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Racconti Erotici Etero

Venezia

By 23 Dicembre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Era un mercoledì come tanti, ma già il pomeriggio sentivo dentro di me crescere la tensione. Nemmeno io riuscivo a capire bene il motivo di quello stato d’animo ma, seduto in cucina mentre cercavo di studiare qualcosa, non riuscivo a non alzare lo sguardo ogni dieci minuti verso l’orologio che troneggiava sopra di me. Sentivo le lancette ticchettare rendendo la concentrazione ancora più difficile di quanto era realmente. Fu facile perdermi nei miei pensieri mentre rileggevo per la centesima volta la stessa riga.
Di lì a poco mi avrebbero raggiunto due amici, Marco e Francesca. Marco era un compagno di corso di un mio carissimo amico e Francesca la sua coinquilina. Ricordo che quando la vidi per la prima volta una sera in piazza dei Signori a Padova avevo provato una fortissima attrazione per lei. Avevo iniziato a vederla sempre più spesso con la scusa di andare a trovare Marco nel suo appartamento e avevamo iniziato a conoscerci meglio. Sentivo dentro di me che quella ragazza non mi era per nulla indifferente. Scherzando con Marco gli dissi più volte che volevo farmela, ma avendo la morosa tutto quello restò sempre solo una fantasia. Ora la morosa non ce l’avevo più. O forse sì. La situazione non era chiara, ma il fatto che avrei visto Francesca quella sera deviava i miei pensieri verso un solo argomento.
Arrivarono verso le sei e dopo aver appoggiato le loro cose a casa uscimmo a fare aperitivo. Eravamo in quattro: io, Marco, Francesca e il mio coinquilino Davide, più tardi forse ci avrebbe raggiunto un’altra mia coinquilina, Elena.
Arrivammo al nostro bacaro preferito “al squero” e prendemmo subito qualcosa da bere. Ricordo che io presi un rosso, Davide e Marco un bianco e Francesca uno spritz.
Francesca era bellissima. Non &egrave molto alta, ma ha un fisico invidiabile: un bel culo e due tette non grandissime ma sode, come piacciono a me. Ci mettemmo subito a parlare di qualsiasi stronzata ci passasse per la testa. L’università, ragazzi, ragazze, lavoro ci accompagnarono insieme a sempre più bicchieri di vino.
Quando arrivò Elena eravamo già al quarto giro e l’alcool iniziava a prendere il sopravvento sul nostro controllo. Marco mi prese da parte e mi portò in una calletta lì affianco.
Lo guardai intensamente negli occhi. Pochi giorni prima gli avevo raccontato di me e Margherita, la mia ragazza. Guardai il telefono. Pochi minuti prima avevo scritto a Margherita chiedendole cosa voleva fare di noi. Che doveva dirmelo subito. Il display del telefono era vuoto, prima che si spense definitivamente perch&egrave scarico.
Vidi chiaramente nei suoi occhi un po’ di delusione ma non disse nulla e mi passo affianco per tornare dagli altri. Finii di bere il bicchiere di vino da solo, in quella calletta. Dovevo restare da solo qualche momento per pensare. Era tutta la sera che Francesca flirtava con me. In quel momento non avevo nulla per rinunciare. Decisi che sarei andato fino in fondo.
Tornai dagli altri e notai che Davide non c’era più, probabilmente era sparito per telefonare alla sua ragazza in erasmus. Marco ed Elena parlavano appoggiati a un muretto, mentre Francesca era un po’ in disparte. Sembrava che mi aspettasse. Andai verso di lei.
Non riuscii neanche a finire la frase. Si era avvicinata moltissimo a me, teneva con entrambe le mani la mia giacca, quasi cercasse di trattenermi. Le nostre bocche erano vicinissime. Ci guardammo un attimo negli occhi, ma per noi quell’attimo durò una vita, prima che si avvicinasse ulteriormente per baciarmi. Quando le nostre labbra si toccarono chiusi gli occhi. Era da tanto che sognavo quel momento che quasi non si credevo. Poi dischiuse le labbra ed entrò nella mia bocca con la sua lingua, quasi per salutare la mia. Sembrò che il tempo si fosse fermato. Restammo a limonare per quelle che ci parvero ore, e lei che di solito sembrava così fragile si stava lasciando andare sempre di più, mostrandomi un lato di lei che mai avrei immaginavo. Era lei che dettava il ritmo di quel bacio, che era partito dolcemente, ma che stava velocemente degenerando nello scandaloso.
Ci risvegliò un colpo di tosse palesemente finto.
Davide era tornato e con gli altri due che lo seguivano si stava incamminando verso casa.
Io e Francesca stavamo indietro, mi teneva per mano e ogni due passi si fermava per sbattermi contro un muro e baciarmi. Non passò molto prima che perdemmo di vista gli altri.
In quelle condizioni non fu facile tornare a casa, ma dopo aver girovagato un po’ riconobbi un ponte a un minuto dal campiello dove abitavo. Ci sedemmo sugli scalini per decidere cosa fare.

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