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1991 – Porta Garibaldi

By 19 Gennaio 2021No Comments

A diciannove anni ero ancora vergine. A pensarci adesso ero il classico nerd di Provincia, in un’epoca in cui non esistevano i social, non esistevano i cellulari, la socialità era come si direbbe oggi solo in presenza. Questo per un tipo fondamentalmente timido quale ero io riduceva enormemente le possibilità di conoscere ragazze che non fossero le compagne di scuola, le amiche dell’oratorio, le ragazze che si incontravano in vacanza d’estate. Da vero nerd poi non ero certo tipo da discoteca, anzi, lo trovavo un passatempo stupido. Forse ero anche un moralista in effetti: la paura delle malattie, la paura della droga, la paura di ficcarmi nei guai di qualche tipo insomma.

Si certo, era da molto che mi masturbavo, pensando ora a questa, ora a quella. Ma non avevo mai avuto una ragazza. Chissà perché nella mia testa c’era l’Amore romantico, come preludio ad una vita insieme in cui in effetti, la sessualità era marginale.

Finito il Liceo mi sono iscritto all’Università, a Milano. Non mi piace particolarmente Milano e quindi ho preferito fare il pendolare, prima con il pullman e poi – dal secondo anno – con il treno. Frequentavo le lezioni con una certa assiduità, e – un paio di volte la settimana – finivo abbastanza tardi.

Una sera quindi capitò che arrivassi alla Stazione di Porta Garibaldi con un certo anticipo. Era autunno, o forse inverno. La sera era brumosa, con quella noiosissima nebbiolina tanto frequente in quel periodo. Era il 1991. Portavo un Montgomery blu, uno zaino blu e verde dell’Invicta con dentro i libri del giorno, i miei occhiali che – a vederli oggi – erano davvero orrendi. Ero alto 168, magro.

Alla partenza del treno mancava quasi un’ora, sebbene i vagoni fossero già sul binario. Mi accorsi che dovevo fare la pipì, era troppo tempo che la trattenevo e non potevo aspettare che il treno partisse: mancava troppo. Quindi mi diressi nei bagni pubblici, che stavano all’inizio dei binari. Non so nemmeno se oggi ci sono ancora. Quindi trovai un orinatoio e aprii la patta. Il bagno sembrava deserto, ma faceva freddo quindi non riuscii subito a farla. Nel mentre fissavo il muro, con una certa impazienza, ma non veniva.

Ad un certo punto mi accorgo che, alla mia destra, un uomo intorno ai 50 anni, moro, baffi, alto più o meno come me, mi sta fissando. Anzi, in realtà sta fissando il mio pene. Non sono molto dotato, in effetti, ma lui lo fissava. E – con mio stupore mentre arrossivo – il mio cazzo si indurì in un modo che non avevo mai sperimentato prima, tanto da impedirmi di pisciare.

Non sapendo come fare, lo rificcai in qualche modo negli slip, chiusi la patta e il cappotto e mi allontanai senza guardare. O meglio, mi voltai, e vidi che l’uomo aveva cominciato a seguirmi, a distanza di qualche metro.  Una strana sensazione, sconosciuta fino ad allora, si era impossessata di me: desideravo che mi seguisse, ma avevo paura che mi seguisse.

Io camminavo,  di straforo mi voltavo, e lo vedevo a qualche metro da me, che mi seguiva imperterrito. E dentro di me il desiderio di fermarmi, aspettarlo era assillante. Ma altrettanto assillante era la paura di qualcosa che non conoscevo e che forse non volevo conoscere. Quindi imboccai le scale che portavano al treno forse sperando e temendo che li, sul binario che era assolutamente vuoto, lui facesse qualcosa che  io di certo non avevo il coraggio di fare di mia iniziativa.

Lui però mi seguiva, senza fare altro. Forse attendeva un segnale da me. Ma era su segnale che io non sapevo e non volevo dare. Mai avrei pensato di desiderare l’approccio di un uomo e questo contraddiceva la mia erezione che non si era certo placata.

Raggiunsi quindi il treno, aprii lo sportello, salii: lui da terra mi sorrise passandosi le labbra con la lingua e toccandosi il pacco: io arrossii perché a quel punto, senza nemmeno bisogno di toccarmi, mi sborrai abbondantemente negli slip, mentre lui si allontanava e scendeva nel tunnel.

Naturalmente ancora oggi mi domando, da uomo sposato, cosa sarebbe successo se invece che salire sul treno lo avessi atteso come lui e la parte più intima di me voleva.

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