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OrgiaRacconti CuckoldTrio

Alcuni piccoli segreti

By 6 Agosto 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Luna park 

 

Iuri ci giura che è così. Malgrado sia ancora un ragazzo è da parecchi anni che sta alla cassa della casa degli specchi. Dice che almeno un paio a sera le becca, senza mutande. Quando tutte sghignazzanti passano su un punto preciso della passerella di metallo davanti al suo gabbiotto lui preme il pulsante e l’aria compressa fa volare in alto la gonna e le loro intimità diventano per qualche secondo alquanto pubbliche. Dice che lì di fronte sostano sempre parecchi ragazzotti in attesa dello spettacolo. E questo è vero, lo possiamo constatare noi stessi.

Non sbaglia un colpo, si vanta, perché le sa riconoscere dalla faccia, lui, quelle a cui piace rischiare di far vedere a tutti quanto sono vacche. Dice che non è mica facile, che alcune hanno proprio l’aspetto da ragazze serie e che, a parte lui, nessuno lo direbbe mai. E guarda me mentre lo afferma, lo stronzetto, con la sua espressione da iena a cinque centimetri dalla preda.

Ma io col cazzo che ci passo sulla sua passerella! Anche se, in effetti, la tentazione è forte…

 

(tratto da 116 piccoli segreti)

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Crisi

 

Nel buio le dita di Carlotta si allungano nel gesto automatico di ogni sera verso l’interruttore. Prima che lo raggiungano qualcosa le afferra il polso e la tira in avanti. Cade a terra. Cerca di gridare, ma subito una seconda mano le smorza ogni suono premendole forte sulla bocca. Si divincola; inutilmente: l’uomo la tiene schiacciata contro il pavimento con tutto il suo peso.

Poi la mano con violenza le incastra l’avambraccio dietro la schiena, tra i loro due corpi, e rapida si sposta sul suo seno. Le strizza la mammella, bella e gonfia come piace a lui.

Lei si inarca e scalcia.

“Zitta e ferma o t’ammazzo.”

Carlotta ubbidisce. Torna il silenzio.

“Brava…” Allenta la pressione sul viso. Le dita maschili seguono il contorno delle labbra. Il tocco diventa una carezza che si sposta sulla guancia, scende sul collo e scopre la spalla. Gliela bacia, mentre la carezza scivola lungo il fianco, raggiunge i leggings e vi si insinua. Le dita avvolgono il pube, mentre il fiato sempre più profondo dell’uomo le riempie l’orecchio, facendola rabbrividire. Una falange le entra dentro. Le scappa un lieve strillo, subito smorzato.

“Sei tutta bagnata… Ti piace, eh, puttana?…”

Carlotta non risponde, è concentrata sulla stimolazione che sta subendo il clitoride, effettivamente abbastanza inturgidito.

“Ora vediamo quanto sei porca…” Si solleva dal suo corpo. Si gira e si siede sulla sua schiena, rivolto verso i suoi bei piedini. Lei si lamenta dei seni compressi contro le piastrelle dell’ingresso, ma lui non le bada. Le afferra la cintura dei leggings e li abbassa sulle cosce. Abbassa anche gli slip e palpa vigorosamente con entrambe le mani le natiche nude. Le divarica e affonda la faccia tra esse. Carlotta sente la sua lingua solcarle l’ano e poi scendere tra le grandi labbra. Geme.

L’uomo continua, come cercasse di leccare sempre più in profondità, mentre le sue mani si muovono lungo le cosce, passano sui polpacci e cingono le caviglie. Le tirano a sé, obbligandola così a divaricare le gambe e ad immaginare se stessa come un anfibio pronta alla vivisezione. Poi, mentre la lingua raggiunge sempre più caldi meandri, le sue dita seguono il contorno del cinturino delle eleganti scarpe con il tacco a spillo, che lasciano scoperta buona parte dei piedi, sfiorano la pelle nuda nell’incavo sopra il tallone e affondano sotto la volta plantare, incastrandosi tra essa e la soletta, prendendone la stessa suadente curvatura. Lei ha un fremito di solletico, ma cerca di resistere. Lui abbandona le sue intimità e la sua bocca segue il percorso delle mani, carezzandole umida la pelle della gamba, partendo dall’inguine e giungendo fino ai piedi. Li bacia, entrambi, poi inizia a leccare anch’essi, insinuandosi negli stessi punti prima toccati. Prende poi in bocca le piccole dita laccata, si sofferma a lungo sugli alluci, mentre l’eccitazione di Carlotta, non particolarmente attirata da questo tipo di attenzioni, inevitabilmente scema.

“Ma la vuoi finire?” sibila cattiva.

“Scusa…” risponde mesto l’uomo, e subito si alza, per girarsi e cambiare nuovamente posizione. Monta sulle sue gambe lisce, puntando il suo pene negli orifizi ancora fradici di saliva e umori.

“Non sono mica ancora pronto…” sussurra. “Ti va di ciucciarmelo un po’?”

Lei si gira supina e solleva il busto appoggiandosi sui gomiti. Lo guarda seria nella penombra. Non sembra affatto intenzionata ad accontentarlo. “Sei proprio un deficiente!” sentenzia, e spingendolo a lato si tira in piedi sistemandosi mutandine e leggings. Accende la luce e gli dà un’occhiataccia. Così accovacciato e con i pantaloni calati alle ginocchia, con quel suo deludente pene floscio ciondolante tra i peli, è decisamente ridicolo.

“Riesci sempre a rovinare tutto! Ti sembra che uno stupratore chieda scusa? O mi possa chiedere se mi va di ciucciarglielo?”

Lui vorrebbe risponderle che non sta scritto da nessuna parte di cosa e come debba parlare uno stupratore, ma tace, giudiziosamente, e la segue con lo sguardo mentre entra nel bagno e si chiude dentro.

 

Avrebbe dovuto dar retta al suo amico Ivan, pensa, che quando ha sentito parlare di “inventarsi nuove esperienze, eccitanti e stimolanti, per rinforzare il rapporto” ha buttato lì un paio di idee quasi offensive… Ecco, lui sì che ce l’ha la faccia e i modi da violentatore sordo a qualsivoglia distrazione o lamento.

Ha deciso: domani sera farà proprio come ha proposto lui; e se poi andrà in giro a vantarsi di essersi fatto sua moglie, pazienza. Dopotutto è ovvio che in due si ottengano dei risultati migliori. E questa volta Carlotta non si potrà certo lamentare; perché ad uno come Ivan non è che puoi dirgli per favore basta per evitare che finisca di spaccarti a mezzo come un cappone, parole sue. Quello è come un samurai, se sfodera, deve poi bagnare per forza la spada. E in Carlotta potrà bagnarsela eccome, pensa tornando a sorridere.

 

(tratto da 116 piccoli segreti)

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Orgia

 

Grazia è, per l’appunto, la più graziosa dell’ufficio. Ha un incantevole accento siciliano e un altrettanto incantevole corpo, sempre ben valorizzato da abiti sapientemente ammiccanti. Sorride e sa essere simpatica. È una di quelle che rimane piacevolmente impressa a tutti gli uomini che incontra. “E chissà quante dediche ti fanno!”, la canzoniamo spesso un po’ invidiose noi colleghe.

Questa mattina invece è più scura in volto, stranamente silenziosa. Sta pensando alla successione di eventi che l’hanno portata ieri sera a ritrovarsi nuda tra quattro ragazzi di cui non ha nemmeno capito la nazionalità. Lei voleva solo vendicarsi di “quel pidocchio ipocrita di Stefano” facendosi ben notare nel locale e ricambiare magari al tradimento subìto la settimana scorsa. E così deve avere un po’ esagerato a far la smorfiosa e, quando quel bel tipo tutto griffato ha premuto la bocca contro la sua strusciandosi oscenamente contro di lei, l’ha lasciato fare. Anzi, ha addirittura accentuato la sua disponibilità palpandogli ripetutamente il bel rigonfiamento dei pantaloni, ben compiaciuta dell’evidente effetto che gli faceva. Poi si è ritrovata in un’automobile con il tipo e un suo amico, molto meno griffato ma con le intenzioni altrettanto chiare, che la baciavano avidamente, le infilavano le mani sotto la minigonna, le toglievano gli slip e decisi penetravano le dita dentro di lei, ebbra di spregiudicata passione, e non solo.

La serata è finita con altri due loro compari in uno squallido appartamento, in cui lei è stata, mai come nella sua vita, al centro dell’attenzione.

Se la sono fatta tutti e quattro, ripetutamente e contemporaneamente.

L’hanno anche ripresa con i cellulari. Continua a ripensarci e a chiedersi in quanti la guarderanno sorridere mentre…

Per fortuna non possono assolutamente sapere chi lei sia, il suo cognome, dove lavori e tanto meno come ritrovarla.

E purtroppo, pensa maliziosa. E le scappa il primo sorriso della giornata.

 

 

(tratto da 116 piccoli segreti)

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Inventario

 

Chiara chiede permesso ed esce dal suo ufficio, lasciando momentaneamente il capo-magazziniere e il suo pupillo da soli, senza più niente di bello da vedere. Il ragazzo che in un angolo sta cercando di sistemare la stampante-fax si sforza di passare inosservato. Li ascolta.

“La Chiara c’ha una voglia di cazzo che lascia la scia come le lumache!”

“Hai visto che tette? Hai visto quando si china, che si vede tutto? Lei parlava, io facevo sì con la testa, ma pensavo solo a come sarebbe bello spremerglieli, quei due pomodori maturi.”

“Franco l’ha fatto, proprio qui, nel corridoio. Le è arrivato dietro e zac! Con tutt’e due le mani. E lei sai come ha reagito? Si è messa a ridere. Hai capito che vacca che è, la nostra Chiaretta? Nemmeno si divincolava, ha proprio lasciato che gliele massaggiasse tutte alla grande.”

Al solo pensiero Fabio, accovacciato a terra con l’inutile cacciavite in mano, sente il sangue affluire al basso ventre.

“Io l’ho vista con Hassan la settimana scorsa che gli puliva la patta perché si era macchiato col caffèlatte. Gli sfregava su e giù col fazzoletto proprio sull’uccello e lo guardava con una faccia che dovevi vederla… Chiedilo a lui!” Indica Fabio ed entrambi lo guardano “È vero? C’eri qua anche tu quella mattina. L’hai vista come ci dava, con quella sua faccia da santerellina…” Non aspetta la risposta del ragazzo e prosegue rivolgendosi nuovamente al collega. “Vieni qua che ci penso io, gli ha detto. Hassan secondo me ci si masturba ancora al ricordo. Altro che quella sua mogliettina insipida…”

“Sembra così perbenino, la Chiarina… Invece è una che se te lo prende in bocca non lo rivedi più fino al giorno dopo!”

“Guardala, guardala dalla macchinetta!” Tira il pupillo verso il vetro della porta. Anche Fabio si allontana dalla stampante-fax e si sporge dietro ai due magazzinieri. Chiara è chinata a novanta gradi, sta osservando la sua cioccolata che va a riempire il bicchiere di plastica, ignara, almeno così sembrerebbe, che il suo largo vestitino in quella posizione ovina le salga ben oltre la curva dei glutei. “C’ha anche il perizomino rosso…” e sghignazzano eccitati.

“Ma non se la scopa quello sfigato del suo fidanzato?” Se la scopa, se la scopa eccome, pensa Fabio dietro di loro.

“Se ne sarà ritrovato uno che ce l’ha super-small. Per Chiara ci vuole l’extra-large! Ah ah ah…” Se te lo metto nel culo, il mio “super-small”, vedi come smetti di ridere, vorrebbe rispondergli Fabio, che in realtà non sa nulla di fax e stampanti, sentendoselo gonfio nella stretta dei jeans.

“Di extra-large quello c’ha solo le corna, te lo dico io. Ma l’hai sentita? È tutta moine e sottintesi con chiunque. Sai quanti ne trova che glielo piantano dentro senza troppe cerimonie?”

“E magari proprio davanti a lui. Chiara una volta l’ho sentita che parlava con la Gina e diceva che lui è uno di quei pervertiti a cui piace vedere la propria donna mentre gli altri se la chiavano.”

“Allora è l’uomo più felice del mondo.”

Puoi dirlo forte, gli direbbe Fabio se non ci tenesse tanto a perpetrare il suo gioco peccaminoso. Suo e di Chiara.

Come gli piacerebbe che questi due se la facessero proprio adesso, mentre rientra e tutta pimpante passa tra loro strusciandoli. Che uno davanti e uno dietro la penetrassero lì davanti a lui, facendola urlare di piacere… Sogna la scena e silenziosamente eiacula nei boxer, anche questa volta.

Chiara rientra, allegra come sempre, passa effettivamente fra i due che non fanno alcun movimento per lasciarle spazio e raggiunge Fabio. Gli si china a fianco, facendo svolazzare di nuovo il tessuto leggerissimo che avrebbe la presunzione di volerla coprire, e appoggiandogli la mano libera dal bicchiere sulla spalla gli chiede: “Allora signor tecnico, hai finito?” Fabio imbarazzato mugola un sì. “Non è che come l’altra volta ti tocca poi tornare di nuovo fra una settimana?” e gli sorride, ben sapendo.

 

(tratto da 116 piccoli segreti)

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Bicicletta

 

Ha una bel viso Irene. È quasi un peccato non vederne l’espressione che deve avere mentre le stai afferrando saldamente la coda dei capelli e tenendole premuta la faccia contro il duro cuscino dello squallido albergo a ore dove vi incontrate un paio di volte a settimana con furia la sodomizzi, la insulti, ogni volta più pesantemente, e le torci forte il braccio dietro la schiena.

Sai già che alla fine questa giovane donna dall’aria seria, che sembra rappresentare la realizzazione dell’emancipazione femminile moderna e al contempo la mammina “perfetta” dell’inverosimile famiglia tipica ritratta nelle pubblicità più sdolcinate e rassicuranti, moglie e madre anche nella realtà, ti guarderà coi suoi magnifici occhi ancora gonfi di lacrime e sembrerà essere quasi sul punto di ringraziarti, senza nemmeno essere venuta.

Non è facile capire perché insista e ci tenga tanto a farsi brutalizzare così.

Senti che soffocata dal cuscino sta urlando insieme a te, ma sicuramente non per lo stesso tuo piacere, egoista ed animale.

Eiaculi ben presto nel suo retto e ti accasci su di lei, esausto. “Ne hai abbastanza?” le sussurri nell’orecchio.

Ti fa cenno di no.

Quale sarà il suo limite? Hai notato prima che ha ancora nell’interno coscia e sui seni i segni dei morsi di venerdì scorso. Le giri indietro la testa in posizione innaturale e le sputi in faccia; lei ti guarda con una smorfia altezzosa, facendoti capire che non è assolutamente sufficiente.

Il tuo pene, ancora infilato completamente in lei, si sta ritraendo nel suo corpo sottomesso. Senti il suo sfintere contrarsi e rilassarsi attorno al tuo “mollusco”, così l’ha chiamato con disprezzo prima, quando ha iniziato a succhiartelo per renderlo temibile e poterne poi subire la prestanza.

Ma ora Irene imparerà che non gli è necessario l’inturgidimento per mortificarla come cerca.

Lei non può vedere il tuo sorriso mentre contrai i muscoli interni e mingi.
Ci mette qualche secondo a rendersi conto del calore in pancia e dell’invasione di liquido nell’intestino che ne fa aumentare il volume. “Nooo…” geme cercando troppo tardi di sottrarsi a questa nuova umiliazione.

La tieni ferma con forza, mentre la tua vescica finisce di svuotarsi in lei. Emetti alla fine un sospiro liberatorio; ti senti proprio bene ora.

Lei meno. Con una mano si tiene il ventre gonfio e con l’altra cerca di liberarsi di te.

L’accontenti. Scivoli fuori dal suo buco e lei subito lo raggiunge con le dita, se le spinge contro, cercando di occluderlo. Ti alzi, rivestendoti in fretta, mentre anche lei scende impacciata dal letto e cerca di raggiungere il water prima che sia troppo tardi.

La anticipi, allunghi una mano sul lato interno della porta del bagno e ne estrai la chiave. Chiudi la porta dall’esterno con due mandate, impedendole quindi di poter usufruire dei sanitari. La lasci carponi sul pavimento, contratta e con le dita spinte tra le natiche, e incurante delle sue lamentele ti infili la chiave nella tasca dei pantaloni. Raccogli da terra i suoi vestiti, tutti, borsetta compresa, e tenendoli sotto il braccio te ne vai, lasciando la porta della stanza aperta e il conto da pagare.

Immagini i suoi singhiozzi imploranti che non puoi più sentire.

Vorrà cambiare albergo venerdì prossimo. Ma non glielo concederai.

Che adesso pedali.

 

(tratto da 116 piccoli segreti)

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Riviera

 

Ramona rimane sola, sempre che di solitudine si possa parlare nel caos di una spiaggia riminese ad agosto, dacché le sue amiche si sono allontanate in cerca di illegali acquisti sulla battigia. Si sono rimesse il pezzo superiore del costume, loro, e invece lei, che è quella che a seno nudo si sente più a disagio – ma si è lasciata convincere -, non può, perché il suo è rimasto nella borsa che si sono prese dietro. Raggiungerle non se ne parla, non ha alcuna intenzione di andare in giro da sola in topless, oltretutto con quel costumino minimalista che Marcella le ha rifilato in cambio del suo, “perché se mi vuoi bene proprio non puoi non prestarmelo!”.

Si sente tutti gli occhi addosso, Ramona, e in effetti sono in parecchi ad averla notata. È di gran lunga la più carina del gruppo, e forse dell’intero bagno. Si gira a pancia bassa, per nascondere il petto, ma così tutti si possono gustare la vista delle splendide chiappe, solcate da una strisciolina di tessuto non più larga d’un coriandolo. Così si rigira di nuovo supina, senza pace. Se almeno quelle si muovessero…

E invece è ancora lì sola a far finta di leggere un’orrenda rivista quando la sagoma di un uomo le si ferma accanto.

“Ramona?”

E lei, che sempre sicura di sé non si è mai piegata con nessuno, che con serietà e fermezza è riuscita a farsi rispettare in fretta anche da quelle serpi dei suoi colleghi malgrado la sua giovane età, che non ha paura a parlare in faccia nemmeno a chi si ritiene superiore, quando si trova davanti Roberto, uno dei colleghi serpi di cui sopra, riesce soltanto a balbettare sillabe sconnesse.

“Vieni spesso qui? Con chi sei? Io con quelli del commerciale li vedi, laggiù?”

“Con… con delle amiche…” Parla senza pensare ad altro che alle sue tette nude sotto il suo viso e al triangolino di tessuto che le copre malamente il pube.

“Sei in piena arrostizione, eh?” strombazza lui giulivo facendo scorrere lo sguardo lungo tutto il corpo della ragazza, rimirandoselo per bene. Lei, incapace perfino di fargli notare, all’ignorante ghignante, che nemmeno esiste quella parola, mugugna un’asserzione.

“Vieni, che ti presento agli altri…” Le prende la mano e l’aiuta ad alzarsi, senza lasciarle il tempo di rifiutarsi, e la tira attraverso il bosco di ombrelloni. Lei non ci può credere che stia succedendo davvero. Le sembra che il suo fondoschiena arrossato e le sue mammelle, che lievemente rimbalzano nel movimento dei passi veloci, siano il fulcro delle attenzioni generali. Ed è proprio così. Soprattutto per quanto riguarda il gruppetto degli altri quattro uomini davanti a cui la porta Roberto.

“Non li conosci tutti, vero, ancora?” Poi si rivolge a loro: “Lei è la Naldi, del recupero crediti. Quella che vi dicevo…”

Vorrebbe chiedergli Che vi dicevo cosa?, ma essere lì di fronte a loro – facce che ha già incrociato per i corridoio e che chissà quante altre volte incontrerà – con addosso solo pochissimi centimetri quadrati di tessuto elastico, mentre questi si allungano per stringerle la mano come fossero ad una qualsiasi maledetta riunione di lavoro, le paralizza la sua solita prontezza.

“Piacere… Piacere… Sì, grazie… Piacere…” dice Ramona, ma in realtà è chiaro che il piacere è decisamente solo loro.

Prima che riesca a sottrarsi all’imbarazzante spettacolo che controvoglia sta offrendo riescono perfino a coinvolgerla in una frettolosa foto di gruppo. Roberto e un altro la avvinghiano veloci ai fianchi costringendola in pratica a ricambiare l’abbraccio e impedendole quindi di coprirsi, e l’autoscatto immortala, impietoso.

Quando finalmente dopo eterni minuti riesce ad allontanarsi – con un ultimo pensiero di vergogna per il suo sedere praticamente nudo volto ai loro sguardi e la paura che la sua reputazione d’ora in avanti possa avere un quasi davanti all’aggettivo che da sempre la contraddistingue: irreprensibile – addirittura trema per il senso di umiliazione che prova.

La foto comunque, in ufficio siam tutti d’accordo e in molti ci tengono a farle ripetutamente sapere, è venuta benissimo!

 

(tratto da 116 piccoli segreti)

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Feedback

 

Quando Luca, con la sua solita strafottenza, ci svela che la sua tecnica per amplificare l’amplesso della partner consiste nello sferrarle un pugno nelle reni proprio quando l’orgasmo è all’apice – e forte, ci tiene a precisare – noi rispondiamo con diffidente sufficienza.

 

“È vero, funziona!” esclama invece giuliva la giovane fidanzata di Mike, troppo repentinamente e con troppo entusiasmo; se ne rende conto subito anche lei stessa. Ma troppo tardi.

 

Cala un silenzio imbarazzato e il povero Mike, come tutti gli altri, istintivamente, distoglie triste lo sguardo dalla “sua” Miriam.

 

 

 

(tratto da 116 piccoli segreti)

 

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Luppolo

 

Simone mi dice che stamattina ha commesso “un grosso errore”.

Ci conosciamo da circa un anno. È stato uno dei miei primi fan (così si è sempre definito lui stesso) e uno dei pochissimi che ho accettato d’incontrare. Mi aveva affascinato raccontandomi di come avevo contribuito a migliorare la sua relazione con la fidanzata rendendo “speciale” la loro sfera sessuale.

Aveva iniziato dopo una delle mie prime storie. Ispirato dalle mie parole aveva comprato un vibratore telecomandato e grazie al suo entusiasmo contagioso (dote non comune per cui mi è piaciuto fin dalla prima stretta di mano) era riuscito a convincerla ad utilizzarlo in pubblico. Erano stati in un negozio d’alta moda e poi in un pub, da lui descritto come “pieno di testosterone”. Mi descriveva le reazioni della ragazza all’azionamento della vibrazione, e le sue espressioni mentre godeva cercando invano di passare inosservata, con le mie stesse parole, senza nemmeno rendersene conto.

Qualche giorno dopo le aveva chiesto di spogliarsi in automobile, mentre lui guidava (tra l’altro nella stessa autostrada in cui anch’io ho avuto la mia corrispettiva avventura) e dopo alcuni chilometri in cui avevano constatato quanto effettivamente i camionisti siano attenti a questo genere di cose, aveva accostato in una piazzola e sempre ispirato dalle mie esperienze – la più estrema – l’aveva bendata. Era ripartito, sempre più eccitato. Lei rideva, meno imbarazzata di quanto Simone si fosse aspettato. Alla fine, senza dirle niente, era entrato in un autogrill e aveva lentamente sfilato in mezzo alle tante persone. Solo quando lei aveva sentito l’auto fermarsi e il finestrino scendere non aveva resistito e si era abbassata la benda, ed era diventata paonazza ritrovandosi a fianco due benzinai che la fissavano divertiti (ma il termine “divertiti” non credo sia in realtà il più appropriato).

Raccontava e io ridevo, sinceramente divertita come raramente mi capita. Siamo diventati amici, e un po’ “complici”, così, dandoci ogni tanto appuntamento sempre in questo stesso bar, dove Simone mi tiene aggiornata su tutte le situazioni erotiche che riesce a ricreare, svelandomi ciò che non avrebbe mai creduto lei acconsentisse a fare o lamentandosi dei limiti che sa di non poter superare (a lui piacerebbe molto vederla far l’amore con un’altra ragazza, ma sa che la cosa le è proprio inconcepibile; e non tanto per il rapporto omosessuale in sé, quanto per l’intrinseco “tradimento” del partner: le piace giocare, ma dà per scontato che ogni tipo di eccitazione e di relazione sia solo tra loro due, coppia salda, sicura e che non ha alcun bisogno – o voglia – di terzi).

Ordiniamo due birre medie e poi lui prosegue il racconto dell’ultima loro emulazione di questa mattina, che rischia a quanto pare di essere stata l’ultima definitivamente. “Volevo farle provare quella cosa della lavatrice…” Si riferisce all’accenno che ho fatto l’anno scorso al mio modo di masturbarmi poggiando il pube sull’angolo dell’elettrodomestico durante la centrifuga. “Ha fatto una faccia quando ha sentito come le tremava tutta! Si è bagnata in un secondo, roba da non credere…” Ci credo eccome, invece. “E io ne ho approfittato… Le ho sollevato il vestito e ho iniziato a massaggiarle le chiappe. Dovevi sentire come mugolava… Io allora piano piano gliel’ho messo dentro, nel didietro…”

“Capisco. Me l’hai detto più di una volta che lei non ama molto i rapporti anali…”

“No, no aspetta, non hai capito! L’inculata a lei, in quel momento, andava anche bene… Era troppo su di giri per non apprezzarla! Godeva di brutto mentre glielo spingevo dentro. Una roba bellissima. Meglio di qualsiasi altra cosa abbiamo mai fatto…”

“E il grosso errore allora qual è stato?”

“Mentre venivo l’ho chiamata Marinella…”

Lo guardo stupita. “Cioè… tu stavi pensando a me?”

Fa sì con la testa, con un’aria seria che non gli ho mai visto. “Valentina s’è incazzata come una bestia…” Mi guarda. Si aspetta una dei miei pensieri profondi e illuminanti.

“Oh merda!…”

Dopo qualche decina di secondi di imbarazzante silenzio cambia discorso e mi chiede se ho più rivisto Alina, ma in realtà ha altro per la testa e infatti neanche ascolta la mia risposta.

Mi interrompo. Lo osservo: è dolce nel suo dolore.

“Vado un attimo in bagno…”

Mi alzo e faccio i pochi metri che ci separano dalle porte delle toilette. Spingo sulla maniglia e sento la sua voce attraversare il locale: “È quello degli uomini!”

Guardo l’uomo stilizzato della targhetta e poi quello reale, Simone, seduto al tavolino. Gli faccio un sorrisetto che vorrebbe essere malizioso ed entro lo stesso.

Aspetto quasi dieci minuti, inutilmente.

Torno alla fine al mio posto, davanti a lui che giocherellando nervosamente con il suo bicchiere vuoto mi ripete sconsolato che oggi ha proprio fatto un grosso errore.

Eh no, mio caro Simone. Oggi in realtà, di grossi errori, ne hai fatti due.

 

(tratto da 116 piccoli segreti)

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Predisposizione

 

Sarà deformazione professionale, ma è sempre gentile, Valentina, anche mentre te lo succhia con lo stile e la passione di chi ci sa fare.

Se poi per ricambiare le pianti la faccia tra le cosce e affondi la lingua nel suo scrigno non propriamente segreto, vedrai apparire sul suo delizioso visino il sorriso più incantevole ch’io abbia mai visto.

Geme angelica, naturalmente felice.

Se poi insisti e accompagnando i suoi spontanei movimenti ecciti ancor più il suo meraviglioso piccolo clitoride e aiutandoti con le dita la porti ai confini più alti del piacere, ti sembrerà quasi che il suo corpicino non possa resistere a tanta passione e si contorca nel tentativo di sottrarsi ad ulteriori insopportabili stimolazioni. Ma sbaglierai a liberarla dal giogo della libidine ritraendoti. Ti afferrerà la testa e se la conficcherà nuovamente tra le gambe, spudoratamente vogliosa.

E, vergognandosene poi infinitamente per l’errore che fanno in molti scambiando il copioso liquido per urina, t’inonderà.

 

(tratto da 116 piccoli segreti)

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