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Sono tornato in quell’ambiente surreale che mi ha ospitato la prima volta. Il mio pene è turgido al ricordo! Non ho più l’età di un giovanetto che esplode di testosterone, schiavo della sua potenza. So controllarmi. Una vita lunga ti dà la possibilità di frenare i tuoi desideri, ma non di reprimerli a lungo. Così, di tanto in tanto, torno sul luogo del delitto.

Una doccia tonificante e poi un bagno turco. In quell’atmosfera ovattata avverti vapori e umori che ti sfiorano le narici e il desiderio aumenta. Poi, una sauna per asciugare l’umidità del corpo. Intanto, la finta indifferenza verso gli altri corpi che si agitano nei riflessi rosso sangue delle luci attenuate si è tramutata in timorosa partecipazione. Ti accetteranno per quel che sei o dovrai forzare la mano a qualcuno per attrarlo? È un gioco da puttane! Ma occorre farlo se si vogliono i risultati. Mostrare i propri attributi, sperando che qualcuno voglia collaborare e ci caschi, dandoti quella soddisfazione di cui avverti tanto il bisogno.

Il gioco si protrae. Corpi nudi, coperti solo dal un lembo di asciugamano in vita ti rende nervoso.Vorresti possederli tutti in un sol colpo o essere posseduto. Comincia a sbavare come un cane affamato, quel tubero che si ingrossa. La prostata inumidisce l’opercolo sul glande. .Ora vaghi, spostandoti da un divano all’altro, scosciandoti, togliendoti l’asciugamano dall’attributo per consentire al tuo vicino di soppesarlo. Ma, timidamente, guarda e poi non sa che fare.

“Prendilo in mano, stronzo! Non vedi che non aspetta altro?”. Lo stronzo si allontana. Lo guardo deluso e amareggiato, mentre altri già si avvicinano. Vedo uno strano movimento nella saletta alle mie spalle. Mi avvicino nel semibuio. Un giovane alto mi sbarra la strada. Le braccia sui fianchi, guarda all’interno della stanza dove su un divano centrale in pelle scura (per nascondere le eventuali macchie?) si agitano altri tre più o meno giovani. Sento un vociare sommesso. Qualcuno sollecita qualcun altro. Non si capisce bene, né si vede bene data l’oscurità della sala e quel cazzone che s’è fermato sulla soglia. È come incantato. Mi sposto di lato e finalmente vedo.

Uno dei tre giovani di spalle a me, si agita freneticamente avanti e indietro con moto continuo, mentre i piedi e le gambe di qualcun altro gli spuntano sopra le spalle. Mi accorgo che l’oggetto del desiderio è allungato sulla larga spalliera imbottita che costituisce la sommità dello schienale del divano. È lui che sospira e consiglia l’altro. “Entra…, dai ora… piano, piano …aspetta un attimo, …cazzo! Ho detto aspetta … aspetta.. aspetta. Più giù…Ora… scendi …aspetta, aspetta…Vaiiiii! Baciami, baciamiiii… Dai…dai…dai…!” E mentre è pompato su e giù prende il gingillo dell’altro che gli è di fianco e gli sostiene la testa per non farlo cadere dall’instabile posizione. Glielo succhia sapientemente e in modo sempre più affannato, mentre il beneficiario chiude gli occhi, protendendo la proboscide che è diventato il suo strumento di piacere.

Il bocchino continua, mentre il mugolio di chi opera nel basso ventre del “ricevente” aumenta sempre più. Avverto lo sfiatare contenuto di tutti e tre. Finché lo stantuffo non dà un ultimo guizzo e il suo proprietario non si riversa sul sottostante concupito che continua ad agitarsi, scosciandosi sempre più per aderire ancora alla trivella che l’ha squartato. Anche l’assistente che gli tiene la testa si piega su se stesso verso l’operatore orale. Sembra arrivato anche lui e respira a fatica. Buon ultimo, chi ha elargito a piene …”mani” tanto piacere raggiunge l’apice del godimento e termina di smanettarsi violentemente l’uccello con moderati sussulti che gli scuotono le reni.

Tutti e tre si baciano, scambiandosi carezze sul viso, dietro il capo e sul corpo ormai esaurito dall’amore. Mi allontano furtivamente, mentre li vedo ricomporsi. Solo il “ricevente” resta nudo e, con l’asciugamano poggiato sulla spalla, si muove a gambe larghe verso il bagno, chiudendosi nel camerino della doccia. Gli altri due si alternano nell’antibagno adoperando il lavandino per il loro rinfresco.

Anch’io sono arrivato, ricordando quanto è scolpito nella memoria. La viscida collosità del mio secreto mi bagna le mani colando sulle cosce.Ci sentiamo più tardi….

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Nina Dorotea

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