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Racconti 69

Maiko

By 11 Ottobre 2014Febbraio 9th, 2020No Comments

Camminando per le vie del centro, pensavo alla breve telefonata di Katherine, fattami la sera prima. Avrebbe dovuto trattenersi in Inghilterra per altre tre settimane. A parte un breve ma eccitante sommario delle nostre reciproche fantasie, nient’altro. Ero nuovamente eccitato.

Inutile negare che la sveltina con Laura di due settimane prima mi aveva lasciato leggermente insoddisfatto. Inoltre, la giovane mi aveva telefonato per ringraziarmi, dirmi che si trasferiva a Napoli con la famiglia e che aveva trovato lavoro. Tutto bene quel che finisce bene. Per lei, ovviamente, perché a me il problema restava…

Chiaramente era dura però trovare donne disponibili a far sesso con me: finora avevo solo giocato di trappole. Avevo portato allo scoperto la ninfomane che c’era in Katherine e approfittato spudoratamente della tristezza e della vaga ubriachezza di Laura. Insomma, questa cosa doveva cambiare!

Camminando lungo la via, vidi una giapponese, avrà avuto sui ventotto anni ma non saprei proprio dire. I capelli lisci, lunghi sino a mezza schiena erano neri come l’inchiostro. Aveva il volto come quello di una bambola, sul quale spiccavano due distinti occhi neri. Fasciata in un paio di Jeans, con un paio di Nike ai piedi e camicetta, ansimava portando due borse enormi. Immediatamente decisi: aiutarla non mi costava nulla e faceva parte del mio codice di vita. Subito mi avvicinai, dicendole di darmi una delle borse che sarei stato lieto d’aiutarla. Lei cercò di dissuadermi. Io però non mollai: presi la borsa che teneva alla mano destra, deciso ad aiutarla. Lei comprese e lasciò la presa.
Trattenni un gemito: la fottuta borsa era più pesante di quanto pensassi.

Riuscii a non parlare sino a casa sua, dove finalmente glielo chiesi:
-Mi scusi ma che c’&egrave nella borsa?-.
Lei sorrise, -Oh, sono solo un paio di cose che non potevo portare in valigia… Roba pesante, sa…-. Era evidente che non voleva dire di più.
Le porsi la mano. -Ale.-, mi presentai.
-Maiko.-, rispose stringendomi la mano lei.
-Giapponese?-, chiesi.
-Sì, sto trasferendomi qui.-, disse.
-Ha bisogno d’aiuto?-. chiesi. Intuii, a giudicare dal suo volto, un po’ di diffidenza. Subito aggiunsi, -Per me sarebbe un piacere.-.
-Non vorrei approfittarne… ha già fatto parecchio.-, disse Maiko, chiaramente combattuta.
-Per me non &egrave un problema: sono temporaneamente disoccupato.-, risposi. Era vero: ero stato licenziato dal mio precedente incarico da una stronza bionda platinata bella convinta di essere al centro del mondo. Lei e i suoi tagli avevano rovinato la vita di circa 20 persone.
Non la mia.
Io avevo ancora del denaro da parte e potevo dirmi salvo almeno per un po. Tra questo e il fatto che ho comunque la doppia nazionalità Italo-Svizzera ho ancora parecchie possibilità.
Maiko annuì dopo qualche minuto di riflessione. -Se proprio desidera aiutarmi può già farlo ora… ho alcuni mobili da montare.-, disse. Entrammo nel condominio arrivando a un bilocale. -Ecco, quelli, quello e quella.-, disse indicando due tavoli (uno che rientrava più sotto il termine “scrivania” che “tavolo”), un tavolino da salotto e una sedia da ufficio. Mi misi al lavoro. -&egrave qui da molto?-, chiesi dopo aver montato parzialmente il primo tavolo. La mia mente stava già lavorando a pieno regime su come entrare nel talamo di quella bella nipponica.
La conversazione va avanti e venne fuori che Maiko era nientemeno che la vice-consulente di un’azienda giapponese con filiali italiane. Inoltre aveva studiato parecchio per arrivare lì dov’era: l’azienda era di proprietà di suo padre che l’aveva iniziata a quel lavoro sin da quando aveva sei anni…
Continuai il lavoro ed entro sera, il bilocale semivuoto si riempì di mobili di gusto, carini davvero per i miei canoni: esteticamente essenziali ma fondamentalmente bellissimi. Molto zen, per quel che mi riguarda.

La giapponese, sempre con lo stesso abbigliamento mi guardò per qualche istante senza parlare prima di ringraziarmi. Estrasse dal portafoglio un po’ di banconote da 50 ‘. Le rifiutai. -L’ho fatto per lei.-, dissi. -Dammi pure del tu, Ale.-, rispose lei con un sorriso smagliante. -Ok. L’ho fatto per te.-, riformulai. Ero quasi certo che fossimo vicini ad un radicale mutamento della situazione. infine me lo chiese:
-Sembri parecchio sudato. Vuoi farti una doccia?-.

Sorrisi, non volevo approfittare della cosa ma ne avevo davvero bisogno e sapevo che accettando mi sarei ulteriormente avvicinato al mio obiettivo. Accettai con un sorriso.

Mi spogliai in quel piccolo bagno e, preso un sapone neutro, mi infilai sotto il getto di acqua calda. Mi lavai e, uscito, cercai l’asciugamano per potermi asciugare. Non lo trovai.

Maiko entrò proprio in quel momento con l’asciugamano in mano, vedendomi totalmente nudo. Cosa ancora peggiore: il mio pene si era ingigantito, cosa che la giapponese non poteva evitare di notare. Attesi cinque dannatissimi secondi per riprendere il controllo su me stesso ma Maiko mi sorprese.
-Quanto tempo che non faccio l’amore…-, sussurrò prima di avanzare di un passo, lasciar cadere l’asciugamano e baciarmi. Mi sorprese ma mi permise anche di raggiungere il mio obiettivo. Presi a toglierle i vestiti di dosso, con lei che mi aiutava mentre mi accarezzava il petto, scendendo per lo stomaco, e infine prendendomi il pene e iniziando a masturbarmelo. -&egrave bello duro… Sono anni che non faccio sesso.-, osservò con una nota di vaga nostalgia che non seppi interpretare.
Non ne ebbi il tempo: il reggiseno, ultimo indumento che mi separava dai suoi seni, cadde a terra. Presi a succhiarle i capezzoli, stringendole i seni (che non erano esattamente enormi) come se avessi voluto spremerli. Maiko gemette, interrompendo la sega che mi stava facendo per togliersi gli slip.
La sua fica era glabra e non molto differente da quella di Laura. La sola differenza poteva essere all’interno e mi affrettai ad appurarla: sollevai la giapponese che si avvinghiò al mio collo con un sorriso mentre mi baciava di nuovo. La penetrai. Era stretta, quasi fosse vergine, ma molto molto eccitante. Appena un po’ umida. Cominciai a muovermi dentro di lei mentre sentivo le unghie di Maiko graffiarmi la schiena. -Oh sì…-, gemette lei, -Non farti problemi a venirmi dentro… sono sterile.-. Era un sogno? Se non lo era gli somigliava molto.
Continuai per un tempo incredibile, mordendole i capezzoli e stringendole le natiche mentre continuavo a pomparla. Quando alla fine venni dentro di lei, Maiko era già venuta due volte, urlando come un’ossessa frasi in giapponese il cui significato mi era empiricamente chiaro.
Sentivo le mie gambe molli e mi sedetti sul vater con la bella nipponica sulle mie cosce e ancora piantato dentro di lei.
-Torna quando vuoi.-, mi disse, un sorriso enorme che le illuminava il volto. Maiko mi aveva invitato a casa sua. Erano passati cinque giorni dalla nostra precedente scopata e potevo dire che un’invito da parte di una come lei non l’avrei mai rifiutato. Oltre ad essere parecchio calda, era anche in astinenza, era percettibile. Un’occasione fantastica.
Chiaramente non potevo dire di avere dimenticato le altre mie amanti. Erano però entrambe lontane: Laura da Napoli si diceva super impegnata e lieta che la sua vita avesse ripreso una buona strada. Riteneva di stare persino costruendo una relazione seria con il suo collega, tale Mario. Katherine, da Londra, sosteneva di dover restare laggiù ancora qualche settimana per alcune importanti questioni che non mi fu dato conoscere. Infine, la bella domenicana mi confessò di essersi scopata due fratelli. Disse che era stata un’esperienza… diversa (così lei me la descrisse). Per un istante temetti quasi che sarebbe rimasta a Londra ma sapevo bene che sotto sotto non poteva fare a meno di me.
Né io potevo fare a meno di lei.

Ad ogni modo, Maiko e l’appuntamento propostomi quel giorno erano diversivi più che piacevoli…
Stavo quindi recandomi all’appartamento di Maiko. Mi aprì al citofono con tono lievemente affannoso. “Che si sia già data una scaldata in previsione del mio arrivo?”, mi chiesi. Il tono con cui mi aveva detto di salire era indiscutibilmente eccitato.
Comunque, quello che sentii all’interno superò ogni mia previsione.

Gemiti. i gemiti che una donna tende ad emettere quando qualcuno (o qualcosa) la fa godere. Ero basito: stava continuando a toccarsi? Voleva forse venire? Con me così vicino? Con il mio pene che sembrava esplodermi, tanto mi ero eccitato negli ultimi dieci secondi?
Non sarebbe stata una scelta saggia…

Ma, come ho detto, quello che vidi, seguendo i gemiti e le frasi smozzicate in giapponese che ora riconoscevo come simili, quasi uguali ma stranamente distinti, oltrepassò qualunque mia possibile fantasia.

Maiko era distesa sul letto a due piazze di camera sua, completamente nuda. Tra le coltri sfatte e umide, si agitava un’altra donna, giapponese e nuda anche lei, i capelli a caschetto e il seno appena più grande.
-Ale!-, esclamò Maiko, ansimando pesantemente e senza fermarsi, -Vieni!-.
Non avevo nessun bisogno di un’invito: lasciai i vestiti dietro di me, balzando sulle due. -Lei &egrave… mia sorella…-, ansimò Maiko secondi prima che le piantassi in bocca il mio piolo di carne, -Yoshiko.-. Sul momento me ne importava poco e, mentre una mi spompinava, mi dedicavo ampiamente all’altra. Le tolsi il dildo a due punte che le due stavano usando poco prima del mio arrivo dalla fica e andai a riempirla con la mia lingua. La giapponese gemette, ansimò, stava godendo come una cagna. Intanto aveva preso a stimolare la fica della sorella con un piede. Il pompino che Maiko mi stava elargendo era eccezionale ma ora volevo mettere alla prova la sorella. Le misi il membro in bocca e lei prese a succhiarlo golosamente, quasi fosse stato un mango. Faticai a non esplodere.
Chiaramente, Maiko venne pochi istanti prima che mi scaricassi nella bocca di Yoshiko. La giovane fu l’ultima a venire grazie alle mie dita.
Passammo la serata a parlare.
Yoshiko aveva venticinque anni e un lavoro molto meno stabile di Maiko. Se a questo si aggiungeva che era un troia di quelle epiche (lei stessa mi disse di aver fatto sesso col suo capo per mantenere il lavoro). Me ne andai solo DOPO aver riempito le sorelle.
Dire che ero esausto era minimizzare.
Ma sapevo che le due sorelle lo erano più di me. La giapponese sbavava quasi, contenendo a stento l’eccitazione mentre, inginocchiata di fronte a me, liberava il mio pene ormai granitico dalla sua prigione di tessuti. -Mi &egrave mancato molto…-, disse. -Sono passate solo trentasei ore circa…-, le feci notare. -Sì,- fece lei, -Ma…-. Il resto non poté dirlo: le spinsi la testa verso il membro, infilandoglielo in bocca. Lei prese a succhiarlo, lentamente, con calma. Era come se stesse gustandosi una qualche deliziosa pietanza che doveva durare il più a lungo possibile. Sospirando, mi soffermai a ripensare a come eravamo arrivati a quel momento.

Qualche ora prima stavo aspettando Maiko in un caf&egrave del centro di Como. Ero arrivato con trenta minuti buoni d’anticipo, cosa che mi succede praticamente sempre. Lei non si presentò. Attesi altri dieci minuti solo per vedermi recapitare un messaggio sul mio iPhone 5:
“Sono presa da una riunione inderogabile, scusa. M.”.
E in quel mentre, il mio membro si sgonfiò come un palloncino forato…
Ciononostante trovai la forza di volontà di digitare:
“Non fa nulla. A presto. A.”.
Per digerire la frustrazione rimasi fermo per qualche istante, ignorando temerariamente il senso di irritazione crescente che mi veniva. Nel mio cervello presero a impazzare flashback della sera prima.
Io che penetravo Maiko dopo che Yoshiko l’aveva legata al letto…
Le due ragazze che si leccavano in un sessantanove da enciclopedia…
Quelle immagini stavano facendomelo rizzare e, nello stesso istante, stavano annientando la mia sanità mentale…
Per fortuna, in quel momento arrivò Yoshiko. Disse che era lì perché la sorella voleva che mi tenesse compagnia in sua vece.
-E che compagnia dovresti tenermi?-, chiesi io.
-Dipende da te…-, fece lei con molta, troppa allegria.
Compresi immediatamente che non tutto era perduto…

Tornando al presente mi resi conto di stare per godere e fermai la pompa furiosa che la giapponese mi stava facendo. Le strappai di dosso il vestito, cercando di rovinarlo il meno possibile. Inutile: un bottone della camicetta saltò.
-Porco!-. mi insultò lei con falsa ira.
-Tanto lo so che ti piace…-, dissi con un sorriso.
Le nostre bocche si unirono in un breve bacio. Potevo sentire il mio sapore sulle sue labbra. Le infilai una mano tra le cosce. La sua vulva, depilata come quella della sorella, grondava umori. La scaraventai sul letto di Maiko e la penetrai. -Sììì, fammelo sentire sino in bocca…-, sospirò la nipponica, inarcandosi mentre la prendevo da dietro. La cosa durò qualche minuto prima che lei godesse ma io, non ancora soddisfatto, decisi di approfittarne: le allargai le natiche e, ignorando le sue suppliche, le sfondai il culo.
-Aaaaahhhhhh!-. il grido di Yoshiko rimbombò nella stanza. Me ne fregai e presi a pomparla. Avanti e indietro. Un ritmo infernale. Sentivo appena i suoi gemiti che, da espressione di dolore erano divenuti indicatori di godimento puro.
Le venni nell’ano e crollammo esausti sul letto.
-Sei ancora arrabbiato che Maiko non sia venuta?-, chiese Yoshiko appena poté.
-Per niente!-, esclamai io.

In effetti, non sarebbe potuta andare meglio…

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