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Mariti Gelosi

By 12 Gennaio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Aprii la casella posta elettronica, come sempre curioso di sapere se ci fosse anche qualche messaggio stuzzicante oltre alla solita lista di spam e newsletter dei vari siti cui ero registrato. Mi si palesò una mail di un certo Alberto. L’aprii. Si presentava, incavolato, come il marito della mia ‘amica porno-epistolare’ . Con Lei eravamo soliti scambiare racconti e fantasie: collaboravamo l’uno ai racconti dell’altro, io la chiamavo porcellina e ci sfogavamo riguardo ai nostri incontri. I miei, da buon single, più variegati dei suoi che erano per lo più con il marito. Risposi ad Alberto rassicurandolo del fatto che io e lei non c’eravamo mai visti e tutto quel che leggeva era frutto della nostra fantasia e del nostro disagio. Già, volli rimarcare che se sua moglie desiderava tanto la trasgressione era perché lui non faceva propriamente il suo dovere di sposo. Una donna non basta trombarla e ripulirsi dopo aver finito, ma va fatta sentire bella, desiderata, sexy e occorre che sia l’uomo a proporre ‘ in un modo o nell’altro ‘ di realizzare certe fantasie, spesso oltre i confini della morale comune.
Poche ore dopo trovai la sua risposta e mi confessò che da incazzato s’era sentito quasi in difetto, in colpa. Poteva essere possibile che lui che si vedeva tanto macho e stallone fosse così lontano dal soddisfare la propria femmina?! Poi si sfogò dicendo che a lui sembrava bastasse come la trattava e quello che facevano sotto le coperte, ma quello che mi meravigliò davvero fu come concluse: ‘Senti, da uomo a uomo, visto che non so come farla godere, posso approfittare di qualche tuo consiglio? E ovviamente posso contare sulla tua assoluta riservatezza?’ Risposi, felice di accettare la sua proposta. E volli azzardare: ‘A tua moglie non l’ho mai chiesto, ma con te mi piacerebbe: ti andrebbe di fare due parole a voce? Mi piacerebbe esservi d’aiuto! Questa situazione m’intriga da morire!’ Nel giro di qualche mail fissammo un appuntamento a casa sua per l’indomani alle 16:30: lui lavorava solo fino alle 15 e da quell’ora alle 18 aveva casa libera, dopodiché Lei sarebbe rincasata dall’ufficio. Si sarebbe sentito più a suo agio piuttosto che in un bar o in qualsivoglia locale pubblico.
Spuntai da lui con in mano una bottiglia di cabernet. Ci presentammo. Notai subito un’espressione tesa e confusa sul suo volto, con un pizzico di tensione e paura. Non era molto alto, ma ben piazzato e indossava una camicia chiara in cotone fuori dai pantaloni coi primi due bottoni aperti, un paio di jeans e due infradito colorate. Sapeva di pulito: era appena uscito dalla doccia. Ci sedemmo sul divano e versammo due bicchieri di vino. Accese lo stereo: aveva una lunga e graditissima playlist di vintage rock. Iniziammo a parlare del più e del meno per rilassare gli animi. D’un tratto i discorsi si fecero più piccanti. Dopo qualche minuto l’avevo inquadrato. Gli dissi che il suo problema era che quando scopava non riusciva a lasciarsi andare del tutto agli istinti e metteva davanti ciò che la morale etichettava come giusto o sbagliato piuttosto che ciò che gli piaceva: era tipico, specie nei maschi italiani, usciti dall’asilo delle orsoline e col mito del macho anni ’80. Gli dissi che doveva far sue tutte le emozioni dapprima cercando l’intesa con lo sguardo, l’udito, l’olfatto e poi cercarli nel tatto e nel gusto. Doveva abbandonare i cinque sensi tutti al suo eros e abbracciare in toto quello della partner.
Bevvi lentamente dal mio calice fissandolo negli occhi. Provò a distogliere lo sguardo ma un mio gemito di disapprovazione riportò i suoi occhioni scuri su di me. ‘Ma cosa dovrei fare, più precisamente?’ mi chiese intimorito. ‘Dopo aver gustato con lei una pietanza o un buon bicchiere ‘ spiegavo ‘ falla stendere sul divano e inizia a massaggiare morbidamente le spalle.’ Lo feci con lui. S’irrigidì e dissi con autorità: ‘Sia ben chiaro: fermami solo esclusivamente se ti provoco un reale fastidio, non se solo pensi che non ti piaccia o non sia buono. Fidati e asseconda i tuoi veri istinti!’ Gli massaggiai bene la cervicale e potei notare il suo volto visibilmente disteso. Misi la mano sotto di lui, tra petto e divano, e iniziai a sbottonargli la camicia. S’irrigidì ancora. ‘E ora che fastidio hai?’ chiesi inasprito. ‘Nulla scusa’&egrave che &egrave tutto nuovo per me!’ confessò timidamente. ‘E allora fidati di me!’ conclusi secco. Gli tolsi la camicia e iniziai a passargli le mani su tutta la schiena. ‘Se poi vuoi fare un buon lavoro ‘ aggiunsi ‘ dovresti usare un olio per massaggi, per aiutarti un po’!’ ‘Nell’armadietto del bagno c’&egrave quello che usa mia moglie dopo la ceretta” mi suggerì in un fil di voce. In men che non si dica avevo in mano una bottiglietta di olio Johnson e glielo stavo spalmando sulle spalle. Continuai a frizionare, sensuale ed energico: dovevo trasmettergli passione ed eccitazione. Passai al lombare e dopo averlo fatto rilassare misi una mano sull’addome per sostenerlo e infilai qualche falange dentro la cintura, sul pube. S’irrigidì ancora. ‘Non ti piace?’ chiesi solenne ed autoritario’ ‘In realtà &egrave bellissimo! Scusa, mi sciolgo!’ Con una mano gli massaggiavo i lombi e con l’altra pube e pancia. Gli sganciai cintura e bottone, quindi abbassai la zip e sfilai i jeans lasciandolo in mutande prima che lui potesse realizzare. ‘Cos’&egrave, t’imbarazza?’ chiesi ancora severo. ‘Ma, ma” fu la sola cosa che riuscì a dire! ‘Lasciami fare, lasciati possedere dal piacere e interrompimi solo esclusivamente se non ti piace o ti crea fastidio’ ribadii. Iniziai a massaggiargli le piante dei piedi, quindi salii alle caviglie e poi i polpacci. Passai a frizionare il bicipite femorale e l’interno coscia. Notai che qualcosa si stava gonfiando sul davanti. Gli toccai le natiche ma mi lasciò fare. Lo feci girare supino. Fece un po’ di resistenza, ma bastò che lo fissassi con autorità ed obbedì senza indugio. Iniziai con le cosce, poi salii fino all’inguine. Notai una strana espressione sul suo volto, quasi d’imbarazzo e poi m’accorsi che la patta era ben più gonfia di qualche secondo prima. Per tenerlo sotto controllo andai di nuovo in bagno e inumidii con acqua calda una salvietta che poi gli appoggiai su occhi e fronte, per farlo distendere ancora di più. Gli sfilai gli slip. Alzo il busto come per fermarmi ‘E non dirmi che non t’attizza’guarda com’&egrave dritto!’ lo rassicurai. Si rimise giù, senza fiatare.
Poggiai la mano nel suo interno coscia e iniziai a sfiorargli il perineo con i polpastrelli. Lo vidi contorcersi in preda al piacere. Gli afferrai lo scroto e lo massaggiai un po’, poi scesi fino a sfiorargli il buchino del culo, per poi tornare fino a percorrere tutta l’asta e liberare la cappella dal suo prepuzio. Lo masturbai. Vidi che dal forellino della cappella iniziava a gocciolare il suo liquidino trasparente. Mi fece gola. Gli sussurrai ‘Ora libera la mente, del tutto!’ E intanto scesi fino ad accogliere la sua cappella nella mia bocca. Non aveva un uccello lunghissimo, o almeno non più lungo del mio, ma era ben venoso e la cappella non era per nulla brutta. Iniziai a ciucciare e leccarla avidamente, passando con la lingua sotto l’attaccatura e poi lungo il frenulo fino in punta. Quindi scendevo assaporando l’asta in tutta la sua lunghezza fino a prendere le palle in bocca e solleticare il perineo con la mia lingua bramosa di godere. Sapeva di pulito. Lo sentivo indurirsi ancor più e vedevo il suo busto contorcersi, come fosse succube di una esotica tortura. Capii che era vicino ad esplodere: il respiro gli si fece affannoso, le vene del cazzo pulsavano senza controllo e si sentiva battere il cuore, quasi volesse scappargli dal petto. Alzai la fronte e lo guardai. Gli presi le palle con la sinistra e con la destra gli detti qualche colpo in su e giù’ manco una decina che lo sentii gemere e vidi partire un vigoroso schizzo bianco dal suo pisello fino ad innaffiare tutto il suo petto. Si rilassò in un rantolo soffocato. Lo asciugai con la pezza umida che aveva sulla fronte.
‘Liberati così e vedrai quanto piacerà a tua moglie” Non riuscì manco a rispondere in un misto d’imbarazzo, piacere, refrattarietà. ‘E magari più in là ti do qualche altra ripetizione’possiamo tutti migliorare, no?!’ E lo salutai col sorriso in volto e la promessa d’incontrarci ancora e di non dire assolutamente nulla alla sua sposa.
La sera dopo aprii ancora la casella di posta: comparì una mail di Lei che aveva come oggetto ‘Miracolo’. Mi misi a sorridere prima ancora di averla letta.
Nella sua mail l’ignara sposa mi raccontava le prodezze di cui era stato capace il marito quella sera: era eccitata e sorpresa nell’averlo visto così passionale e propositivo. Mi descrisse fin nei dettagli del massaggio che le fece e poi di come l’aveva scopata nei modi più strani e divertenti. ‘Pareva avesse tolto il freno a mano!’ scrisse per rimarcare le nuove doti del marito. Mi disse che tutto era regolare, ma mi confessò di aver trovato una bottiglia di vino insolita nel cassonetto. Mi divertii insinuando che forse era merito di colei con cui aveva condiviso quella bottiglia se i suoi sensi avevano ripreso vigore”o magari di colui’, aggiunsi in tono simpatico. Mi rispose che l’idea di un’altra donna aveva insidiato anche la sua mente, ma suo marito con un uomo lo escludeva proprio, tanto era rigido e bigotto. Ma la cosa che più la spiazzava ‘ mi scriveva sulle mail ‘ era che non sapeva come avrebbe potuto reagire davanti all’evidenza. Se l’avesse colto in flagrante cosa avrebbe fatto?
Una malsana idea attraversò i miei lobi cerebrali e un brivido carezzò i miei lombi. Mi morsi il labbro inferiore e tirai un lungo sospiro. Poi, eccitato, mi sparai una lunga sega.
Nel giro delle mail successive cercai di sostenere in lei il pensiero che Alberto avesse qualcuna e che, se non aveva strani movimenti di soldi, con elevata probabilità la incontrava a casa prima che la moglie rientrasse: bastava che staccasse prima dal lavoro per coglierlo sul fatto, e le suggerii anche di provarci lo stesso giorno della settimana in cui aveva trovato il vino poiché maggiore era la probabilità di coglierlo in fallo. Mi confidò che il martedì dopo avrebbe preso un’oretta di permesso e aggiunse in tono malizioso, per stuzzicarmi un po’, che se il capo non gliel’avesse concessa avrebbe saputo convincerlo’
Mandai subito un sms ad Alberto e gli chiesi se gli andava di vedersi. Al suo si colmo d’entusiasmo proposi di andare da lui il martedì successivo alle solite 16:30.
Il mio loschissimo piano stava prendendo forma. Lo so, &egrave una mossa da bastardi ad altissimo rischio: in fondo potevo mandare a rotoli il loro matrimonio. Tentavo di autogiustificarmi con stupide scuse, tipo che tanto senza né figli né passione non sarebbe stato così grave come incidente o roba ancor più ridicola. Ma, al diavolo tutto, la verità era una: volevo farlo! Giocare in quella situazione era più forte di qualsiasi altra pulsione.
Martedì mi feci una lunga e minuziosa doccia: andai a lavare e insaponare bene ogni angolino del mio corpo. Mi misi il medio e poi l’indice nel culetto e giocherellai per un po’. Non mi toccai davanti: stavolta volevo schizzare anch’io e volevo pavoneggiarmi un po’! Mi vestii con calma ed uscii in preda ad un mix di emozioni, tra eccitazione e paura, tra adrenalina e gusto.
Arrivai da lui in leggero anticipo, con una bottiglia del solito cabernet. Ancora in piedi ce ne versammo un bicchiere a testa e bevendolo iniziai a passare le dita sul suo petto. Collaborammo nello sbottonare la camicia. Poi mi fermò e mi disse che voleva mostrarmi una cosa. Mi fece strada e ‘Ecco! Questa &egrave la mia stanza e questo il mio comodissimo matrimoniale”. Mi sentii palpare le chiappe. Iniziai a toccargli il petto, ma nel giro di pochissimo fui attratto dalla sua patta gonfia. Scesi ed iniziai a massaggiarlo. ‘Mi stringe” sussurrò. Gli slacciai lentamente la cintura di cuoio che lo intrappolava, quindi feci saltare i tre bottoni che mi separavano dal piacere. Gli calai i boxer e in men che non si dica portai le mie avide labbra sulla sua asta, quindi sulla cappella, passando la lingua alla base per poi scendere fino allo scroto e al perineo. Lo buttai sul letto e mi spogliai. Nudo mi chinai su di lui per continuare a deliziarlo con la bocca. Mi girai di fianco, messo in modo che potesse vedere in primo piano tutta la mia eccitazione e tutta la salute del mio amichetto. Vinse la sua paura e iniziò a toccarmi. Dapprima mi massaggiava, poi avviò una lenta sega. Mi toccava le palle, imitava i miei gesti nel masturbarlo, poi, ecco, s’avvicinò e lo prese in bocca. Iniziò un rude ma eccitante pompino. Non che fosse un granché ma migliorava pompata dopo pompata e in fondo la situazione era eccitante. Gli presi il medio, me lo portai alla bocca e lo ciucciai alternandolo al suo manico. Quindi lo guardai e serio e autoritario ‘Mettimi il dito in culo!’ obbedì e dapprima con timore poi con più sicurezza iniziò a penetrarmi e a stuzzicarmi la prostata. Venni. Lui si scansò e schivò il getto ma se lo fece comunque colare addosso. Lo leccai e poi dandogli le spalle gli sibilai, eccitato ‘e ora prendimi”. Mi fu dietro e dopo aver giocato un altro po’ con le dita mi puntò la cappella verso il mio buchino e iniziò a spingere. Feci un po’ di resistenza, ma ero troppo eccitato e lo lasciai vincere presto. Iniziò a pomparmi con vigore. Mi volli alzare e mettere a pecorina: era una posizione irresistibile. Iniziammo a gemere. Lo sentivo spingere e desiderarmi. Aveva completamente perso il controllo.
Alzai la testa ed inevitabilmente il mio sguardo si posò sulle cifre rosse della radiosveglia. Erano le 17:10.
Non ebbi neppure il tempo di pensare che fui distratto dal rumore della porta che si spalancava. E apparve lei. Mora, chioma mossa e capricciosa domata da uno spillone che la chiudeva a chignon, un seno meraviglioso ed un paio di cosce che chiedevano solo di essere forzate. Ma soprattutto aveva l’espressione più sconcertata che mai avessi visto. Era basita, allibita, incredula, stupita, congelata.
Mi sfilai dal marito (il cui volto non era certo da meno) e completamente nudo, con l’uccello barzotto mi misi difronte a quella dea, la presi per un fianco e le sussurrai nell’orecchio, calmo e sensuale ‘Finalmente ti conosco! &egrave davvero un piacere, porcellina mia!’

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