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Viaggio all’inferno – 09

By 21 Maggio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Los Angeles (California) – University of California – Campus studentesco – Dormitorio maschile F – Stanza 12G – 29 Ottobre 2011 – ore 10:39 a.m.

Stewart Oakfield aveva detto basta alla sua vecchia vita. L’estate passata con i gemelli Bryan e Jamie, i perfidi cuginetti di San Diego, era stata una pericolosa parentesi che il giovane cercava disperatamente di dimenticare, anche se non con molto successo. Ciò che aveva fatto… o meglio ciò che gli avevano fatto fare era stampato a fuoco nei suoi vividi ricordi. Aveva completamente annullato la propria dignità per accontentarli, giorno dopo giorno, scendendo sempre più in basso. Un tormento dolce amaro che sarebbe probabilmente rimasto con lui per sempre. D’altronde non aveva nessuno da incolpare se non sé stesso, era un guaio in cui si era cacciato per seguire i propri istinti perversi. Il suo più grande rammarico era di averci tirato dentro anche Amy, la sua… beh, un tempo era stata la sua ragazza, ora era… un giocattolo rotto con cui i gemelli si erano divertiti, ma di cui si erano da tempo stufati, dopo aver fatto di lei una ninfomane insaziabile, costantemente affamata di cazzo. Si era fatta una ‘gran’ reputazione a scuola visto che almeno tre quarti dei maschietti se l’erano allegramente scopata e, a quanto gli avevano raccontato, passava la ricreazione e la pausa pranzo a fare pompini nel bagno dei ragazzi a chiunque si presentasse. Che brutta fine. Non riusciva neanche più a guardarla negli occhi.
Ma questo non importava più adesso. Stewart aveva un nuovo inizio di fronte a sé, nuova scuola, nuovi amici, e oltre 120 miglia tra lui e i suoi cugini, in un posto dove nessuno sapeva niente dei suoi trascorsi. Già… un nuovo inizio.
C’era solo un minuscolo problema. Il suo compagno di stanza. Stewart era… etero? gay? Non ne era del tutto sicuro e condividere una camera con mister universo non gli sembrava il modo migliore per scoprirlo. ‘Perché proprio lui?’ Si chiedeva ‘non poteva capitarmi un secchione rachitico?’
No, invece. Cody era dannatamente bello, un fottuto adone, cazzo! E Stewart dal primo giorno non era riuscito a staccargli gli occhi di dosso. In particolare i piedi, che piedi meravigliosi aveva! Pianta larga, dita lunghe, così grandi, forti, virili… cosa non avrebbe fatto per… NO, NO, NO!!! Si disse per la milionesima volta, sopprimendo i suoi bisogni da feticista, proprio quando la porta del bagno si aprì. Cody O’Malley si sedette sul letto e riprese a fare l’esercizio che Stewart gli aveva assegnato. Erano già un paio di settimane che lo tutorava in fisica. Anche questa poi! Chi cazzo gliel’aveva fatto fare di offrirsi di aiutarlo. Vivevano in quella camera e lo vedeva seminudo di continuo, era una tortura, cazzo! Tutti quei muscoli perfettamente scolpiti su quel corpo snello ed atletico. I dubbi sulla sua sessualità lo tormentavano sempre più, soprattutto perché aveva paura di quale potesse essere la verità, una verità che non voleva sapere. Spostò gli occhi prima che Cody lo cogliesse sul fatto. Gli stava di nuovo fissando i piedi. Si schiarì la voce.
‘A che punto sei?’ Cody alzò gli occhi e si grattò una coscia.
‘Quasi finito! Sai che sei bravo, amico? Non c’avevo mai capito un cazzo di ‘sta roba, ora che me l’hai spiegata tu invece…’ gli mostrò il pollice in alto e lo abbagliò col suo sorriso perfetto. Stewart abbassò lo sguardo e sorrise.
‘Sai una cosa, però? Ho una gran sete! Scendo un attimo a prendermi qualcosa al bar e…’ stava per alzarsi ma Stewart gli disse d’impulso.
‘No, tranquillo, scendo io!’ Cody lo guardò un po’ stranito. Era stato un gesto un po’ troppo generoso, persino per lui.
‘Tu finisci l’esercizio, già che sei concentrato!’ si riprese in corner Stewart ‘E poi anch’io ho sete, quindi…’ Cody sorrise:
‘Ok, amico! Prendi i soldi sul mio tavolo!’ ma Stewart rispose di nuovo senza pensare:
‘No, per stavolta pago io, dimmi solo che cosa vuoi da bere.’ gli disse in un pericoloso tono servile che aveva giurato a sé stesso di non usare mai più. Cody sorrise di nuovo, poi scrollò le spalle:
‘Come vuoi! Una 7up!’ gli disse ed abbassò lo sguardo tornando al suo esercizio.
‘Ok, torno subito.’ gli disse chiudendosi la porta alle spalle. Cominciò a camminare per il corridoio dandosi dell’idiota:
‘Complimenti Stew, tanto valeva mettersi a quattro zampe e supplicarlo di fargli da schiavo!’ si disse colpendosi la fronte col palmo della mano.

Campus studentesco – Appartamento di Chris Donovan e Jesse Daniels – 11 Novembre 2011 – ore 8:23 a.m.

Francis era completamente stravolto. Gli faceva male ogni singolo muscolo del corpo eppure continuava a stare immobile. Jesse dormiva così beato, con le gambe appoggiate sulla sua schiena e un libro aperto sulla pancia. Il bel giovane aveva studiato fino a tardi la notte prima e gli aveva ordinato di non parlare per non disturbalo. Solo che si era addormentato e Francis aveva passato tutta la notte sveglio, a quattro zampe per fargli da poggiapiedi. Il sole era ormai luminoso fuori e Jesse, evidentemente disturbato, si portò una mano agli occhi stropicciandoli. Sbadigliò, mentre cominciava a rendersi conto del perché non fosse nel suo letto. Mise a fuoco Francis e gli sorrise. Poi guardò l’ora e il suo viso cambiò espressione.
‘Perché cazzo non mi hai svegliato?! Mi hai fatto fare tardi!’ gli disse arrabbiato.
‘Padrone mi hai detto tu di non disturbarti e…’ Jesse gli dette una tallonata in mezzo alla schiena e Francis, senza fiato, crollò a terra:
‘Stai dicendo che è colpa mia, stupida checca?!’
‘Nooo padrone!! Ho sbagliato, mi dispiace, ti prego perdonami!’ piagnucolò Francis. Jesse si alzo in piedi:
‘Sei completamente inutile, lo sai? Un fottuto spreco di spazio!! Oltretutto che abbiamo il buon cuore di usarti!!’ gli schiacciò la testa con un piede scuotendo la testa tra l’arrabbiato e il divertito ‘Mi chiedo che cazzo ti teniamo a fare!!!’ gli disse, poi, con crudele noncuranza. Si diresse verso il bagno e sbatté la porta. Francis cominciò a piangere, faccia a terra, in un misto di stanchezza, disperazione e schiacciante frustrazione. Le lacrime gli scesero copiose per un paio di minuti, finché un’allegra voce familiare gli disse:
‘Ecco dov’eri! Perché frigni?’ Francis alzò appena lo sguardo e davanti agli occhi, a pochi centimetri dalla faccia vide i piedi del suo unico, vero amore. Li baciò prima di rispondere a Chris.
‘Padron Jesse si è arrabbiato perché non l’ho svegliato in tempo ma è stato lui a dirmi di…’ Chris indossava soltanto un paio di boxer neri griffati. Alzò il dito per zittirlo, mentre sorrideva:
‘Regola numero 7, schiavo?’ Francis socchiuse gli occhi, poi si asciugò le lacrime, prima di arrendersi e recitare a memoria:
‘La ragione è sempre dei padroni… la colpa è sempre dello schiavo…’ e riprese a baciargli i piedi.
‘Hehehe!! Esatto!’ si lasciò cadere sul divano e gli buttò i piedi sulla faccia. Francis si voltò a pancia all’aria per poterli leccare.
‘Più tardi Jesse ed io studieremo il modo di punirti’ gli disse allegro mentre sbadigliava e si godeva la pulizia mattutina.
‘Si padrone, grazie padrone’ gli rispose automaticamente mentre Chris si stiracchiava.
Dopo un paio di minuti:
‘Padrone…’
‘Che c’è?’ disse Chris.
‘Padron Jesse ha detto che sono… completamente inutile e che non sa per quale motivo mi tenete…’
‘Hahaha!!! Beh, l’hai fatto arrabbiare, è normale, frocetto! Cos’è, ti sei offeso? hahaha!!’ Francis non rispose, continuò a leccare. Chris ridacchiò:
‘E dai, non essere triste, vuoi sentirti utile?’ Francis annuì e Chris ridacchiò.
‘Come vuoi, te la faccio vedere io la tua utilità, checca, così stai più tranquillo! haha!’ si alzò, i piedi ai lati della sua testa massaggiandosi la pancia. Si sfilò i boxer e si accovacciò. Francis vide il suo sedere perfetto avvicinarsi a sé finché il giovane non si accomodò sulla sua bocca aperta. Fra tutte i suoi doveri questo era quello a cui doveva adempiere più di rado, fortunatamente, perché non lo amava, non che questo avesse la benché minima importanza, naturalmente.
‘Colazione da campioni per la nostra checca stamattina! Hahaha!!!’ fu il solo commento del bel Chris, prima di cominciare a spingere.

University of California – Dipartimento di Fisica – Aula F5 – Corso di Fisica 101 – primo anno – Docente: Dott. Francis Connor – 11 Novembre 2011 – ore 01:02 p.m.

‘O’Malley, potrei chiederle la cortesia di restare un attimo?’ Cody si voltò verso Tammy e Stewart.
‘Ti aspettiamo qua fuori!’ gli disse lei indicando la porta. La matricola si avvicinò all’insegnante che lo aspettava vicino alla cattedra. Aveva una pessima cera, sembrava che non avesse dormito.
‘C’è qualche problema, professore?’ Francis Connor gli rivolse un mezzo sorriso. Una cosa che non aveva mai fatto.
‘No, assolutamente. Volevo dirle che ho avuto modo di apprezzare i suoi miglioramenti in classe e che mi fa piacere che si sia rimesso in pari.’ Erano parole sincere che Cody non sia aspettava assolutamente. Sorrise al docente.
‘Si, beh, Stewart mi sta dando una mano, è suo il merito…’ minimizzò il ragazzo.
‘Beh, sicuramente il signor Oakfield le sta dando un aiuto importante ma questo non toglie che lei abbia una bella mente e, tutto sommato…’ continuò il professore davanti a un Cody sempre più piacevolmente sorpreso ‘…penso di doverle delle scuse per averla erroneamente giudicata con una mera occhiata. Ha presente quelle stupide classificazioni da liceali, tipo atleta, secchione, ecc… temo di esserci caduto.’ Cody non sapeva cosa dire. Lo stronzo che aveva detestato per due mesi, ora lo elogiava e gli chiedeva scusa.
‘Tranquillo prof, succede a tutti!’ gli disse sorridendogli, colpevole, nei suoi confronti, della medesima superficialità. Ci fu un momento d’imbarazzo.
‘Beh, non la trattengo oltre, i suoi amici la stanno aspettando!’ disse poi il docente, cominciando a radunare le sue cose.
‘Ok, buon weekend, prof!’ gli disse il biondo e si diresse verso la porta di uscita insieme agli ultimi studenti.
‘Altrettanto a lei… Cody’ disse il suo nome in un inudibile sussurro.

University of California – Campo di atletica – 15 Novembre 2011 – ore 04:46 p.m.

Tammy Basher era completamente persa nella mirabile visione che aveva davanti: Cody. Il ragazzo si stava allenando, come ogni giorno. Aveva una maglietta senza maniche, con il logo dell’università, che fasciava, attillata, il suo corpo da velocista. Era innamorata di lui, follemente, perdutamente, totalmente. Ricordava alla perfezione ogni cosa che lo riguardasse, dal giorno in cui si erano incontrati, a scuola, in prima media. Ogni risata, ogni scherzo, ogni occhiolino, ogni carezza. Che brividi che le dava.
Sorrise. Cody le aveva mandato un messaggio chiedendole di venire al campo per una cosa importante. Forse voleva chiederle di andare con lui in quel viaggetto alle Hawaii che avrebbe fatto durante le vacanze di Natale. Si, doveva essere così. Che bello, Tammy non vedeva l’ora di partire.
‘Coach! Faccio una pausa!’ disse Cody quando la notò.
‘Ok, O’Malley! Ma vedi di non tornare tra mezz’ora!!’ gli urlò dietro il corpulento allenatore.
‘Va bene, va bene!’ il biondo corse verso le gradinate. La ragazza lo salutò con la mano, mentre lui, con un colpo di reni, scavalcava la recinzione. La raggiunse e si accomodò accanto a lei.
‘Ciao!’ le disse e le schioccò un sonoro bacio sulla guancia ‘Spero tu abbia fame!’ le disse senza neanche aspettare una risposta.
‘Fame?’ chiese lei, un po’ confusa ‘No, non hai visto quanto ho mangiato a pranzo? Non ho neanche…’ ma l’espressione divertita di Cody le aveva fatto capire a cosa si riferisse ed alzò gli occhi al cielo.
‘E’ per questo che mi hai fatto venire?’ gli chiese un po’ scocciata. Cody scrollò le spalle e le fece un sorrisetto petulante ‘beh, è importante che tu ti tenga in forze, no?!’ disse mentre beveva a canna dalla sua borraccia con quella splendida faccia da schiaffi che si ritrovava.
‘E dai Cody, adesso non… non ne ho voglia!’ gli disse delusa. Lui si mise a ridere:
‘Ma non dire stronzate! Tu hai sempre voglia di succhiarmelo!’ non era una frase detta con garbo e Tammy si voltò, ferita, per vedere se qualcuno l’avesse sentito. Fortunatamente nessuno sembrava essersene accorto. Lui insistette.
‘Insomma… quanti bocchini mi avrai fatto da quando ci conosciamo? Qualche migliaio, di sicuro!’ continuò a bere, rilassato.
‘Cody, smettila, c’è gente!’ le sussurrò lei indispettita colpendole il braccio. Lui sorrise.
‘Ricevuto!’ le disse, poi, facendole l’occhiolino ‘Dai, muoviti che ho solo un quarto d’ora’ la prese per un polso e la condusse verso gli spogliatoi maschili. Questo suo atteggiamento stava peggiorando di giorno in giorno. Ad onor del vero era sempre stato un po’ strafottente e anche un minimo arrogante, ma riusciva a mascherare tutto col suo ipnotico charm. Erano quei tipi dell’ultimo anno, ne era sicura. Da quando li frequentava il suo dolce amore si stava trasformando. Ma cosa poteva farci? Tentò una resistenza molto blanda e si lasciò trascinare. Gli spogliatoi erano vuoti, come prevedibile. La fece entrare nel cubicolo più vicino e lei, in automatico, s’inginocchiò. Lui si appoggiò alla porta e lei le abbassò i pantaloncini e i boxer quanto bastava per far uscire il pene. Che meraviglia, lo conosceva a menadito, ogni venatura della pelle. Semplicemente bellissimo, attorniato da una folta peluria bionda. Gli mise le mani sulle cosce ed avvicinò la bocca. Arricciò il naso.
‘Sei tutto sudato e puzzi da morire!’ gli disse, un po’ stizzita.
‘Haha! E allora? Come se fosse la prima volta! Dai succhia che è più saporito!’ le disse divertito avvicinandole la testa con la mano, fino a strusciarglielo sulle labbra.
Lei ubbidì e cominciò a pompare il cazzo del giovanotto che amava con tutto il suo cuore. A dire il vero le faceva un po’ schifo, quand’era tutto sporco ma lo accontentava ogni volta. Ogni singola volta. Leccò l’asta viscida lavandola con cura, sentendola crescere centimetro dopo centimetro. Dopo tutti quegli anni sapeva esattamente cosa fare per farlo godere. Avanti e indietro, avanti e indietro, lentamente, ingoiandolo fino alla base, per poi tornare indietro succhiando con dolce forza. Movimenti fatti migliaia e migliaia di volte per fargli raggiungere il piacere. Lo guardava fisso negli occhi, sapeva che al giovane piaceva e a lei non pareva il vero. Lui le sorrideva, come al solito. Un sorriso per il quale sarebbe morta.
‘Leccami le palle…’ le disse dopo qualche minuto allontanandole la faccia. Si mise all’opera. L’odore di maschio le riempiva le narici, violento. Leccò lo scroto in ogni sua parte per alcune decine di secondi, mentre il bel biondo continuava a guardarla sorridente. Poi, senza dirle niente, le prese la testa e le ficcò il cazzo di nuovo in bocca, fino alle palle. Cominciò a muovere il bacino e a farlo entrare ed uscire dalla sua gola. Tammy era sorpresa dalla novità. Era lei a succhiarglielo, lui la lasciava fare, era sempre stato così. Che stava succedendo? Il ragazzo le entrava e usciva dalla bocca sempre con maggiore velocità, con forza a tratti quasi con violenza. Era come se le stesse scopando la bocca. Il sorriso dolce che, in genere, le rivolgeva era più che altro un ghigno divertito. Lei accolse gli affondi di lui con maestria, era abituata a sentirselo in gola, era soltanto il modo che la offendeva e la spaventava. Dentro, fuori, dentro, fuori le piantava il naso nel pube ad ogni affondo, cominciava ad essere insostenibile, aveva bisogno di riprendere fiato. Cercò di comunicarglielo, gemendo, colpendolo sulla coscia. Dopo un po’ le lasciò la testa e lei riprese fiato, tra qualche colpo di tosse.
‘Ma che ti è preso oggi?’ gli disse seccata. Lui sorrise e fece spallucce, come il più innocente degli angioletti:
‘Perché? Voglio una pompa, che c’è di strano?’
‘Ma…’ provò a dire lei ma l’impazienza adolescenziale ebbe la meglio:
‘Dai, apri! Hai respirato, no?’ lei non poté che obbedire e lui ricominciò a fotterle la faccia. Mugolava di piacere il prestante atleta, godendo di ogni spinta.
‘mmmm… che brava che sei… senti quant’è buono!’ era vero. Tammy adorava il suo sapore, ne era completamente assuefatta e avere il suo cazzo in bocca era probabilmente la cosa che amava di più al mondo. Era presa dall’eccitazione ma questa novità non le andava a genio. Le stava sfondando la gola, sempre più forte e la presa che aveva sulla sua testa era una morsa d’acciaio.
Andavano avanti da una decina di minuti, quando le spinte aumentarono d’intensità e il giovane venne:
‘Aaaahhh, ingoia! Ingoia, cazzo!’ disse tra i gemiti sussurrati. La ragazza spalancò gli occhi, mentre buttava giù un fiume infinito del suo sperma caldo. Le uscì dalla bocca appena finito e lei lo guardò male. Con la voce un po’ affaticata gli disse.
‘Potevi avvertirmi, però!’ lui abbassò lo sguardo divertito con un po’ di fiatone:
‘Quante storie oggi! Per caso, hai le tue cose? Da quando in qua devo chiederti il permesso per venirti in gola?’ lei provò a sostenere il suo sguardo, ma ci riuscì solo per pochi secondi.
‘Appunto…’ disse lui ridacchiando tronfio ‘…dai, puliscimi che devo tornare in campo!’ le disse guidandole di nuovo la faccia sul cazzo. Lei lo riprese in bocca e munse le ultime gocce di sperma. Lui le premette il viso sul pube strusciandole il naso e gli occhi sul basso ventre, contento. Poi la lasciò e si tirò sù i pantaloncini. Le mise una mano sulla testa e la carezzò:
‘Ottimo lavoro, come sempre, ti chiamo dopo…’ si voltò ed uscì dal cubicolo, lasciandola in ginocchio, con la faccia impregnata del suo sudore.

Già, Tammy ricordava proprio tutto di Cody. La mente gli tornò al giorno in cui era cominciata quella loro strana relazione. Non con un timido e romantico primo bacio, ma con un lascivo e libidinoso primo pompino. Un giovedì pomeriggio di mezza estate, due ragazzini che guardavano un film in TV, a casa di lei, seduti sul divano, con sua sorella maggiore che studiava al piano di sopra. Lei aveva sostenuto, in maniera infantile, che i maschi puzzano. Lui, risentito, dopo aver bisticciato per una decina di minuti, le aveva messo una mano sulla testa, per gioco e le aveva spinto la faccia in mezzo alle sue gambe, dicendole di annusarlo per provarle che aveva torto. Ma quel gioco si era trasformato in qualcosa di più. Lei era rimasta un po’ inebetita da quel suo gesto e l’aveva lasciato fare. Cody le aveva sorriso, anche lui sorpreso dalla situazione e aveva cominciato a strusciargli la faccia con delicatezza sul suo pacco. Da lì a tirarsi giù gli shorts e infilarglielo in bocca, il passo era stato molto, molto breve. Raggiunto l’orgasmo, l’aveva talmente confusa di complimenti per quanto l’aveva fatto godere che da quel giorno era diventato un piacevolissimo passatempo per entrambi.
La ragazza camminava verso il dipartimento di scienze, ripensando a tutto questo e riflettendo anche su quello che invece era successo una mezzora prima negli spogliatoi. C’era qualcosa di diverso in lui. Era più aggressivo. Tammy si era sentita, per la prima volta, usata. D’altro canto, però era un’inguaribile ottimista e non impiegò molto a far lavorare la vocina della sua coscienza, facendosi dire che si stava facendo troppe seghe mentali. In fondo Cody non era più un ragazzino ma un diciannovenne prestante che aveva bisogno di scaricarsi.
‘Probabilmente gli sei venuta a noia…’ continuò martellante la vocina ‘…e vuole provare qualcosa di più… eccitante…’ sorrise a sé stessa, rincuorandosi. Sapeva cosa fare. Non era una cosa così importante, in fondo lei adorava avere il suo cazzo in bocca e se questo significava farsela scopare… beh, non ci trovava niente di male. Sapeva in cuor suo che Cody le voleva un gran bene. Non l’amava come lei amava lui, questo l’aveva capito, ormai, però le voleva bene e sulla sua fedele amicizia, sapeva di poter contare sempre. Si mise una mano in tasca, in un gesto abituale, a cercare il telefono. Non lo trovò. Si frugò addosso, dappertutto ma niente. Doveva averlo lasciato nello spogliatoio. Si dette della stupida mentre rifece, a corsa, la strada che aveva appena percorso. Arrivò all’uscita dello stabile proprio mentre alcuni ragazzi stavano uscendo. Cody era con loro e stava per chiedergli di aiutarla ma vide con lui quel Chris Donovan e si fermò. Si nascose dietro l’angolo, non voleva farsi vedere da quel bellimbusto:
‘…e vedrai se non me la chiavo perbene, quella troietta! Ho le palle gonfie, sono tre giorni che non scopo!’ disse un ragazzo da capelli rossi che Tammy non conosceva.
‘hahaha!! Povero Clive! Fai come la matricola, qui!’ disse Chris ‘fatti uno sborratoio, hahaha!!’ risero tutti insieme.
‘haha! Uno sborratoio, dici? haha!! E come funziona?!’ continuò il rosso, stando al gioco.
‘Beh, è comodissimo!’ gli rispose Cody ‘le mando un messaggio e nel giro di dieci minuti mi s’inginocchia davanti, con la bocca aperta! hahaha!!’ altre risate.
‘Ma chi è? Quella moretta rompipalle con cui mangi sempre a mensa?’
‘Ovvio!’ rispose Cody ‘Secondo te perché me la porto sempre dietro?’ le loro risa si allontanarono e le parole diventarono intelligibili. Tammy non riusciva a smettere di piangere. Quelle poche frasi le avevano mandato il cuore in frantumi.

University of California – Mensa universitaria – 17 Novembre 2011 – ore 1:09 p.m.

‘Tammy non mangia con noi?’ chiese Stewart a Cody vedendola seduta ad un altro tavolo. Da quando gli faceva da tutor, il giovane atleta aveva cominciato a passare un po’ più di tempo col suo compagno di stanza. Era un tipo apposto e a Cody piaceva che fosse così gentile e servizievole con lui, a tratti quasi servile.
‘Abbiamo litigato…’ gli rispose laconico, ripensando alla sfuriata che gli aveva fatto la ragazza, finita con uno schiaffo in pieno viso, mentre lui cercava di minimizzare.
‘Niente di grave spero…’ disse Stewart in tono consolatorio. Cody scrollò le spalle:
‘Dice che non vuole avere più niente a che fare con me…’
‘Ma dai? Tu e Tammy? Che cosa le hai fatto?!’
‘Ma niente, un malinteso, è lei che è esagerata!’ buttò là il biondo. Stewart capì che non era il caso di continuare a fare domande.
‘Beh, lasciala sbollire, vedrai che fate pace’ disse solo. Cody non rispose. Dopo qualche minuto.
‘Oggi torno dall’allenamento verso le cinque, devi aiutarmi col nuovo capitolo, amico, ci sono un paio di esercizi che non mi tornano!’ Stewart fece una smorfia.
‘Veramente… avrei un impegno fino alle sei…’ cominciò ‘…ma lo sposto, non ti preoccupare, per le cinque sono in camera, operativo!’ gli disse zelante.
Cody sorrise soddisfatto:
‘Bene, perfetto!’

Tammy aveva riposto il vassoio con i resti del suo pranzo nei carrelli della mensa. Si voltò e si trovò Cody di fronte.
‘T’ho detto che non voglio più vederti!’
‘E dai Tam, ne stai facendo una tragedia, ti ho già detto che mi dispiace, erano solo chiacchiere da spogliatoio!’ le disse per l’ennesima volta.
‘Tu non capisci! Sei un maiale, un porco schifoso, mi fai vomitare!’ gli disse in un pericoloso sibilo. Lui alzò gli occhi al cielo esasperato. Lei si voltò e fece per allontanarsi.
‘Questa è l’ultima volta che ti corro dietro Tam, pensaci bene!’ la ammonì. Lei si fermo senza voltarsi ‘se te ne vai è finita veramente.’ le disse gelido. La ragazza ingoiò. Aveva le lacrime agli occhi ma non gli volle dare la soddisfazione. Non gli rispose, semplicemente riprese a camminare ed uscì dalla mensa.

University of California – Campo di atletica – 17 Novembre 2011 – ore 04:20 p.m.

‘Che si fotta, amico!’ disse Chris al suo giovane amico ‘Non ti mancano di certo le fichette da scopare, no?’
‘Non è quello, Chris! Siamo… eravamo amici!’ rispose Cody mentre facevano stretching.
‘Aaahh! Vedrai che tornerà strisciando, deve solo capire che il suo scopo nella vita è succhiarti l’uccello!!’ Cody sorrise.
‘Finalmente un sorriso, amico! Mi ero rotto di quel cazzo di muso lungo!’ gli disse scherzando e spintonandolo per gioco. Cody rise, il suo amico era riuscito a risollevargli l’umore.
‘Donovan! O’Malley! Piantatela di fare gli idioti! In pista, sui cento, forza!’ tuonò il loro allenatore.
‘Si, coach!’ risposero i ragazzi ridacchiando.

University of California – Campus studentesco – Dormitorio maschile F – Stanza 12G – 17 Novembre 2011 – ore 5:36 p.m.

Stewart guardava l’orologio ogni tre minuti. Ma dov’era? Eppure era sicuro che gli avesse detto alle cinque. Aveva provato a chiamarlo ma niente. Era piuttosto seccato. Ad averlo saputo sarebbe potuto andare al centro commerciale con i suoi amici che, peraltro, c’erano rimasti male che avesse deciso di snobbarli. La porta si aprì e Cody entrò col borsone sulle spalle. Indossava ancora gli abiti da allenamento.
‘Ciao amico! Scusa il ritardo ma Harris ci ha massacrato oggi!’ buttò il borsone a terra e si gettò sul letto ‘sono distrutto, cazzo!’
‘Non potevi avvertirmi?’ gli disse Stewart.
‘E come?! I cellulari si lasciano nell’armadietto, non l’hai mai fatto un po’ di sport al liceo?’
‘Giusto…’ convenne dopo qualche secondo.
‘Cazzo, non ho neanche la forza di togliermi le scarpe! Ti spiacerebbe, Stew?’ il ragazzo sbiancò. Territorio molto pericoloso per lui. Era come un alcolista a cui viene offerto da bere. Raccolse tutto il suo autocontrollo.
‘Te lo scordi, amico!’ gli disse con una risatina finta, come se la cosa lo rivoltasse.
‘E dai STEWE! Non farti pregare, ho i piedi in fiamme!’ quel nomignolo gli trapanò il cervello da parte a parte. Rimase senza fiato per un attimo. Rivide il ghigno arrogante dei suoi cugini che lo sbeffeggiavano allegri e, come se i muscoli gli si muovessero da soli, s’inginocchiò ai piedi del letto che aveva di fronte. Sbuffò un po’, tanto per mantenere le apparenze.
‘E va bene, rottura!’ Cody ridacchiò. Ai piedi aveva delle Nike rosse con il calzino a caviglia nero. Gli sfilò la prima e le sue sensazioni, a stento sopite, si risvegliarono voraci. Sfilò anche la seconda. Stewart fu attaccato dall’odore acre di sudore del ragazzo. Gli sfilò le calze e, d’un tratto, i suoi piedi da semidio erano così vicini a lui: sudati, sporchi, fetidi… perfetti.
‘Aaahh! Molto meglio!’ Cody si sgranchì le dita alzando il piede e mettendoglielo davanti alla faccia. Stewart credette di cedere, a trenta centimetri da quella pianta che lo attraeva possente, ma la sua resistenza fu più forte.
‘Ok!’ disse Cody alzandosi in piedi, di fronte al compagno inginocchiato ‘mi faccio una doccia e sono pronto per cominciare!’ Stewart annuì, non si fidava a parlare. Cody gli sorrise dall’altro della sua statura. Era così vicino a lui, l’odore del suo corpo lo investiva.
Poi se ne andò in bagno.
Stewart respirava con grande fatica. Le spalle gli si alzavano ed abbassavano, cercando di mandare un po’ d’ossigeno al cervello, ancora in trans. Aveva fatto qualcosa di stoico ma ora non ce la faceva più. Non appena sentì l’acqua cominciare a scorrere, raccolse i calzini umidi di Cody e cominciò ad annusarli e poi a leccarli e poi ancora ad annusarli. Dette sfogo a tutta la sua passione, completamente perso nel suo modo, con il cazzo di marmo che stava per spruzzargli nelle mutande. Non poteva notare i due splendidi occhi verdi che lo osservavano dalla porta del bagno. Due occhi soddisfatti e divertiti, che avevano grandi progetti per lui.

University of California – Campus studentesco – Dormitorio maschile F – 22 Novembre 2011 – ore 7:05 p.m.

Cody era sovrappensiero mentre percorreva il lungo corridoio che portava alla sua camera. Aveva giusto il tempo di cambiarsi e raggiungere Chris e gli altri, sarebbero andati in quel nuovo locale a Hollywood, a quanto pare molto popolare tra i ragazzi in.
Quando aprì la porta però, tutto sia aspettava tranne di vedere Tammy seduta sul suo letto, con aria sconsolata. Il ragazzo aggrottò la fronte e la guardò chiudendosi la porta dietro le spalle.
‘Mi ha fatto entrare Stewart…’ disse lei imbarazzatissima.
‘Questo l’avevo intuito…’ replicò Cody piuttosto freddo ‘Che ci fai qui? Credevo non volessi più vedermi!’ lei si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo. Poi, d’un tratto gli corse in contro e lo abbracciò, stringendolo forte.
‘Woah, woah, woah!’ le disse lui staccandosela di dosso ‘non te la cavi così, stavolta Tam!’ lei era sull’orlo delle lacrime.
‘L’ultima volta che mi hai rivolto parola hai detto delle cose piuttosto pesanti, ora ti presenti qui e mi abbracci, troppo comodo!’ continuò, scaldandosi. Lei chiuse gli occhi e una lacrima le scese.
‘Ero arrabbiata…’ gli disse timidamente.
‘Ma pensa un po’! Adesso sono io ad essere arrabbiato, però!’ le disse alzando la voce ‘Non facciamo finta che questo nostro piccolo accordo convenga soltanto a me! Mi hai fatto passare per un maniaco, quando tu non fai altro che sbavare giorno e notte solo al pensiero di ciucciarti questo!’ le disse toccandosi il pacco ‘Se io sono un maiale, tu sei una gran troia, Tam! Lasciatelo dire!!’ La ragazza guardò il pavimento per qualche secondo, prima di rispondergli:
‘Hai ragione…’ il ragazzo si calmò appena ‘…ho esagerato, mi dispiace…’ continuò lei guardando sempre in basso. Stava piangendo in silenzio. Lui alzò gli occhi al cielo e la strinse a sé e la ragazza esplose in un pianto isterico, con la faccia seplota tra i suoi pettorali, ripetendo le sue scuse al ragazzo ancora e ancora. La strinse per un minuto o due, finché non si calmò.
‘Cody, non sai quanto mi sei mancato…’ gli disse tra gli ultimi singhiozzi ‘…è stata la settimana peggiore della mia vita…’ il ragazzo sorrise:
‘Anche tu mi sei mancata, stupidina… beh, a dire il vero, la tua bocca molto più di te, però anche tu…’ si misero a ridere entrambi e la tensione si dissolse. Lei si asciugò le lacrime e disse:
‘Voglio che torni tutto come prima’ lui sorrise pensando alle parole che Chris gli aveva detto qualche giorno prima.
‘Anch’io, e lo sarà…’ le sorrise sfacciato ‘…non appena mi avrai detto che non puoi vivere senza succhiarmelo…’ lei alzò gli occhi al cielo in una divertita esasperazione.
‘E dai, possibile che tu sia così…’ le scappò da ridere.
‘No, no, no, voglio sentirtelo dire, forza!’ continuò lui allegro. Lei sorrise, poi lo guardò con intensità, un po’ più seria:
‘Beh, perché no? E’ la pura e semplice verità, Cody…’ gli disse con romantica passione. Poi allungò il collo per baciarlo, ma lui le mise due dita sulla bocca spingendola indietro, con dolcezza. Le sorrise:
‘Le tue labbra non sono fatte per baciare, Tam, lo sai.’ Cody la vide sorridere mentre s’inginocchiava e quando sentì la sua saliva inumidirgli l’uccello pensò che i ragazzi non si sarebbero arrabbiati troppo se avesse ritardato. Avrebbe avuto qualcosa da raccontargli e poi, c’è sempre tempo per un pompino.

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