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Racconti Erotici EteroRacconti erotici sull'Incesto

Un bel ricordo

By 29 Giugno 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Voglio raccontarvi un episodio della mia vita che ricordo sempre con piacere. Si tratta del momento in cui ho scoperto il sesso maschile, non nel senso che può essere comunemente inteso. Ma proprio la scoperta di come è fatto, della sensazione che si prova a stringerlo nella propria mano, quella mano che fino ad allora avevo solamente usato per procurare piacere a me stessa era diventata in grado di procurare piacere all’altro sesso.

Oggi ho quarantadue anni ma ricordo sempre con molto piacere e senza provare vergogna quando per la prima volta mi trovai a stringere un pene con la mano.

Quasi ogni mattina a ravvivarmi quei ricordi mi aiuta il figlio venticinquenne del mio vicino di casa. Il mio alloggio è al terzo piano di una palazzina fatta  a L, io abito con mio marito nell’angolo interno. Da un paio di mesi mi sono accorta che, complice la luce del mattino, dalla finestra della mia camera da letto riesco a vedere attraverso le tende della porta che si affaccia sul balcone della camera si Stefano.

Quasi ogni mattina, solo in casa, si stende completamente nudo sul letto e si masturba. A volte in modo fugace senza molta convinzione, altre lentamente quasi volesse trarre il massimo del piacere. Vedo la sua mano che scivola con movimenti quasi perfettamente verticali sul pene, inconsapevole dello spettacolo che sta esibendo per una sola spettatrice. Vedo la sua mano che si muove lentamente, a volte lo spettacolo dura anche venti o trenta minuti. In alcuni momenti aumenta il ritmo come volesse terminare velocemente quel periodo di solitudine ma poi si ferma improvvisamente per alcuni istanti per poi riprendere lentamente il lavoro iniziato. Attraverso la finestra non riesco a vedere il suo seme, quando al culmine del piacere blocca il movimento del braccio per muoversi in modo scomposto, alzando e abbassando il bacino in modo da muovere il pene nella mano che in quel momento si trasforma in una vagina calda accogliente. Riesco comunque ad immaginare il fiume di lava incandescente che esce quasi con violenza dal suo pene per ricadere sulla pancia nuda e sulla mano che riprende a salire e scendere lungo il pene, riesco a immaginare il leggero rumore dello sperma che compresso tra la mano e il pene esce tra le dita per colare sui peli del pube.

Non posso negare che guardandolo, qualche mattina, ho seguito il suo ritmo e senza bisogno di scavare nella mia fantasia ho raggiunto il piacere che a volte solamente nella solitudine si riesce ad apprezzare.

Sono ormai passati ventiquattro anni da quel giorno, avevo diciotto anni e tutto quello che sapevo sul sesso lo avevo imparato da un giornaletto pornografico che avevo trovato in cantina.

Passavo circa un mese d’estate, dopo la fine della scuola, con mia sorella in campagna dalla zia. Aveva una casa per metà sua e per metà di sua sorella. Ci eravamo integrati bene in quel paesino, grazie anche a mio cugino, il figlio dell’altra zia. Lui abitava li tutto l’anno e quindi uscivamo con la sua compagnia.

La famiglia di mio cugino lavorava la terra e a fianco della casa avevano una stalla con una decina di mucche, sopra alla stalla c’era un fienile. E fu proprio in quel fienile che scoprii il sesso maschile, intendo dire proprio in senso meccanico!

Due anni prima mio cugino, non con violenza ma come se non gli interessasse se io fossi d’accordo o meno, in quel fienile mi aveva abbracciata e baciata sulla bocca. Le nostre lingue non si toccarono, le bocche rimasero chiuse. Non saprei dire quanto durò quel bacio, se bacio si può chiamare. Lui era molto più alto di me e per un istante mi era sembrato di sentire il suo pene pulsare sotto i pantaloni mentre si premeva contro il mio ventre. Era una nuova sensazione che mi avrebbe accompagnata per molto tempo durante quelle sere passate da sola, nel mio letto, a immaginare e cercare di provare il piacere di stringere nella mano un pene.

Mi ritrovai in quella identica situazione, sola con mio cugino nel fienile. Lui era di due anni più grande di me ma, me lo aveva confessato lui, era vergine come me. Fui io a prendere l’iniziativa, gli afferrai la testa con le mie mani e lo tirai quasi con violenza contro di me. Appoggiai le labbra contro le sue, a differenza di due anni prima, questa volta le nostre bocche si aprirono leggermente e le punte delle nostre lingue si toccarono. Sembrava che nessuno di noi due avesse il coraggio di affondare la lingua per esplorare l’interno della bocca dell’altro. Sicuramente entrambi, nonostante il desiderio non più reprimibile, eravamo consci di essere cugini e quindi forse per un senso di colpa o forse per una naturale repulsione che si dovrebbe provare per un consanguineo non riuscivamo a lasciarci andare. Lasciarci andare non all’amore che sicuramente non era mai nato ma a sfogare il desiderio represso di sesso.

Mi resi quasi subito conto che non riuscivo a baciare in bocca mio cugino, poteva comunque essermi utile per capire cosa avrei dovuto fare con un ragazzo che sicuramente un giorno avrei trovato.

Lo spinsi sul fieno che cedette sotto il suo peso, rimase a quarantacinque gradi rispetto al terreno, sembrava spaventato, teneva le braccia distese lungo i fianchi. Sicuramente stava cercando di capire quale sarebbe stata la mia prossima mossa. Vedevo il pene muoversi sotto i sui pantaloni. Senza esitare gli sbottonai i pantaloni e afferrandoli con entrambe le mani li abbassai, complice anche la sua posizione, scesero anche le mutande.

In quel momento non aveva più alcuna importanza che quel ragazzo fosse mio cugino, per alcuni istanti era sparito il fienile, non si sentiva più l’odore fetido della stalla, le urla dei ragazzi che giocavano in cortile si erano fatte distanti. Era la prima volta che vedevo un pene, un pene vero, era a pochi centimetri da me. Afferrai quell’arnese con la mano destra, oggi lo ricordo enorme e rigido all’inverosimile ma forse è solamente per il tempo trascorso o forse al tempo la mia mano era più piccola e delicata e stentava a coprirne l’intera circonferenza.

Iniziai a muovere il pene a sinistra e destra poi in alto e in basso, oggi mi sembra impossibile che da quel giornaletto non avevo capito che il movimento da fare non era quello.

Dopo un paio di minuti la mano di mio cugino mi venne in soccorso, fino ad allora era rimasto passivo, mi afferrò il polso e senza dire nulla mi mostrò il movimento da compiere.

Non sapevo se dovevo stringere molto o se gli avrei fatto male e neanche se avessi dovuto salire e scendere lungo il pene con un movimento veloce o lento. Ero inginocchiata sul fieno di con il viso a pochi centimetri dal pene. Forse proprio questa mia inesperienza lo aiutò a entrare in un una condizione di isolamento totale dal mondo esterno che non ho mai più riconosciuto in altri ragazzi con cui sono stata in seguito.

Gemeva ad alta voce ‘Oooohhhhh…. Daiiiiiii….’, sperimentavo il movimento della mano sul suo pene, lento, veloce, stringevo e mollavo a volte lo tenevo rivolto verso l’alto altre verso il mio viso. Da come gemeva scoprivo come dovevo usare quell’oggetto che fino a poco prima credevo di conoscere.

Con la mano spingevo la pelle verso il basso cosi da lasciare scoperto il glande, in quei momenti mi fermavo per alcuni secondi in modo da studiarne la forma. La punta era di un colore rosso molto scuro, appoggiai le labbra sul glande e con la lingua ne tastai la punta, sentii indistintamente il forellino da dove mi aspettavo di vedere uscire il suo seme. Il contatto della mia bocca con il suo pene durò solamente un respiro ma mi permise di capire quanto era caldo, duro e come pulsava  il pene in un momento di eccitazione. Sentii una sua mano appoggiarsi sopra la mia testa e, penso, come per istinto spingerla come non le bastasse la mia lingua ma volesse fare entrare tutto il pene dentro alla mia bocca, ma subito mollò la presa e io staccai la lingua dal buchetto.

A quel tempo non riuscivo a capire come potesse godere a quel modo mio cugino sapendo che la mano che scivolava lungo la sua asta era quella della figlia del fratello di sua mamma.

Il pene prese a pulsare, lui iniziò a dimenarsi, mi resi subito conto stava raggiungendo il culmine del piacere, anche se in fondo non mi interessava molto di lui, dovevo vedere come usciva quel fiume dal piccolo foro sul glande, dovevo vedere se era un liquido come l’urina o qualche cosa di diverso.

Dopo pochi secondi ebbi tutte le risposte, mio cugino si bloccò come pietrificato, mentre la mia mano destra saliva lungo il pene che si era fatto enorme sentii la piena del fiume che lo riempiva. La forza del fiume aveva dilatato il pene che non riuscivo più a contenere nella mia mano, il glande era completamente scoperto, non aveva pelle a sufficienza per tenerlo nascosto. Vidi il primo violento getto uscire dal foro e venni investita su di una guancia, era caldo e denso come non avrei mai immaginato. Mi spostai leggermente per non essere investita da altro sperma che pareva zampillare senza fine, continuai il movimento del braccio ma strinsi talmente il suo pene quasi da procurargli dolore. Inconsciamente, forse, volevo punirlo per avermi lanciato il suo seme sulla faccia che poi era colato sulla maglietta macchiandomela.

 

Avevo la mano completamente ricoperta dal suo sperma biancastro e rovente, era una sensazione bellissima. Fino a poco prima avevo solo immaginato quell’arnese e invece ora, con un rapido movimento della lingua in modo da non farmi scorgere dal cugino, avevo anche assaggiato il gusto del suo succo.

 

nik

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