Ci provo, ma mi evita, con un movimento mi scosta le mutande e si tuffa letteralmente sul cazzo. Lo tira fuori, ce l’ho già duro che mi scoppia. Dà due colpi, giusto per prendere confidenza, non riesce a stringermelo tutto con una mano.

-Ma allora erano vere le foto, ce l’hai davvero grosso. Peccato che non sia un po’ più lungo, sennò avrei in mano un bel cazzone!-

E questa cos’era, disapprovazione? Un complimento? Entrambi? Mattia mi aveva detto più volte che Elena era brava a fare pompini, ma chi avrebbe pensato. Lo vedo affacciarsi alla porta proprio mentre mi scappa un gemito. Non capisco più dove la sua ragazza sta passando la lingua, ora che mi sta anche segando poi. Le appoggio una mano tra i capelli, spingo un po’ ma non riesco a farle cambiare ritmo, sa già come farmi impazzire e vuole farlo da sola.

Nel frattempo Mattia si è avvicinato, ora le sta scostando il perizoma. Non vedo, ma sento esitare Elena. Deve averle infilato un dito dentro. Lo guardo, senza parlare muove le labbra, riconosco la frase. È un lago. Si abbassa le fa allargare un po’ le gambe. In pochi secondi sento il tipico sciacquettio: la sta leccando e ancora una volta lei sembra apprezzare. Ogni volta che la mia cappella le esce di bocca sottolinea con un mugugno gli affondi del suo ragazzo. Mi rendo conto che sia lei che io stiamo già per venire. Ci interrompiamo, lascio il mio posto a Mattia. Elena capisce, gli va sopra, prende il cazzo con una mano e tenendolo dritto si impala. Inizia a cavalcarlo. Sono rimasto a guardarli ancora in piedi sul letto, Elena allunga una mano, prende la mia e mi fa avvicinare. Quando l’asta le arriva a portata di bocca inizia ancora a succhiarmela. Questa volta non scende mai sotto la cappella, ma con la lingua indugia sul frenulo. Mattia ora le sta dando dei colpi davvero forti. Non so quanto potranno resistere. Infatti non me lo lecca più, ma mi sta segando sempre più veloce. Abbassando lo sguardo vedo il cazzo del suo ragazzo che entra ed esce. Non resisto, sento l’orgasmo salire. Sto per avvisarla ma il primo schizzo mi anticipa e le bagna le tette. Elena non se la prende, anzi, mi sorride e continuando a gemere mi tiene fermo il cazzo in modo che anche gli altri vadano lì. Vedo che socchiude gli occhi e si lascia completamente sopraffare dal ritmo del suo ragazzo.

-Aaah! Matti vengo, vengooo!-, urla all’improvviso, lasciandosi cadere appagata e tremante su di lui.

Ci riprendiamo un attimo, siamo tutti e tre stesi sul letto, Elena è al centro. Mi volto a guardarla, una ciocca di capelli le è rimasta incollata alla fronte umida di sudore, gliela scosto.

-Beh, ho perso la scommessa-, le dico. -Cosa ci eravamo giocati?-

-Che stupida! Sapevo di vincere e mi sono dimenticata di mettere una posta sostanziosa.-

-E proprio perché sapevo di perdere non te l’ho ricordato.-

-Bastardo! Secondo me voi due mi avete nascosto qualcosa- dice guardando Mattia.

-Chi, noi? Ma figurati!-

-Al diavolo, venite qui!-

Ci bacia, poi si abbassa a pulirmi per bene il cazzo che ancora non si è svegliato. Bastano comunque pochi abili colpetti per farlo tornare in piena forma.

-Adesso voglio proprio provarlo dentro.-

Si mette a pecora, così mi sistemo dietro di lei, lo struscio un po’ per bagnarlo e inizio a spingere.

-Ahi, fai piano-, mi dice.

La ascolto, lo inserisco lentamente tutto. Poi però vedo che inizia a venirmi incontro e a gemere, azzardo un cambiamento di ritmo. Sopporta benissimo, anzi geme e nel frattempo si dedica al cazzo di Mattia. Tutti i timori sono passati, ogni tanto si gira a guardarmi. Le prendo i capelli e continuo a pompare. È stretta, non resisterò ancora molto. Altri due affondi ed esco, appena in tempo: inizio a schizzarle di nuovo addosso, questa volta sulla schiena. Qualche goccia le va sui capelli. Non è venuta. Devo rimediare. La faccio stendere a pancia in su, Mattia le va sopra così può continuare a godersi il pompino, io invece affondo la faccia tra le gambe di Elena e le sfioro il clitoride con la lingua.

-Aaah!-

Insisto, ora gioco un po’ con la mano, la penetro con due dita. La sento contrarsi attorno alle dita, fa un piccolo scatto ogni volta che appoggio la lingua. Ora succhi il clitoride e do alle due dita un ritmo sostenuto ma poco profondo. Sento i muscoli delle gambe di Elena tendersi sempre di più.

-Non fermartiiii, sussurra.-

Non ci penso nemmeno, infatti eccola esplodere: le sue gambe sembrano pervase da vita propria. Sollevo lo sguardo appena in tempo per vedere la sua faccia stravolta dalla lussuria e Mattia che godendosi la scena si è appena scaricato su di lei.

In effetti se il prossimo viaggio di lavoro sarà da queste parti, non credo che ci manderò Monica.

 

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