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Quel porco del capoufficio

By 3 Agosto 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

Fu durante gli anni dell’università che iniziai ad interessarmi agli uomini e alle donne più grandi di me. Quando dico più grandi di me intendo dai 40/45 in su: &egrave come una fissazione, una sorta di fetish.
Le persone grandi hanno una casa, una macchina, un reddito fisso, le idee chiare, l’esperienza e la voglia di continuare ad essere giovani. Cercavo in loro quello che non trovavo nei miei coetanei: maturità, serietà, e sesso senza impegno. Si perché per quanto i miei coetanei, maschi e femmine, dicevano:” No ma &egrave solo per divertimento, niente di serio!”, poi dopo ci cascavano, mentre invece questo non capitava mai con le persone mature.

Successe durante il secondo anno che vinsi una borsa di lavoro in collaborazione con l’università: per un totale di 150 ore lavorative venivo remunerato di quasi 1200 euro, che per me erano tantissimi. Fui molto felice di quell’opportunità e mi attivai subito per firmare il contratto. Ero felicissimo.
Quando firmai il contratto mi venne comunicato che avrei prestato il mio servizio come segretario nell’ufficio dei programmi per la mobilità europea: il primo giorno scoprii di lavorare in un ufficio di sole donne, ed alcune mi attizzavano da morire. Mi immaginavo di fotterle sopra quelle scrivanie colme di pratiche e poi sborrare sui faldoni e sulla tastiera del computer, oppure sottomesso sotto i loro tacchi con la busta paga fra i denti.

Ma non successe niente tutto ciò; certe fantasie, in certi luoghi, &egrave meglio che rimangano tali. Un giorno suonarono il campanello ed io andai ad aprire: mi apparve davanti un uomo bellissimo, capelli corti e neri, occhi azzurri, fisico non muscoloso ma ben messo, alto, possente. Poteva sembrare quasi burbero ma sentivo che in fondo non lo era. Io, imbarazzato e mentalmente eccitato non dissi niente e lui:” Potrei parlare con il tuo capo?”, “Si certo, la accompagno.”
Come lo vide, il mio capo cambiò totalmente atteggiamento: si passava le mani fra i capelli, si metteva seduta sulla scrivania con le gambe accavallate, ammiccava con tono di voce disponibile, ma lui, sorprendentemente non se la calcolava. Anzi sembrava quasi infastidito da lei.
Quando se ne andò, velatamente chiesi informazioni e venni a sapere che quell’uomo era il capoufficio dell’ufficio cerimoniale dell’università e che tale ufficio si trovava proprio sopra al nostro.

Per qualche settimana lui scendeva a portare e prendere della carte, a firmarne altre, e facevo sempre finta di non vederlo. Alla sua vista mi venivano in mente i pensieri più porci e depravati che si possano pensare, e ovviamente il cazzo mi diventava sempre duro.
Un giorno lui si trovava in ufficio e il mio capo, donna divorziata e frustrata, se lo mangiava con gli occhi.
“Ti firmo questa carte e poi te le porto in ufficio, va bene?”, gli disse lei con occhi da cerbiatta in calore
“No non ti disturbare. Mandami il tuo segretario invece”. Io arrossii e lei mi fulminò con gli occhi.

Ricordo che il cuore mi batteva all’impazzata mentre salivo le scale, e mi era arrivato in gola quando bussai alla porta del suo ufficio. Lui mi apre:” Ehi ciao, prego entra.”, disse chiudendosi la porta alle spalle.
Gli spiegai quali carte gli avevo portato, e quali avrebbe dovuto firmare: io ero piegato verso la scrivania e lui si era seduto con una gamba sulla scrivania, con il corpo inclinato verso di me. Mi sentivo imbarazzatissimo.
Ad un certo punto mi sfiora una mano, ed io, per paura, ritraggo subito il braccio. Ma lui non demorde. Ad un certo punto mi trovo con la schiena al muro e la sua faccia a meno di venti centimetri dalla mia:” Sai, dalla prima volta che ti ho visto che ti desidero”. Non sapevo cosa dire, e allora, invece di parlare gli diedi un piccolo bacio a stampo. Lui mi guarda e stampa le sue labbra sulle mie, mi preme contro il suo corpo, mi tasta fortemente il culo e anche io abbasso le mani.

Decidemmo che era meglio vederci fuori dall’ufficio e ci demmo appuntamento in centro: lui sarebbe venuto a prendermi con la sua BMW-X3 e saremmo andati a casa sua. E così fu.
Stava ancora aprendo la porta di casa ma lui aveva già la mano nei miei pantaloni e, una volta entrati, mi buttò sul divano e finì di spogliarmi. Dopo una serie interminabili di baci, passò a visitare con la sua lingua il mio sfintere: aveva una lingua lunga, molto ruvida e bagnata, con la quale lubrificò ogni centimetro del mio antro anale. La mia eccitazione era alle stelle.
Mi misi in ginocchio per terra, lo baciai, e poi volli visitare il suo cazzo gonfio con la mia bocca: mi si presentò un cazzo perfettamente proporzionato in lunghezza e larghezza, con una cappella grossa, e due palle cariche di caldo succo.

Lo leccai in lungo e in largo, lo inglobai totalmente nella mia gola (credo di avere una predisposizione per questo: riesco a ingollare totalmente fino in gola anche peni molto grandi, senza soffocare) e nel frattempo lo sentivo gemere di piacere. Gli succhiai lo scroto, prima un testicolo, poi l’altro, per poi tornare a succhiare la grossa asta. Dopo mezz’ora di sesso orale, come una furia mi girò a quattro zampe sul divano, e, dopo aver messo il preservativo, entrò dentro di me. Non sentii alcun dolore, solo un’infinta scossa di piacere che pervadeva il mio corpo ad ogni colpo di quel randello di carne che, violento, stantuffava nel mio culo.
Urlavo, godevo, gemevo e sentivo che anche lui godeva mentre mi montava. Cambiammo diverse posizioni, fino a finire nella posizione del missionario: dopo molti colpi assestati mi venne dentro, e poi si accasciò sopra di me, sfinito, ma ancora voglioso di baciarmi.

Mi riaccompagnò a casa, e, ovviamente, da quel giorno gli portai quasi sempre io le pratiche in ufficio. Non immaginate quanto sia bello essere pecorizzati sulla scrivania di un ufficio, con il terrore che qualcuno possa bussare. Però certe cose non succedono spesso, quindi tanto vale farle, senza starsi a fare troppe seghe (mentali e non).

Spero, caro lettore, di non averti annoiato e di averti fatto eccitare.

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