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Racconti di DominazioneRacconti Gay

Fine settimana in villa. Capitolo 2

By 18 Marzo 2023No Comments

Capitolo 2

Il viaggio non è stato molto lungo ma il plug si è fatto sentire e le fitte si sono fatte sempre più forti ad ogni sobbalzo.
Non mi hanno scaricato subito. Ho sentito voci e risate risuonare fuori dall’auto, parecchie voci e, tranne quella di Barbara, tutte, rigorosamente, maschili.
Una delle condizioni del gioco è quella relativa ai dialoghi. Non potrò interloquire con nessuna delle persone presenti durante i giochi e nessuno interloquirà con me. Solo comandi secchi. Tra una sessione e l’altra sarò confinato in un locale nelle cantine del casale, incatenato ad un letto o alla parete. Gli unici momenti di libertà li avrò per mangiare, per lavarmi e per assolvere i bisogni fisiologici. Sarà Barbara a stabilire tempi e modalità di contenimento.
Si apre lo sportello, vengo sollevato e scaricato dall’auto.
Slegate le caviglie vengo preso sotto le ascelle da un paio dei presenti e trascinato su un percorso che, grazie al cappuccio, non vedo assolutamente.
Mi accorgo di essere entrato al chiuso per la presenza di un pavimento e, fatti alcuni passi, vengo letteralmente issato su quello che potrebbe essere un palco. Con una violenta pressione sulle spalle vengo fatto sedere sopra una struttura su cui appoggio solo le cosce. Mentre uno dei miei carcerieri mi tiene bloccato, l’altro mi toglie il cappuccio. Anche se il locale è in penombra ci metto qualche istante a vedere in modo nitido. In effetti sono su un palchetto rialzato rispetto al locale e la seggiola su cui sono stato fatto sedere ha un sedile a forma di “Y” che lascia accessibili e utilizzabili, a chi lo voglia, sia l’ano che le palle.
Legate le cosce e le gambe alla sedia vengo spinto contro un palo che funge da schienale. Una cinghia che attraversa la fronte tiene fissata la testa al palo, una seconda cinghia passando sopra i capezzoli fissa il torace al palo e le mani sono legate a degli anelli posti all’altezza dei fianchi.
Senza profferire parola i due carcerieri si allontanano e io posso osservare il locale in cui sono imprigionato.
A qualche metro dal palco sono posizionate una quindicina di sedie come se fossero la piccola platea di un teatro. Tutto il locale è illuminato da torce di cera e candele e, mi sembra, non ci siano aperture di porte e finestre, tranne ovviamente quella da cui sono fatto entrare.
Sapevo di poter essere utilizzato da più persone, ma la vista di così tante sedie posizionate davanti a quello che, sicuramente, sarà il mio patibolo, mi crea una sensazione strana e contrastante. Timore, forse persino paura, e come nel viaggio di avvicinamento, l’impazienza di iniziare il “gioco”.
Un respiro profondo e la consapevolezza che sono, letteralmente, nelle mani di una persona di cui mi fido ciecamente mi aiutano a cacciare la paura. Chiudo gli occhi e attendo.

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