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Titillati i capezzoli, Tesoro,
girali intorno, stringili
schiaffeggiali; eccitati, sfiorandoti
leggera le erotizzate punte!
Tra l’indice e il pollice ,
pinzali; accresci e allenta
la pressione che, violenta,
ti devasti, ti laceri e contorca.
Turgido diventi il dolente tubercolo
mentre il duro attrezzo che sbandieri,
intanto, si prolunga, mostrandosi,
fra le gambe ritto, dal basso ventre.
Mentre sulla coscia sbava e batte
a campana la testa a cappella,
fino alle viscere, denso, penetra
il misterioso dono di languore pieno.
Prelude all’intenso godere
la posa che tu assumi; prono
attendi silenzioso, in trepidante
fluire che si consumi, celere,
la presa della tua verginità posticcia.
Adesso è giunta l’ora che mostri
saldezza e affronti il ferro che rovente
le visceri assalga e penetri di un balzo.
E tu resisti e intrepido fronteggi il nemico
anche se di spalle resti. Non temi, l’affronto
e cedi le tue terga per il tuo e il suo piacere,
comune diletto che di te fa gioco; del tuo corpo,
sovrano, cedi l’uso, ma per te la parcella trattieni
e trai frutto dal moto a stantuffo che t’agita
le vene, strofinando in profondo nel cavo cieco
che pregno diventa. O gioia profonda,
o tripudio dei sensi! Tu godi di tanto fardello
di cui ti carichi la schiena. E vai…! Ma…tremi?
Sbandi…! T’arresti mentre crolli sul talamo nuziale
e lui…ti scalza, irruento non s’arresta e avanza.
Tu piangi…? No, non è dolore, ma intenso il sentimento
che i sensi ti travolge nello sfrigolare del letto
che continua il sobbalzo a sopportare. E tu…, di sotto,
lamentandoti piano, cedi. Con devota passione
[tutto l’accogli.

Nina Dorotea

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