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un voyeur alla finestra

By 30 Aprile 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Quella domenica mi svegliai che erano le dieci passate. Restai a letto un altro po’, mi piaceva poltrire al calduccio. Avevo voglia di coccolarmi, di volermi bene. Dopo una mezz’oretta, mi alzai e mi preparai un caffè, gustandolo bollente. Mangiai un paio di biscotti al cioccolato. Erano quasi le undici quando entrai in bagno. Mi feci una doccia tonificante, asciugai i capelli al sole, perché non si elettrizzassero. Poi mi depilai perfettamente le ascelle, e per avere una fichetta più ordinata, mi feci un po’ di ‘barbetta’ laterale, così il mio inguine era liscio, pulitissimo. Mentre facevo queste operazioni di bellezza, pensavo a Jean, e a come mi aveva conquistata in sole cinque volte che ci eravamo visti. Possibile che io fossi già così ‘presa’ da lui? Cos’era che mi piaceva così tanto di quell’uomo?
Ci pensavo, mentre mi massaggiavo il corpo con l’olio di mandorla. Io adoro l’olio di mandorla. Mia nonna Rina lo ha sempre utilizzato per rendere più morbida la pelle. Lei dice che è la migliore crema di bellezza, e vedendo il suo volto liscio e morbido, ancora oggi che ha 81 anni’bè, me ne sto convincendo anche io. Lo metto anche sul corpo, perché sia più vellutato: mi cospargo con questo olio, lo metto dovunque, lo massaggio un po’ per farlo penetrare nella pelle, e poi, dopo una buona mezz’ora, mi passo sul corpo un telo di spugna asciutta, così mi toglie l’unto, ma non l’effetto lisciante.
Anche quel giorno feci così, seduta sul bordo del letto. Pensavo a Jean mentre mi passavo l’olio sulle gambe, e ricordavo la sera prima: lui era venuto ad attendermi fuori dal negozio, nascosto in una viuzza laterale per non farsi vedere dalle mie colleghe. Io ero uscita dalla gioielleria poco dopo le 20,30, e mi ero precipitata verso il vicoletto che mi aveva indicato. C’era la sua macchina, ma di Jean nessuna traccia. Mi ero guardata intorno con aria confusa, ed ero tornata sulla strada principale, un po’ preoccupata di restare sola in quel vicolo buio. Mentre mi chiedevo cosa fosse accaduto al mio uomo, il mio cellulare aveva squillato: era lui.
‘Cosa fai lì, cavallona mia? Perché non sei nel vicolo?’, aveva chiesto, con la sua voce calda e sexy. ‘Ho un po’ paura ‘ avevo risposto, guardandomi in giro -, ma tu dove sei?’. E lui: ‘Sono nascosto’. ‘Perché’ ‘Perché mi piace guardarti ‘ mi aveva spiegato -, mi eccita vedere cosa fai, mentre tu non mi vedi’. Un brivido mi aveva attraversato il corpo, così, quando lui mi aveva chiesto di tornare nel vicolo, gli avevo ubbidito. Lì il buio era fitto, rischiarato però da un paio di insegne: una era di una bottega di un ciabattino, l’altra di una piccola tabaccheria infondo alla strada. Camminavo lentamente, con il telefono all’orecchio, e Jean mi aveva chiesto di fermarmi vicino alla sua macchina. ‘Ma dove sei?’, avevo domandato, mentre raggiungevo la BMW. ‘Vicinissimo a te’, mi aveva risposto, ridacchiando. E poi mi aveva detto di seguire le sue istruzioni. L’avevo fatto, tenendo il telefonino attaccato all’orecchio con la mano sinistra. Mi ero appoggiata al muro, a circa un metro di distanza dall’auto, e avevo cominciato a fare quello che mi stava ordinando Jean. ‘Allarga leggermente le gambe. Così, brava. Ora, solleva leggermente la gonna’sì, va bene’adesso sfiorati il ginocchio’. Io mi sentivo strana, ubbidivo ai comandi di Jean come un burattino, mi pareva di non avere una mia volontà, mi accarezzavo il ginocchio ma non sentivo nulla. L’unica sensazione era il battito del cuore, lo sentivo fortissimo nel petto, e su, fino alla gola, un secco, sordo bum-bum, mentre Jean continuava. ‘Ora risali con la mano lungo la coscia. Brava, ancora, su, lo so che non porti le mutandine, quindi sali, sali ancora’fino alla tua cosina’.
Io avevo cercato di dire di no: qualcuno avrebbe potuto vedermi. ‘Io ti vedo, cara. Tu non puoi vedermi ma io ti vedo benissimo. Hai la mano sulla coscia, la gonna quasi tutta alzata, indossi un reggicalze di pizzo nero, la giacca semiaperta e sotto intravedo un top rosso. Giusto? Ah..e hai i capelli un po’ scomposti. Come vedi’io sì che posso godere della tua vista, dal luogo in cui sono nascosto. Quindi fallo per me, toccati per me’.non hai voglia di farmi eccitare?’
La sua voce suadente mi aveva convinto, e avevo ripreso a fare quel che diceva lui: mi aveva fatto togliere la giacca ed il top, poi mi aveva chiesto di rimetterla, lasciandola aperta cosicchè si vedesse il reggiseno. Dopo, mi aveva fatto tirar fuori i seni dalle coppe, in modo che i capezzoli fossero completamente esposti. Sentivo l’aria pizzicarmi la pelle, i capezzoli erano già inturgiditi per il freddo. ‘Hai seni bellissimi ‘ mi stava dicendo Jean al telefono ‘ quella carne bianca, candida, come spicca sul pizzo nero del reggiseno’ e poi i tuoi capezzoli sono stupendi, duri e tesi, li vedo perfino da qui, è cose se mi stessero additando’come mi sto eccitando, cavallona mia. Ora toccati la passerina, su’che sono già tutto duro per te’.
Anche io cominciavo ad eccitarmi, ma nello stesso tempo ero spaventata. E se qualcuno fosse entrato nel vicolo per raggiungere la tabaccheria? Oppure, poteva uscire proprio lui, il tabaccaio, o peggio, il ciabattino, che mi avrebbe vista benissimo perché ero a pochi metri dalla sua bottega’lo dissi a Jean e lui replicò: ‘Ma dov’è finita la mia cavalla pazza? Stai diventando seriosa e paurosa, non mi piaci se fai così. Io adoro la mia cavallona pazza, che cavalca i cazzi maschili per puro divertimento, e non si fa certo imbrigliare da falsi pudori o scrupoli inutili. Su, toccati”. Cominciai a toccarmi. Mi sfioravo il sesso dolcemente, accarezzandomi i peli e premendo leggermente sul monte di Venere. Man mano che sentivo che mi stavo riscaldando, aumentavo la pressione, mentre con le dita mi stuzzicavo il clitoride. Jean mi incoraggiava, con la sua voce modulata mi suggeriva cosa fare. ‘Ora chiudi gli occhi e butta la testa all’indietro, così, brava’.mostrami il seno, bene, come sei bella, hai i capezzoli gonfi, sei fantastica. E la passerina è bagnata, vero? Brava’come sei vogliosa’ora ficcati dentro un dito. Così, brava, ficcalo bene, più in fondo. Lo senti, vero? Muovilo, su e giù, su e giù’veloce, veloce’brava, così, apri di più le cosce e continua a masturbarti con il dito, brava, sì, brava’come mi fai eccitare’ora vai più piano. Ecco, così, ancora più piano, bravissima’è un tormento, vero? Lo so, per questo devi andare’piano, ancora più piano’piano”
Io mi stavo sditalinando seguendo il ritmo che Jean mi imponeva al telefono. Mi diceva di penetrarmi a fondo, poi mi faceva rallentare, poi di nuovo mi sollecitava a toccarmi velocemente. Io avevo la fica in fiamme, sentivo i miei umori colarmi lungo l’interno delle cosce, che tenevo ben aperte, perché Jean, dovunque fosse, mi aveva fatto sistemare in modo da vedere tutto. Ero eccitata, e la paura che qualcuno uscisse dal negozio del ciabattino o dalla tabaccheria mi rendeva ancora più porca, più disinibita. Il piacere che mi suscitava l’idea che qualcuno potesse vedermi era enorme’e mi masturbavo con impegno, adesso, pronta ad ubbidire ad ogni ordine di Jean. Quando cominciai ad avvicinarmi all’orgasmo, lui, forse per come mi piegavo sulle ginocchia, se ne accorse. ‘Levati le mani dalla fica, subito’, mi ordinò. Poi mi fece poggiare sulla sua macchina e mi fece cominciare a massaggiare i seni. ‘Massaggiali a mano aperta, su’prima l’uno, poi l’altro’. Io eseguivo, sempre con una sola mano perché con l’altra stringevo spasmodicamente il cellulare. Mi pizzicavo i capezzoli, poi di nuovo mi prendevo il seno in mano, poi mi leccavo le dita e mi bagnavo i capezzoli’era stupendo, io ero bagnata fradicia. Tenevo gli occhi chiusi, ma quando Jean mi disse ‘Mi stai bagnando la carrozzeria della BMW’, li aprii all’improvviso. Fu allora che lo vidi: era nella botteghina del ciabattino, da una finestrella un po’ a destra della porta. E non era solo. Con lui c’era un altro uomo, molto anziano, almeno così mi pareva. Io non li avevo visti, finchè ero poggiata al muro, nel buio, ma ora, più al centro della strada, e con la luce tenue luce del calzaturificio, era chiaro che il mio uomo mi aveva giocato un brutto tiro, e aveva coinvolto un voyeur nel nostro gioco erotico.
Il mio primissimo impulso fu di chiudere le gambe, e togliergli la bella vista, ma poi prevalse’non so cosa. Un po’ la voglia di divertirmi, perché vedere che la mia masturbazione aveva uno spettatore inatteso mi eccitava parecchio, un po’ perché in qualche modo volevo che Jean, se possibile, provasse un po’ di gelosia’fatto sta che finsi di non averli visti, e però piano piano, con un movimento impercettibile, mi voltai verso la botteghina. Così, quando lui mi chiese di riprendere a toccarmi la fica, spalancai le cosce perché l’ospite di Jean la vedesse perfettamente. E così fu. Vedevo l’uomo chiaramente, adesso, perché era praticamente di fronte a me, anche se io fingevo di tenere gli occhi chiusi; in realtà, erano socchiusi, e da sotto le ciglia vedevo tutto. Così notai che l’uomo aveva almeno ottant’anni, ed era completamente canuto, aveva il viso rugoso e saggio dei vecchi,e continuava a detergersi la fronte con un fazzoletto. Evidentemente, a dispetto dell’età, il mio spettacolino gli stava facendo effetto. Così, ci misi più impegno. Posai il telefono sul cofano, e con le dita di entrambe le mani mi allargai la passera, poi con l’indice titillai il clitoride, e feci un piccolo urletto di piacere. Il vecchio e Jean, ora, si erano affacciati alla finestrina, ma io continuavo a fingere di aver gli occhi chiusi, e soprattutto mi concentravo sul mio piacere. Con un dito della mano destra mi stuzzicavo il grilletto, con uno della mano sinistra mi penetravo a fondo, cercando il punto G, inarcandomi. Ogni tanto tiravo via le mani e aprivo le gambe al massimo perché la mia fica bagnata fosse ben visibile. Poi ripresi il telefono. ‘Come sto andando caro? – chiesi con voce roca ‘ Non riesco a vederti, ma ti sto offrendo uno show da porca vogliosa, hai visto? Sono tutta bagnata e spalancata, sono la tua cavalla pazza e smaniosa di sesso’e sono così porca solo per te, Jean. Solo tu puoi guardarmi, solo tu’sono una cavalla in calore solo per te’, e così dicendo mi rimisi un dito dentro e cominciai la mia corsa verso l’orgasmo. Jean mi incitava, sentivo la sua voce eccitata al telefono che mi incoraggiava, ‘vai cavallona mia, godi, vedi che fica grande e porca che hai brava, toccatela di più, brava, ora toccati il clito, così, ancora, senti come arriva l’orgasmo, brava la mia bella cavallona porca, brava, spingitelo dentro questo dito, brava, così, ancora, strofinati la passera, di più strofinala ancora, strofina, vai, vai, brava, godi, così’godi cavalla mia, vieni, su vieni, godi, brava, godi ora”
Io, eccitata dalle parole di Jean, ero venuta, un orgasmo profondo, molto porco, perché esaltato dalla voce del mio amante ma soprattutto dai suoi occhi, che, insieme a quelli di un altro uomo, avevano goduto di ogni istante del mio orgamso. Era una bella sensazione, molto calda, molto spinta.
Poi, Jean mi aveva fatto entrare in macchina, e dopo un paio di minuti, facendo forse il giro da una porticina nel retro, era giunto alla macchina. Entrato, mi aveva baciata a lungo, poi mi aveva toccato il sesso e lo aveva trovato ancora bagnato. ‘Fammi approfittare di questo bel nido caldo e umido’, mi aveva detto, e poi mi aveva chiesto di cavalcarlo un po’. Io ero salita su di lui, e avevamo fatto una scopata veloce. Ero stanca, e non mi piaceva essere stata sottoposta allo sguardo di un voyeur senza esser stata interpellata. Poi, avevo notato che il vecchio stava ancora spiandoci dalla sua finestrella, così mi ero irritata ulteriormente e avevo fatto presto. Mi trombavo Jean molto rapidamente, scendendo con il bacino su di lui quanto più potevo, stringendogli la punta del cazzo con i miei muscoli vaginali, e dicendogli parole che lo eccitassero di più. ‘Sei il mio stallone, vedi come mi scopi bene, bravo, sì, la mia passera è tutta bagnata per te, bravo, così, scopamela tutta, come è grande il cazzo del mio stallone, io sono la tua cavalla porca e tu mi dai il tuo cazzo, sì bravo bravo amore, domami, solo tu puoi domarmi con il tuo bel cazzo, sì, bravo, sì’.’ E Jean era venuto subito, sborrandomi dentro e gridando il mio nome. E questo suo orgasmo così incontrollato mi aveva dato una sensazione di onnipotenza.
Ancora adesso, che erano passate molte ore, ricordavo quella sensazione. Ero una donna resa potente dal sesso, una delle tante, ma il sesso in più a me piaceva, e avrei fatto qualunque cosa per ottenere piacere carnale. Ritornavo con la mente a Jean e al suo amico anziano che mi spiavano dalla finestrella e mi eccitavo’così, in pochi minuti, spalmandomi l’olio sul corpo, mi arrapai incredibilmente.
Ero sola in casa quella domenica, con il corpo nudo e cosparso di olio profumato, smaniosa di piacere nel pensare al piacere che mi ero data da sola la sera precedente’le mie dita volarono di nuovo al mio sesso, al mio clitoride che stava già crescendo di dimensioni, alla mia vulva aperta, gonfia, vogliosa. Guardai la mia immagine riflessa nel grande specchio che avevo di fronte, e cominciai a masturbarmi. Mi masturbai pensando alla voce di Jean che mi incitava a farlo, allo sguardo lascivo del vecchio che mi guardava, a quello che io, donna, potevo fare col mio corpo’mi masturbai con amore per me stessa, con orgoglio per la mia bellissima fica, con tutta la voglia di sesso e di godimento che avevo in me. Mi masturbai e quando cominciai ad ansimare, mi incitai dai sola, dicendomi ‘sì, brava, apri le cosce, brava Vera, godi, godi, sei bellissima, te lo meriti’. Godetti palpitando con tutto il corpo, mentre lo specchio mi rimandava l’immagine di me che mi dimenavo di piacere, gemendo. Fu un gran bell’orgasmo, e mentre finalmente cominciavo a vestirmi, pensai che, se questo era l’effetto che mi faceva essere spiata da uno sconosciuto mentre mi toccavo’beh, lo avrei rifatto presto.

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