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Tanta

By 3 Dicembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Annamaria si stava preparando per un appuntamento importante, a sei mesi dalla laurea tornava all’università.
Era rimasta stupita quando aveva ricevuto la telefonata del prof. Massa.
‘Signorina Gelsomini, potrebbe venire da me in facoltà, domani pomeriggio alle diciotto? Avei da farle un’importante proposta di lavoro.’
Conosceva bene il prof. Massa, visto che aveva sostenuto con lui due esami, ed era stato addirittura il relatore della sua tesi.
In quei sei mesi aveva riposto ad annunci, aveva sostenuto colloqui, aveva inviato per posta elettronica decine di curriculum, ma sembrava che nessuno volesse assumere un giovane ingegnere di sesso femminile, laureato con il massimo dei voti.
Il professore era titolare di un un’importante società di ingegneria e si era sempre comportato bene con lei, anche se all’università girava voce che si desse parecchio da fare con le studentesse carine.
Beh, con lei non era mai accaduto nulla del genere.
Forse non la considerava carina?
Poteva anche darsi, un tipo come Annamaria non era detto che piacesse a tutti.
Una volta, una sua amica aveva detto che lei era tanta: alta uno e settantacinque, caviglie sottili e poi, salendo, due gambe robuste ma ben modellate, con i polpacci pronunciati e le cosce carnose, fianchi larghi con un sedere ampio e rotondo, due seni grandi ma ben saldi, visto che aveva solo ventiquattro anni ed un viso largo, con la bocca grande e morbida, gli zigomi pronunciati, due occhi grandi e scuri, il tutto contornato da una gran massa di capelli ricci e nerissimi.
Se a Massa piaceva il tipo Barbie, magro e lezioso, sicuramente non la trovava carina.
Si truccò più del solito e mise un gonna un po’ più corta del solito, controllò un’ultima volta se gli occhi fossero truccati uguali ed uscì di casa.
Incontrò i soliti ragazzi del muretto. Stavano sempre lì, seduti sul muretto della scuola, con i loro motorini parcheggiati di fronte a loro. Che cavolo ce l’avevano a fare il motorino se non andavano mai da nessuna parte?
Se ne stavano sempre lì a ciondolare, senza far niente, ridendo come scemi.
Al massimo guardavano le ragazze che passavano e facevano qualche apprezzamento volgare, ad alta voce.
Ormai c’era abituata, e, doveva ammetterlo, non le dava neanche troppo fastidio.
Quel giorno, a causa della minigonna e dei tacchi alti, i loro sguardi furono molto più insistenti ed i commenti sulle sue curve generose, la rincorsero a lungo, mentre si allontanava sul marciapiede, facendo ondeggiare i fianchi.
A quell’ora la facoltà di Ingegneria era deserta, perché le lezioni erano terminate.
Annamaria salì il grande scalone di marmo e prese il corridoio di destra del primo piano.
Prof. Ing. Adriano Massa
Ricordava bene la targhetta d’ottone sulla porta di legno scuro.
Era stata diverse volte in quella stanza, quando stava preparando la tesi e, nonostante quello che le avevano detto alcune sue colleghe di studi, il professore non aveva mai tentato qualcosa di scorretto con lei.
Solo una volta, che l’università era chiusa, le aveva proposto di fare la revisione a studio da lui, Annamaria aveva rifiutato con una scusa (non si sa mai) e la cosa non si era più ripetuta.
‘Venga signorina Gelsomini, si accomodi.’
Era uno dei docenti più giovani di ingegneria il prof. Massa ed era anche un bell’uomo.
Fu molto gentile con lei e le fece una proposta ottima, che non si sarebbe certo aspettata, dopo tanti tentativi infruttuosi di ricerca di lavoro.
Massa era titolare di un importante studio di ingegneria e le aveva proposto una collaborazione a tempo indeterminato, con un ottimo stipendio, per di più.
Inoltre le propose di dargli una mano con i corsi universitari. Di fatto le stava chiedendo di farle da assistente, per ora volontaria, ma con buone prospettive di inserirsi, in un futuro breve, nell’ambiente della facoltà di ingegneria.
Cosa poter chiedere di più?
All’improvviso, dopo mesi di brutto tempo, nell’orizzonte di Annamaria, era comparso un sole caldo e splendente.
Naturalmente aveva accettato con gioia.
‘Annamaria, venga qui, per favore, ho una piccola sorpresa per lei.’
Per la prima volta l’aveva chiamata con il suo nome, la ragazza si alzò dalla sedia e fece il giro della grande scrivania di legno scuro del professore, curiosa di scoprire cosa lui volesse mostrarle.
La sorpresa del prof. Massa era in mezzo alle sue gambe e fuoriusciva dai suoi pantaloni sbottonati, in piena erezione.
Annamaria, passato il primo momento di profondo stupore, fece un balzo indietro e, con gli occhi sgranati, gli disse che avrebbe dovuto vergognarsi, che lei non era una donna disposta a fare certe cose per la carriera e uscì furiosa dalla stanza, sbattendo la porta.
No.
In realtà non fece affatto così.
Avrebbe dovuto farlo, forse, ma nel breve attimo in cui capì le intenzioni del prof. Massa, rifletté rapidamente sui pro ed i contro.
Se fosse stato uno dei tanti vecchi bavosi, che insegnavano ad ingegneria, sicuramente sarebbe scappata, ma Massa aveva una quarantina d’anni, non era affatto male, le aveva offerto un lavoro ottimo, il suo ragazzo era in Germania per uno stage, ecc ‘
Così era rimasta immobile, senza sapere bene cosa fare, mentre il professore avvicinava una mano al suo viso.
‘Annamaria, hai una bocca bellissima’, le disse mentre le passava l’indice della mano sulle labbra carnose, ‘le tue labbra mi fanno impazzire ‘ ti prego …’
Era chiarissimo cosa volesse da lei. Era la contropartita che si aspettava in cambio dell’offerta di impiego.
Gli piaceva la sua bocca. Anche a Roberto, il suo ragazzo, piaceva la sua bocca.
Beh, sarebbe stato un segreto tra lei ed il professore, una piccola cosa di cui vergognarsi un po’, ma tutto sommato, lo aveva fatto tante volte, sarebbe cambiata solo la persona.
Così Annamaria si avvicinò all’uomo seduto e, puntellandosi con le mani sulle sue cosce allargate, si abbassò e si inginocchiò.
La sua testa piena di ricci neri si chinò sui pantaloni aperti e calati del prof. Massa e le sue labbra grandi e carnose strinsero delicatamente alla base della cappella, il suo cazzo dritto e duro.
Lui ricambiò con un gemito molto eloquente e la ragazza cominciò a lavorarselo per bene.
Roberto le diceva spesso che lei era una pompinara nata, anche se all’inizio era parecchio imbranata ed aveva faticato non poco ad abituarsi a queste pratiche.
Si impegnò molto per soddisfare il professore, d’altra parte, visto che aveva accettato, tanto valeva farlo per bene.
Ogni tanto interrompeva ed alzava lo sguardo, lui sembrava in estasi e le diceva cose tipo ‘per favore, non ti fermare … ancora …’
All’inizio ci aveva giocato un po’ con la lingua, stuzzicandolo, poi aveva preso a massaggiargli la cappella, facendo su e giù con le sue labbra, infine aveva cominciato a succhiarlo.
Lo sentiva, stava per venire, ormai mancava poco.
‘Aspetta un attimo, prendi questo’, le disse mentre le passava un fazzolettino, ‘non mi posso assolutamente sporcare i pantaloni, perché ho una cena con alcuni docenti e non farei in tempo a tornare a casa e cambiarmi.’
Lei prese il fazzolettino e pensò che era giunto il momento.
Gli diede una bella leccata sulla punta, poi, dopo averlo serrato di nuovo tra le labbra, cominciò a muoversi in su ed in giù.
Lui venne subito, sparato, e cominciò a schizzarle sperma in bocca come fosse una fontana, mentre lei tamponava in basso con il fazzoletto di carta.
Quando sollevò il viso, il professore aveva un’espressione assente e beata e Annamaria mise il sugello finale alla sua performance.
Lo baciò.
L’uomo rimase un attimo stupito, poi si irrigidì perché dovette pensare alle conseguenze di un bacio in quel frangente, ma se una bella ragazza, dopo averti succhiato l’uccello per bene, ti vuole baciare, è difficile tirarsi indietro.
Che fai, professore, non ti piace il mio alito? Tranquillo, è tutta roba tua, ora te la faccio assaggiare.
Annamaria aveva ingoiato lo stretto necessario e si sentiva ancora la bocca piena dello sperma caldo dell’uomo e quando, dopo avergli quasi aperto le labbra a forza, cominciò ad esplorare con la lingua la bocca di lui, avvertì le sue difficoltà.
Lui aveva cercato di tirarsi un po’ indietro, ma la poltroncina della scrivania era già contro il muro e la ragazza lo aveva abbracciato, stringendolo forte.
Un bel po’ di sperma, misto a saliva, stava passando nella bocca dell’uomo, che non sembrava gradire affatto, ma lei non mollava e, piano piano, il professore cominciò ad abituarsi ed accettare quel trattamento, e, alla fine, si rilassò.
Bravo professore, cominci a capire, se vuoi farti fare pompini da me, devi accettare questo, non sono il tipo di donna che si fa riempire la bocca con la tua sborrazza e poi, buona buona, se ne va al cesso a sputare.
‘Grazie professore, ora devo proprio andare. Ci vediamo domani al suo studio.’
Lo lasciò inebetito, con la bocca semi aperta ed impiastrata ed uscì dalla stanza.
Passò in bagno, prima di uscire dall’università, e si sciacquò a lungo la faccia e la bocca.
Si sentiva strana, ma tutto sommato era soddisfatta di sé: avrebbe avuto un buon lavoro, forse anche la possibilità di intraprendere la carriera universitaria e poi, il prof. Massa non era niente male, poteva anche rappresentare un diversivo in attesa che Roberto finisse lo stage.
Decise di fare un pezzo di strada a piedi. In genere, di notte non lo faceva mai, ma questa volta aveva voglia di aria fresca e poi doveva riordinare i suoi pensieri.
A quell’ora, vista che avevano già chiuso i negozi, c’era poca gente in giro e, le sue scarpe con i tacchi alti, che Annamaria non era abituata a portare, facevano un discreto rumore, ritmando la sua andatura veloce.
Alla fine prese l’autobus, perché si stava facendo tardi.
Solo poche fermate, ma avrebbe anche evitato l’incontro serale con i ragazzi del muretto.
Infatti erano sempre lì, a ciondolare, chi appunto seduto sul muretto, chi a cavalcioni del suo scooter nuovo fiammante.
L’indomani avrebbe telefonato a Roberto per comunicargli la bella notizia del suo nuovo lavoro. Roberto, per telefono, le aveva fatto una mezza scenata di gelosia.
Naturalmente lei non gli aveva detto nulla del pompino, ma lui non si fidava del professore, data la fama che aveva all’università..
Litigarono a lungo al telefono, lei gli disse che era peggio di un talebano, che non aveva il minimo di fiducia e concluse urlandogli che sapeva benissimo badare a se stessa.
Per il primo giorno di lavoro scelse un abbigliamento comodo e sportivo, per non dare nell’occhio, anche se le sue forme comunque non sarebbero passate inosservate.
Lo studio era grande, arredato in maniera moderna, ed i suoi colleghi sembravano giovani e simpatici.
Tranne Lina.
La conosceva di vista, perché anche lei si era laureata in ingegneria, qualche mese prima di Annamaria.
Era assolutamente l’opposto: alta e magra, con il culo stretto e le gambe lunghe, snelle ed anche un po’ ossute. Tette grandi, sicuramente aiutate da una cospicua quantità di silicone e capelli biondi tinti.
Il trucco pesante, i vestiti rigorosamente firmati, e quel modo di camminare per il corridoio dello studio, le davano l’aria di quella che è convinta di essere l’unica donna sulla faccia della terra.
La Barbie perfetta insomma, finta, di plastica, che però fa parecchia scena, se non la si osserva troppo a fondo.
Lo sguardo che le aveva lanciato quando si erano incontrate, sembrava dire ‘gira alla larga dal prof. perché quello è il mio terreno di caccia’.
La prima settimana filò liscia, il lavoro era interessante ed anche abbastanza impegnativo.
Il prof. Massa si era mostrato sempre gentile ma un po’ freddo con lei, mentre i colleghi, una decina in tutto, l’avevano accolta bene.
Insomma un ambiente giovane e simpatico.
Tranne Lina.
Continuava a mostrarsi con lei fredda ed ostile.
Un pomeriggio, quando si era fatto tardi e quasi tutti erano andati via, andò da lui per portargli il risultato del calcolo di un impianto di condizionamento e, stranamente, trovò la porta chiusa.
Ne approfittò per andare al bagno e, quando si riaffacciò sul corridoio, scorse Lina che usciva proprio dalla stanza di Massa.
Era spettinata, aveva il trucco in disordine e si infilò dritta nel bagno, senza degnarla di uno sguardo.
Annamaria si immaginò la bionda Lina/Barbie, inginocchiata davanti al professore, intenta a spompinarlo.
Stronzetta, sei corsa al cesso a sciacquarti la bocca ed a risistemare il cerone, vero?
Stava lavorando molto in quei primi giorni e si tratteneva spesso fino all’ora di cena.
Notò che Lina, nonostante non avesse molto da fare, indugiava e cercava di uscire dallo studio sempre dopo di lei. Evidentemente non voleva lasciarla sola con Massa.
Una sera però, la sua bionda rivale non si sentiva bene e fu costretta ad abbandonare il posto di combattimento prima di lei.
L’occhiata che le lanciò, al momento di uscire, fu molto significativa.
Annamaria sentiva che il professore avrebbe approfittato della situazione.
Erano soli nello studio e, dopo una decina di minuti, riprese il discorso.
‘Annamaria, io devo un po’ scusarmi con te. Chissà cosa avrai pensato di me.
Ti assicuro che non sono quel tipo di persona e che quello che è successo l’altra volta all’università non ha avuto nulla a che fare con il tuo lavoro.’
Stava forse cercando di dirle, con un po’ di giri di parole, che se pure non gli avesse succhiato il cazzo, avrebbe comunque avuto il posto di lavoro?
‘Annamaria, l’altra volta, all’università, sono stato preso da un desiderio irrefrenabile, forse non avrei dovuto, ma sono sicuro che anche a te non è dispiaciuto.
Ci conosciamo ormai da diversi anni ed io, fin dalla prima volta che ti ho vista ‘ la tua bocca, le tue labbra …’
Mi sta facendo una dichiarazione, di quelle che si usavano tanti anni fa: fin dal primo momento che ti ho vista, il mio cuore, bla bla bla ‘
Il succo del discorso si potrebbe riassumere in un’unica frase: quando vedo la tua bocca mi si drizza l’uccello e muoio dalla voglia di farmi fare un pompino da te, l’altra volta non è stato affatto male, te la cavi molto meglio di Barbie e vorrei tanto che me ne facessi un altro, proprio ora.
Annamaria gli fece un gran sorriso ed immaginò l’effetto che poteva avere sul professore il dischiudersi delle sue labbra belle carnose.
‘Ecco, vedi, mi sta succedendo di nuovo. Parlo del desiderio irrefrenabile.
Scusami, sono proprio una bestia.
Non è bello chiedertelo di nuovo, ma io, quando vedo la tua bocca …’
Le stava carezzando le labbra, come l’altra volta e lei immaginò il suo cazzo che cresceva inesorabilmente dentro i pantaloni.
Lei gli aprì la lampo, come supponeva era già bello grosso e, come lo liberò dall’impiccio delle mutande, si drizzò completamente.
Annamaria spinse il professore a sedere su una poltrona che stava nell’angolo e si inginocchiò.
Come l’altra volta, la folta capigliatura della ragazza, nera e ricccioluta, si riversò sul suo ventre nudo.
I capelli gli facevano un piacevole solletico sulla pancia, poi se lo sentì prendere delicatamente, ma con fermezza, dalle labbra di lei, proprio alla base della cappella.
Annamaria procedeva con calma, cercando di fargli salire l’eccitazione gradualmente. Era decisa a sbaragliare completamente la concorrenza di Lina/Barbie.
L’avrebbe fatto morire, questa volta e poi alla fine ‘
Ogni tanto si fermava e lui protestava debolmente, ma Annamaria sapeva di avere il coltello dalla parte del manico: sarebbe venuto quando lo avrebbe deciso lei.
‘Aspetta un attimo, vorrei chiederti solo un piccolo favore. L’altra volta, beh ‘ alla fine ‘ ecco, se potresti evitare ”
‘Stai parlando del bacio, vero?
Non se ne parla nemmeno. è una cosa a cui non posso rinunciare.’
Si era alzata di colpo e se ne stava andando.
‘Ci vediamo domani mattina alle nove. Ciao.’
‘Nooooo! Non puoi farmi questo, ti prego, non puoi lasciarmi così.
Va bene, vada per ‘ il bacio.’
Annamaria tornò indietro e si inginocchiò nuovamente.
Di nuovo il contatto con i capelli di lei, si sentì rassicurato.
Lei riprese con maggior energia, l’aveva tirata abbastanza per le lunghe, il toro era ormai stanco ed il torero si preparava a tirare la stoccata finale.
Annamaria ebbe la netta impressione di sentire lo sperma che risaliva nel suo pene duro e teso e si preparò.
Le esplose letteralmente nella bocca e lei tenne duro finché non cessarono le contrazioni, poi ‘ lo baciò.
Questa volta lui la lasciò fare. Era completamente domato.
Si fece aprire la bocca dalla lingua di lei e sopportò stoicamente il travaso dello sperma.
Quando Annamaria si staccò dalla sua bocca, lui era letteralmente senza fiato.
Lei gli disse semplicemente ‘ci vediamo domani’, mentre gli porgeva un fazzolettino per pulirsi la faccia.
Con il passare dei giorni Lina appariva sempre più irritata con lei e, allo stesso tempo, sembrava triste ed abbattuta.
Andava via abbastanza presto nel pomeriggio, mentre Annamaria si tratteneva fino a tardi e, spesso, rimanevano soli lei ed il professore.
Ormai il prof. Adriano Massa non riusciva più a fare a meno di lei, e sopportava senza far storie il bacio finale.
Lina, la sua rivale Barbie, resistette un paio di mesi.
Sul piano professionale era stata messa da parte e manifestava di continuo forti sbalzi di umore che la facevano passare da periodi di depressione a veri e propri scatti d’ira.
Alla fine Massa le diede il benservito e lei, furente e scornata, lasciò lo studio senza salutare nessuno.
Salutò soltanto Annamaria, al momento di andarsene, le sibilò in un orecchio: ‘brutta troia, te la farò pagare.’
Ormai, tra lei ed il professore non c’erano più ostacoli, almeno credeva. Aveva intravisto la moglie del prof. Massa, solo un paio di volte.
Per certi versi sembrava la versione mora della sua ex rivale Lina/Barbie.
Alta e magra, sempre elegante ed in tiro, aveva sicuramente meno tette dell’altra, a causa di una probabile avversione alle protesi in silicone, in compenso era decisamente più grande di età.
Massa l’aveva sposata quando lui era molto giovane. Il promettente ingegnere, appena laureato con 110 e lode, si era accaparrato la più bella docente della facoltà di ingegneria.
I maligni sostenevano che la sua fulminea carriera, fosse dipesa più dall’influenza di sua moglie, che dalla sua effettiva preparazione.
Rossella, così si chiamava la moglie, era parecchio più grande di lui ed ora, che era prossima alla cinquantina, cominciava a mostrare le prime crepe.
Nonostante la cura maniacale che riservava alla sua persona, era sufficiente osservarle le mani per capirne l’effettiva età.
Anche sul collo cominciavano ad apparire le prime smagliature e, a seconda della luce che arrivava sul suo viso, delle volte il trucco non riusciva a nascondere le rughe.
Quel pomeriggio entrò nello studio, inaspettata e furiosa.
Adriano ed Annamaria stavano lavorando (per fortuna) nella stanza di lui.
Sollevarono la testa dalla scrivania quando sentirono sbattere la porta.
‘Mora e riccia, succhia il cazzo a tuo marito tutti i giorni.
Indovina chi è?’
Era spettinata ed il trucco, stranamente, non era impeccabile come al solito.
Teneva in mano un foglio di carta da cui evidentemente aveva letto quelle parole.
‘Adesso mi siedo qui ed aspetto. Voglio proprio vedere come te la cavi’, disse rivolta ad Annamaria, poi aggiunse ‘fate come se io non ci fossi.’
Il prof. Ing. Adriano Massa, in genere brillante a dalla parola pronta, era rimasto come inebetito, incapace di articolare suoni, fu allora Annamaria a prendere in mano la situazione.
‘Signora ma cosa dice mai, è impazzita? Come si permette, che schifo le passa mai per la testa.’
Proprio mentre rispondeva alla moglie del prof., le vennero in mente le ultime parole minacciose che le aveva rivolto Lina.
Una stupida e meschina vendetta: nel momento in cui era stata scaricata, aveva scritto una lettera anonima alla moglie. Sì, certo, sicuramente, nello studio, altre persone potevano sospettare qualcosa, ma l’unica ad aver motivo di fare una cosa simile, era proprio la sua nemica Barbie.
‘Credo di sapere chi può aver scritto quella spazzatura’, disse indicando il foglio tra le dita della donna, secche e tremanti per la rabbia, ‘è una persona che è stata licenziata di recente ed ha voluto vendicarsi di suo marito, con delle accuse totalmente false.’
L’uomo sembrava aver ripreso il suo colorito normale e accennò a parlare, ma lei lo precedette.
‘Con te farò i conti questa sera a casa, in quanto a te’, disse rivolgendosi ad Annamaria, ‘farò in modo che ti ricordi bene di me, puttanella da quattro soldi.’
Appallottolò con rabbia il foglio di carta e lo lanciò in terra.
Solo la porta, sbattuta violentemente, scosse i due, rimasti fissi, a guardare la pallina di carta sul pavimento.
Quel giorno, nonostante fossero rimasti soli a studio per buona parte del pomeriggio, non fecero nulla, anzi, neanche accennarono alla scenata della moglie di lui.
Quando Annamaria andò via per tornare a casa, pensò: povero Adriano, l’aspetta una serataccia niente male. Io invece me ne andrò a letto presto, perché sono stanca ed un po’ scossa.
Approfitterò del fatto che Roberto è andato qualche giorno al paese a far visita ai suoi genitori.
Come la sera del fatidico incontro con il prof. All’università, decise di fare un po’ di strada a piedi.
A quell’ora l’autobus non era frequente e, quando se lo vide sfilare davanti senza fermarsi, decise che avrebbe continuato a piedi, piuttosto che aspettare venti minuti buoni, da sola, alla fermata.
I ragazzi del muretto erano ancora lì.
‘Vieni qui, bella gnoccona!’
Che palle! Adesso ricominciano. Ragazzi, oggi non è stata una bella giornata, non è proprio aria.
Il piccolo branco sembrava più numeroso e, in mezzo a loro c’era anche un ragazzo più grande, a giudicare dalla vecchia utilitaria, accessoriata con strisce colorate e cerchi in lega, parcheggiata di traverso, in mezzo alla strada.
Si sentì palpare dietro e si voltò di scatto.
L’autore della tastata era un tipo mingherlino, biondino, che la fissava con aria spavalda.
Annamaria ebbe paura e allungò il passo, cercando di passare in mezzo al gruppo dei ragazzi, che sembravano improvvisamente aver perso quell’aria apatica che li contraddistingueva.
Accelerò ancora, quasi mettendosi a correre e sbirciò alle sue spalle. Il biondino la stava seguendo da vicino.
Traversò velocemente la strada, pensando più al tipo dietro di lei che alle macchine e quasi finì contro una grossa berlina nera che aveva svoltato a destra.
Prima ancora che riuscisse a rendersi conto di cosa stesse accadendo, era stata trascinata nella macchina, che era ripartita sgommando.
Erano in due, uno davanti al volante e l’altro, quello che l’aveva trascinata dentro, era seduto dietro e la teneva stretta.
‘Guai a te se fiati!’
E chi ha il coraggio di parlare. Era stanca e scossa per quanto accaduto a studio, ed ora era anche spaventata a morte.
Lo corsa in auto durò una decina di minuti. La stavano portando in periferia, in una zona di vecchie fabbriche, in gran parte abbandonate.
La macchina si fermò in una spiazzo di cemento tra un magazzino chiuso probabilmente da anni, a giudicare dalla ruggine del cancello, ed un capannone con il tetto in parte crollato.
‘Scendi, ora puoi gridare quanto ti pare, tanto qui non ti sentirà nessuno.’
Erano alti e grossi ed indossavano entrambi un passamontagna nero.
Quello che l’aveva costretta a salire le legò i polsi dietro la schiena mentre il guidatore si piazzò di fronte a lei.
‘Ci hanno detto che sei molto brava a fare certi lavoretti e vogliamo controllare se è vero.’
Intanto si stava sbottonando i pantaloni, mentre l’altro, da dietro, la costrinse a piegarsi in avanti.
Ad Annamaria tornò il fiato ed il coraggio tutto insieme e si mise ad urlare, dicendogli che non avrebbe mai fatto una cosa del genere, neanche se l’ammazzavano.
I due non sembrarono impressionati dalla sua reazione e quello che stava dietro di lei raccolse da terra una bottiglia di birra vuota.
‘Se non ti metti subito a succhiare l’uccello del mio amico, io prendo questa bottiglia, la rompo e poi te la ficco su per il culo. Mi sono spiegato?’
Era stato convincente e lei si piegò in avanti.
L’uomo, quando vide la massa dei capelli neri di Annamaria abbassarsi su di lui, emise un grugnito di soddisfazione e si bilanciò bene sulle gambe.
Lei cominciò a succhiarlo ma sentiva che non stava andando bene. Forse era troppo tesa e spaventata.
‘No, no, ma che è ‘sta roba? E tu saresti la regina del pompino?
Gianni, dagli un po’ una scossa.’
Annamaria udì il rumore di cocci, tipico di una bottiglia che si rompe, e le si gelò il sangue. Quando poi si sentì sollevare la gonna di dietro, fu presa dal terrore.
Doveva farlo bene, accidenti, altrimenti ‘
Sei in un bruttissimo guaio, ora fai finta che sia il cazzo di Roberto o quello del professore.
‘Ah, ecco, ora va molto meglio. Forse la ragazza si doveva solo un po’ sciogliere.
Niente bottiglia Gianni, almeno per ora.’
‘Ma tu che dici, mentre finisce con te, potrei approfittare? O no?’
‘Senti, Gianni, ha detto che dovevano farci fare un pompino, anzi, due era pure meglio, ma non ha parlato del resto, male non le farà di certo.’
Il tizio dietro, quello che doveva chiamarsi Gianni, dopo averle abbassato le calze fino alle ginocchia, le tagliò le mutandine in mezzo alle cosce e le fece allargare le gambe.
‘Tranquilla bella mora, niente bottiglia, ho per te qualcosa di molto meglio.’
Quando, dopo averle allargato le chiappe con le mani, glie lo infilò dentro, Annamaria sentì una fitta dolorosa, ma non poté gridare, visto che la sua bocca era occupata in altre faccende.
Si aggrappò con le mani ai fianchi larghi della donna e spinse forte una, due, tre volte.
Annamaria perse il ritmo per qualche secondo e subito l’altro protestò ad alta voce.
Faceva un male cane, si sentiva come se dietro la stessero spaccando in due, aveva le lacrime agli occhi ma non poteva farci nulla. Era nelle loro mani ed il solo pensiero di quello che sarebbe successo se avesse sostituito il suo cazzo con la bottiglia rotta, era sufficiente a farle accettare la situazione.
Ecco, ora, dopo essere entrato fino in fondo, aveva cominciato a muoversi. Aveva sperato che, dopo i primi secondi, il dolore calasse, ma non stava andando affatto così.
Maledetto, me lo ha ficcato dentro di colpo, senza un minimo di lubrificante, o almeno mettendoci un po’ di attenzione, per dar modo ai miei tessuti di allargarsi gradualmente.
Intanto sentiva che l’altro stava per venire.
Alla fine, questo non si sarebbe certo fatto baciare.
Capì che era arrivato il momento quando l’uomo le posò rudemente la mano sulla nuca, per impedirle di sollevarsi.
Sentì lo sperma che le riempiva la bocca e in parte finiva in gola, quasi soffocandola, mentre l’altro, dietro, raddoppiava gli sforzi per sfondarle il culo.
‘Ingoia tutto, bella, guai a te se sputi, capito?’
Ubbidì, mentre l’altro, con una serie di spinte più forti delle altre, scaricò il suo sperma nell’ano di Annamaria, dilatato e dolorante.
Si scambiarono di posto.
L’odore orribile che aveva l’arnese che ora lei stava succhiando, le ricordò dove era stato conficcato fino a cinque minuti prima.
Ora dietro faceva un po’ meno male, anche se l’altro sembrava più dotato.
‘Sei pronta? Adesso faccio sul serio.’
Si fermò un attimo e poi spinse forte. Annamaria sentì uno strappo doloroso al punto che gridò, mollando per un attimo la presa con la bocca, ma poi si ricordò della bottiglia e lo afferrò di nuovo, serrandolo bene con le labbra.
Quello dietro finì di colpo spingendo ancora più a fondo, al punto che lei sentì i testicoli premerle contro.
Quando lo sfilò, Annamaria ebbe l’impressione che il suo buco fosse rimasto spalancato e che non si sarebbe più richiuso.
Poi fu la volta dell’altro. Inghiottì tutto, paziente e sottomessa, anche se questa volta non le avevano dato ordini.
La fecero rialzare. Si sentiva la schiena anchilosata, perché era stata troppo tempo piegata a novanta gradi.
‘Niente male la ragazza. Adesso ti facciamo qualche foto, in modo da avere le prove che abbiamo fatto il nostro lavoro, e ti mandiamo a dormire.’
Scattarono diverse foto al suo viso imbrattato di sperma, poi la fecero piegare nuovamente e, con la gonna sollevata, le fotografarono il didietro, tenendole le natiche allargate.
‘Aspetta un po’, guarda che belle tettone che ha, mi è venuta un’idea.’
Dopo averle sbottonato la giacca, le aprirono la camicetta.
Tirarono forte i due lembi di stoffa ed i bottoni saltarono via, mettendo in mostra due seni grandi e sodi.
‘Guarda che ben di Dio, non si può lasciarla andare senza fare un giro in mezzo a tutta questa bella roba.’
Le slacciarono il reggiseno e lo fecero salire.
Annamaria era rimasta in ginocchio, con la camicetta aperta e le tette di fuori.
L’aria della notte era fredda ed i capezzoli si ergevano dritti e duri, in mezzo alle ciocche di capelli scuri.
Uno dei due lo tirò fuori di nuovo e se lo massaggiò, per farlo rizzare, poi lo piazzò in mezzo ai seni della ragazza e li strinse con le mani, uno contro l’altro.
Lei vedeva il suo cazzo gonfio ed arrossato che faceva su e giù, in mezzo alle sue tette, con la punta minacciosamente protesa verso il suo viso.
Le scaricò tutto in faccia, poi lasciò il posto all’altro.
Anche il secondo le schizzò la faccia ed i capelli e così decisero di farle qualche altra foto, perché lo sperma le donava, dissero proprio così.
La scaricarono a notte fonda, davanti al portone di casa. Annamaria rientrò a casa senza incontrare nessuno, per fortuna.
Si mise subito sotto la doccia e cercò di lavar via lo schifo che aveva addosso.
Il giorno dopo non andò a lavorare, un po’ perché stava troppo male per uscire, ma soprattutto perché doveva raccogliere le idee.
Aveva dolori e perdite di sangue, ma la sua mente, stava elaborando quanto accaduto e, soprattutto, cosa avrebbe fatto.
Era convinta che i due tizi non avevano agito a caso, ma si era trattato di un lavoro su commissione.
Lo aveva sospettato da subito e poi ne aveva avuta conferma dai discorsi che le avevano fatto i due aggressori.
Sospetti?
Certezze piuttosto. La sua rivale Barbie e la moglie del prof.
Una delle due era stata sicuramente.
Tu fai pompini a mio marito, oppure al mio ormai ex amante e datore di lavoro? Ebbene io ti faccio passare la voglia.
Decise di non dire nulla a Roberto, visto che era già così geloso, perché, se avesse saputo cosa era successo, si sarebbe convinto anche lui della sua colpevolezza.
Ma non avrebbe detto nulla neanche al professore. Voleva preparare la sua vendetta senza confidarsi con nessuno.
Su quale delle due si sarebbe vendicata?
Sarebbe stato difficile scoprire la mandante del suo stupro, così, per non sbagliare, le avrebbe punite entrambe. Una sicuramente avrebbe capito perché le era capitata una certa cosa, l’altra no, ma poco male.
Erano due stronze ed una bella lezione non le avrebbe fatto male.
‘Ciao Luigi, Sono Annamaria, come va?’
‘Uh, Annamaria? è un mucchio di tempo che non ci si sente, mi fa veramente piacere.’
Luigi era un suo vecchio amico, di qualche anno più grande. Lei quando era una ragazzina brufolosa, era innamorata pazza di lui, poi le loro strade si erano divise.
Luigi veniva da una famiglia scombinata e non aveva voglia di studiare, frequentava gente poco raccomandabile e così era entrato nel giro dei furti d’auto.
Viveva bene, era sempre pieno di soldi e se la spassava, quando non finiva in galera.
Annamaria sapeva benissimo che a lui poteva chiedere qualsiasi cosa e non avrebbe mai fatto troppe domande.
Era rimasto stupito della richiesta che le aveva fatto la sua amica, ma le aveva risposto che era possibile farlo e che non avrebbe dovuto pagare nulla, perché c’era diversa gente che gli doveva dei favori.
Era trascorsa una settimana dal loro primo incontro al bar, in cui Annamaria gli aveva fornito tutte le indicazioni.
‘Ecco qua, Annamaria, è stato fatto tutto esattamente come mi hai detto. Qui ci sono i DVD’, disse spingendo verso di lei una busta arancione.
‘Ti posso assicurare che è stato un piacere, perché, non ho saputo resistere e mi sono aggregato anch’io al gruppo. Quella vecchiotta, in particolare, ha un bel temperamento.
Come ci hai detto, le abbiamo prelevate la mattina, ci siamo divertiti con loro per tutta la giornata, e poi le abbiamo rispedite a casa, lavate e stirate.’
Tornò a casa di corsa, era troppo ansiosa di vedere i filmati.
Si era presa una mezza giornata di permesso perché voleva godersi per bene la sua vendetta, seduta sul divano, davanti al grande schermo al plasma.
Prese il primo disco, sopra c’era scritto ‘giovane bionda’.
Il filmato era stato girato in un’officina abbandonata.
Lina aveva un’aria terrorizzata.
Era circondata da sei uomini vestiti con delle tute blu ed il volto coperto da un passamontagna.
L’audio non era buono, ma le immagini erano chiarissime e nitide.
Uno degli uomini si avvicina a Lina, con un grosso coltello in mano e le ordina di spogliarsi.
Lei inizia a piangere a gridare, allora quello le dice che avrebbe cominciato a farle a fette i vestiti con il coltello, ma con lei dentro.
Lina non è una stupida, smette subito di frignare e comincia a spogliarsi.
Mano mano che si toglie gli indumenti, li passa a quello con il coltello che li porge ad un altro.
Alla fine i suoi vestiti finiscono su una sedia, messi in ordine e piegati, mentre la ragazza è rimasta in piedi, in mezzo a loro, scalza, in mutandine e reggiseno.
L’uomo le indica quello che ancora indossa e lei finisce di spogliarsi.
Sicuramente ha capito cosa l’aspetta e, forse, anche il perché.
La videocamera zooma su Lina.
Nuda è meno bella. Le tette sono troppo grandi per quel corpo magro e poi ha i fianchi troppo stretti.
L’inquadratura indugia sulle le gambe: sono pure storte.
Lì si è depilata di recente, ma i peli che stanno ricrescendo in fretta, nerissimi e folti, la tradiscono: bionda finta.
Gli uomini si sono messi in semicerchio, di fronte a lei, con i pantaloni abbassati, mentre uno cerca di spiegarle cosa dovrà fare, anche se lei sembra aver capito benissimo, infatti piange e fa segno di no con la testa.
Il primo schiaffo la coglie di sorpresa, poi ne arriva un secondo e poi un terzo.
La sta colpendo in faccia, un dritto ed un rovescio, non così forte da lasciarle segni, ma abbastanza da farle male.
Quando lui smette, Lina si china prontamente sul primo della fila ed inizia a succhiargli il cazzo vigorosamente.
Il filmato ogni tanto stacca, altrimenti sarebbe troppo lungo.
L’uomo le prende il viso, premendole le mani sulle guance e le viene in bocca.
Quando le toglie, Lina si scosta e sputa in terra.
è raggiunta di nuovo da una raffica di schiaffoni e si china prontamente a terra, cercando di raccogliere con la lingua, quello che ha appena sputato.
I pompini successivi filano lisci, la ragazza sembra tranquilla e remissiva, ma torna ad agitarsi quando la fanno sdraiare a pancia in giù su un tavolo e la costringono ad allargare le cosce.
Ora l’audio è migliore.
‘No per favore …’
‘Tranquilla, ti sfondiamo solo un pochino quel bel culetto, vedrai che non ti faremo troppo male.’
Il primo che si avvicina a lei, da dietro, è proprio il suo amico, lo ha riconosciuto dal fisico, alto e massiccio.
Però, ha un bell’uccello.
Quando era innamorata di lui era solo una ragazzina di undici anni, non avrebbe certo potuto apprezzare certe cose, ormai siamo solo amici, però ‘
Lina grida quando lui comincia a spingerlo dentro e devono tenerla ferma contro il tavolo, perché si dimena furiosamente.
Nuovo salto nel filmato, la ragazza non si muove più e Luigi pompa vigorosamente in mezzo alle sue chiappe.
Ancora un salto, sta venendo nel suo culo e lei ha ripreso a gridare.
Quando lo tira fuori, la camera zooma sul suo ano dilatato da cui fuoriesce sangue misto a sperma.
Si susseguono tutti gli altri.
L’inculata di gruppo finisce con un lungo primo piano della parte interessata.
Lina avrebbe ricordato a lungo quest’esperienza.
Continua ad uscirle sangue insieme a fiotti di sperma e, quando la fanno scendere dal tavolo, le si piegano per un attimo le gambe.
Chiede di andare in bagno e attraversa a fatica lo stanzone, camminando a gambe larghe, sempre seguita dalla telecamera.
Nuovo stacco. Lina sempre sdraiata sul tavolo, a pancia in su.
Anche questa volta è Luigi ad aprire le danze.
Tiene in mano un vibratore a batteria e comincia a stuzzicarla.
Lei grida, si dimena, ma si vede benissimo che sta cominciando a godere, suo malgrado.
La camera si sposta per inquadrare più da vicino.
Il vibratore sta andando in profondità, ora la sua fica è aperta e bagnata e Lina respira affannosamente.
Luigi la allarga bene con le dita e le scopre il clitoride.
è piccolo ma duro e arrossato. Quando la punta del vibratore inizia a toccarlo, lei geme disperatamente.
Ora, nonostante sia tenuta saldamente da un paio di loro, si muove affannata, e le sue tette, che sembrano quasi due bocce, per quanto sono dure e tonde, oscillano vistosamente.
Stacco. Lei raggiunge l’orgasmo, si vede nettamente la sua fica che spruzza i suoi umori.
A questo punto Luigi la penetra.
Lei sembra ormai una specie di automa, che segue ed asseconda il movimento dell’uomo, senza più reagire.
Quando lui si toglie, la sua fica, completamente dilatata ed arrossata, è piena di sperma.
Il suo amico passa il testimone, pardon, il vibratore ad un altro, che ricomincia.
Le tiene il clitoride bello steso, strizzandolo tra indice e medio, poi inizia a passarci sopra il vibratore.
Lina ha un’ultima reazione e si dibatte per qualche secondo, poi si arrende e rimane immobile in attesa dell’inevitabile orgasmo.
Lui insiste con il vibratore e la fa venire due volte di seguito, poi si decide anche lui a penetrarla.
Gli altri quattro proseguono alla stesa maniera, fiaccandone le ultime residue forze.
Quando decidono che può bastare, Lina è stremata e semi svenuta, al punto che la devono portare via di peso.
Stacco. Devono averla portata in bagno e lavata per bene.
Ora sulla sua pelle non ci sono più tracce delle ripetute violenze subite.
Il suo corpo ed il suo viso sono stati completamente ripuliti.
Ha un’aria pallida e sbattuta, anche perché nel ripulirle la faccia, è stato asportato completamente il pesante trucco che lei usa farsi.
Ora ha un’aria stanca, dimessa e sembra invecchiata di colpo di dieci anni.
Prima di rivestirla, Luigi prende il vibratore e lo passa un’ultima volta sul suo sesso ancora dilatato.
Lina gli molla uno sguardo implorante, emette un gemito disperato e infine piega le gambe appoggiandosi con le mani alle spalle dell’uomo.
Il filmato termina con la vestizione della sventurata Barbie. Devono aiutarla perché non è in grado di rivestirsi da sé.
Ultima scena con Luigi che fa ciao ciao verso la camera e dice.
‘Domani facciamo il secondo filmato.’
Un bel lavoretto, pensò Annamaria mentre cambiava DVD nel lettore.
Sul secondo disco, con il pennarello, c’era scritto ‘mora un po’ stagionata’.
Stessa location, ma interprete diversa.
La moglie del professore, anche se in un situazione difficile, in presenza di sei uomini male intenzionati, mantiene quell’aria altera che l’ha sempre contraddistinta.
Davanti alla richiesta di spogliarsi davanti a tutti, ha una reazione violenta e veemente.
Non è certo una donna accondiscendente e non ha nessuna intenzione di sottostare alle loro pretese.
Questa volta è Luigi ad intervenire.
Trascina la donna in un angolo, dove c’è l’attrezzatura per saldare.
‘Mia bella signora, lei sicuramente non sa che temperatura raggiunge il cannello con l’acetilene e che effetto potrebbe fare sulle sue splendide gambe.
Prende l’attrezzo spento e lo inizia a strofinare sulle sue lunghe gambe, appena coperte da una minigonna vertiginosa.
Rossella cerca di rimanere impassibile, ma quando il tubo di metallo si insinua sotto la gonna e prende a toccarle le cosce, risalendo verso l’inguine, lei si arrende e si decide a togliersi i vestiti.
Per Annamaria è una sorpresa. La non più giovanissima consorte del suo prof., sotto i vestiti, indossa un ridottissimo tanga e delle autoreggenti molto sexy.
Sopra, per cercare di mettere in mostra il suo seno un po’ scarso, porta un reggiseno pushup imbottito.
Esita a spogliarsi completamente, me è sufficiente uno sguardo alle bombole ed all’attrezzatura per saldare, per vincere ogni sua restante resistenza.
Le sue tette piccole e mosce, non più sorrette dal reggiseno, non appena liberate, si afflosciano sul suo petto, mostrando pure qualche grinza, ma sotto è tutt’altro spettacolo.
Due gambe perfette, senza una smagliatura ed un gran bel culo.
Quando gli uomini si calano i pantaloni e le dicono cosa dovrà fare, lei non fa una piega, come se se lo aspettasse.
Chissà, forse è stata proprio lei ed ha capito che ora dovrà subire la vendetta, occhio per occhio e pompino per pompino.
Sembra prendere la faccenda molto sul serio e la camera indugia spesso su primi piani del suo viso magro, con le guance gonfiate da ciò che le sta riempiendo la bocca.
Le dicono che dovrà ingoiare tutto e lei esegue tranquillamente, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Ha un momento di agitazione solo quando la sistemano sul tavolo.
Ha capito sicuramente cosa le stanno per fare.
Quando Luigi la incula, inaspettatamente emette un grido acutissimo e cerca di liberarsi dalla presa degli altri due che la tengono bloccata al tavolo, premendole le spalle.
Sembra una belva selvaggia, una specie di pantera.
Grida, digrigna i denti, ma non può far nulla per impedire la violazione del suo ano.
L’uomo esegue con studiata lentezza, mentre lei continua a dibattersi.
Si calma solo quando Luigi l’ha penetrata completamente e si rende conto che non può far più nulla. L’inquadratura si sposta sul suo viso, una smorfia che è un misto di sofferenza e di piacere, almeno Annamaria ha quest’impressione.
L’inquadratura torna dietro. Luigi ha finito. Il culo della donna, dopo questo trattamento, sembra ancora più bello e più rotondo e l’orifizio, allargato ed irritato, da l’idea di quanto le è appena accaduto.
Gli altri cinque si alternano, uno dopo l’altro, nel suo culo, mentre Annamaria cerca di capire, dalle espressioni della donna, cosa stia realmente provando.
Quando anche l’ultimo ha scaricato il suo sperma dentro di lei, la donna scende da sola dal tavolo. è malferma sulle gambe ma rifiuta sdegnosamente l’aiuto di quegli uomini che hanno appena abusato di lei.
La camera si sofferma sulle sue lunghe cosce striate di sperma e sangue, per terminare sull’ano terribilmente allargato.
Cambio inquadratura.
è sdraiata a pancia in su, tenuta a forza con le gambe allargate.
Quando vede avvicinarsi il vibratore ha uno strano bagliore negli occhi.
Luigi comincia a maneggiarlo, prima appena toccandola, poi andando più a fondo.
Lui sembra non avere alcuna fretta, come se avesse capito che più la tirerà per le lunghe e più la faccenda si farà interessante.
Ha una fica grande, con le labbra un po’ scure, circondata da una folta pelliccia nera e riccia, già bella bagnata.
Bastano un paio di passate di vibratore per farla aprire completamente.
Un primo piano evidenzia un clitoride molto grande, già in piena erezione, ma Luigi sembra ignorarlo.
Ci arriva vicino e lei sussulta ogni volta che la punta del vibratore sembra diretta proprio lì, ma poi cambia direzione.
Respira a bocca aperta ed i suoi piccoli seni, completamente spalmati sulle costole, si muovono appena, seguendo il ritmo del suo diaframma.
Quando infine si decide a piazzarle il vibratore sul clitoride lei emette un grido di gioia incontenibile, poi inizia a supplicarlo.
‘Scopami, mettimelo dentro, non resisto più!’
Luigi non sembra neanche sentire le sue parole e continua a stuzzicarla con quell’arnese finché lei non viene, gridando, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata.
Ma lui continua con il vibratore, mentre lei riprende a supplicarlo di scoparla.
‘Ogni cosa a suo tempo, mia cara signora, siamo solo all’inizio.’
Le fa raggiungere l’orgasmo altre due volte, prima di accontentarla.
Le lasciano libere le braccia e lei si avvinghia a Luigi, piantandogli le unghie nelle spalle, mentre lui riempie di sperma il suo sesso.
Quando passa il vibratore a chi lo segue, si raccomanda di lavorarla per bene.
Qui il montaggio delle scene si fa rapido e convulso. Ognuno di loro la fa arrivare all’orgasmo diverse volte, prima di scoparla e, quando anche l’ultimo ha finito, lei prova di nuovo a scendere da sola dal tavolo, ma è troppo provata, al punto che Luigi è costretto a prenderla in braccio.
Stacco. Anche Rossella, come l’altra, è stata lavata e ripulita.
Ha perso lo smalto che aveva quando è entrata nell’officina, ora ha l’aria di una donna vecchia e stanca, con delle occhiaie profondissime ed il viso pieno di rughe.
Prima di farla rivestire, Luigi le avvicina ancora il vibratore e lei apre la bocca e geme di piacere, poi la lascia avvicinare alla sedia dove sono stati deposti i suoi abiti.
Il filmato finisce, con una dissolvenza in nero, con Rossella che, dopo essersi faticosamente rivestita, viene accompagnata fuori.
Annamaria spense il televisore, soddisfatta.
Aveva avuto la sua vendetta.

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