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Racconti Erotici Etero

Trasferta di lavoro

By 10 Luglio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Ero incavolato nero. Per l’ennesima volta mandavano me per togliere le castagne dal fuoco a un capetto che, come spesso accadeva, non era all’altezza per certi lavori. Questa volta però oltre al danno la beffa. Il mio capo aveva deciso di affiancarmi una giovane neolaureata alle prime armi che a detta sua era:
“Brava, seria e preparata.”

Il pensiero di stare una settimana lontano da casa a farmi un mazzo tanto per l’avviamento di quell’impianto, senza un valido aiuto e anzi con una palla al piede come quella ragazza, mi faceva montare il sangue alla testa. Ma non avevo scelta.
Passai a prenderla a casa sua al mattino molto presto: dovevamo fare un viaggio di quasi quattrocento chilometri e volevo evitare traffico e code.
Durante le ore che passammo in viaggio iniziai a spiegarle che cosa c’ era da fare, come doveva essere fatto e che tempi avevo in mente per terminare le operazioni. Lei era eccitatissima per il fatto che per la prima volta faceva una attività di quel tipo:
“Ho studiato cinque anni per questo e ora finalmente posso mettermi alla prova.” disse e poi soggiunse:
“E poi ho la fortuna di fare quest’esperienza con te che so essere il migliore in azienda.”
Le detti un’occhiata e sorrisi tra me e me pensando che mi stava sviolinando per ingraziarsi le mie attenzioni.
“No, non sono il migliore ma un po’ di esperienza, è vero, ce l’ho.”

Arrivammo al cantiere a metà mattina e cercai di perdere meno tempo possibile prima di cominciare il lavoro vero e proprio. Scarpe antinfortunistiche, elmetto, disegni attrezzi e via, all’opera.
La giornata fu lunga e faticosa e la ragazza si impegnò al massimo e a sera era stravolta, tutta sudata e impolverata come non so cosa ma euforica e felice.
“Ho imparato un sacco di cose con te oggi, grazie.” mi disse mentre si toglieva le scarpe antinfortunistiche per rimettersi quella da ginnastica per andare in albergo. La guardavo e pensavo che non era certo quel che si dice una bella figa ma in fondo era simpatica.
Andammo all’hotel dove avevamo le camere prenotate.
“Allora doccia, e poi cena qui in hotel, d’accordo?” le dissi con un tono quasi di comando.
“Agli ordini!” rispose lei facendo il saluto militare.
Prese la valigia e salì le scale, aveva la camera al primo piano, e mentre la guardavo salire pensai:
“Però, ha un bel culetto, la ragazza.”

Come immaginavo quando scesi per la cena lei non era ancora arrivata.
Presi un tavolo in un angolo della sala e dissi al cameriere che avrei aspettato la collega prima di ordinare. Il cameriere mi chiese allora se desiderassi da bere e quello sì lo ordinai.
Aspettai per più di un quarto d’ora e stavo anche arrabbiandomi quando la mia attenzione fu catturata da una gnocca mega che fece il suo ingresso nel ristorante: alta, formosa, avvolta in un mini abito nero abbondantemente scollato, due gambe da modella, scarpe nere col tacco più che alto, i capelli raccolti a coda di cavallo, labbra rosso fuoco.
“Però che manza'” pensai tra me e me.
La “manza” puntò dritta verso il mio tavolo con un sorriso a trentadue denti.
“Scusa il ritardo ma sai come siamo noi donne'” disse sedendo davanti a me.
La guardai esterrefatto, non potevo crederci: era la mia collega.
“Ma sei proprio tu o una controfigura?” le chiesi.
Lei si mise a ridere:
“Sì che sono io , stupido. Non dirmi che mi hai confuso con qualcun’ altra.”
“No, è che così vestita e truccata non ti avevo riconosciuta. ” ed era vero. Il brutto anatroccolo era diventato un magnifico cigno. Mi venne spontaneo di accomodarmi meglio sulla sedia drizzando le spalle e prendendo una posa professionale.
“La crisalide è uscita dal bozzolo ed è arriva la farfalla. Stai molto bene così.” dissi.
“Grazie, sei molto gentile. Ordiniamo? Ho una fame.” fu la sua risposta.
La farfalla si spazzolò un piattone di penne all’arrabbiata, una bistecca con patate fritte e un paio di bei bicchieri di vino.
Chiacchierando venni a sapere che fino a un anno prima praticava sport quasi a livello agonistico, pallavolo per la precisione, e che le piaceva la buona tavola. Capii il perché delle sua splendida forma.
“Se non facessi un po’ di ginnastica sarei una botte. Così invece sono una botticella.” e rise.
“Una gran bella botticella, però.” dissi e proposi un brindisi:
“Alla collega più sexy che abbia mai avuto.”
Rise e alzato il calice colpì con esso il mio e scolò in un sorso il vino che ancora conteneva.
Restammo a tavola a ridere e a scherzare sino alle dieci passate. Fui io a dire che era ora di andare a nanna:
“Domani dobbiamo alzarci presto.”
Salimmo le scale assieme e la accompagnai si davanti alla porta della sua camera.
“Buona notte, allora.” le dissi.
“Buona notte anche a te.” disse e mi schioccò un bacio sulla guancia.

Andai in camera col chiaro intento di tirarmi una sega da tanto la mia collega mi aveva fatto eccitare tutta la serata, con quelle sue gambe accavallate, con la scollatura del vestito che lasciava immaginare che razza di seni a malapena coprisse e poi quel profumo così sottile, fresco eppure cosi perisitente.
Mi denudai e mi sdraiai sul letto col birillo in mano e la mia collega nella testa quando sentii bussare alla porta. Mi infilai i calzoni dal pigiama alla svelta e andai ad aprire un po’ contrariato: chi mai poteva rompere le palle a quell’ora?
Aprii la porta di scatto e mi trovai davanti la collega con tanto di valigia al seguito.
“No, da sola non ci resto in una camera d’albergo: ho paura, io.” e senza attendere la mia risposta entrò in camera trascinandosi dietro,la valigia.
Come un automa richiusi la porta e la osservai mentre metteva la sua valigia sul tavolino della camera e la apriva.
“Scusa ma da sola non ci sto. Metti che mi entri in camera un maniaco, che faccio da sola?”
“E quindi?” domandai e fu tutto quello che riuscii a dire.
“E quindi ho detto al portiere che mi spostavo in camera con te.”
“Ah. ” esclamai.” E se io non fossi d’accordo?”
Mi si avvicinò e mi accarezzò il volto:
“Non ci credo, tu sei così comprensivo. Lasceresti una giovane ragazza da sola esposta al pericolo?”
“Non c’è nessun pericolo.” ribattei
“Ok, ma io da sola ho paura, dormo con te.”
“Guarda che io russo come un trattore. ” dissi sperando che la cosa la dissuadesse dai suoi intenti.
“Ho il sonno pesante, non ti sentirò.”
“E poi parlo nel sonno, tanto. ” aggiunsi mentendo.
“E allora ti ascolterò e magari ci facciamo due chiacchiere ‘” e rise.
Si voltò mostrandomi le terga e chiese:
“Mi tiri giù la cerniera del vestito?”
Eseguii come un automa e mentre abbassavo la cerniera, mi resi conto che l a ragazza non portava il reggiseno.
“Grazie” disse e si sfilò il vestito restando in mutandine e calze autoreggenti. Si voltò e potei così ammirare i sui seni sodi e ben fatti.
“E se il maniaco fossi io?” dissi fissando palesemente i seni dalla ragazza e mentre la fronte mi s’imperlava di sudore.
Lei sorrise:
“Non faresti del male a una mosca tu, lo so.” poi aggiunse.
“Vado in bagno a lavarmi i denti, torno subito.”
Dopo poco infatti era di ritorno e con mia sorpresa vidi che si era tolta anche le mutandine.
“Se sei d’accordo possiamo avvicinare i due letti così siamo più comodi ‘”
Mi avvicinai a lei e le presi la testa tra le mani e la baciai sulla bocca. Lei per tutta risposta socchiuse le labbra e fece guizzare fuori la lingua in cerca della mia. Cademmo sul letto e fu lei a sfilarmi i calzoni del pigiama per poi prendermi l’uccello tra le labbra e succhiarmelo e leccamelo per un bel po’.
Poi si pose su di me a cavalcioni e guidò la mi asta a penetrare il suo sesso. Condusse il gioco per un po’ muovendo su e giù il bacino lentamente e intanto ci baciavamo con passione. Le mie mani le tormentavano i seni e sentivo il suo respiro farsi più affannoso. D’un tratto si staccò da me, si distese sul letto e allargò le gambe:
“Dai, scopami tu'” disse
Le fui sopra in un attimo e la penetrai con decisione prendendo a scoparla con foga. Ad ogni mio affondo i seni le danzavano graziosamente su e giù e quello spettacolo mi eccitava ancor più.
Al culmine dell’eccitazione sfilai il pene da lei e lo puntai sul suo ano spingendo lentamente. Mi guardò con gli occhi spalancati:
“Che intenzioni hai?” chiese con voce rotta.
“Indovina?.” risposi e spinsi più a fondo. Le sue mani si aggrapparono alle lenzuola.
In poco tempo fui in lei con tutta la mia asta e stantuffavo con foga. La ragazza teneva gli occhi chiusi e si mordeva il labbro. Non capivo se stesse soffrendo o godendo, in quei momenti le espressioni sono le stesse sia del dolore sia del piacere.
Raggiunsi l’orgasmo e mi scaricai in lei. Nel sentirmi godere la giovane raggiunse a sua volta l’orgasmo e inarcando il corpo gemette dal piacere.
Restammo così l’uno dentro l’altra ancora per un bel po’ e quando il respiro tornò a entrambi normale ci separammo.

Fu una settimana intensa quella, sia lavorativamente parlando, sia a letto in camera alla sera.
Tornati in ditta il mio capo volle sapere da lei come fosse andata e che ne pensasse dell’esperienza fatta.
Indicandomi con un gesto della testa e fissandomi negli occhi disse la nostro capo:
“Mi ha fatto il culo ma ho imparato tanto.”
“Immagino, sul lavoro è un tipo esigente'” disse il capo.
Dovetti andarmene per non ridergli in faccia.

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