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Tre ragazze in cabina

By 28 Marzo 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

La spiaggia era ardente, battuta dal sole del mezzogiorno, l’aria tremolava deformando i contorni delle persone, degli ombrelloni, dei bagnanti. Un sottile refolo d’aria correva ogni tanto a far ondeggiare i teli da mare e qualche tenda, ma anch’esso era rovente, scaldato dalla luce e dal suolo.
Ma nella cabina di legno scuro, nella penombra, si stava decisamente meglio, ad osservare i bagnanti tra i listelli della porta, ignorate da tutti. Una signora corpulenta si fermò sbuffando a mezzo metro dalla cabina, per poi procedere verso la sua.
Una voce alle mie spalle mi interruppe dal mio voyeuristico piacere. “volete un po’ di t&egrave?” Sorrise Marina, porgendo una bottiglietta, mollemente adagiata su un gommone mezzo sgonfio. La chioma bionda di Stella fece di no con la testa, mentre io allungavo la mano, assetata.
“ah ah, non hai detto la parola magica!” Ridacchiarono le labbra carnose di Marina. “dai, per f’vore…” chiesi imbronciata, facendola scoppiare in una risata subito soffocata dalla piccola mano. “favore!” sottolineò Stella, mentre l’altra mi lasciava arrivare alla bottiglia.
Bevvi avidamente. “dai, lo sapete che ogni tanto sbaglio l’accento delle parole!” dissi alzando le spalle. Ancora abbastanza fresca di arrivo in un paese con una lingua così diversa dalla mia, mi sforzavo il più possibile. Le mie amiche sorrisero concilianti. Marina era una piccola e minuta bellezza di madre ispanica, capelli scuri e mossi, occhi color caramello, e delle forme sinuose già interessanti nonostante la giovane età, tutto di un colore brunito invidiabile già nella stagione invernale, splendido non appena messa al sole. Lanciai la bottiglietta a Stella, un opposto di Marina. Bionda, affusolata, alta, piatta come la spiaggia dove eravamo.
“Vik, ti si sta spellando il naso…” Commentò Nina, indicandomi il viso. “cosa?? No!!” imprecai cercando di guardarmi la punta del naso e toccandolo con le dita. Un perfetto incrocio tra i capelli scuri di Marina e la pelle chiara di Stella, io, in grado di resistere a una stagione estiva come quella solo se adeguatamente caramellata in protezioni solari da albina.

“meno male che Vik ha le tette grosse, altrimenti non saremmo qui all’ombra” ridacchiò con una punta di invidia Stella. “il tipo dell’impianto non mi ha dato le chiavi della cabina magazzino perché ho le tette grosse!!” replicai, stizzita, prima di sobbalzare al contatto con la mano calda di Marina.
“santo cielo Vik, sono enormi!” disse lei, palpandomi sporta fuori dal suo gommone. Sbuffai prendendole la mano. Non avevo le tette enormi, erano solo più grandi delle loro “se aspettiamo di quelle di Stella per fare colpo…”dissi con una linguaccia, finendo per avere la bionda addosso impegnata in una lotta molto poco seria.

Ridendo piano per non allarmare chi stava cuocendo fuori mi abbrancai con le gambe al magro bacino di Stella, ostacolando le sue braccia con le mie, dandoci lievi schiaffetti sulle mani. Il contatto con il suo corpo caldo, inguine contro pancia, mi provocò un brivido inaspettato di cui si accorse anche lei, rimanendo ferma per un istante.
“forse &egrave meglio che ti levi…” sussurrai, mentre annuiva.
Stella fece per alzarsi, forse pensando che non mi sentissi bene, ma venne fermata dalla gamba di Marina, che le premeva sulla schiena.
“dai Nina, la schiaccio…” disse la bionda.”secondo me, a Viktorie la cosa non spiace per niente…” mi girai a guardare la mia amica ghignare, le sopracciglia alzarsi in un lampo di provocazione. “qualcuno sta per bucare il top con i capezzoli!” ridacchiò indicando i miei seni. Il contatto con Stella, il caldo, l’età, ma era vero, mi stavo sottilmente eccitando, come quando il mio fidanzatino si sfregava sul mio pancino con quelle che all’epoca pensavo fossero formidabili erezioni, splendide provocazioni sensuali.

Stella si fermò a guardarmi, nella penombra della cabina, il respiro accelerato, per poi sorridere un poco. “… Penso sia un complimento, non mi &egrave mai capitato di far eccitare qualcuno…”
“non credo, dai” sorrisi cercando di sviare la conversazione da qualcosa che non fosse il tenue calore che cominciava ad irradiarsi nel mio inguine. “una ragazza così carina…”
Nina ridacchiò” ma come siete tenere! Vi lascio sole?”
Risposi nella mia lingua madre, sarcastica. “vorrebbe dire?” chiese perplessa la mora.
“ho detto di andare a baciare un porco” risposi alzando il dito medio, abbracciando la schiena magra di Stella, impedendole di alzarsi. Mi stava cominciando a piacere quella sensazione, pure troppo.
Marina scoppiò a ridere. “ahahahha! Che insulto del cazzo!” si fece immediatamente seria e nel suo sguardo brillò una scintilla di provocazione, mentre scivolava fuori dalla sua alcova gonfiabile e si muoveva verso di noi.
Le sue labbra carnose si inarcarono in un sorriso ammaliante.
“e se baciassi una porca, Vik?” chiese, mordendosene una, fissandomi, giovane e provocante. La frase di Marina, pronunciata con quel tono, mi fece tremare i polsi. Il contatto del mio inguine con il bacino di Stella, la bocca di Marina… Ansimai leggermente, conscia che la battuta della mia amica non fosse buttata li tanto per scherzare.
“b&egrave, dipende da chi &egrave la porca…” ironizzai, cercando di scappare da quell’empasse. Marina sorrise in maniera inquietante.
“giusto, giusto! Dipende da chi &egrave la porca!” aggiunse quasi con una risatina mettendosi in ginocchio accanto a me e Stella, per poi prendere il viso della bionda tra le mani e baciarla, senza mezzi termini.
Fu un bacio quasi rubato, vidi sopra di me le loro labbra impattare per un istante, quelle di Marina dischiudersi un poco, prima che la bionda si svicolasse quasi irritata.
Il bacio e i movimenti di Stella furono intimamente devastanti, facendomi sospirare più del dovuto attirai sfortunatamente su di me nuove attenzioni della fanciulla con gli occhi caramello.
Marina si piegò su di me, mentre Stella si liberava del mio abbraccio e mi baciò. Le sue labbra erano bollenti, ed indugiammo un istante più del bacio precedente.
Ma non ero pronta, non ero dell’idea, e fu una discreta schifezza.

Arretrai istintivamente indietro sulle braccia, schiacciandomi contro il legno della cabina, colta da un istante di agitazione e panico. Era stato cosi… Cosi… Orribile ed eccitante, inaspettato e coinvolgente…
Marina ridacchiò “bacio male io, o siete due santerelline!”
“Nina dai, non mi va…” piagnucolò la bionda, scostandosi i capelli dal viso, nervosa, come una bambina a cui propongano un gioco a cui non intende proprio prendere parte, e mi guardò come a trovare una sponda.
Marina, lei era sempre quella più entusiasta, coinvolta, coinvolgente, una vera dinamo del nostro terzetto, quella che trascinava persone e amici, una vera animatrice.
“… Verginelle santerelline, qui non ci si diverte neanche un po’!” Sbuffò l’abbronzatissima ragazza “siete noiose, due suorine!” finì di provocare.

Stella lo era, o meglio aveva quel carattere capace di assoluti protagonismi e totali infantilismi. Una bimba viziata, ma di buon cuore.
Ma io, non lo ero per niente, e mai lo sarei stata. Avevo indugiato qualche volta già nei piaceri della carne, mai con una ragazza, e quella morettina con i capelli ondulati ridacchiava dandomi della verginella, suorina, santerellina?

“non ti permettere.” sentii la mia voce scandire piano le parole come se le pronunciasse qualcun’altra. “… Di darmi della santerellina verginella suorina.”
Mi spinsi con decisione verso Marina, afferrandole la nuca con una mano e tirandole il viso verso di me.
La mia bocca fu subito adesa alla sua, schiacciandone le labbra sode contro le mie, solleticandole con la lingua, cercando di insinuarsi e finalmente sfiorando la sua. Le nostre lingue cominciarono ad intrecciarsi, a lottare, scivolare umide di saliva una contro l’altra, esplorandosi, mentre i corpi si avvicinavano sempre di più. Passarono un paio di minuti e Marina si staccò con un rantolo, inspirando con la bocca, affannata, con gli occhi lucidi di qualche lacrima.

La guardai con aria di sfida, mentre con il pollice mi pulivo le labbra dai nostri liquidi umori.
“chi cazzo &egrave la santerellina, fica bagnata?” La apostrofai, secca, indicando con un cenno del capo la parte inferiore del suo costume, su cui era comparsa una macchiolina.
Marina mi guardò con quegli occhi cosi scuri e un’aria sorpresa e quasi spaventata.

“… Ehi… Ba… Baci bene…” sorrise timidamente, rivelando un lato tenero e tremebondo che evidentemente nascondeva dietro il suo sfacciato entusiasmo.
“posso anche baciare bene altro…” sogghignai. Ormai ero partita, e non mi sarei fermata a scoprire il piacere di amoreggiare con delle ragazze solo con qualche bacetto estivo nel’ombra di una cabina.
“abbiamo questa cabina grazie alle mie tette, no?” dissi alzandomi un poco, in ginocchio. Marina mi guardava ancora con un misto di adorazione ed eccitazione, Stella respirava veloce accanto a me. “allora, ringraziate le padrone di casa.” sorrisi, disfando il nodo del top a fascia del costume e liberando i miei seni, che sobbalzarono un poco.

Lasciai che Marina provasse un brivido che si poteva leggere lontano un miglio. Era stata ribaltata la situazione, e la cosa la eccitava. Mi voltai verso Stella. “poche tette ma bella bocca, bionda. Vieni qui”
La ragazza ristette, facendomi decidere di cominciare da lei.
Mi spinsi contro di lei, inchiodandola alla parete di legno scuro a cui mi appoggiai con una mano. Era caldissimo, e lo ero anche io. La fissai nei suoi occhi grigi e azzurri, avvicinando il viso sempre più al suo.
“ringrazia le mie tette se non sei fuori a cuocere, bionda.” Sibilai, incurante di quanto le mie parole fossero ridicole. Volevo solo quella boccuccia piccina dalle labbra a cuore attorno ai miei capezzoli. O almeno ad uno, l’altro poteva essere ringraziato da Marina.
Stella ansimò lievemente, e senza dire una parola, tremando, si chinò sul mio seno. Non potei trattenermi dal sospirare, quando la piccola bocca di Stella sfiorò il mio capezzolo, e dal socchiudere gli occhi. L’avrei capito solo dopo, ma quel momento, quel rimescolarsi di ruoli come l’acqua del mare che sciabordava sul bagnasciuga bollente là fuori, era solo un naturale ristabilirsi delle cose.
Dal momento in cui Stella, di cui sentivo ogni tremore di emozione nel suo timido baciare il mio seno, iniziò la sua venerazione, mi cominciai a sentire ebbra di una sensazione non inedita per me, ma sicuramente diversa per le persone con cui ero. Lo vidi schiudendo le palpebre e guardando sottecchi la nostra abbronzata amica. Uno sguardo ammirato, curioso, ipnotizzato. Il naturale stabilirsi delle cose. Marina poteva sempre essere il motore entusiasta del terzetto, pronta alla risata, alla sfida, alla fanciullesca provocazione, ma quando le cose si facevano serie, in materia di sesso, non c’era gara. C’ero io.

E Stella? Stella era a suo modo destinata a vivere il contrappasso della sua perfetta vita da figlia unica e amorevolmente viziata, dalla luce della ribalta ove comandava con sicumera il piccolo mondo attorno a lei, a tremare di emozione nel sentire un’imposizione.
Se avessi bevuto qualcosa, non mi sarei sentita ebbra così. Presi il visino di Stella con una mano, imprimendo le mie labbra sulle sue umide di saliva, non potevo resistere a quella boccuccia tremolante che timidamente si schiudeva, e lasciava la mia lingua esplorare sempre più la piccola e calda alcova in cui risiedeva un muscoletto trepidante.
La mia lingua sfiorò delicatamente la sua, come ci si approccia ad un animaletto selvatico. Piano piano le carezze vennero ricambiate, mentre la bionda passava dal tremare al sospirare sempre più entusiasticamente, toccandomi un seno con una mano con uno scatto cosi deciso che pensai non fosse la prima volta che volesse farlo.
Continuai a far sospirare Stella, tornando a guardare Marina che come davanti a dei fuochi artificiali ammirava il nostro scambio di effusioni. Allungai un braccio senza distaccarmi da Stella, anche se il mio movimento la fece piagnucolare temendo me ne andassi, e presi la moretta per il top del suo costume.
Senza mezzi termini la tirai addosso a me e Stella, e approfittai della vicinanza dei visi per scattare dalla bocca della bionda a quella carnosa e tumida della mora.

Stella uggiolò di dispiacere, ma tornai presto da lei. Volevo baciarle entrambe assieme, potevo solo gustarmi la bocca di una il più possibile e passare all’altra.
Marina baciò Stella per lunghi secondi in cui mi feci un poco indietro, mordendomi un labbro ingolosita dallo spettacolo. Sì, tra ragazze era decisamente interessante, pensai. Mi ero già scoperta e ritenuta bisessuale, ma l’eccitazione e la sensazione di quel momento ne era la prova.
Non era solo una piccola follia tra amiche, era come con i ragazzi, eccitante e coinvolgente ad un livello intimo e cerebrale.
“… Meglio di prima…” Sospirò Marina, staccandosi con un filo di saliva dalla piccola bocca di Stella, che sorrise arrossendo ancora di più. “la padrona di casa mi sta insegnando…”
Scoppiammo a ridere tutte e tre, ricordandoci della nostra presenza clandestina appena in tempo prima che passasse qualcuno davanti la porta.
“a proposito, io non ho ancora ringraziato le padrone di casa…” Sibilò la mora, passandomi un dito sul seno. Sorrisi maliziosamente, prendendomi i seni tra le mani e fissando le due amichette. “non litigatevele, ce n’&egrave per tutte…” Sussurrai, e come volevo mi trovai con le loro bocche che baciavano e sfioravano i miei seni, giocando con i capezzoli, scoprendo e gustandosi le sensazioni che provavo.
Sospirai forse un po’ troppo vivacemente, chiudendo gli occhi, rimanendo con le braccia a mezz’aria e le mani a palmi verso l’alto, tremanti, indecisa se premere i loro visi sul mio corpo, o lasciar cadere le mani lungo i fianchi.

Mi sentii un’officiante di un patto, di un momento in cui nessuna sarebbe stata più come prima, amiche ma sotto anche un’altra luce, come i giochi di ombre cangianti nella cabina. In quel crepuscolo, tra la luce di Stella e l’oscurità di Marina, stavo io, nera come una, pallida come l’altra.

Fu così che il ragazzo che mi aveva dato le chiavi ci trovò, aprendo la porta con un sorriso e delle lattine fresche di Cola, convinto evidentemente di sorprenderci in qualche chiacchiera da ragazze… Il viso del giovane passò in un istante una gamma di emozioni considerevole: dal sorrisetto compiaciuto di chi si &egrave ritagliato l’occasione di provarci con delle belle ragazze, allo stupore di trovarle così intimamente affaccendate, al terrore delle conseguenze.
“entra, veloce, e chiudi con la chiave!” Sibilai, bloccando la sua espressione su ‘che cazzo succede se mi beccano’.
Entrò e chiuse senza fiatare, mentre Stella e Marina mi scivolavano a fianco, imbarazzatissime. La mora si portò una mano alla bocca, un disagio che si spalancava negli occhi scuri, temendo qualche spiata alla madre. Stella piagnucolò direttamente, facendomi sbuffare irritata.
Di che cosa mai dovevamo imbarazzarci? Di un momento di intimità? Espressi il mio pensiero, mentre il ragazzo finiva di colorare di rosso il suo viso e non riuscire a staccare gli occhi dai miei seni. Il costume cominciò a tendersi, ma non volli farci caso.
“mia mamma mi uccide se si viene a sapere…” Piagnucolò Marina, guardandomi “… Siamo qui di nascosto, e poi…” La guardai interrogativamente. “pensi che lui dica qualcosa?” La vocina sottile di Stella espresse lo stesso timore. “… Lui &egrave scappato dal lavoro per venire qui, se gli fanno storie o lo cercano ci beccano…” “… E chi dice che terrà la bocca chiusa su di noi per pararsi il culo?” concluse Marina, facendo annuire la bionda.

Sospirai, incapace di comprendere la minaccia. Un ragazzetto nostro coetaneo per bullarsi mi aveva dato le chiavi della cabina dei bagni, ed era venuto qui con delle bibite. Anche se l’avessero strigliato, a che pro dire che eravamo cosi intimamente affaccendate? Avremmo negato. E poi, non era certo reato.
“… sarebbe umiliante…” sussurrò Stella. Per me no, ma capivo i loro timori.

La porta della cabina si oscurò, mentre il robusto proprietario dei bagni passava, parlando con un cliente dell’affitto delle cabine. Eravamo praticamente in trappola. Se ci beccavano, probabilissimo che il ragazzo per pararsi il culo ci sputtanasse, o come ‘clandestine’ in cabina, o pure peggio.

“… Io non dico niente…” tossicchiò il ragazzo, cercando di assumere un ruolo responsabile in quella vicenda, ma risultando quasi meno rassicurante. Lo guardai in viso coprendomi i seni con un braccio.
“Non sono una che si fida.” dissi, assumendo a mia volta un ruolo dato il blocco delle mie amiche. “Le mie amiche sono preoccupate, quindi lo sono anche io.” Mi alzai in piedi, alta quanto lui, ed avanzai di un paio di passi, scoprendomi i seni.
“Ti propongo un patto” sussurrai all’orecchio. “… Se ci beccano, non diremo nulla su di te che ci hai fatto entrare, ti farò un bel servizietto, e tu ti premurerai di farci uscire senza casini e di stare ben zitto su quello che hai visto. E chissà, se rispetterai i patti potrei farne altri… Mi sembra un patto a tuo totale vantaggio.”
“Solo stare zitto e mi godo un pompino.”
Alzai un dito per precisare:
“Stare zitto se succede un casino. Stare zitto su queste due che mi succhiavano le tette se ci beccano a uscire di qui. Muto, anche se dovessero chiederti perché eravamo qui o a fare cosa. Inventa che cercavamo qualcosa, abbassa la testa, ma non dire nulla, e potresti trovarti la mia bocca sul cazzo qualche altra volta. Dì che eravamo qui o che facevano, e ti giochi due settimane di pompini. Fossi in te, mi beccherei la strigliata, e guadagnerei…”
Dissi, sporgendo il busto in avanti provocatoriamente, sfiorando con una mano il suo sesso.

“che fai?” Uggiolò Stella, facendomi voltare verso di lei. La guardai con tenerezza nei suoi occhi grigiazzurro.
“apro la bocca per tappare la sua.” Mi inginocchiai, liberando velocemente il sesso del giovane, erto e pulsante pronto all’azione.
Era caldo, liscio, e sapeva di sale. Di mare, di estate, di un ragazzo che cominciava a subire la malia del sesso.
L’emozione di quell’istante, il brivido del proibito, la speranza che nelle settimane successive la cosa si potesse ripetere, in cambio del suo silenzio.

“…Non sei brava a negoziare.” Sogghignò lui. Sorrisi, leccandomi le labbra con fare provocatorio, e tornando a ingurgitarlo. Non era la mia prima volta, ma sicuramente non ne ero esperta, ma tanto bastava, a quell’età, in quella situazione.
Mi colsi ad astrarmi dal mondo, concentrata su quel che stavo facendo, conscia eppure dimentica della cabina, di Marina, di Stella. Le vedevo non troppo distanti da me quando, estraendo l’asta dalla bocca con un rumore liquido come la risacca del mare, passavo a portare il viso a lato del sesso e a stimolarlo con la lingua.
Le mie mani scorrevano sulla pelle lucida e tesa, cercando di solleticare sempre quell’organo a cui non volevo dare tregua, quando i muscoli del viso chiedevano un istante di pausa.
Guardai Marina, che con i suoi scuri occhi sembrava ingolosita dalla cosa, e fissandola con aria ironica diedi una gustosa passata a lingua aperta sul pene del ragazzo, come a dirle ‘non sai cosa ti perdi, guarda che cos’ho qui io e tu no…’. Le feci cenno con il capo, come ad invitarla a partecipare, facendola arrossire. A Stella non dissi nulla. La guardai accovacciata tra i gommoni, abbassando lo sguardo subito.
Il naturale corso delle cose. Marina non era ancora in grado di scivolare in quelle dinamiche adulte e ‘sporche’, Stella mi dava l’idea che si sarebbe gettata a leccarlo se solo avessi provato a dirglielo.
Umettai tutta l’asta, e mi posi il sesso del ragazzo in mezzo ai seni, tentando giocosamente di prendermene cura, ma al di là dello sguardo di lui e dell’apprezzamento per il calore della mia pelle, non feci molto in quella posizione.

Mi guardò come a dire “capita di non saperlo fare, non fa niente” e una parte di me voleva dire che con il mio primo ragazzo, e anche con altri, sapevo farlo più che bene. Era un’altra questione… Ma lasciai perdere, e tornai a succhiarlo con trasporto. Dopo qualche minuto, poggiandomi una mano sulla testa e rantolando un “sto venendo…” raggiunse l’apice del piacere.
Carino, lui. Come se non me ne fossi accorta, dalle sue pulsazioni accelerate, il respiro sempre più rapido, la contrazione dello scroto. Rimasi lì dov’ero, bevendo il suo piacere, già conscia dell’apprezzamento quasi feticistico per una fanciulla che ingoi.

“Siamo d’accordo?” sorrise poco dopo, fuori dalla cabina. Era stato efficientissimo, uscendo dalla cabina aveva abilmente distratto i proprietari dei bagni, lasciandoci il tempo di sgattaiolare fuori.
“&egrave andato tutto bene! Non vi hanno beccate, non ci ha visto nessuno, e io ci guadagno…”
Sorrisi, mentre Stella e Marina cercavano -malissimo- di dissimulare l’imbarazzo.
“In realtà il patto prevedeva pompini in cambio di silenzio, se ci avessero beccati in cabina, o uscendone. Ho detto più volte che sarebbero stati SE ci avessero sorpreso, SE fosse successo un casino… Ma sei stato bravissimo, non ci hanno beccati, quindi… Voi siete mai state in cabina, ragazze?”
Marina si illuminò. “quale cabina?” Mi morsi un labbro sorridendo, guardando l’espressione di lui.
“Avrei potuto fartene uno per farci uscire, ma la promessa di nuovi piaceri valeva sicuramente di più…”
“Sei pazza. E stronza. Che stronza!!” Sbottò lui, andandosene e tirando calci a un pallone abbandonato sulla spiaggia. Continuò ad urlarmi “stronza!” per diversi metri.

Il tramonto segnò la fine di quella giornata, con noi tre sulla spiaggia a guardare il mare.
“Sei pazza.” sorrise Marina.
“Eravate terrorizzate. Ho solo plagiato quel ragazzo. Nessun danno, si &egrave beccato un pompino!”
Ridacchiammo.
“i ragazzi fanno sempre così?” sussurrò Stella, spingendoci a chiedere spiegazioni.
“Alla fine non &egrave successo niente, non sarebbe successo niente, e come dici tu, si &egrave guadagnato un pompino… Ma avrebbe preso una strigliata o chissà cosa solo attirato dalla promessa…”
Le presi il visino con una mano. “c’&egrave qualcuna che si &egrave messa a leccarmi le tette come niente, solo a ordinarglielo… E non credere non abbia visto dove tenevi la mano mentre glielo succhiavo… Magari sono i ragazzi, ma tu non sei da meno… O si vede che ho fascino.”
Stella arrossì violentemente.

* sei giorni dopo. Di notte. Nella cabina.*

“allora, chi &egrave la stronza?” dissi, ansimando, muovendo il bacino accovacciata , infilzata da un sesso che sapeva di mare, di sale. “la stronza a cui guardi le tette sempre e comunque? La stronza che ti ha fatto un pompino? La stronza che ti &egrave venuta a chiedere scusa per averti preso in giro?”
Sorrise, tra i miei seni “sei fuori come un balcone, ma mi stai facendo impazzire…” Sorrisi a mia volta. “posso fare anche di meglio… A che ora aprite al mattino? Quanto tempo ho?”

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